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Autore: Sghisa    28/01/2013    1 recensioni
A qualche anno di distanza dalla fine del college, a Neptune si incrociano nuovamente i sentieri di vecchi amici. Un mistero sembra celarsi dietro alle loro ordinarie e serene vite. Un mistero che li riunirà.
Genere: Romantico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Una cena quasi perfetta


Non aveva mai amato quell'appartamento. C'era entrato poche volte, e i ricordi che aveva di casa Mars erano tutti legati ad avvenimenti decisamente poco piacevoli del suo passato. Era andato a casa di Veronica il giorno che aveva scoperto che lei era stata violentata durante la festa di Shelly. L'aveva trovata fredda e insensibile. Ricordava ancora i suoi occhi di ghiaccio, le labbra tese, la mandibola serrata. Come si era sentito in colpa in quel momento. Per quello che le era accaduto e per il fatto di non essere riuscito ad aiutarla, a starle vicino. Quella volta se ne era andato, con la coda tra le gambe. La volta successiva, dopo quanto accaduto sul Coronado Bridge, era andato da Veronica in cerca di aiuto. Era uscito da casa di lei ammanettato e accompagnato da Leo D'Amato. Poi le cose sembravano essersi messe in ordine, e lui e Veronica avevano passato una romantica estate assieme. L'incantesimo si era rotto proprio lì, nel salotto di Keith. Per quasi un anno era stato lontano da Veronica e di conseguenza da casa sua. Vi era tornato dopo la notte passata assieme a lei e a Beaver sul tetto del Neptune Grand. Gli sembrava di poterla sentire mentre piangeva tra le sue braccia: tutta la sua fragilità era esplosa in un pianto viscerale e costante. Era indifesa, docile, stordita, come la notte in cui l'avevano drogata alla Hearst. Sempre su quel divano si erano consumate le lacrime di Veronica, tra le braccia di Logan.
Insomma, la casa di Veronica non era mai stata un luogo in cui erano accadute cose piacevoli e positive. Aveva varcato la soglia dell'appartamento una buona mezz'ora prima, ma da allora non era stato in grado di muovere un solo passo. Aveva richiuso la porta alle sue spalle ed era rimasto in piedi in silenzio ad osservare il salotto. Non era cambiato molto da allora. C'erano ancora le stesse poltrone dal rivestimento a righe azzurre e bianche, i medesimi quadri alle pareti. La vecchia e ingombrante TV con il suo tubo catodico era rimasta al suo posto. Ovunque regnava un ordine impeccabile: nonostante l'assenza della figlia, Keith aveva mantenuto le vecchie abitudini, e l'assenza di una donna in casa a stento si percepiva. Dall'altro capo della stanza, nemmeno la cucina era cambiata. Tutto pulito e ordinato. Erano sparite però le scatole di cereali, evidentemente Keith non ne andava matto. Anche la tazza di Veronica era rimasta al suo posto, come se in realtà lei non se ne fosse mai andata.
Quando era arrivato il sole era ancora piuttosto alto, e tutto all'interno dell'appartamento di Veronica era illuminato dall'intensa luce del pomeriggio californiano. Il riflesso dei raggi solari sull'acqua della piscina creava un gioco di luci azzurrognole, dando alla stanza principale un'atmosfera quasi asettica. A Logan sembrò che il tempo non si fosse mai fermato, tutto sembrava bloccato a 9 anni prima, all'ultima volta che era entrato in quella casa. Lui e Parker avevano rotto. Veronica era sulla bocca di tutti a causa del video. Veronica l'aveva appena cacciato dalla sua vita, e lui cos'aveva fatto? Aveva picchiato un pazzo mafioso di fronte a tutti gli studenti dello Hearst College per difendere il suo onore. Non poteva lasciar correre, non poteva farla scappare. Soprattutto dopo quello sguardo... epico.

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Era impaziente e gli sudavano le mani. Aveva appena bussato alla porta dell'interno 101, ma non riusciva ad aspettare. Perché ci mettevano così tanto ad aprirgli? Poi una voce all'improvviso “Arrivo!” No, non era la voce di Veronica. Stava pensando di scappare in fretta, prima che Keith arrivasse ad aprire la porta, ma non fece in tempo. Gli occhi dell'ex sceriffo lo squadravano con aria interrogativa. “Logan?” era in accappatoio e pantofole. Della schiuma gli covala lungo il collo massiccio. Goccioline d'acqua gli imperlavano il volto. Era chiaro che stava facendo la doccia, rituale di pulizia che Logan aveva interrotto. Il giovane si passò la mano tra i capelli corti, fino a massaggiarsi la base del collo. “Mi dispiace Keith, cercavo Veronica, ma evidentemente non c'è. Tornerò più tardi...” e si voltò per andarsene. “Lo vuoi un caffé, amico?” l'apostrofò Keith. Logan sollevò lo sguardo fino ad incontrare quello dell'uomo in piedi di fronte a lui. Keith stava sorridendo, e Logan ricambiò il sorriso. Fece dietrofront ed entrò in casa.
Keith si scusò “Ti dispiace se vado a vestirmi? Tu intanto prepara due tazze, sai dove trovare il necessario” e scomparve in camera sua per riapparire pochi istanti dopo. Logan nel frattempo aveva preparato il caffè. Nero e bollente come piaceva allo sceriffo Mars. Si sedettero ai due capi della penisola di pietra lucida.
“Come va, Logan?” Keith non era masi stato particolarmente felice che sua figlia frequentasse una testa calda come Logan, ma meglio lui di molti altri. Sotto lo strato di boria e aggressività, quel ragazzo celava fragilità e onestà. Non aveva mai mentito sul suo legame con Veronica, solo era spesso stato fuori controllo nel dimostrarlo. Fin da bambini erano stati molto legati, e il loro scontro dopo la morte di Lilly li aveva scombussolati entrambi. Avevano faticato per ritrovare un equilibrio, e ci erano riusciti, per brevi ed intensi periodi.
“Bene... mi dispiace per le elezioni” Era sincero. Era sempre stato sincero quel ragazzo vittima di abusi, vittima del destino, circondato dalla morte delle persone cui voleva più bene, tradito dalla propria famiglia. Si, Keith sapeva, anche se non ne aveva mai parlato con Veronica. Sapeva delle bruciature di sigaretta, sapeva delle cinghiate. Lo sapeva dai referti medici, lo sapeva dal volto di Lynn. Gli occhi di una madre non mentono mai. “Cosa vuoi farci, Vinnie farà del suo meglio, spero.” Sorseggiarono in silenzio il caffè. “Cosa ci fai qui Logan?” “Volevo parlare con sua figlia signor Mars... sono successe tante cose in questi giorni e io credo che... che lei abbia bisogno di me. Come io ho bisogno di lei...” Gli ci volle tutto il coraggio di cui disponeva per far uscire quelle poche balbettate parole dalla sua bocca di fronte al padre di Veronica. Keith lo guardò con una dolcezza della quale Logan non lo credeva capace. Lo guardava come un padre guarda il proprio figlio. Lo stupì che uno sguardo del genere fosse rivolto a lui: pensava di non essere mai piaciuto all'ex sceriffo. “Logan, quando la smetterete voi due con questo tira e molla? Da quanto vi siete lasciati? 4 mesi? E siamo di nuovo da capo. Ma se vi ributtate nella vostra storia senza risolvere i problemi che avete, senza mettere a posto le questioni irrisolte, senza affrontare ciò che non avete intenzione di affrontare, come pensi che possiate arrivare all'anno prossimo?” Non c'era rabbia nella sua voce, né irritazione. Solo dispiacere.
“Non lo so, Keith, non so dove potremmo essere. Non so nemmeno se voglio tornare indietro, se lo vuole lei. So solo che in questo momento ho bisogno di lei e lei ha bisogno di me. So che dovremo superare molti ostacoli però...” Keith sorseggiò il suo caffè, lo finì, e mise la tazza nel lavandino. Recuperò la tazza di Logan e si avvicinò al mobile che stava affianco alla TV. Ne tirò fuori due bicchieri dal fondo spesso e una bottiglia di skotch. Versò il liquido ambrato nei due bicchieri e indicò a Logan il divano. “Ragazzo mio” disse, porgendogli il suo bicchiere “lasci che ti spieghi una cosa sulle donne. Per quanto possano essere arrabbiate, severe, decise, le donne quando sono innamorate commettono un sacco di errori. Prendi mia moglie, la mia ex moglie. Lei è sempre stata innamorata di un uomo che la ricambiava ma con il quale non poteva stare. E così ha commesso il suo primo grande errore. Ha sposato me. Non mi fraintendere, siamo stati bene assieme, felici. Abbiamo avuto una figlia meravigliosa, per la quale ringrazierò Lianne per il resto della mia vita. Ma la felicità di cui vivevamo ogni giorno era una bugia. Una piccola bugia all'inizio, ma man mano che il tempo passava diventava sempre più grande. Lei e Jake però non smisero mai di frequentarsi, avevano una relazione. Non so quando sia ricominciata, so solo che Lianne non era sicura che io fossi il padre di Veronica. Secondo errore, perché per quanto ne sapeva lei e Duncan erano fratellastri e quando si misero assieme lei avrebbe dovuto fermarli. Ecco servito un altro trauma alla nostra bambina. Come se non bastasse, appena ne ha avuto l'occasione, Lianne è scappata, lasciandomi solo con Veronica. Ecco il terzo errore di Lianne: non ci si può perdonare per aver abbandonato il proprio figlio. E Lianne l'ha fatto per ben due volte... Ma non voglio annoiarti. Insomma, Veronica è innamorata di te, e per questo motivo potrebbe commettere un grave errore: passare sopra a tutte le vostre difficoltà, le vostre differenze. Cosa otterreste a quel punto? Di scoppiare per una delle solite ragioni di qui a qualche mese? Di litigare furiosamente?” aveva finito il suo drink e fissava Logan.
“Io non so... ma ha importanza? Sono sicuro che io e lei potremmo risolvere tutto assieme!” Keith si alzò e si versò un secondo drink, offrendone un altro po' al giovane che accettò porgendo il suo bicchiere. “Io penso che prima tu e Veronica dobbiate risolvere i vostri problemi, le vostre questioni. Siete entrambi troppo feriti e troppo giovani per farvi dell'altro male a vicenda. Perché non vi prendete un po' di tempo e non provate a rielaborare tutto ciò a mente fresca?”
Tra i due calò un lungo silenzio. Bevvero il loro skotch con calma. Poi fu nuovamente Keith a interrompere il silenzio. “Non immaginavo che ti avrei mai detto queste parole, però, ragazzo, tu mi piaci. E penso che tu farai sempre parte della vita della mia bambina. Ma non adesso, non con tutta la rabbia che vi portate dietro. Non prima di aver risolto le vostre lotte interiori. Solo allora potrete combattere la vostra battaglia per stare assieme. Rifletti sulle mie parole e prendi la tua decisione. Non mi intrometterò in nessun caso, sappilo. E avrai il mio appoggio, e la mia amicizia.” Si alzò dal divano “Ora penso che tu debba andare. Veronica rientrerà a momenti e non penso che sarebbe contenta di trovarci a metà pomeriggio seduti sul divano a sorseggiare superalcolici!” gli sorrise e gli porse la mano. Logan strinse la mano di Keith e uscendo lo ringraziò.

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Mentre Logan riviveva quel momento fugace in cui lui e Keith avevano parlato e si erano capiti per la prima volta in vita loro, il sole era calato, proiettando lunghe ombre nel salotto di casa Mars. Logan si avvicinò alla parete di fondo per accendere la luce. Lo sguardo però vagò fino alla porta di camera di Veronica, stanza nella quale era entrato una sola volta. Era la notte dei diplomi. Beaver si era appena buttato dal tetto del Neptune. Veronica era convinta che suo padre fosse morto. Dopo aver accompagnato Mac a casa e aver risposto alle domande di Don Lamb lei era crollata tra le sue braccia. L'aveva portata a casa ed era stato a lungo seduto sul divano, con lei tra le braccia, sfinita e  fragile. Dopo un po' l'aveva sollevata e portata in camera sua. L'aveva adagiata sul letto, le aveva baciato la fronte. Poi l'aveva lasciata sola per tornare sul divano.
Ora era lì davanti alla stanza di Veronica e l'unica cosa che voleva fare era dare una sbirciatina, vedere se fosse cambiato qualcosa. Aprì la porta e la presenza di lei si fece fortissima. Sembrava che vivesse ancora lì. Le fotografie, i fascicoli, i cd, i quadri appesi, perfino il copriletto... tutto urlava “Veronica Mars”!Non entrò però nella stanza, si sentiva di violare un luogo nel quale lui non era ammesso. Richiuse la porta e si mise all'opera. Cena per tre.
Tirò fuori l'elenco del telefono ed estrasse tre numeri di telefono. Ristorante cinese, pizza a domicilio e ristorante argentino. Telefonò e ordinò da mangiare. Non sapeva con chi avrebbe cenato, ma questo non lo giustificava nel farsi trovare impreparato.
Dopo le tre telefonate apparecchiò la tavola e accese la TV. Erano le 7, mancava poco perché questo mistero gli venisse svelato.

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Logan era seduto sul divano che guardava il TG locale. Pare che un agente dell'FBI fosse stato arrestato per abuso di potere nella contea di Balboa. Un campanellino suonò nella mente di Logan, ma non riusciva ancora a capire perché quella notizia fosse tanto importante. Stava cercando una spiegazione per la sua reazione quando bussarono alla porta. Logan spense la TV e si alzò dalla poltrona di Keith. Era agitato. Chissà chi c'è dietro questa porta. É tutto il pomeriggio che me lo domando. Beh ora avrò la mia risposta. Aprì la porta di casa Mars e il suo stupore scemò improvvisamente per lasciare posto ad una faccia divertita. “E così saresti tu il mio appuntamento per la serata?” esclamò con tono ironico. In piedi davanti a lui stava un quantomeno irritato Eli Navarro. “Ceeeerto Mr. Echolls. La nostra comune amica ha fatto una serie di pazzie improponibili, tra le quali quella di farsi arrestare, per concederci una serata intima. Io, tu, la fiamma tremolante di una candela. Per buttarci il passato alle spalle e costruire un felice futuro assieme.” Dicendo questo si appoggiò allo stipite della porta e provocò Logan facendogli gli occhi dolci. Il giovane attore sembrava davvero divertito da tutta quella situazione. La presenza di Eli se non altro aveva sciolto la tensione. L'ispanico gli diede qualche secondo prima di riprendere a parlare. “Non ho mai pensato che tu fossi particolarmente intelligente, però questa volta hai battuto ogni previsione. É ovvio che non sono io il tuo “appuntamento”, e credimi non è un appuntamento, anche se cenerai in compagnia di una graziosa biondina!” Si voltò e si sporse dalla balconata fece segno di salire a due figure in ombra sotto il ballatoio.
“Mi raccomando, Echolls, acqua in bocca. Questa volta non stiamo giocando, ci sono in ballo delle vite. Però se Veronica ha deciso che tu potevi gestire la situazione... non mi resta che fidarmi di lei.”
Le due figure si stavano avvicinando. Eli sussurrò a Logan una minaccia ben poco velata “Ti tengo d'occhio!” e fece spazio ai due affinché entrassero nel piccolo appartamento. Anche Logan si fece da parte, lasciando libero lo specchio della porta.
I due erano incappucciati, i volti nascosti. Due figure scure, che si muovevano rapidamente e silenziosamente. Una era alta, piuttosto massiccia. Con fare protettivo stringeva la mano alla seconda persona, minuta e gracile. Sembrava più piccola di Veronica ed era sicuramente una donna. L'altra figura, mascolina, era familiare a Logan, molto familiare. La camminata, il ritmo dei passi, la posizione delle spalle. Appena varcarono la soglia, Eli si gettò dentro l'appartamento e richiuse la porta alle loro spalle. Poi la più alta delle due persone appena entrate si abbassò il cappuccio della giacca. Lo stupore di Logan esplose sul suo volto, presto sostituito dalla rabbia. La persona che stava in piedi davanti a lui e gli sorrideva era Duncan Kane.

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Non aveva sentito Veronica da giorni, quindi per lui fu una vera sorpresa, una volta sceso dal treno alla stazione di San Clemente, essere accolto da Eli Navarro e non dalla bella bionda. Era tutto organizzato: lui e la piccola Lilly dovevano arrivare il giovedì pomeriggio a bordo di quell'anonimo e lentissimo treno regionale che da Los Angeles arrivava al confine col Messico. Avevano diviso lo scompartimento con un'anziana coppia di messicani che avevano fatto visita ai parenti a San Francisco. Non avevano parlato molto con loro, la parola chiave era "basso profilo". Lui e la bambina erano partiti il giorno prima da Las Vegas, città nella quale, con gli pseudonimi di Richard e Martha Appelgate, si erano trasferiti tre anni prima. Duncan aveva comprato un casinò, facendolo diventare uno dei posti più in della città che non dorme mai. Lilly era cresciuta sapendo che erano in fuga e che doveva stare attenta a ciò che diceva e faceva. Lei era Martha, figlia di Richard Appelgate, ricco ereditiero australiano che aveva deciso di trasferirsi negli Stati Uniti più per capriccio che per necessità. Avevano comunque vissuto nell'anonimato: niente scandali, niente fotografie, niente scoop. Nessuno sapeva che faccia avesse il signor Appelgate, ma a Las Vegas tutti sapevano a quanto ammontava il suo patrimonio. E Mrs. Appelgate? Non era dato sapere.
Passare dallo sfarzo della sua villa ai bordi del deserto a quel treno maleodorante era stato uno sforzo non da poco per la viziata bambina bionda che aveva da poco compiuto dieci anni. Era nata il primo gennaio, e per questo motivo si sentiva molto speciale. Come era speciale per lei quel viaggio: suo padre le aveva parlato così tanto di Veronica, di Logan, di Neptune, che non vedeva l'ora di conoscere quelle persone, di vedere i posti dove suo padre e sua madre erano cresciuti. Duncan non le aveva mai nascosto nulla: sapeva che sua madre era morta, sapeva che Veronica Mars li aveva aiutati a scappare, sapeva che poteva fidarsi di loro. Come sapeva che non averbbe potuto fidarsi dei suoi nonni: il papà l'aveva avvisata e lei aveva capito. Era una bambina molto sveglia.
Duncan era stato un ottimo padre. Scappando si era portato dietro un bel po' di soldi, quindi nel primo periodo non avevano avuto problemi. Poi era dovuto ricorrere al conto segreto che Clarence aveva aperto e amministrato a suo nome. Non avevano mai avuto problemi economici. Si, è vero, ho costretto mia figlia a vivere come una fuggiasca, a non affezionarsi alle persone, ad avere solo me. Però le cose possono cambiare adesso. Devono cambiare. Voglio che la mia bambina, qualunque cosa accada, abbia una vita normale. Smetta di scappare. Abbia una famiglia, vera. E tutto grazie a Veronica... Duncan si era spesso tormentato con pensieri di questo genere. E non vedeva l'ora di poter riabbracciare colei che lo aveva salvato in passato e che lo avrebbe slavato anche questa volta.
Eli accolse Duncan con una stretta di mano, che si trasformò quasi subito in un abbraccio. “Non pensavo che ti avrei rivisto da queste parti, Mr. Kane...” Duncan si districò dall'abbraccio e mise una mano sulla spalla della figlia. “Eli Navarro, ti presento Lilly Kane. Lilly, saluta Il signor Eli”. Due occhi scuri e profondi si fissarono in quelli dell'ex motociclista. Mag... pensò Eli. La bambina aveva molto della madre, ma anche molto dei Kane. C'era qualcosa in lei che gli ricordava incredibilmente Lilly... la sua Lilly, la Lilly che in realtà non era mai stata sua. Le strinse la mano e li condusse alla macchina: avevano ancora un po' di strada da fare.

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Logan e Duncan stavano in piedi, l'uno di fronte all'altro. E si fissavano in silenzio. Nessuno dei due mosse un muscolo per un bel po' di tempo. Era così strano trovarsi dopo dieci anni di nuovo assieme nella stessa stanza. Duncan osservò Logan e i suoi cambiamenti: era più muscoloso, più robusto, più forte. La barba sfatta e gli occhi tristi gli davano quell'aria tormentata che, secondo Duncan, aveva sempre affascinato le ragazze. Lo aveva visto spesso sulle copertine dei magazine scandalistici circondato da belle ragazze, era anche andato al cinema per vedere un paio dei suoi film. Era un attore decisamente migliore di suo padre. Ma averlo in carne ed ossa davanti a sé era tutta un'altra storia. Eli l'aveva avvisato che Veronica non ci sarebbe stata al loro arrivo, e che al suo posto avrebbe trovato Logan Echolls ad accoglierlo, però comunque era sorpreso dalla persona che il suo migliore amico era diventato. Fece un passo nella sua direzione e l'abbracciò, mentre calde lacrime gli rigavano le guance.
Logan in un primo momento non reagì e lasciò che le braccia gli penzolassero lungo i fianchi. Poi iniziò a singhiozzare e, mentre piangeva, abbracciò l'amico con forza. “Diamine, DK...” “Lo so, lo so amico. Scusa”. Eli e la piccola Lilly restarono in silenzio a guardare i due amici che si ritrovavano dopo dieci anni.
Dopo un lasso di tempo che parve lunghissimo, i due uomini si separarono. E Logan posò finalmente gli occhi sulla giovane Kane. “Tu devi essere Lilly... io mi chiamo Logan e...” “La piccola esplose in un sorriso “Echolls, si so benissimo chi sei. Sei il migliore amico di papà. Posso chiamarti zio?” La dolcezza con cui lo chiese non ammetteva obiezioni. “Certo, Lilly. Sai che sei proprio come ti ho sempre immaginata? Bella come la tua mamma! Spero anche altrettanto intelligente” si era già innamorato di lei. Aveva i colori di Mag e la sua dolcezza, ma lo sguardo, i movimenti, i gesti... era tutta uguale a sua zia Lilly. Lui e Weevil si scambiarono uno sguardo carico di sottintesi: entrambi avevano visto quanto di Lilly ci fosse nella piccola figlia di Duncan.
“Vado a prendere i vostri bagagli e poi vi lascio...” disse Eli uscendo. “Perché non ti fermi con noi?” “Perché ho fatto abbastanza, e perché la mia donna mi aspetta.”

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Logan, Duncan e Lilly mangiarono la pizza, il piatto preferito della piccola che non la smise di parlare per tutta la durata della cena. Raccontò a Logan tutto della propria vita: chi fosse la sua migliore amica; della volta che la sua gattina era rimasta bloccata su un albero; del suo compleanno di tre anni prima, quando lei e il papà erano andati alle Hawaii. Poi mangiarono il dessert. Duncan poi preparò il letto per sé e sua figlia. Cliff gli aveva detto che avrebbero potuto dormire nella camera di Keith, e che avrebbero trovato le lenzuola nell'armadio dello stanzino. Poi accompagnò la bambina in camera, dove la aspettavano i suoi giochi e la TV. “Puoi guardare un po' di TV, ma alle 10 ti voglio sotto le coperte, intesi?” “Va bene papà!” Diede un bacio a Logan “A domani mattina, zio” e scomparve nella stanza del padrone di casa chiudendosi la porta alle spalle.
Logan nel frattempo aveva sparecchiato e lavato i piatti. Ora stava in piedi, le mani appoggiate alla penisola, e fissava il suo migliore amico. Era davvero cambiato. Era cresciuto in altezza, almeno cinque centimetri. Si era fatto crescere la barba e i baffi, come quando era scappato a Cuba. Aveva un'aria matura e vissuta. Era sempre stato un tipo piuttosto serio e responsabile, ma il peso della paternità e le fatiche della fuga lo avevano temprato moltissimo. Non era più un ragazzino, era un uomo, un padre, e i segni sul suo volto, la postura, ogni cosa in Duncan Kane raccontava la sua storia. I due ragazzi presero due sedie, quello che avanzava di una bottiglia di skotch vecchia di dieci anni e due bicchieri, e si misero in veranda. Nessuno avrebbe fatto caso a loro in quel posto dove tutti si facevano gli affari loro.
“Allora, DK, ai ritorni!” suggerì Logan, invitando l'amico a fare un brindisi. “Ai ritorni!” e sorseggiarono il drink “Cosa ti porta da queste parti, vecchio mio?” “Affari! E tu?” Logan sorrise “Ah, che domande il grande ballo del liceo. Come potrei vivere senza quei favolosi anni passati assieme tra le mura della scuola? Non mancherai, spero.” “Se tutto va come previsto da Veronica, entro domani sera potrei mostrare la mia brutta faccia in giro senza rischiare di essere arrestato. Quindi, si, penso che verrò!”
Restarono un po' in silenzio. “A proposito della nostra comune amica... non mi aveva detto niente... come vi è venuto in mente di nascondermi tutto questo? Insomma, lo so che vi è sempre piaciuto tenermi all'oscuro delle cose, però insomma, forse questa cosa avreste potuto dirmela prima... no?” “Logan, hai perfettamente ragione ad essere infuriato, ma lascia che ti spieghi. Sono stato io a volere che la cosa non si sapesse troppo in giro, e Veronica era d'accordo. Meno persone sapevano, meno persone rischiavano di finire in galera nel caso le cose si fossero messe male. E, credimi, il rischio c'era. E ancora pende su di noi come la spada di Damocle: fino a che Veronica non mi darà l'OK non posso essere tranquillo.” era sincero, e Logan lo capì.
“Sai, adesso sono padre, ho delle responsabilità, ho dei doveri. E non posso giocare con la sua vita. Lilly è la persona più importante della mia vita, ed è mio compito proteggerla a costo della vita. In questi dieci anni non poter contare su nessuno al di fuori di Clarence e di Veronica non è stato sempre facile. I primi anni non ho nemmeno provato a farmi degli amici, ci spostavamo in continuazione: abbiamo girato tutta l'Australia finché non sono finiti i soldi. Poi ci siamo dovuti fermare, io mi sono trovato un lavoro, ho preso in affitto una casa e ho iscritto Lilly all'asilo. Poi un bel giorno qualcuno ha iniziato a fare domande e siamo dovuti scappare di nuovo.” Logan lo osservò e poi gli rispose “Non posso nemmeno immaginare cosa significhi vivere così... nell'anonimato, senza affetti. Ah no! Quello so benissimo cosa significa.”
Il silenzio calò sui due uomini. “Io e Veronica ci siamo sentiti molto raramente. Una volta l'anno, nell'anniversario della morte di Lilly, l'ho sempre contattata. Non ci siamo mai detti molto, era solo il nostro momento, quello in cui ricordavamo l'un l'altro che una volta eravamo amici, che una volta eravamo vicini, che una volta ci volevamo bene. Per non dimenticare. Ma non abbiamo mai provato ad oltrepassare quel silenzioso confine che ci eravamo imposti: sessanta secondi a testa ogni anno. Pensa, non sapevo nemmeno che foste tornati assieme, e men che meno che vi foste poi lasciati. L'ho scoperto dai tabloid. Cos'era? All'uscita del tuo primo film? Che hai avuto quel flirt con la co protagonista? Non male la biondina. Beh... un settimanale scandalistico australiano la paragonava alla tua ex, e c'era una foto di voi due assieme. Ma Veronica aveva i capelli molto lunghi e ricci, quindi doveva essere una fotografia scattata dopo la mia partenza... Ricordo di averti odiato in quel momento, perché lei era così bella e sembrava così felice...” bevve un lungo sorso di skotch, e prima di riprendere a parlare si versò il secondo bicchiere. “Mi stupisci, sai Logan!” “Perché?” “Mi aspettavo una scenata, uno scoppio d'ira, almeno un cazzotto...” “ Oh... credimi quando ti dico che l'avrei tanto voluto fare. Ma non davanti a tua figlia. E ora... beh ora voglio sentire cosa hai da dire prima di ridurti a uno straccio. Diritto alla difesa, no?”
Duncan alzò il bicchiere “Grazie. Beh, che dire. A ottobre di due anni fa sono venuto a Neptune, avevo un anniversario da commemorare. Ho lasciato Lilly con la sua migliore amica. Quando sono arrivato in città sono passato davanti a casa di Veronica e l'ho vista. Sapevo che il giorno dopo sarebbe andata al cimitero, così le ho lasciato un biglietto con il mio numero di casa. Abbiamo rotto il nostro patto silenzioso e da allora in un modo o nell'altro ogni mese Veronica mi chiamava da un telefono pubblico e abbiamo riallacciato i rapporti. Per quanto fosse possibile. Abbiamo deciso che io dovevo poter tornare a casa, poter essere libero, dare a mia figlia la vita che si merita, la famiglia che si merita. E così abbiamo elaborato un piano. Questo è stato solo il momento adatto per metterlo in atto, nulla di più. I Manning non potranno nuocere a me o a mia figlia, di questo sono sicuro. Se ne è occupata Veronica e sono certo che entro domani mattina sarà tutto a posto. Bene, ho detto quanto dovevo dire, tocca a te, vecchio mio.”
“Sei stato tu a chiedere a Veronica di indagare su di me?” domandò Logan diretto.
“Si”
“Perché?”
“Perché volevo essere sicuro di potermi fidare di te. Non ci vediamo da dieci anni e per quanto ne sapevo potevi essere un tipo... pericoloso. Ho una figlia da proteggere...” sapeva che non stava raccontando tutto al suo più caro amico, ma non era ancora il momento giusto.
“Mi sembra che tu fossi molto informato su di me, o almeno sulla mia vita sentimentale...”
“È stato solo un caso...”
“Anche che si trattasse di Veronica e me?”
“Logan... possiamo seppellire questa maledetta ascia di guerra?”
“Forse. Veronica sapeva perché stava indagando su di me?”
“No, non lo sapeva. Non lo sa ancora, se è per questo.”
“La questione dell'arresto era pianificata?”
“No, è stato un caso, immagino. Il piano è che ad accogliere me e Lilly ci fosse Veronica oggi. Ma non la sentivo da settimane. Avevamo pianificato tutto da tempo. L'avevo fatta venire a Las Vegas per parlarle e pianificare tutto faccia a faccia. Elaborato il piano siamo rimasti che non ci saremmo sentiti: il caso sul rapimento stava per essere riaperto e lei avrebbe avuto  riflettori puntati su di sé. Troppo rischioso.”
“E Keith?”
“Keith?” per la prima volta in tutta la serata Duncan sembrò perdere la propria sicurezza “Cosa diamine è successo al papà di Veronica?”
“Non lo sai? È stato rapito, è sparito e da giorni non si hanno sue notizie...”
Duncan rimase in silenzio per alcuni istanti poi si alzò. “Vado a controllare che mia figlia dorma e non stia facendo la furbetta come suo solito...”. Lasciò Logan solo con i suoi pensieri.
E così quei due sono rimasti in contatto? Perché Veronica non mi ha detto nulla. Che domande... perché DK è DK. Il suo primo amore, il suo vero amore... che sciocco che sono stato. Per tutto questo tempo ce l'hanno fatta sotto il naso e nessuno se ne è accorto. La bella famiglia felice... chissà perché la cosa non mi stupisce. Duncan... Veronica... un'equzione perfetta. Come ho fatto a non pensarci prima? Ecco il perché di tutti quei segreti, ecco il perché di tutti questi misteri. Oltre al danno la beffa! E io che stavo pensando... che idiota, Logan, non impari mai!
Gettò la testa indietro e scoppiò in una sommessa risata. Avrebbe voluto urlare, ma non poteva. Duncan era a pochi metri di distanza, tutti dormivano e non era proprio il caso di attirare l'attenzione su di sé! E così rimase qualche istante con gli occhi chiusi. Quando li riaprì gli occhi glaciali di Veronica lo fissavano da in cima alle scale. “Ma vi siete ammattiti? Ma dico io, state scherzando spero?” Era arrabbiata, molto arrabbiata. “Cioé, spiegatemi bene, io mi faccio una notte in galera, denuncio un agente dell'FBI, faccio partire un'operazione di polizia come non se ne vedono da decenni qui a Neptune, e voi ve ne state in terrazzo a bere e scherzare?” Ormai era arrivata alla sua altezza. “Parlo anche con te, Mr. Kane!” Il suo sguardo si posò sul giovane rampollo in fuga. Strappò il bicchiere dalle mani di Logan e trangugiò in un solo sorso ciò che restava del drink. “Io ora mi faccio una doccia, voi abbassate la cresta e tornate dentro. Poi vediamo!” Posò il bicchiere in mano a un quantomeno stupito Logan, abbracciò Duncan dicendoogli “Sono contenta che tu sia tornato! Ma adesso tornate dentro.” E così dicendo entrò in casa, iniziando a spogliarsi mentre si dirigeva verso la sua stanza. I due si scambiarono uno sguardo d'intesa ed entrarono lentamente in salotto.



Spazio autrice: E finalmente aggiorno! E svelo molti dei misteri! Grazie a tutti!
  
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