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Autore: Tomi Dark angel    31/01/2013    6 recensioni
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e…
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La porta si spalancò cigolando nel cuore della notte. Le orecchie fini da cacciatore di Dean Winchester carpirono subito il suono con un certo allarme e lentamente il suo istinto spinse la mano ad aggrapparsi al calcio della pistola nascosta sotto il cuscino.
Socchiuse gli occhi, osservando la piccola sagoma nella penombra del sottile fascio di luce proveniente dalla finestra. Sentì i piedi nudi del nuovo arrivato sfiorare il pavimento ad ogni passo.
Dean scattò come una molla, sfoderando la pistola da sotto il cuscino e puntandola dritta verso la fronte della piccola Mary, che trasalì e indietreggiò di un passo.
-Oh, sei tu.- disse Dean, abbassando l’arma. –Non devi mai entrare in questo modo nella mia stanza, sono stato chiaro? Potevo spararti!-
Gli occhi azzurri di Mary si riempirono di lacrime e, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, Dean si sentì tremendamente in colpa per aver alzato la voce in quel modo. Ricordava bene tutte le volte che John Winchester lo aveva sgridato in quel modo, e ricordava anche il terrore che aveva provato in quegli istanti. Non voleva essere come lui, non sotto questo aspetto.
-E va bene, Heidi, che c’è?- capitolò, con un sospiro stremato. Si alzò sedere nel letto e si accorse di avere un gran mal di testa.
Come in risposta a un comando silenzioso, Mary sorrise e si asciugò le lacrime con le maniche della gigantesca camicia che Bobby le aveva prestato per andare a dormire. Spiccò una piccola corsa e balzò sul letto, inginocchiandosi in un lampo davanti agli occhi stupiti del povero Dean.
-Be’? Se sei venuta qui per fare bungee jumping sul mio letto, fila via, e in fretta. Qui c’è gente che cerca di dormire.- la riprese, seppur con poca convinzione.
Ignorando le sue proteste, Mary si infilò sotto il piumone con la sinuosità di un gattino e, fatta spuntare la testolina da sotto le coltri, guardò Dean con fare supplicante.
-Eh, no! Non se ne parla, già è tanto che ti abbia permesso di rimanere, ma mi rifiuto di averti come peluche da notte!- protestò lui burberamente. Indicò la porta. –Fila via! Su, vai da Sam.-
Ma Mary non si mosse e continuò a guardarlo con i grandi occhi azzurri che parevano assorbire e riflettere la poca luminosità dell’intera stanza. Strinse forte il piumone, storcendo le labbra in una piccola, adorabile smorfia.
Dean cominciò a pensare che il suo letto iniziasse ad essere un po’ affollato: prima Castiel, e adesso quella mocciosa.
Già, Castiel…
Erano giorni che Gabriel e Castiel non si facevano vedere e da allora Dean aveva cominciato a bere come una spugna, frequentando locali di striptease e sforzandosi di passare le serate in compagnia di cameriere dall’aria facile con le quali tuttavia, Dean non riusciva mai a concludere niente:
Le guardava, ma la loro bellezza tutta trucchi e silicone non si accostava minimamente alla magnificenza angelica di un viso che lui aveva osservato migliaia di volte.
Le baciava, ma la morbidezza appiccicosa delle loro labbra non era abbastanza se confrontata al soffice velluto di una bocca già assaporata in precedenza.
Le toccava, ma le rotondità esagerate dei loro seni rifatti non sarebbero mai state piacevoli come la durezza raffinata di leggeri addominali da soldato.
Dean strinse forte gli occhi per far fronte alla profonda fitta di dolore che gli attraversò il petto come una stilettata. Pessima idea, dal momento che appena le palpebre si abbassarono, la sua mente dispettosa ricostruì attraverso i ricordi due profondi occhi blu zaffiro incastonati su un magnifico viso d’uomo. In quella visione, Castiel lo guardava con dolcezza e sussurrava qualcosa che lui non riusciva a comprendere.
Una piccola manina gentile si appoggiò sul suo petto, all’altezza del cuore. Dean aprì gli occhi stupito e incontrò il sorriso smagliante della bambina, che annuì vigorosamente, premendo si più la mano sul tessuto della sua maglietta.
Lui è sempre qui, ricordatelo; sembrava dire quel piccolo gesto innocente.
Automaticamente, Dean posò una delle mani su quella della bambina e chinò il capo, esausto. Si sentiva stanco e al limite, logorato dalla preoccupazione per quel coglione piumato del suo angelo. Sapeva bene che Castiel se la sapeva cavare, ma Dean non riusciva a dimenticare lo sguardo perso che gli aveva rivolto l’angelo prima di sparire. Quando poi Sam poco più di due ore dopo era rientrato in casa stanco e coperto di neve annunciando che anche Gabriel se n’era andato, Dean aveva sentito il cuore spezzarsi in una miriade di frammenti. Certo, non che si preoccupasse granché per quell’antipatico di un trickster fasullo, ma non sapeva come interpretare la sua improvvisa sparizione: e se fosse corso in aiuto di Castiel? Se avesse avvertito il dolore di suo fratello rimasto ferito in battaglia, o magari moribondo?
Piantala, Dean, ti stai comportando come una fidanzatina gelosa. Sei patetico, accidenti, ed è grave che a dirtelo sia proprio tu stesso!
Alla fine, Dean sospirò e si fece da parte.
-Va bene, ma non farci l’abitudine, pulce.- acconsentì, e in un baleno Mary strofinò la guancia sul cuscino e chiuse gli occhi con un sospiro grato. Dean guardò quel piccolo viso dall’aria innocente così simile a quello di sua madre e quando chiuse gli occhi, quasi non si accorse di stringere ancora la mano della bambina assopita al suo fianco.
§§§§
-DEAN!!!-
Un rumore di vetri infranti lo destò di soprassalto. Dean rotolò di lato, trascinandosi dietro Mary e il piumone un istante prima che qualcosa di tagliente si conficcasse a fondo nel materasso, spargendo piume tutto intorno.
Mary urlò e si rannicchiò per terra, abbracciandosi le gambe strette al petto mentre Dean si rialzava barcollante, ancora stordito dalla violenta sveglia. Fu colto da un giramento di testa e dovette appoggiarsi al letto per non crollare.
-Guarda guarda chi si vede.- disse una voce aspra.
Occhi eterocromi colmi di rabbia, capelli scuri e mossi a incorniciare un viso bello come quello di un attore, alle cui spalle si rannicchiava in uno spazio troppo angusto come quella stanza un’ala dalle piume affilate come rasoi. Samael reggeva per i capelli un Sam accasciato ai suoi piedi, gli occhi socchiusi, il viso e il corpo colmi di ferite e abrasioni.
-Figlio di puttana, lascialo andare, adesso!- urlò Dean, afferrando la pistola da sotto il cuscino. Sapeva che non sarebbe servita a un granché, ma era l’unica arma che aveva.
-No, non credo che lo farò. Almeno, non senza averci guadagnato qualcosa…- ribatté Samael con un sorriso ferino in volto. L’ala alle sue spalle si contrasse, e quello fu l’unico segnale che avvisò Dean dell’imminente catastrofe.
L’ala saettò verso di lui, inarcata e pronta a colpire. Dean la guardò, poi spostò lo sguardo sul piccolo corpo di Mary accasciato ai suoi piedi. Se si fosse scansato, Samael avrebbe potuto flettere le piume e impalarla.
Per un attimo, la bambina socchiuse gli occhi e lo guardò con fare spaventato, chiedendogli silenziosamente perché stesse succedendo tutto questo. Era giovane, incapace di capire, ma non meritava una vita così breve. Dean aveva visto uomini, donne e bambini perire ingiustamente sotto la furia di bestie assassine e se serrava le palpebre ricordava ancora i loro occhi e quelli dei loro cari che venivano a sapere di aver perso un tesoro prezioso, strappato dalle loro braccia senza un reale perché.
Forse c’era una donna da qualche parte nel mondo che attendeva il ritorno di sua figlia. Dean non sapeva cosa voleva dire perdere il proprio bambino, ma sapeva cosa significava perdere una persona cara.
No.
Il cacciatore sorrise rassicurante alla piccola Mary e urtò con la punta del piede uno dei suoi gomiti. Lei lo guardò, e lui ammiccò con fare furbo mentre spalancava le braccia in difesa di una piccola vita che più della sua meritava di andare avanti per guardare ancora mille e mille albe.
Le piume di Samael lo trapassarono da parte a parte, inchiodandolo al muro retrostante. Dean sentì le ossa frantumarsi e un polmone annaspare ferito mentre il ragazzo spalancava la bocca in cerca d’aria.
Sam spalancò gli occhi all’improvviso, emettendo un grido talmente straziato che Dean avrebbe voluto coprirsi le orecchie.
-Dean!- urlò una voce sottile e inaspettata.
Con occhi quasi accecati dal dolore, Dean abbassò lo sguardo sulla bambina che lo fissava con occhi pieni di lacrime e di orrore, una mano tesa verso di lui come a voler afferrare quel poco di vita che gli restava in corpo.
Mary aveva parlato.
Dean sorrise debolmente, orgoglioso di quella piccola pulce. Aveva una voce bellissima, e il cacciatore avrebbe voluto sentirla molto tempo prima. Prima che fosse troppo tardi.
Dean avrebbe voluto scusarsi con lei. Era stato troppo duro nel dirle di andarsene, quando in realtà non l’aveva mai desiderato davvero. Con il suo arrivo, Mary aveva riportato in vita una felicità da lungo tempo dimenticata, costringendoli a tornare indietro nel tempo, a quando erano bambini.
Gabriel aveva riso e pattinato con lei.
Sam le aveva salvato la vita e l’aveva abbracciata come un padre.
Bobby l’aveva inseguita per tutta la casa, riscoprendo energie che pensava di aver perduto per sempre.
Castiel l’aveva cullata con le setose piume delle ali.
Infine lui, Dean, aveva vissuto almeno in parte attraverso gli occhi cristallini di quella bambina, riscoprendo il perdono e la semplicità d’animo.
Silenziosamente, Mary aveva insegnato qualcosa a ognuno di loro. Seppur privata della parola, era riuscita a ricordargli che oltre la semplice sopravvivenza durante una caccia esistevano ancora la vita e la famiglia.
Dean lanciò una triste occhiata alla finestra, dove i primi raggi dell’alba nascente bagnavano d’oro un paesaggio innevato che splendeva come ricoperto di piccoli diamanti. Pensò a Castiel, a come si erano lasciati l’ultima volta che si erano visti, e desiderò di averlo fermato.
Avrebbe dovuto dirgli di restare.
Avrebbe dovuto accarezzare quelle ali di soffice argento e dirgli realmente quello che provava.
Avrebbe voluto averlo accanto, almeno per l’ultima volta.
Con un sospiro stremato, Dean chiuse gli occhi e il suo cuore diminuì velocemente i battiti, cercando disperatamente di non fermarsi, di pulsare ancora per una vita aggrappata ad un filo.
-DEAN!!! DEAN, REAGISCI!!!- urlò Sam disperato, ma Samael gli sbatté la faccia al suolo, rompendogli il naso e fratturandogli uno zigomo. Sam sentì in bocca il sapore della bile e del sangue e quasi non si accorse che al rosso vermiglio che gli accarezzava il viso si era mescolata la liquida scia trasparente delle lacrime.
Piangeva per suo fratello, impalato al muro e in fin di vita.
Piangeva per la sua impotenza, per la debolezza che gli avvinghiava le gambe e le mani.
Piangeva per Gabriel, scomparso all’improvviso dopo avergli lasciato un piccolo collare e un ciondolo che lui sfiorava sempre, pregando in silenzio per la salvezza del suo arcangelo. Non gli aveva mai chiesto di ritornare perché sapeva che appena fosse stato possibile Gabriel l’avrebbe fatto, ma semplicemente si sforzava di chiedere la sua salvezza.
Alla fine, Sam chinò il capo, esausto. Dean era morto, e a breve lui lo avrebbe raggiunto.
“ Hai cominciato un bel percorso, tesorino. Tanto vale seguirlo finché puoi. ”
Sam ricordò le parole pazienti di Gabriel e lo sguardo orgoglioso che gli aveva rivolto mentre lo guardava accarezzare il capo della piccola Mary. Con quella frase, Gabriel gli aveva affidato il compito di proteggere una vita che, per quanto piccola, valeva tutto l’oro del mondo. Si era fidato di lui, e Sam non poteva, non voleva fallire.
Qualcosa sfiorò il collare da gatto, facendo tintinnare il campanellino, ma quando sollevò gli occhi annebbiati, Sam non vide nessuno. Tuttavia, fu certo che, nell’alito di vento che gli accarezzò gentilmente il volto, si udisse una voce familiare che sussurrava:
-Non sei solo.-
Sam levò appena lo sguardo e incontrò quello azzurrino di Mary, che annuì debolmente, lo sguardo offuscato dalle lacrime. Strinse forte il calcio della pistola caduta dalle mani di Dean e con uno scatto del polso la fece scivolare verso di lui.
Sam la afferrò con forza mentre allo stesso tempo si strappava dal collo la catenella che reggeva il ciondolo di Gabriel. Sfuggì alla stretta di Samael rotolando di lato e sparò un colpo diretto al fianco dell’angelo, che grugnì appena, ma non si mosse.
-Sei duro a morire, eh?-
L’ala di Samael si estrasse dal petto di Dean e scattò verso Sam, che tuttavia non si fece cogliere impreparato: scagliò il ciondolo in faccia a Samael, colpendolo in pieno naso.
L’angelo urlò e si coprì il volto, indietreggiando di diversi passi. L’ala sbatté furiosamente, abbattendo senza sforzo tutti i muri della stanza, compresa una parete portante. La casa cominciò a tremare, scossa dallo sforzo di restare in piedi.
-Piccola, schifosa scimmia senza peli! La pagherai!- gridò Samael, scostando le mani dal viso. Sam notò con soddisfazione la grossa bruciatura nerastra che si estendeva a partire dal naso fino a uno degli occhi, ora rosso e gonfio.
Con un ruggito, Samael si scagliò verso Sam, ma il suo gesto fu fermato da una bottiglia lanciata con forza sulla sua spalla. Il vetro andò in frantumi un attimo prima che un fiammifero raggiungesse al volo l’olio santo che ormai inzuppava l’intero braccio dell’angelo.
-Veditela con questa, stronzo!- gridò Bobby, comparendo sulla soglia, anche lui ferito e zoppicante.
La fiammata che ne scaturì fece esplodere la vera voce di Samael. I vetri si frantumarono e i muri cominciarono a riempirsi di crepe simili a ragnatele. Ancora qualche istante e sarebbe crollato tutto.
-Dobbiamo uscire!- urlò Bobby, ma Sam non riusciva a muoversi a causa di una probabile frattura alla gamba destra, e dubitava che Dean si sarebbe alzato in piedi, ammesso che fosse ancora vivo.
-Bobby, prendi… prendi Mary e vai!-
-Non se ne parla, idiota, non…-
-VAI, MALEDIZIONE!!!-
Senza farselo ripetere due volte, Bobby attraversò di corsa la stanza e afferrò una recalcitrante Mary per i fianchi, caricandosela in spalla. Uscì dalla stanza senza guardarsi indietro, certo che se l’avesse fatto, non avrebbe più trovato il coraggio di abbandonare lì i suoi… figli.
Samael ruotò gli occhi rossi di sangue verso l’uscita, fissandola come se volesse incenerirla. Ormai del suo braccio, spalla compresa, non restava che cenere e fetore di carne bruciacchiata.
-Oh, no che non lo fai!- urlò, sparendo.
Fu allora che la casa cadde con un ultimo, definitivo scricchiolio.
Le mura cedettero, il pavimento andò in pezzi e, mentre l’intera struttura della casa si avvitava su se stessa, sprofondando nella terra e nella neve, Sam e Dean furono catapultati nel vuoto, giù, dove pregarono di trovare una morte veloce e quantomeno indolore.
§§§§
Qualcosa di caldo colò lungo la guancia di Dean, svegliandolo. Socchiuse gli occhi, incontrando una tenue, ma serena luce argentata.
Sono… in paradiso?
Si sentiva bene, anche se un po’ intorpidito, ma…
All’improvviso, la mente di Dean ricostruì gli ultimi ricordi del cacciatore. La piccola Mary accasciata al suolo che urlava il suo nome, Sam che, coperto di ferite, combatteva insieme a Bobby contro Samael. Infine, la casa… era crollata.
Cos’era successo poi? Sam e gli altri stavano bene?
Dean sbatté le palpebre, cercando di focalizzare l’ambiente circostante. Si mosse appena, accorgendosi di aver poggiato la testa su qualcosa di caldo ma non particolarmente soffice.
-Dean?-
Quella voce. Sì, Dean si convinse di essere in paradiso.
Una mano colma di calore vitale gli toccò una guancia, costringendolo a sollevare il viso. Dean sbatté le palpebre per schiarirsi ancora la vista e finalmente rivide quegli occhi blu che tanto aveva ricordato prima di morire. Alla luce perpetua delle ali spalancate sopra le loro teste e intorno a loro in una gigantesca cupola argentata, le iridi di Castiel splendevano come diamanti dai mille riflessi cangianti.
-C…Cass?- gracchiò Dean con voce impastata. L’angelo esibiva un lungo taglio che gli attraversava obliquamente il viso, partendo dal sopracciglio sinistro, fino all’orecchio destro.
-Stai bene?- chiese stancamente l’angelo. Le ali intorno a loro tremarono appena, come indebolite.
Dean si alzò cautamente a sedere e con calma misurata abbassò lo sguardo sul torso nudo e sporco di sangue. Si tastò ripetutamente in più punti, premendo sui fianchi, sugli sterni, sull’intero torace, ma non trovò traccia del grosso buco apertogli da Samael nel petto.
-Cosa… aspetta, sei stato tu a guarirmi?- esclamò, guardando Castiel negli occhi e comprendendo infine la stanchezza dell’angelo, che annuì.
-Credevo… credevo di essere arrivato troppo tardi. A stento respiravi e io… io…- la voce di Castiel si spense e Dean lesse sul suo viso l’ansia che aveva provato mista alla paura di averlo perso per sempre. Gli occhi di Castiel erano lucidi e dallo sguardo vulnerabile al pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere: una vita senza Dean, una vita senza ali, senza… amore.
Con uno slancio, Dean lo abbracciò, stringendolo forte a sé. Strinse forte gli occhi, inspirando il profumo dell’angelo con gratitudine, e per la prima volta ringrazio Dio per avergli mandato una tale benedizione.
-Sei uno stupido figlio di puttana piumato…- mormorò contro la sua pelle, scostando il trench e il colletto della camicia per baciargli il punto in cui spalla e collo s’incontravano. Rilassò il corpo appena quel sapore gli sfiorò le labbra: Castiel sapeva di vita, di libertà. Sapeva di casa.
Anche l’angelo lo strinse, ma con la delicatezza dovuta a chi è troppo stanco per esercitare qualsiasi pressione. Chinò il capo e appoggiò la guancia sanguinante sulla spalla di Dean.
-Mi dispiace.- sussurrò, stringendo forte gli occhi, e Dean non ebbe bisogno di farsi spiegare a cosa si riferissero quelle scuse. Semplicemente, annuì ed emise un lento e finalmente rilassato sospiro di serenità.
Andava tutto bene.
I due si separarono lentamente, e solo allora Castiel si allungò per posare le labbra sul naso di Dean in un gesto infantile ma colmo d’affetto. Il cacciatore sbuffò.
-Cass, non sono un bambino!-
-Lo so, ma avevo voglia di farlo.-
Dean trattenne un sorriso e per distrarsi si guardò intorno, dove le grandi ali di Castiel s’inarcavano sulle loro teste fino a piantare le piume nel terreno sottostante ricoperto di macerie e schegge. Un brutto pensiero trapelò nella mente di Dean, che pregò di essersi sbagliato.
-Aspetta un attimo… non saremo ancora sotto le macerie della casa di Bobby… vero?- chiese, spaventato dalla possibile risposta. Ovviamente (e ripeto, OVVIAMENTE, giusto per ovviare la solita fortuna dei Winchester. Nd Autrice), Castiel annuì.
-Sì. Se ti avessi spostato avrei rischiato di ucciderti, perciò ci ho coperti entrambi con le ali, ma non ho la forza di teletrasportarci fuori o di smuovere i detriti. Al momento sono troppo debole.- spiegò l’angelo con voce fioca. Inclinò pericolosamente il busto in avanti, ma Dean lo afferrò per le spalle, impedendogli di cedere. Le ali si abbassarono appena, scatenando un piccolo terremoto di detriti all’esterno.
-Cass, sei un idiota! Rischiamo di restare seppelliti tutti e due, maledizione! Potevi salvarti, perché…-
-Perché non avrei mai potuto lasciarti qui. Non potevo…-
Castiel afferrò la mano di Dean ancora posata sulla sua spalla e la strinse forte in un gesto concitato. Il cacciatore sentì il cuore scaldarsi davanti alla puerile sincerità di quell’affermazione, perciò la sua rabbia sbollì in pochi istanti.
-Sei un idiota…- ripeté a bassa voce, senza però nascondere un sorriso. Sfiorò il viso di Castiel con la mano e, poco a poco, lo ripulì del sangue che colava dalla cicatrice, come a volergli cancellare pazientemente ogni peccato, ogni colpa che gravava sul cuore dell’angelo. Castiel sospirò rilassato e si appoggiò contro la mano di Dean per qualche istante prima di spalancare gli occhi e li levarli verso l’alto.
-Sindragon ci ha trovati.- annunciò, e le sue ali splendettero più forte. Chinò il capo e respirò a fondo.
Dean sentì le macerie all’esterno tremare quando vide le ali muoversi lentamente, sollevandosi con cautela come quattro mastodonti che si risvegliano dal sonno. Cercò di indietreggiare, ma Castiel si aggrappò forte alle sue spalle, tremando nello sforzo di non piantargli le dita nella carne per sfogare il bruciore che provava. Sentiva i detriti conficcarsi a fondo nella membrana alare, ma non poteva, non voleva fermarsi, o non sarebbero mai usciti di lì.
-Cass, fermati!- urlò Dean quando vide l’angelo strizzare gli occhi e digrignare i denti per il dolore.
-Tranquillo dolcezza, non è solo.-
Una potente ondata di energia investì Castiel, che all’istante sentì le ferite rimarginarsi, compreso il taglio che fino a quel momento gli aveva inciso il volto. Non avvertiva più segni di stanchezza né debolezza nella sua Grazia angelica, perciò diede l’ennesima spinta con le ali, che stavolta s’inarcarono senza sforzo sulle loro teste, aprendo un varco nelle mura alte metri e metri di macerie.
La terra tremò, ma Castiel non volle fermarsi. Strinse Dean a sé, cingendogli la vita con le braccia e, scansate senza fatica le ultime macerie, sbatté le ali, sbriciolando facilmente i poveri resti di casa Singer.
Dean sentì i piedi staccarsi dal terreno e lo stomaco fare una capriola, perciò si aggrappò forte al solido corpo di Castiel e chiuse gli occhi, terrorizzato dall’altezza.
-Fammi scendere, fammi scendere all’istante, non sopporto le altezze!- ringhiò tutto d’un fiato, cercando di mantenere una certa fermezza nel tono di voce.
-Prova ad aprire gli occhi, Dean.-
-NO!!! PORTAMI A TERRA ADESSO, O GIURO CHE TI SPENNO, FIGLIO DI PUTTANA PIUMATO!- strillò, al limite dell’isteria. A sorpresa, Castiel rise, scompigliandogli i capelli.
-Se mi abbracci così finché sono in volo, ho ben pochi motivi per tornare a terra.- sussurrò al suo orecchio.
Torse il collo per sfiorargli la guancia con il naso e accarezzandogli la pelle sporca di terra con delicatezza finché Dean, reagendo a un comando silenzioso, non voltò lentamente il capo a sua volta, pur mantenendo gli occhi chiusi.
Castiel lo baciò con trasporto, attendendo meno di qualche istante per insinuare la lingua tra quelle labbra morbide. Dean rispose al bacio come se non attendesse altro e in breve le loro lingue danzarono tra loro, sfiorandosi e cercandosi di continuo. Una mano dell’angelo scivolò dal fianco di Dean al tessuto della sua maglietta, che scansò con delicatezza ma con bisogno. Passò la mano gelata sull’intera spina dorsale dell’altro, che rabbrividì ma si rifiutò di staccarsi dal corpo sicuro dell’angelo: sentiva ancora il frullio d’ali fendere l’aria intorno a lui, riscaldandola e profumandola.
La mano di Castiel gli sollevò la maglietta, esponendola al calore del vento tiepido generato dalle ali. Dean si sentì accarezzare dall’aria con gentilezza, ma non era sicuro che i suoi brividi fossero dovuti ad essa.
Quasi inconsapevolmente, Dean socchiuse le palpebre, cullato dal dolce sapore dell’angelo quanto dal suo tocco leggero come ali di farfalla sulla pelle bollente. Voleva guardarlo, voleva affondare nuovamente in quei pozzi blu cobalto fino a consumarsi la vista. Castiel sorrise sulle sue labbra e quel gesto estese l’ilarità fino allo sguardo, che si fece divertito e tremendamente sexy.
Con dispiacere del cacciatore, l’angelo concluse il bacio e si allontanò leggermente da lui, appoggiando la fronte contro la sua.
-Hai aperto gli occhi.- gli fece notare.
-Non cantar vittoria, pennuto dei miei stivali. Se guardo da qualche altra parte mi salteranno i nervi e pure lo stomaco. Tu non vuoi che vomiti di sotto, magari in testa al tuo caro fratellino, vero?- rimbeccò Dean e Castiel ridacchiò di nuovo, imponendosi però un certo contegno.
-Dubito che Gabriel ne sarebbe contento, lui…-
All’improvviso il volto di Castiel si contrasse in una smorfia allarmata e i suoi occhi saettarono verso terra.
-Che succede?- chiese Dean, drizzando le orecchie, ma Castiel non rispose e all’improvviso il cacciatore avvertì un violento strattone alla bocca dello stomaco mentre il cielo intorno a loro spariva per essere sostituito dalle fumose macerie di casa Singer. Il silenzio mortuario di quel luogo sembrava paradossalmente molto più assordante del vento ruggente che aveva sfiorato le orecchie di Dean fino a quel momento.
Poco lontani da loro c’erano Sindragon, Gabriel, Sam e Bobby. Gli ultimi due erano svenuti e poggiavano le teste su dei massi particolarmente grossi e levigati, probabilmente tutto ciò che restava delle pareti della casa crollata.
-Sammy! Bobby!- esclamò Dean, correndo da loro e inginocchiandosi al loro fianco. Premette una mano sulla fronte del fratello, che grugnì nel sonno e mosse appena il capo.
Stava bene.
Dean trasse un sospiro di sollievo quando percepì il respiro calmo e pesante di Bobby.
-Fratello, che succede?- domandò Castiel con una punta di ansia nella voce. Gabriel ricambiò il suo sguardo con una serietà che presagiva solo guai, ma scosse il capo senza parlare. Si inginocchiò accanto a Sam e gli sfiorò la fronte in una carezza mentre guardava rapito il viso del giovane Winchester. Dean non aveva mai visto tanta tenerezza negli occhi dell’arcangelo.
-L’hanno presa.- mormorò con voce roca. –Hanno preso Mary.-
-CHE COSA?!- urlò Dean, scattando in piedi e torreggiando su Gabriel, ancora inginocchiato accanto al compagno svenuto.
-Quando ho recuperato il vecchio- fece un cenno verso Bobby. -… ha detto che Samael l’aveva presa e… che voleva te in cambio della bambina, fratello.-
Castiel corrucciò appena le sopracciglia, ma si rifiutò di esternare il tumulto di emozioni che si agitava al suo interno. Non poteva credere che il suo primo lungo tenente, colui che l’aveva raccolto e curato dopo lo scontro con Raphael, avesse fatto questo. Conosceva Samael, o almeno, aveva creduto di conoscerlo. Fino a che punto il suo animo si era insozzato di rabbia per giungere a questo?
Castiel si passò una mano sul volto, ripensando a tutte le volte che aveva scansato Samael come se fosse un lebbroso. Al ricordo del suo tradimento sentiva il cuore sanguinare ancora e le ali appesantirsi come piombo, ma si rimproverò ugualmente di non averlo perdonato: la sua rabbia aveva messo in pericolo una bambina innocente.
-Non se ne parla, non avrà Cass! Andremo a riprenderci Mary senza acconsentire ai ricatti di quel figlio di puttana!- ringhiò Dean, infuriato, ma Gabriel non lo guardò. I suoi occhi erano fissi sulla schiena di Castiel.
-Fratello?- chiamò, raddrizzandosi, ma Castiel non si mosse. Le sue immense ali, adesso così fragili e pesanti, tremarono ferite sotto il peso dei ricordi. Dean vide le appendici piumate chinarsi, come schiacciate da qualcosa che le abbatté pesantemente al suolo, sbriciolando i detriti sottostanti e liberando una nuvola di polvere e terra. Castiel cadde in ginocchio.
-Cass!- urlò Dean, correndo da lui. Si inginocchiò accanto all’angelo e gli sollevò il viso, incontrando gli stessi occhi vuoti del Castiel incontrato nei pensieri dell’angelo. Il viso era esausto, privato di ogni lucentezza, e questo trascinò nuovamente Dean in un incubo già vissuto, un incubo dove Castiel si trascinava inerme e spezzato in un mare di sabbia.
Non questa volta, però. Adesso Castiel non era da solo e Dean gliel’avrebbe fatto capire.
Avrebbe cancellato le sue colpe pezzo dopo pezzo.
Avrebbe sollevato le sue ali dalla polvere per ripulirne ogni piuma con l’amore che provava per quel piccolo angelo dal pessimo senso dell’umorismo.
Avrebbe stretto a sé quel corpo fragile per proteggerlo dalla cattiveria dell’universo.
Se Castiel perdeva forze, Dean sarebbe stato forte per tutti e due, e questo perché lui lo meritava, perché era giusto regalargli la pace e l’amore che gli erano sempre mancati.
Quando tutti i giorni diventano uguali è perché non ci si accorge più delle cose belle che accadono nella vita ogni qualvolta il sole attraversa il cielo.Questa frase Dean l’aveva letta da bambino, su uno dei libri che suo fratello era solito lasciare in giro, e non l’aveva più dimenticata. Adesso che guardava gli occhi spenti di Castiel, capì il vero significato di quella frase.
Samael aveva estinto ogni luce in lui, lasciandosi alle spalle l’ombra di un sole che per Castiel pareva non tramontare mai. L’angelo era rimasto accecato, senza capire che ogni giorno era un giorno nuovo, che la sua vita non meritava di stagnare in un fossato di dolore.
Adesso basta. Lui non lo merita.
Dean accostò le labbra a quelle schiuse di Castiel, soffiandoci sopra come a voler spazzare via i ricordi che insudiciavano la Grazia dell’angelo. Si impose di farcela, ebbe fiducia nelle sue capacità e in quelle dell’angelo.
-Riprenditi, stupido angelo. Alzati in piedi, o giuro che ti faccio alzare a modo mio, e non sarà piacevole. Tu sei molto più di questo, Castiel. Abbiamo affrontato il diavolo, l’apocalisse e tutta quella roba schifosa lì, perché non riesci ad affrontare te stesso? Non ce la fai da solo? Bene, ti aiuterò io, e se non basterò ci saranno Gabriel, Sam e Bobby. Ti solleverò dal fango, che tu lo voglia o no, e insieme prenderemo a calci quel figlio di puttana di Samael. Non ho intenzione di cederti a lui né tantomeno di lasciargli Mary tra le mani, quindi alzati in piedi! Vivi, Cass, fallo per te stesso e… e per me. Non lasciarmi anche tu, non ora che sei tornato… io… e che cazzo, io ti amo!-
Dean urlò quelle ultime parole a Castiel, al cielo e a Dio stesso. Non gli importava di apparire melenso, non gli importava di sentirsi un, come lo chiamava lui, “finocchio da quattro soldi”.
L’unica cosa che restava era Castiel e il buio presente nei suoi occhi. Dean voleva la luce, voleva il sole. Voleva far splendere quelle iridi come un cielo rischiarato da una nuova alba, una rinascita a lungo attesa.
Rispondendo al suo istinto, Dean si chinò a baciare quelle labbra in uno sfiorarsi soffice come zucchero filato. Accarezzò la bocca di Castiel con gentilezza, richiamandola a nuova vita.
Accadde.
Le labbra finora gelide dell’angelo presero velocemente calore e si schiusero, rispondendo al richiamo dell’amante in uno sfiorarsi di lingue e sapori di menta, vento e aghi di pino mescolati.
Davanti agli occhi esterrefatti di Gabriel, Sindragon e del nuovo arrivato, fermo alle spalle dell’arcangelo a braccia conserte, le ali di Castiel si innalzarono lentamente dalla polvere, scrollandosi di dosso ogni residuo di sporcizia.
Un alone come di luce lunare emanò non solo dall’angelo, ma anche da Dean, il quale anziché accorgersene, gettò le braccia al collo di Castiel e si strinse a lui, baciandolo con più passione. La luce intorno a loro crebbe accecando il sole stesso, momentaneamente coperto da tanto splendore, una lucentezza talmente pura e gentile da soffocare per qualche istante anche la Grazia degli altri due angeli presenti.
Un sussurro concitato ma lieve invase l’aria, facendo rabbrividire Gabriel e Sindragon, che piegò le zampe anteriori per poggiare il muso a terra e coprirsi gli occhi, ferito da tanta lucentezza. Mai in tutto il paradiso si era visto tanto splendore, o meglio, una volta sola Gabriel l’aveva visto, ma non poteva credere che stesse per accadere ciò che pensava.
In contrario ad ogni sua previsione tuttavia, Gabriel vide qualcosa muoversi nella luce, un’ombra che non stentò a riconoscere.
Le quattro ali di Castiel si spiegarono leggere al vento, e mentre i primi fiocchi di neve cominciavano a cadere, riprendendo possesso del terreno sgombrato dal crollo della casa, l’ombra luminescente di un altro paio d’ali leggermente più piccolo si stiracchiò, nascendo dal bagliore lunare emanato dai due amanti.
Gabriel indietreggiò, sbattendo le palpebre furiosamente, ma quando si strofinò gli occhi e tornò a guardarsi intorno, la luce era scomparsa e tutto ciò che restava erano due corpi avvinghiati in un tenero abbraccio. Castiel stringeva al petto Dean, che appoggiava la guancia contro la sua spalla e gli sfiorava la mascella e le labbra in piccoli e teneri baci. Entrambi erano inginocchiati al terreno e Castiel aveva smesso il vecchio trench per lasciare il posto a un paio di larghi pantaloni di seta con  i quali si intrecciavano le gambe di Dean.
Mentre le ali d’argento splendente dell’angelo si piegavano per cingere entrambi nell’ennesima stretta innamorata, Gabriel pensò di non aver mai visto qualcosa di tanto commovente in vita sua.
 
Angolo dell’autrice:
Va bene, ammetto che siamo quasi alla fine della storia ma, ehi, ci sono ancora tante sorprese da scartare qui…
Gab: sembra un lotto, lo sai? Adesso inviterai anche i lettori a giocarsi i numeri?
Probabile, perché?
Gab: ok, quanto ti paga Crowley per diffondere la sua nuova lotteria “schiatta e vinci”?
Niente, non… aspetta, Crowley ha aperto una lotteria? Oddio, corro a giocarci! (Rotola via)
Dunque, visto che vado un po’ di fretta do subito spazio ai ringraziamenti dedicati come al solito ai miei angioletti privati e poi volo a studiare, ohohohohohohohoh!!

Sherlocked: diciamo che Mary al momento è rimasta legata nello sgabuzzino e no, non c’entro, è stato Gabriel. Credo che lei l’abbia interrotto mentre spiava Sam che faceva la doccia… o era la bambina a spiarlo?! (CHE HA FATTO QUELLA STREGA?!?!?!?!? Nd Gab) be’, diciamo che Gabriel ha riempito anche le nuvole di buchi, ma questo perché per sbaglio ha lasciato cadere il Behemah di Uriel che era un criceto e… sì insomma… mi è sembrato di capire che in qualche modo l’abbiano trovato ma… ehm… nella biancheria intima del tramite di Raphael, quindi diciamo che adesso Gabriel va in giro con un paio di pinze per portarsi dietro il criceto senza toccarlo. Va bene, detto ciò, torno come al solito a ringraziarti per il magnifico commento e spero che questo capitolo ti sia piaciuto, considerando che ognuno dei vostri commenti ispira sempre un nuovo pezzo del capitolo seguente, perciò… grazie. ^^
xena89: e impossibile deludere con dei recensori così! Stavolta sono io che non so dirti quanto amo i tuoi splendidi commenti, sono sempre molto belli e mi fanno venire voglia di scrivere un nuovo capitolo. Per questo ti ringrazio e spero di risentirti prestissimo! Un bacione e grazie ancora!
Blacasi: stavolta ho tardato un po’ a postare il nuovo capitolo, e questo a causa dello studio. Professori… voi siate maledetti. Eheh, nel prossimo capitolo capiremo come è finito il Graal nelle mani di Dean e sì, Castiel senza Gabriel non ragiona, anche perché da bravo fratellino piccolo e incosciente tende a fare un sacco di casini XD ciò non toglie che è dolcissimo! Cucciolo lui!!! *____* aaaaaaaaawwww. Ehi, attenzione però: il nostro Cass ha ancora qualche carta da giocare, e non solo lui a quanto ho lasciato intendere a fine capitolo, perciò spero di risentirti presto e di leggere ancora i tuoi splendidi commenti! Grazie mille!!!
Tomi Dark Angel
 
 
  
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