Capitolo 10
– Il Messaggero.
Quella
notte, la festa partì dal castello e si propagò per tutta la Capitale. E di
motivi da celebrare così allegramente ce n’erano eccome! L’ingresso a corte di
tre nuovi sciamani, il fidanzamento della principessa del regno, Tifa col
principe Loz e lo scampato pericolo dell’attacco del Sagittario.
Tutte le
strade erano piene di saltimbanchi, burattinai, giocolieri, mangiafuoco e di persone
(anche di diverse razze) che danzavano, si divertivano, socializzavano e
camminavano tra le varie carovane dei mercanti straordinariamente in attività.
“Comprate
qui i vostri amuleti! I vostri balocchi! Solo qui potrete trovare tutto quello
che vi occorre! Da Antonio! Venite da Antonio!”
Cloud
trovava molto fastidiose le urla dei mercanti ma ormai la sua bella Capitale ne
era completamente invasa!
Tra una
carovana e l’altra, intravide un ragazzo che si muoveva con fare sospetto,
continuò a fissarlo e notò che rubò un sacchetto di monete da uno dei passanti.
Senza esitare troppo gli si avvicinò, nonostante il fatto che quello, ormai, si
stava per confondere tra la folla. Lo raggiunse e fermò la sua mimetizzazione
bloccandolo dalla spalla, il ragazzo si liberò dalla presa, gli assestò un
pugno alla bocca dello stomaco e cominciò a correre via. Cloud, dopo alcuni
secondi, partì all’inseguimento. Giunsero in una zona un po’ più isolata, il
ladro pensava di averla fatta franca e si voltò per constatare di aver seminato
per davvero il suo inseguitore. All’improvviso, avvertì che qualcosa gli stava bloccando il passo e si
ritrovò a faccia a terra. Anche Cloud arrivò sul posto “principessa Yuffie!
Quest’uomo…”
“Tranquillo,
tranquillo, Cloud. Immagino perfettamente cosa può aver commesso questo
sporco...ladruncolo…mollusco!”
Cloud
cominciava a stranirsi dalla scena O.o
“Tu… uno
sgambetto?” cercava di rimettersi in piedi “mi hai fatto uno sgambetto, come
una stupida ragazzina?!”
La risposta
fu un pugno al basso ventre che costrinse l’elfo (ora Cloud si era accorto
delle orecchie a punta) a inginocchiarsi.
Lo stregone
ci stava capendo sempre meno: come poteva qualcuno rivolgersi in quel modo ad
una principessa? Realizzò di non essere l’unico a dare una certa confidenza ai
regali, questa considerazione gli fece tornare in mente Tifa, quello che con
lei era stato e quello che è ora. Non aveva avuto ancora occasione di
incontrarla e non osava minimamente immaginarne l’eventualità.
“Sù…” Yuffie
tese una mano verso il ladro col palmo verso l’alto. Egli pensò che volesse aiutarlo a rialzarsi, questa
sua ingenuità gli costò un calcio negli stinchi “idiota! Devi darmi quello che
hai rubato.”
E’ vero che
quell’uomo mancava di rispetto alla principessa, ma anche lei non scherzava!
Cloud si godeva la scena incrociando le braccia soddisfatto, in preda a quella
osservazione…ma…l’elfo aveva un volto familiare…
Vincent le
restituì il maltolto “ah… questo allungherà il sequestro del tuo arco di
Lacrima.”
“Cosa?? Non
puoi farlo!”
“Certo che
posso! Sono io la principessa, ricordi?”
“Hai detto
arco di Lacrima?” si intromise Cloud.
“Sì,
nonostante fosse un povero imbecille, è il possessore di un’arma di Lacrima.”
“Ma allora…
sei stato tu ad attaccare me e Zack nella foresta!!”
Gli occhi
dell’elfo si sgranarono e si fiondò sul biondo “tu… SEI LO STREGONE DEL
GHIACCIO! DANNATO! Tu e il tuo amico avete ucciso quasi tutti i miei compagni!”
lo afferrò per il colletto e gli ringhiò “se non fosse stato per voi, sarei
sicuramente riuscito a mettere a sacco la Capitale!”
“Avrei
dovuto farti fuori allora!!”
Yuffie tossì
sonoramente per attirare l’attenzione dei due “bene…quindi hai anche attaccato
due membri della corte. Ma complimenti! Dì pure ‘ciao’ al tuo bell’arco.” Se la
rideva.
Vincent
riservò a Cloud uno sguardo indemoniato “da…n-na-to…”
“E così tu
saresti Cloud.” La ragazzina gli si avvicinò incuriosita “wow, ora che ti vedo
da vicino, devo dire che sei proprio carino!” gli riservò un grande sorriso.
Anche Cloud
sorrideva, seppur imbarazzato, non sapendo cosa dire ‘ma cosa ho con i regali, iooo???’
“Ha la
faccia da pesce lesso…” la principessa
zittì l’elfo con una gomitata nello stomaco.
“E’ da
quando siete tornati che mia sorella ti cerca.”
Non è
difficile immaginarsi che, a questa notizia, il ragazzo cambiò completamente
espressione.
“Cosa
vuole?” disse duramente.
“Hey, porta
rispetto alla principessa Tifa, tu…”
Ma lo
stregone gli assestò un pugno in faccia, lui che poteva arrivarci con
l’altezza…(ma quante ne stava prendendo quella sera, Vincent!)
“Perdonatemi,
principessa, ma volevo farlo già da prima…”
“Tranquillo,
tranquillo…” disse mentre si grattava un orecchio.
Se
l’aspettava una risposta del genere.
“Oh, mia
principessa, che modi regali di fare le pulizie…” ironizzò Vincent.
“Chiudi il
becco, stupido mollusco… mi fischiano le orecchie!”
Al Lago
delle Anime, il frastuono della festa era di mero sottofondo. I colori di quel
posto hanno la particolarità di essere percepiti sempre con la stessa
luminosità, sia di giorno che di notte. Lo specchio d’acqua aveva il colore dei
glicini e, la spuma che di tanto in tanto si generava a causa delle leggera
brezza, era dello stesso colore dei fiori di ciliegio; entrambe le tinte
sembravano provenire dalla punta di un pastello e pareva che un tocco leggero
le avessero posate tra le onde. Vi erano due enormi salici piangenti posti su
sponde opposte e molto distanti l’uno dall’altro: i loro tronchi erano di un
argento delicato, pareva si sostenessero su un turbine di fumo scintillante; le
chiome erano anch’esse scintillanti ma il loro colore era quello della neve.
“E’
magnifico!” disse con un sospiro Aeriht percorrendo il ponticello che li
avrebbe portati sull’altra sponda.
“Qui,
vengono commemorati i più grandi eroi del nostro regno.” Spiegò Zack cercando
di indicare con un movimento abbastanza ampio l’intero posto.
Dal punto in
cui si fermarono ad ammirare lo spettacolo, al centro del ponticello, si aveva
uno dei due salici alla propria destra. Solo allora, Aerith scorse, tra la
chioma dell’altro salice, quello più lontano, una piccola cappella formata da
colonne poste in cerchio e una piccola cupola; era stata costruita tra le
acque. Rimase senza parole.
Zack,
osservando la direzione dello sguardo di lei, cercò capire quello che stava vedendo.
Si morse il labbro, chinando il capo.
“Aerith…i-io…ecco…”
Fu
interrotto dal rumore di un debole tonfo nell’acqua.
“Cos’ è
stato?”
Il ragazzo
scosse la testa.
Aerith si
avvicinò al corrimano del ponticello e si sporse; ma quando allargò le braccia
per appoggiarsi meglio, le sue mani finirono in uno spazio vuoto e rischiò di
scivolare nel lago. Zack l’afferrò prontamente per il braccio e poi la tirò a
sé, cingendole anche la vita. I due si ritrovarono praticamente abbracciati:
Aerith avvampò!
“Per…perdonatemi…io
ho…perso l’equilibrio ” disse liberandosi delicatamente dalla presa “devo
essere scivolata.”
Dando le
spalle al soldato, notò che parte del corrimano era letteralmente distrutto
“..o forse no..”
“Ahah!” che
strano effetto aveva quella ragazza su Zack, lo inteneriva e lo eccitava allo
stesso tempo! “Questo, invece, è il segno della lotta tra la principessa Yuffie
e un criminale. Naturalmente è stato fatto prigioniero.” Ci stava provando
gusto a fare da ‘guida turistica’.
“Come ci si
aspetta dalla principessa guerriera, Yuffie!”
“Già…dovranno
ripararlo prima o poi.”
Di nuovo
quel tonfo.
I due si
guardarono: gli occhioni di Aerith lasciavano trasparire la sua perplessità,
Zack invece sorrideva beffardo “Seguitemi.” Le tese una mano e l’accompagnò
fino all’altra sponda, poi si diresse ai piedi di un lampione che si trovava
alla fine del ponticello e, quando fece ritorno dalla sua amica, aveva in mano
un pezzetto di pane secco.
La ragazza
lo fissò interrogativa.
Il soldato
sollevò il pezzo di pane all’altezza del volto di lei sussurrandole “ecco
svelato il mistero.” E gettò il pezzo di pane nel lago.
Pochi
secondi dopo, un cigno passò l’arco del
ponticello e si diresse verso la propria cena. Le sue piume primarie erano
dorate come i disegni di nodi celtici che figuravano sulle enormi piume poste
alla coda, queste lo facevano rassomigliare
a un pavone ma, una volta osservata l’eleganza con la quale scivolava
sull’acqua, si capiva che non poteva che trattarsi di un cigno.
Aerith ne fu
incantata e lo notò anche Zack, che non aveva tolto lo sguardo dal suo volto
nemmeno per un istante, cogliendone ogni minimo mutamento d’espressione.
“Avete
ancora intenzione di trasferirvi?”
La sciamana
fece cenno di sì “chiederò il permesso ufficiale in questi giorni, ma ne ho già
parlato con Ezechiel.”
“Volete
davvero lasciare la Capitale per la corte di un feudatario?”
Aerith
sorrise “Sarò più vicina al mio villaggio, alla mia famiglia…”
Il viso del
Capitano si rabbuiò.
“Mi manca
così tanto.”
Gli faceva
davvero male sentire quelle parole: rendevano il suo compito ancora più difficile
“Aerith…c’è…c’è una cosa che devo dirvi.”
L’aver
catturato completamente la sua attenzione lo imbarazzava quasi “Ecco…i…” non ce
la faceva, le parole si rifiutavano letteralmente di uscire dalla bocca. Fece
un lungo respiro “mi dispiace dirvelo così…ma… non sarà possibile recarsi nella
zona nord del regno.”
“Cosa?...in…in
che senso?”
Zack interpretò
quella domanda come un ‘perchè’ “non è
rimasto più nulla in quei luoghi.” Il soldato parlava lentamente, nel vano
tentativo di rendere la notizia meno dolorosa “gli attacchi del Sagittario
hanno distrutto tutto.”
Gli occhi di
Aerith cominciarono ad arrossirsi, l’aria si rifiutava di passare tra le corde
vocali. Tuttavia, dava l’impressione di chi volesse saperne di più.
“Non…” la voce di Aerith era interrotta da
singhiozzi “non ci sono superstiti?”
“Oh sì, sì
che ci sono superstiti.” Cercava in tutti i modi di infonderle speranza “ma
purtroppo, alcuni sono stati trasferiti in altri feudi.”
La ragazza
sembrava volesse dire qualcosa ma fu il capitano a continuare a parlare “so
dove sono stati fatti trasferire i superstiti di Midgar. Possiamo andare a
cercare la vostra famiglia quando volete. ”
Lo aveva
fatto per lei? Si era informato per lei? L’avrebbe davvero accompagnata? Aerith
si aggrappò a questa speranza e, il sostegno dell’amico, sembrava renderla più
forte. Non sapeva il perché riusciva a fidarsi di Zack, lei che è sempre stata
abituata a non dare credito alla gente. Bhè…non completamente: c’era qualcosa
in lui che le pareva impenetrabile, un lato oscuro che non la rassicurava. Ma,
ora come ora, i pensieri che si fecero spazio nella sua mente erano tutti
rivolti ai suoi cari, li avrebbe ritrovati per davvero?
Il capitano
sembrava aver udito i suoi pensieri; le accarezzò il volto con le dita, scostò
alcuni ciuffi di capelli davanti agli occhi per poi poggiarle delicatamente la
mano sulla guancia “io ci sarò, per te… intesi?”
Quelle
parole le sciolsero il cuore, era esattamente ciò di cui aveva bisogno: non
sentirsi sola. Portò una mano sul dorso di quella che Zack aveva sulla sua
guancia e si abbandonò alla dolcezza di quel tocco.
Le lontane
montagne del regno di Corel, dall’altra parte dell’oceano, erano rosate per via dei raggi del sole
dell’alba.
Un
mezz’orco, dalla pelle scura e vestito di pelli, si divincolava tra i sentieri
rocciosi del luogo, trasportando della legna. Aveva due polsini di pelle ad
entrambi gli avambracci ed erano collegate all’armatura che aveva al torace,
con delle catene di media grandezza, un’altra coppia di catene si diramava fino
agli stinchi, anch’essi protetti da un’armatura di cuoio. Si prese un attimo di meritata pausa: poggiò
il carico che aveva alle spalle e si sgranchì le ossa. Il silenzio sacrale del
paesaggio fu interrotto da una specie di miagolio. L’uomo si ripulì prima le
orecchie e poi cercò di capire da quale direzione provenisse il suono: era
praticamente sotto di lui. Si sporse dal dirupo e vi trovò il cucciolo di una
specie di lupo…arancione. Era appeso ad uno dei rami che fuoriuscivano dalla
roccia e sarebbe sicuramente caduto da lì a poco. Il montanaro non ci pensò due
volte e si calò sul pendio fino a raggiungere il cucciolo. Lo recuperò senza
grandi fatiche, era sicuramente abituato a scalare le vette e, quando risalì,
si ritrovò di fronte un esemplare adulto della stessa specie che cominciò a
ringhiargli contro, probabilmente era il padre. L’uomo cercò di chiarire
l’equivoco, facendo cenno con la mano libera di stare calmo…come se l’animale
potesse capirlo.
Quando gli
si avvicinò il lupo adulto cominciò ad abbaiare visibilmente adirato. A quel
punto l’uomo si inginocchiò, gli porse il pargolo girandolo da un lato e
mostrandogli che era ferito. L’animale sembrò calmarsi, il cucciolo fu adagiato
delicatamente a terra tra una carezza e l’altra. I due ‘adulti’ si guardarono
negli occhi, come a cercare di comunicare. Il padre del cucciolo, si avvicinò
ma, poco prima di aver raggiunto il suo figlioletto, una striscia infuocata
solcò il sentiero impedendogli di andare oltre.
L’uomo
inizialmente sussultò, poi si affrettò a recuperare il cucciolo. Si voltò alla
sua destra, da dove erano partite le fiamme, e vide un guerriero; la sua spada
era ancora infuocata ‘un’arma di lacrima’ pensò. Quando i loro sguardi si
incrociarono, il guerriero agitò la sua spada e la linea infuocata circondò
l’esemplare adulto.
“Cosa fai??
Fermati!!”
“Mi procuro
la cena…non si vede?”
“Non puoi
mangiare lui!” detto questo, colpì violentemente la terra ai suoi piedi con un
pugno. Le rocce fuoriuscirono dal terreno, distruggendo il sentiero, cercavano
di trafiggere il guerriero ma questo schivava ogni colpo e, di tanto in tanto,
lanciava dei fendenti per distruggerne alcune. Il cerchio di fuoco attorno al
lupo era scomparso, questo si avvicinò al montanaro.
“Presto!
Prendi il cucciolo e scappa!” l’animale prese il cucciolo tra i denti e si
dileguò.
“Parli anche
con gli animali? Oltre a possedere un’armatura di Lacrima?”
“Per noi
quelli sono animali sacri. E tu non sarai più in grado di cacciare!” batté un
piede a terra e si formò una fossa sotto il guerriero. Riuscì però a risalirla
con un salto avvolto da fiamme e si ritrovò davanti all’orco con la lama della
spada alla sua gola.
“Lo sai che,
una volta tolto di mezzo te, ritroverò quel lupo e lo ucciderò lo stesso,
vero?”
“Sarà Barret
a uccidere te!” dal suo pugno fuoriuscirono dei rami che avrebbero dovuto
trafiggere il guerriero, ma questi li tagliò, bruciandoli con la sua lama
incandescente.
“Ahahaah! A
quanto pare, non è così che stanno le cose.”
Il mezz’orco
cominciava davvero a detestare la presunzione di quel guerriero.
“Ti propongo
un accordo.” Ripose la spada ne fodero e Barret, anche se in maniera incerta,
abbassò la guardia.
“Io lascerò
in pace le vostre bestie sacre, e tu…” lo sguardo dell’altro si fece
minaccioso. “…dovrai trovarmi un uomo.”
“Barret non
accetta ricatti da uno come te.”
“Dovresti
farlo, invece. Non lo hai ancora capito che potrei radere al suolo le tue belle
montagne, se solo volessi?”
Barret
ringhiò tra i denti pieno di rabbia.
“Lo prendo
come un ‘sì’.” Fece il guerriero superbo e gli lanciò una pietra trasparente
intagliata come un diamante e grande quanto il pugno di un bambino.
Appena
Barret ebbe tra le mani la pietra, gli vennero davanti le immagini di un uomo
che non aveva mai visto in vita sua.
“Quello è
l’uomo che devi cercare, quando imparerai ad usare questa pietra, ella ti
indicherà anche la strada da percorrere.”
“Che
stregoneria è mai questa…”si chiese tra sé il montanaro.
Il guerriero
diede al mezz’orco anche una collana fatta di catene con al centro un grande
triangolo vuoto con la punta rivolta verso l’alto. “Una volta che lo avrai
trovato, fai in modo che indossi questa. Lui capirà.”
“Meno
male…perché Barret non sta capendo niente.”
“Ahahah!!!”
il guerriero si avvicinò al montanaro, il suo sguardo era cambiato, sembrava
quasi gioviale “fai in fretta, amico mio…”
Barret non
riusciva a capire se era riuscito a rassicurarsi da quel ‘amico’ almeno un po’,
o se stava per piombare nel terrore più assoluto “…non c’è più tempo, ormai.”