Anime & Manga > Eyeshield 21
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Autore: Mad dy ness Zalk909192    30/01/2013    1 recensioni
Quando perdi tutto, quando non ha più nulla, quando l'unica cosa che ti tiene in vita è la vittoria. Vittoria come scelta di vita, come unica possibilità. Perché non esistono più delle scelte, esiste solo la cruda realtà dei fatti. E l'unica possibilità che hai è vincere. Perchè perdere non è che inutile.
Hiruma ha sempre vissuto la vita così.
Sena ci si ritrova in mezzo per casualità, per mero e macabro destino.
Un appartamento scialbo in riva al fiume, un torneo, le vittorie sul campo, le sconfitte nella vita.
L'ombra ossessiva di Musashi. E poi qualcosa di nuovo.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Si può dire che Youichi Hiruma fosse stato particolarmente precoce.
Il suo primo rapporto con una donna risaliva ai tempi in cui frequentava la base americana, avvenuto con una tizia completamente fatta e ubriaca fradicia. Non lo aveva esaltato, in definitiva, così aveva iniziato a cercare qualcosa di meglio;
Finché uno della base totalmente ubriaco, dopo l'ennesima sconfitta a poker, non aveva scommesso che non sarebbe mai riuscito a portarsi a letto John, uno dei giocatori di football.
La posta in gioco era alta e con un ghigno aveva accettato la scommessa.
Era bastato vederlo in divisa per convincersi che non era stato una così cattiva idea accettare ed era bastato fare un po' il lascivo per vincere.
Gli era piaciuto molto di più di quel che avesse mai pensato, quella sveltina nel bagno degli spogliatoi.
Per qualche anno aveva frequentato molti uomini perché lo divertiva far capitolare quarantenni ammogliati e con figli tra le sue spire di lolita maschile e, il più delle volte, attiva.
Finché non aveva guardato meglio Musashi, decidendo di mettere la testa a posto, sessualmente parlando, e mettendo del tutto fine alla sua carriera di… puttanella gay, come mentalmente si autodefiniva.
Dopo la pietosa dichiarazione che per di più non era servita a niente, aveva iniziato a pensare che non ne valesse la pena, che era meglio scopare del fare l'amore, cosa che per altro non aveva mai fatto in vita sua. Aveva rifiutato a priori relazioni con coetanei, che avrebbero potuto invaghirsi di lui e portargli noie non indifferenti, per preferire uomini adulti e maturi, in cerca di avventure fini a sé stesse. Quando trovava un pesce grosso e grasso non faceva che scattare qualche foto giusta per garantirsi un vitalizio mensile dignitoso per qualche tempo.
Ora, fuggito letteralmente da casa propria, solo sulla panchina di un parco pubblico, pensava.
Che gli era preso?
Non agiva mai senza pensare, quella volta si era ritrovato nel mezzo di un’azione totalmente irrazionale e immotivata. Che bisogno c'era di fare quello che aveva fatto al tappo merdoso?
A momenti lo mangiava nella foga.
Non riusciva a capacitarsi dell'accaduto e lì rimase, qualche minuto, quasi in totale assenza di pensieri logici.
Si alzò di colpo. C'era qualcosa di molto peggio.
Dopo due giorni avrebbero avuto la partita più importante della loro vita, contro gli Amino Cyborg, e lui non si stava allenando per pensare a una cosa così irrilevante come un bacetto del cazzo?
‘fanculo. Ora sarebbe tornato a casa e avrebbe fatto sgobbare il nano. ‘affanculo tutto, dovevano vincere.
 
 
 
 
Conferma definitiva: Hiruma Yoichi era gay.
Che un suo compagno di squadra lo fosse non lo sconvolgeva, in fondo lo era anche lui. Almeno ne era quasi certo. La cosa assurda era che lo fosse Hiruma Yoichi. Che lo fosse e l'avesse...baciato. Lui, poi. Perché, soprattutto?
Quando Hiruma l'aveva lasciato da solo in casa era rimasto sconvolto nel mezzo della cucina con, supponeva, un’espressione che esprimeva di tutto meno che tranquillità e sanità mentale, per poi riscuotersi e farsi una lunga doccia. Che era preso al suo capitano?
Scrollò la testa lasciando schizzare in giro le gocce d'acqua rimaste sui capelli. Beh, e adesso? Voleva dire, avrebbe passato da qual momento in avanti tutto il suo tempo diviso tra studio e allenamento, ma questo cosa avrebbe comportato? Oddio, non poteva nemmeno immaginare…  Ma poi, perché lui? Che Hiruma fosse interessato a...
No, non poteva essere, certo, si sarebbe spiegato il perché l'avesse voluto trattenere ad ogni costo lì a Tokyo ma la nuova teoria faceva a pugni con la sua concezione di Hiruma. L'aveva trattenuto perché era Eyehield21, giusto?
"Si, sicuramente è così." Decise che non era troppo rilevante. Insomma, non ne sapeva il motivo ma Hiruma avrà avuto le sue ragioni. Faceva mai qualcosa senza uno… scopo preciso?  
Si toccò le labbra, leggermente gonfie dopo quel… morso particolarmente violento.
No. Un attimo. Qualcosa non andava per niente. 
Era stato il suo primo bacio, realizzò di colpo. Il suo primo bacio, rubato dal proprio capitano di un club scolastico sportivo e in un momento che aveva tutto fuori che della situazione romantica. Sì, insomma, erano pur sempre cose che facevano la differenza.
Si accigliò, constatando il quanto la cosa non gli andasse minimamente a genio.
Anzi, quasi era arrabbiato.
Come si era permesso di… di violarlo a quel modo? Dio, Hiruma era il peggior essere umano del giappone, anzi no, del mondo intero!
No, doveva stare calmo, niente panico, niente piagnistei. Ce la poteva fare, non era il periodo dell’anno adatto per litigare col proprio capitano, per quanto... Per quanto potesse avere grossi difetti.
Si guardò allo specchio, per la prima volta da tempo. Odiava guardarsi troppo perché assomigliava tremendamente a suo padre.
Quasi non si riconobbe. Durante quell’estate in cui si era allenato come un cane alla Death March e dopo tutto il tempo passato da solo a correre ogni momento disponibile, aveva finalmente messo su qualche muscolo, era cresciuto di un paio di centimetri e i suoi occhi... non sapeva nemmeno lui cosa avessero ma erano un po' diversi.
Scosse la testa. Si, doveva mettere da parte tutto. Da lì a due giorni avrebbero avuto la loro prima partita di torneo e non aveva dimenticato quello che aveva urlato in faccia ad Hiruma. Voleva... vincere.
E avrebbe vinto, per il bene suo e della squadra.
Gli assi sono tali perché non vengono mai sconfitti.
Vacillò nelle sue convinzioni e abbassò lo sguardo sul lavandino. Lui un asso? Da quando? 
Si mosse di scatto verso la camera da letto, si mise addosso una tuta e si preparò ad uscire. Avrebbe lasciato un biglietto per Hiruma sul tavolo e si sarebbe ammazzato di allenamenti finché non lo avrebbe visto tornare.
Fu in quel momento che Hiruma aprì la porta pronunciando irato e dagli occhi iniettati di sangue alcune parole:
-Allenamento, ora. Tutto il resto è rimandato al dopo partita, nano di merda! Muoviti!-
Sena, in realtà, si stava allacciando una scarpa lì in cucina e guardò Hiruma un po' storto, anche se arrossendo impercettibilmente.
Uscirono di casa in pochi minuti e raggiunsero la scuola e la squadra letteralmente di corsa. Correre con Eyeshield21 aveva fruttato a Hiruma un ulteriore abbassamento dei suoi tempi, anche se solo se per brevi tratti. Non poteva che essere un'ottima cosa. Erano le tre del pomeriggio. Tornarono solo dopo delle ore, verso le dieci, dopo essersi fermati a mangiare, in religioso silenzio, in un bar che a richiesta cucinava cibi iperproteici.
Quando tornarono non erano che troppo stanchi per fare qualunque cosa che non fosse dormire e senza fare parola del fatto avvenuto, se ne andarono nelle loro stanze. Hiruma dopo un tentativo, preferì dormire sul divano. Avrebbe dovuto comprarsi quantomeno un futon decente, o decidersi a trovare un appartamento o, cosa che non avrebbe mai fatto, cercare un deposito per spostare tutte le sue armi e riappropriarsi della seconda camera da letto, attualmente utilizzata ad arsenale. Ma quell’ipotesi non poteva essere contemplata seriamente. Il suo Uzi, il suo ingram… ‘sti cazzi. Si sarebbe arrangiato in qualche modo.
 
 
Domenica. Il sole non era ancora sorto e non era nemmeno l’orario della sveglia generale per i soliti allenamenti, peccato che Sena fosse sveglio comunque. Gli sarebbe piaciuto avere un vizio qualsiasi con cui scaricare la tensione. Il fumo no, il fumo avrebbe fatto male a lui e alle sue corse, ma anche qualcosa come le gomme americane di Hiruma sarebbero andate bene. Si mise a guardare il cielo ancora stellato, sperando che sortisse un effetto simile.
Più tempo passava più il… gesto di Hiruma gli bruciava. Rasentava la paranoia. Si, ok, gli era piaciuto. Però non era giusto! Non Hiruma e non a quel modo! Soprattutto non lui!
Gli bruciavano le guance e sapeva di essere diventato rosso pomodoro maturo.
Scosse la testa e respirò a pieni polmoni l’aria del mattino, calmandosi un minimo.
In realtà non pensava, non riusciva ad organizzare le idee e le uniche parole che riusciva a formulare sotto forma di pensiero pressappoco coerente erano “Cosa…?” e “Perché?!”. il resto erano farneticazioni che non riusciva nemmeno ad esplicitare in modo chiaro.
Si perse a fissare il tetto di una casa in lontananza senza vederlo davvero. Oltre a tutto, la partita dell’indomani gli metteva ansia, un’ansia folle.
Era riuscito a essere ammesso per puro caso, per pura fortuna… e soprattutto grazie allo stronzo che gli aveva rubato il suo primo bacio. Sua madre era morta, lui e suo padre si odiavano a vicenda, erano settimane che non vedeva nessuno al di fuori dell’orario scolastico o al di fuori degli allenamenti, non parlava con Mamori da una vita, almeno così gli sembrava, se non come Eyeshield21 e la maschera di Eyeshield21 gli stava sembrando sempre più superflua ed inutile.
Cosa importava? Non avrebbe cambiato club nemmeno sotto tortura e se Mamori avesse piantato grane le avrebbe sputato addosso che non era più il bambino che credeva che fosse. Forse. Almeno credeva. In fondo in fondo aveva ancora qualche dubbio. Tipo la storia dell’asso. Non era un asso. Era una persona normale che sì, sapeva correre un po’ più velocemente della media, ma nulla di più. E quel nome che si portava ricamato addosso, Eyeshield21, gli dava quell’aria da macchina da football che faceva solo presagire le grandi cosa che non era in grado di compiere. Non ancora, almeno. Dubitava, però, che sarebbe mai riuscito a fare qualcosa di diverso da quel che stava facendo in quel periodo. Devil Bat Ghost? Era solo un modo diverso e più elaborato, a parole, per scartare un avversario.
Ora basta. Doveva fare qualcosa o sarebbe impazzito.
Scese dal davanzale dove era seduto e si avviò verso il bagno. Passò accanto allo studio e intravide Hiruma, raggomitolato sul divano e fatto su in una coperta. Pensò che se era riuscito a dormire, quella notte, sebbene sul divano, non dovesse aver dato molto peso alla cosa che invece stava assillando lui.
Entrò in bagno, si lavò e si vestì con movimenti meccanici.
Sarebbe stata una giornata lunga.
 
 
“Non muoverti, rimani dove sei e lui non si accorgerà che non stai dormendo.”
Questo era stato il pensiero di Hiruma, sotto un plaid arraffato da una montagna di riviste miste a munizioni posizionata nel suo sgabuzzino da notte.
Solitamente non fuggiva dai problemi, quella volta aveva deciso di farlo per quieto vivere. Anche se non sapeva se fosse meglio lasciare tutto in sospeso fino a fine partita o se era meglio mettere le cose in chiaro fin da subito, almeno da non avere casini durante la partita.
Poi, mettere in chiaro cosa? Conoscendosi, sapeva che l’aveva fatto per una questione di affinità momentanea, vedere Sena finalmente incazzato per qualcosa l’aveva esaltato. D’altro canto, lui non aveva interessi per il tappo, lui era fissato esclusivamente con quel vecchio di merda che non se lo cagava di pezza e che, anzi, molto probabilmente lo schifava da quella giornata fatidica.
…certo che era un vero masochista a tirar fuori, di primo mattino, l’unico pensiero che era in grado di ferirlo anche a distanza di più di un anno.
Quanti problemi che si stava facendo. Quell’approccio fisico era stato causato da un attimo di defaillance e nient‘altro.
Figuriamoci se gli poteva interessare il tappo. Nemmeno in un’altra vita, nemmeno fosse l‘ultimo essere respirante sulla faccia della terra. 
Anche se doveva ammettere che aveva un bel culo.
No. Aspetta, aspetta, aspetta… cosa aveva appena pensato? Che aveva un bel culo? E da quando si era messo a guardargli il culo?
Forse da quando ti corre davanti per tutti quegli allenamenti che una volta erano individuali…
Gli suggerì una voce melliflua. E forse forse la voce melliflua aveva ragione. 
Decise di non pensarci più. E che ‘affanculo l’idea iniziale, appena gli sarebbe venuta voglia di alzarsi da quel divano mefitico avrebbe stabilito qualche altra regola per il  suo ospite. Sempre se lo sarebbe stato ancora. Poteva sempre andarsene, come aveva fatto Musashi.
 
 
-Ma anch’io sono.. Bhe, insomma, gay.-
Mezz’ora dopo, Hiruma si era alzato rivelandosi già vestito dal divano, aveva raggiunto con cipiglio minaccioso il marmocchio, intento a non far rumore davanti alla sua tazza di caffè, e aveva sbraitato qualcosa, di come lui fosse “un frocio della peggior specie” e che se a lui non stava bene la cosa, era libero di andarsene.
Sena aveva ascoltato con calma, stranamente con calma, per poi dire quelle semplice parole che spiazzarono completamente Yoichi Hiruma come poche altre nella sua vita.
-Co… cosa vorresti dire con gay?-
Sena sbuffò, ancora calmo.
-Se devo dirlo con un termine tuo, per farmi capire meglio dalle tue orecchie da elfo, sono frocio anch’io.-
Hiruma si buttò su una sedia della cucina col volto stralunato. Che stava succedendo?
-Eh. Ah. E allora…?-
Sena sbottò, finalmente, vedendo e sentendo l’indecisione nei modi e nella voce del biondo.
-E allora mi fa solo arrabbiare il fatto che tu ti sia permesso di.. Di fare quello che hai fatto. Senza un motivo, poi.-
“Il motivo sei stato tu che tiri fuori i coglioni per la prima volta in vita tua.” “E la cosa mi ha…eccitato.”
Non lo disse, né il suo pensiero né il pensiero proveniente da quella vocetta fastidiosa ed untuosa che da un poco gli stava suggerendo probabili verità.
Si limitò: -Mhpf.-
Sena si alzò di scatto, sbattendo le mani sul tavolo con forza. -E’ tutto quello che sai dire?! Tu ti prendi il mio primo bacio e..-
Si bloccò. L’aveva detto. Non voleva dirlo. L’aveva detto?
Hiruma finalmente capì dove stava il problema e rise come un pazzo, riprendendo tutta la sua baldanza d’un colpo solo.
L’altro si limitò ad arrossire “Perché l’ho detto?!” e a spostare lo sguardo, interessato a una macchia sulla parete accanto a lui.
-Vorresti dire che… kekeke… Ecco il vero problema, allora. Il tappo mai stato baciato… Oh, andiamo. E’ stato solo un bacetto innocente, che vuoi che sia…-
Sena si mosse, voltandogli le spalle.
-Che hai da ridere? Tutto questo conferma solo la mia teoria. Sei solo un pezzo di…-
Hiruma si era alzato, aveva scavalcato il tavolo e ora si trovava davanti a lui.
Che gli prendeva? Era serio, tutt’a un tratto. Che gli stava succedendo? 
Sena si ritrovò di nuovo a provare a tenergli testa, senza sapere né il perché né il come.
-Ti sembra un comportamento di una persona matura mettersi a ridere perché… perché un tuo compagno di squadra ti confessa che non aveva mai ricevuto… Oh, insomma. Come se quei morsi possano essere considerati baci!-
Hiruma ghignò, ma ancora con gli occhi seri.
-Oh, allora il piccolo Sena vuole una dimostrazione della mia umanità tramite…  un bacio?-
-NO!-
-Oh si, che la vuoi. Credi che io non sia in grado di battere le tue aspettative da scolaretta alla prima cotta?-
-Io non sono una scolaretta!- “E certo NON alla prima cotta!”
-E allora cos’aveva che non andava il bacio di prima?-
-Io… io non volevo una cosa del genere!- Sbottò, distogliendo lo sguardo e fissando il terreno. 
Hiruma si fece più vicino.
-Cosa volevi? Sentimento? Ne sono capace, cosa credi?- Era… risentito. Era un uomo, dopotutto, oltre che demone, e la gente sembrava non capirlo.
Per i gusti di Sena, Hiruma era pericolosamente vicino, decisamente fin troppo. E il suo discorso, mentre le guardava negli occhi, gli trasmetteva una sensazione di malessere e… solitudine.
-Mi rispondi, nano?-
-Io… non lo so.-
Hiruma sembrava solo piatto, era un mostro che non aveva pietà per gli altri, era il peggior schiavista che si potesse immaginare, voleva solo vincere, i mezzi non gli importavano, era crudele… eppure, dava tutto sé stesso. Non sapeva cosa fosse Hiruma perché non riusciva a capirlo. Non sapeva mai cosa pensare quando provava a focalizzarlo. E anche durante quella convivenza, era solo riuscito a capire che forse era più riflessivo di quel si potesse pensare.
Tenne lo sguardo basso, incapace di reagire, torcendosi le mani. Odiava quel genere di situazioni. Le odiava davvero.
-Bene. Allora sono tutti cazzi tuoi.-
 
 
 
Hiruma, d’altro canto, non riusciva a capire sé stesso da sempre. Aveva bisogno costante di attenzioni, avrebbe voluto essere in grado di dire apertamente ciò che sentiva e pensava, ma aveva sempre avuto una maledetta paura di essere inculato a sangue da chiunque avrebbe potuto conoscerlo. Probabilmente era colpa della sua situazione famigliare. Il suo atteggiamento era solo una conseguenza di questo, eppure era diventato parte integrante di lui, l’atteggiamento era diventato il vero Hiruma e il vero Hiruma non sapeva più come fare per farsi capire, senza quel modo di fare che aveva costruito ad arte. Dopo Musashi, poi, si era accentuato come di sua spontanea volontà e lui aveva lasciato, in qualche modo, che prendesse il controllo. Era maledettamente comodo, oltre che divertente.
Quindi, non avrebbe mai capito perché si fosse piegato nuovamente verso il compagno e gli avesse preso il viso tra le mani, sollevandogli il mento, guardandolo fisso negli occhi e, con un ghigno che di spietato aveva nulla, ma che di sardonico aveva tutto, l’aveva baciato di nuovo, lentamente e più a lungo, sinceramente divertito dal rossore che aveva imporporato le guance di Sena.
In quel momento, dopo aver ricevuto in pieno viso una scatola di biscotti in ferro, e sdraiato sul suo futon di quarta categoria, tratteneva a stento le risate, dimentico delle motivazioni che l’avevano spinto a farlo, e ripensando al momento in cui Sena, viola, gli aveva dato una spinta, aveva urlato come una bambinetta e ad occhi chiusi aveva preso il primo oggetto disponibile e gliel’aveva tirato addosso correndo nella sua stanza.
Era stata la scena più comica della sua intera esistenza.
   
 
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