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Autore: lamogliediPaddy    26/01/2013    1 recensioni
Due giorni dopo il Codoni si siede al tavolo della cucina e dice alla figlia che di Nino non si sa ancora nulla. Lei vorrebbe dirgli che del Tavassi se ne infischia proprio o addirittura che se ne fotte, se è vivo tanto meglio e se è morto tanto peggio. Ma non lo fa: primo perché una donna non può dire certe cose senza prendersi un ceffone, secondo perché la situazione richiede calma.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Il Novecento, Novecento/Dittature
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- Questa storia fa parte della serie 'Non si stava così male.'
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Settembre, 1941.

 

Il cortile dove abitavano i Tavassi, i Codoni e i Laporta viene venduto a uno di fuori, che fa buttare giù le vecchie case e ne costrusice di nuove.

Il Tavassi ha lasciato il paese con i figli rimasti nel 1925 e nessuno sa con precisione cosa sia stato di lui: era rimasto in contatto con la famiglia del sarto, ma anche loro sono andati via: hanno raggiunto in veneto una parente per lavorare con lei in un caseificio. Sono tornati in paese poche volte, per visitare la tomba di Michele, ma ora inviano dei soldi al custode perché se ne occupi lui.

I Codoni sono rimasti in paese anche dopo il matrimonio della figlia Liliana, spostandosi semplicemente in una casa più piccola ma con un modesto giardino che viene usato come orto.

Il deputato socialista che aveva parlato al funerale di Nino ha lasciato perdere la politica e fa semplicemente l'avvocato. È lui che si occupa della tomba del ragazzo, è l'unica concessione che ha fatto alla sua vecchia passione. Inoltre lenisce i suoi sensi di colpa.

Liliana vive in Svizzera con i due figli avuti da Vittorio e il nuovo marito, un commerciante di mobili. Non si interessa più di politica, ha dimenticato i fatti precedenti il primo matrimonio e si limita a pensare al marito morto con tenerezza. Medita di richiamare i genitori e le sorelle accanto a lei, ora che c'è il rischio di una guerra.

Vittorio è morto nell'inverno del 1939: i suoi polmoni non hanno retto all'ennesima infreddatura. È morto in ufficio, come aveva sempre segretamente sperato: il dottore ha detto che non ha sofferto molto, ha tossito sangue e poi semplicemente ha perso conoscenza. Si può dire che abbia avuto una vita felice: una bella moglie, due figli sani e una lavoro che amava immensamente. Il deputato che lo aveva aiutato all'inizio della sua carriera lo ha pianto molto, e ha fatto in modo che in paese gli venisse intitolata la scuola d'infanzia.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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