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Autore: Sissi Bennett    01/02/2013    5 recensioni
Prendete tutto ciò che Lisa Jane Smith ci ha raccontato su Bonnie McCullough e dimenticatevelo. Bonnie manca da parecchi anni a Fell's Church, non hai mai conosciuto Elena Gilbert, non sa di essere una strega e ingnora l'esistenza dei vampiri. Ma ciò che stravolgerà la sua vita è il legame che condivide con i fratelli Salvatore, totalmente diverso da quello cui siamo stati abituati.
Dal quarantaduesimo capitolo:
Si stava mettendo in gioco per davvero, si stava abbassando a fare quello che in condizione normali avrebbe evitato come la peste. Tutti in quella sala non se n’erano neppure accorti, lo consideravano alla stregua degli altri. Bonnie, invece, sapeva che tutto quello era solo per lei. Damon si sentì quasi ridicolo.
Presentarsi su quel palco significava mettersi a nudo e mentre le altre ragazze avrebbero fatto a gara per accaparrarselo, una sola sarebbe stata l’unica e vera destinataria di un messaggio ignoto al resto dei presenti: sono qui, scegli me, punta su di me.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Quasi tutti, Stefan Salvatore
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ashes &Wine

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Epilogo- parte 1: It’s all coming back to me.

 

“There were nights when the wind was so cold
That my body froze in bed
If I just listened to it
Right outside the window
There were days when the sun was so cruel
That all the tears turned to dust
And I just knew my eyes were
Drying up forever”.

 

 

 

 

Bonnie guardò l’auto sfrecciare via.

Rimase lì, paralizzata per alcuni minuti finché Stefan gentilmente non la ricondusse in casa.

Quella sera Caroline piombò come una furia al Pensionato. Avrebbe sicuramente strozzato Damon se lo avesse avuto tra le mani.

Bonnie quasi non se ne accorse, non parlò nemmeno.

Dopo essersi preparata per la notte, si sedette sul davanzale della sua finestra e attese con pazienza un’oretta, poi si mise a dormire.

Così fece il giorno dopo e quello dopo ancora fino a che non divenne un’abitudine. Tra mattina, pomeriggio e sera si prendeva sempre un po’ di tempo per guardare fuori dalla finestra e aspettare.

Improvvisamente si era sentita catapultare indietro di dieci anni, quando sperava di vedere apparire Damon nel cortiletto di entrata del collegio.

Dopo la prima settimana, i momenti di attesa si accorciarono sempre più; quelle che erano ore diventarono presto minuti.

Un giorno Bonnie lasciò la sua finestra e chiese a Stefan il permesso di usare il denaro di famiglia per regalare una vacanza alle sue amiche.

Partirono per la California e fu fantastico. Da lì la rossa volò alla volta di Edimburgo e trascorse il resto dell’estate a casa della nonna.

Le insegnò cose sulla magia druida che la signora Flowers non poteva nemmeno immaginare; le fece conoscere suo zio. Bonnie scoprì di avere dei cuginetti. Scoprì di avere ancora una famiglia; una vera famiglia che non l’avrebbe mai abbandonata.

Ritornò a Fell’s Church per l’inizio dell’università. La vita riprese il suo normale corso e Bonnie si premurò di non sprecare più di qualche secondo per guardare fuori dalla finestra.

Ormai aveva capito che Damon non sarebbe più tornato.

 

Un anno dopo.

 

Bonnie si spostò per evitare uno schizzo d’acqua e passò presto al contrattacco. Si accertò che nessuno stesse guardando e roteò velocemente l’indice.

Caroline la osservò corrugando la fronte, senza capire che diamine stesse facendo. Un secondo dopo, attorno a lei si creò un piccolo mulinello che la risucchiò cacciandole la testa sott’acqua.

La rossa liberò una risata sinceramente divertita a quella scena da cartone animato. La ripicca normalmente non era nella sua natura ma capitava che Caroline abusasse un po’ troppo delle sue abilità da vampira; in quei momenti anche Bonnie si sentiva in diritto di giocare sporco.

L’amica riemerse tossendo furiosamente e le lanciò un’occhiata irritata.

“Era proprio necessario farmi bere tutto questo cloro?” berciò.

“Stai scherzando vero?” replicò Bonnie “Lo schizzo di prima per poco non mi fa arrivare dall’altra parte della piscina. Te lo sei meritato”.

“Da quando sei diventata così vendicativa?” scherzò l’altra issandosi sul bordo “Spero di non diventare mai una tua nemica”.

“Solo se la smetterai di parlare nel sonno”.

“Io non parlo nel sonno” replicò Caroline indignata.

“O sì, cara” ribadì Bonnie.

I vampiri non dovevano respirare per vivere, perciò non russavano nemmeno. Il che era un gran sollievo per la piccola strega, che necessitava più che mai un riposo senza interruzione.

Caroline compensava con delle lunghe chiacchierate con se stessa nel sonno. Non sempre, ma alcune settimane sembrava di assistere al Forbes talk show.

Elena una volta aveva provato a soffocarla con il cuscino ma c’era sempre la questione immortalità di mezzo.

Rumori notturni a parte, la loro era una convivenza niente male. Poco dopo il loro trasferimento, erano state invitate ad unirsi ad una confraternita femminile, legata ad ente di beneficienza dell’università.

Era una delle associazioni studentesche più importanti del campus, ma non aveva assolutamente niente a che fare non le confraternite snob, frivole e tutte rosa che si vedevano nei film per teenagers.

Le tre amiche avevano accettato più che volentieri, per motivi molto differenti: Caroline ed Elena per una mera questione di vanità. Appartenere ad una delle confraternite migliori del college aveva soddisfatto il loro ego da prime donne; Bonnie semplicemente era contenta di vivere in una grande villa che le ricordava il Pensionato. Aveva passato anni e anni nei dormitori della sua scuola in Italia; almeno adesso poteva respirare aria di casa.

Anche Matt e Tyler studiavano a Dalcrest; avevano una stanza nell’ala maschile delle camerate del campus. Erano stati ammessi nella squadra di football. A Matt avevano perfino offerto una borsa di studio per lo sport.

Anche Stefan, per stare vicino ai suoi amici (in particolare Elena e Bonnie) si era iscritto ai corsi ma non frequentava quasi mai le lezioni; si presentava solo per sostenere gli esami. Così aveva affittato un piccolo appartamento vicino al campus in modo da non occupare inutilmente una stanza che sarebbe servita a chi aveva davvero bisogno di seguire. Ogni tanto ritornava al Pensionato per controllare che fosse tutto in ordine. In realtà, segretamente sperava che un giorno avrebbe ritrovato Damon, a bere il suo bourbon in salone, ma si era ben guardato dal dirlo a Bonnie. La ragazza sembrava aver riacquistato la sua serenità e lui non voleva turbarla.

A conti fatti, quell’anno si era rivelato molto più tranquillo e facile di quello che si aspettavano tutti. Evidentemente, dopo aver affrontato i peggiori pericoli, il primo anno di università era parso una barzelletta.

Bonnie aveva ricercato così a lungo la normalità che quasi non credeva di averla raggiunta. Riusciva a godersi molto meglio le piccole cose, i momenti quotidiani che tanti suoi coetanei ritenevano noiosi.

Non saltava quasi mai le lezioni, affrontava gli esami con spirito tranquillo, cercava di non perdersi nemmeno un attimo della sua vita scolastica. Le sembrava un sogno essere arrivata sana e salva all’università.

Aveva poi fatto tesoro di un’esperienza che la maggior parte delle persone ripetevano ogni anno: il Natale in famiglia.

A dicembre era voltata di nuovo in Scozia, dalla nonna, con Stefan. Non trascorreva una festività con i suoi cari da talmente tanto tempo che si era praticamente dimenticata cosa si provasse: allegria, buon umore, voglia di stare insieme.

Stefan l’aveva ringraziata innumerevoli volte per aver concesso anche  lui quella possibilità. Dopo secoli da vampiro, si era sentito per poche ore davvero umano ed era stato strano e meraviglioso.

Da quando suo fratello era partito, Stefan aveva trascorso davvero molto tempo con Bonnie; forse perché condividevano la stessa perdita e pur senza parlarne, si capivano e si confortavano.

“Lo stai facendo ancora”.

La rossa sbatté le palpebre e si voltò verso Caroline che la osservava con un sopracciglio alzato.

“Cosa?” chiese confusa.

“Sembravi in trance” la informò la vampira “Sul serio, Bonnie, a volte mi fai paura”.

“Stavo solo ripensando a quest’anno”.

“Sì beh … fallo in privato!” la sgridò Caroline “Quando ti fermi così in fissa, temo sempre che i tuoi Poteri stregosi abbiano captato qualcosa di male”.

Bonnie ridacchiò “Se sono uscita io dalla paranoia, puoi farlo anche tu”.

“Tu dammi una mano, però” Caroline con la coda dell’occhio notò un ragazzo avvicinarsi a loro “Sta arrivando” le sussurrò.

“Chi?”.

“Il tuo spasimante”.

Doveva ammettere che in quell’anno non le erano mancati i corteggiatori; il college era pieno di ragazzi con gli ormoni a mille. Alcuni volevano solo una cosa, altri avevano intenzioni più serie ma pochi erano stati capaci di catturare l’attenzione di Bonnie.

Uno di questi si chiamava Zander. Sulla carta rappresentava praticamente l’uomo perfetto. Era bello, con i capelli biondi, quasi bianchi, gli occhi azzurri e luminosi; alto e allenato; il viso dai contorni definiti e gli zigomi alti.

Dolce di carattere, gentile e compassionevole, molto più maturo dei suoi coetanei. Aveva un’aria quasi di altri tempi, un vero e proprio cavaliere.

Bonnie aveva deciso di concedergli una possibilità ma già al secondo appuntamento aveva capito che avrebbero potuto essere solo amici.

Caroline ed Elena in più occasioni le avevano suggerito in modo piuttosto velato il nome di Damon come motivo per cui non riusciva più nemmeno a pensare ad una relazione romantica. Bonnie lo aveva smentito categoricamente.

Se così fosse stato, alla domanda ‘che cos’ha Zander che non va?’, avrebbe dovuto rispondere spontaneamente ‘non è lui’.

Il problema, molto più semplicemente, risiedeva nel fatto che nessuno dei ragazzi che aveva frequentato, erano riusciti a stuzzicare il suo interesse.

In quel senso Damon l’aveva probabilmente rovinata, perché le risultava davvero difficile trovare interessanti dei semplici studenti, dopo aver condiviso così tante emozioni con un vampiro centenario.

Riteneva inutile buttarsi in un altro rapporto serio, se neppure ne valeva la pena. Non le piaceva tenere i ragazzi sul filo del rasoio per sport. Se non sentiva la chimica, allora la finiva ancor prima di cominciare.

Forse non era nemmeno pronta ad avere un fidanzato. Durante quell’anno aveva ritrovato un po’ di stabilità, si era resa conta di potercela fare da sola. Adorava quella sensazione d’indipendenza e se la voleva tenere stretta.

“Ehi, Zander” lo salutò “Come sono andati gli esami finali?” gli domandò mentre prendeva un asciugamano e se lo stringeva attorno al corpo.

“Piuttosto bene … credo … spero” si corresse lui “I tuoi?”.

“Non so ancora i risultati; usciranno tra un paio di giorni. E poi mi manca ancora un appello”.

Il giovane le sorrise e tirò un sospiro; sembrava che si stesse preparando a chiederle qualcosa di grosso “Settimana prossima c’è la festa per la fine dell’anno accademico. Hai qualcuno che ti accompagna?”.

“In realtà pensavo di andarci con …” ma si bloccò. Stava per dire che voleva andare con le sue amiche ma solo in quel momento si ricordò che l’unica rimasta al campus era Caroline e che sicuramente sarebbe stata con Matt.

“No, con nessuno” rispose timidamente.

“Potrei farti da cavaliere” le propose.

Bonnie sorrise imbarazzata e cercò il modo più gentile per declinare “Zander …”.

“Non continuare; so cosa vuoi dire” la interruppe lui “Ho perso le speranze ormai d’invitarti da qualche parte come mia ragazza. Intendevo da amici; io sono qui da solo, tu pure. Sarebbe da sfigati presentarsi soli”.

Bonnie s’intenerì immensamente: Zander aveva preso bene il suo rifiuto, ma chiaramente sperava in qualche cambiamento.

Da una parte la rossa non desiderava illuderlo, dall’altra rifletté sull’ultima affermazione: lei non voleva fare la figura della sfigata e soprattutto voleva divertirsi, passare una bella serata e con Zander quello era assicurato.

Dopotutto anche lui aveva ribadito che si trattava di un invito in amicizia, che c’era di male?

“Accetto volentieri” rispose Bonnie con un grosso sorriso.

Qualche minuto dopo, Caroline la stava trascinando verso la confraternita, tempestandola di domande. Approvava in pieno quella minuscola svolta negli eventi perché magari avrebbe portato ad un sentimento più grande, sebbene Bonnie fosse molto convinta a mantenere tutto sul piano dell’amicizia.

Entrarono nella grande villa e si diressero in camera. In quegli ultimi giorni l’avevano occupata solo loro due dato che Elena era partita con Stefan alla volta dell’Europa per una vacanza.

Posarono le borse della piscina e si prepararono per farsi un doccia quando una delle loro compagne piombò nella stanza saltellando euforica.

“Sally, che ti prende?” si stranì Caroline.

“Ho appena incontrato il ragazzo più bello del mondo” esultò battendo le mani.

“E’ fantastico” esclamò Bonnie senza capire bene perché lo stesso comunicando proprio a loro.

“Peccato che non fosse interessato a me” aggiunse con una nota un po’ delusa “Cerca te, Bonnie”.

“Me?” ripeté sbalordita la strega puntando il dito verso se stessa.

“Sì” confermò l’altra “Dice di averti visto da qualche parte nel college; ha chiesto in giro e ha scoperto che vivi qui”.

“E com’è questo ammiratore segreto?” s’incuriosì Caroline più eccitata di Bonnie per quella notizia.

“Beh, non è altissimo” ammise Sally “Ma tutto il resto compensa: capelli scuri, pelle molto chiara, fisico asciutto e ben proporzionato e i suoi occhi! Mamma mia, i suoi occhi … così neri e brillanti, come la notte”.

Il sorriso di Bonnie si gelò gradualmente durante la descrizione. Occhi neri come la notte. Le ricordavano qualcuno.

“Vuole parlarti” continuò Sally “Ti sta aspettando qua fuori”.

Caroline corse alla finestra. Le era sorto esattamente lo stesso dubbio della sua amica. Diede una rapida occhiata al piazzale di fronte alla villa e inorridì quando i suoi occhi individuarono due figure, entrambe conosciute.

“Bonnie” la chiamò con un fil di voce “Vieni qui un secondo”.

“E’ lui, vero?” disse la strega avvicinandosi alla finestra. Assottigliò gli occhi per distinguere meglio i due uomini che chiacchieravano davanti alla confraternita “L’altro è Alaric?”.

“Sembra proprio di sì” confermò Caroline.

“Figurati! Il suo fedele compagno di cazzate” sbottò Bonnie togliendosi dalla finestra per non farsi scoprire.

Tornò in fretta da Sally, la prese per le spalle e si assicurò che i loro sguardi fossero fissi l’uno nell’altro. Risvegliò il suo Potere e si concentrò sulle parole che stava per pronunciare “Devi andare da quel ragazzo e dirgli che non sono più qui, che sono partita e che non sai quando ritornerò. Deve apparire convincente. E se ti chiede di essere invitato, mandalo all’inferno”.

Sally annuì e lasciò la stanza, pronta a svolgere il compito che le era stato affidato.

“Era necessario soggiogarla?”.

“Sì” affermò lei “Deve crederci davvero”.

“E se Alaric e … Damon non ci cascassero?” aveva quasi paura che quel nome causasse un tracollo nervoso alla sua amica.

“Volevo guadagnare un po’ di tempo” spiegò Bonnie “Ma perché è tornato?”.

Non era stato facile superare l’abbandono di Damon. Qualche giorno dopo la sua partenza, si era mostrata allegra e spensierata, ma di notte aveva tenuto a lungo la luce accesa.

Tra le vacanze, la visita a sua nonna e i preparativi per il college era riuscita ad occupare la mente, almeno di giorno. Ma quando calava il sole e tutti andavano a dormire, rimaneva sola con le sue paure e si tormentava.

Le mancava. Le mancava la sua compagnia, il suo umorismo sempre fuori luogo, il senso di sicurezza che le dava. Le mancavano le notti passate a parlare e le notti in cui gli unici suoni che si udivano erano gemiti e frasi sconnesse, quando la loro intimità si faceva talmente intensa da sconvolgere entrambi.

Le era sempre sembrato tutto così giusto e bello. Damon aveva i suoi difetti ma era capace come nessun altro di donarle un sorriso. E da un lato lo comprendeva; comprendeva il perché della sua partenza: nella sua mente contorta era parso il metodo più efficace per metterla al sicuro. Lei stessa si era offerta a Klaus per difendere i suoi cari; quindi non faticava a mettersi nel suo punto di vista. Ma non poteva credere che se ne fosse andato davvero. Lo sentiva come un tradimento e non lo avrebbe mai accettato.

Con Damon aveva sofferto tanto, ma aveva pure toccato livelli di felicità che non credeva raggiungibili. Si potevano cancellare quei ricordi?

No; si potevano reprimere in qualche angolo dell’inconscio. Ed era proprio ciò che Bonnie aveva fatto.

Le ci era voluto del tempo; non si era ripresa dalla sera alla mattina e in parte la colpa era anche sua: considerava quei ricordi troppo preziosi per lasciarli andare con leggerezza. Aveva lavorato su se stessa per convincersi di non avere bisogno di qualcuno per stare bene.

Giorno dopo giorno alla fine aveva relegato Damon in uno spazio buio della sua memoria, decisa a non richiamarlo mai più.

Angosciarsi non l’avrebbe fatto ritornare.

L’improvvisa ricomparsa del vampiro gettava tutti i suoi sforzi all’aria. Rimanere forte e sicura lontano da lui non costituiva un problema, ma cosa sarebbe successo ora che era lì a cercarla?

Se svanita la rabbia e la delusione, lo avesse perdonato? O se Damon in qualche modo fosse riuscito a persuaderla?

Lei non voleva perdonarlo, né essere spinta a cambiare la sua idea. Non voleva restituirgli il potere di ferirla di nuovo.

 

“There were moments of gold
And there were flashes of light
There were things I'd never do again
But then they'd always seemed right
There were nights of endless pleasure
It was more than any laws allow”.

 

“Hai la faccia tosta peggiore del pianeta, lo sai vero?”.

“Non dirmi che sei ancora arrabbiato!”.

“Arrabbiato? Per cosa? Sei sparito per un anno e adesso ritorni e pretendi il mio aiuto. Chissà perché dovrei essere arrabbiato”.

“Ti ho chiamato. Dalle Antille, ricordi?”.

“Ci è mancato tanto così perché ti raggiungessi e ti uccidessi con le mie mani”.

“Sei diventato un tipo sanguinario, Ric?”.

L’insegnante si limitò a schioccargli un’occhiata minacciosa.

Il vampiro ghignò e continuò a guidare. In realtà era davvero una fortuna che Alaric non fosse andato a cercarlo nelle Antille perché non lo avrebbe trovato.

Dopo essere partito da Fell’s Church, Damon si era diretto in California bazzicando un po’ per la costa occidentale. Party sulla spiaggia e ragazze in bikini erano il suo paradiso ma presto aveva capito che quel tipo di divertimento non faceva più per lui.

Aveva girato la macchina, ripercorrendo la strada per poi virare verso New Orleans, una delle città che vantava un ricco folklore vampiresco. Non c’era da stupirsene, dato che pullulava di vampiri perfettamente nascosti tra la gente comune. Lì, Damon era finalmente riuscito a conquistarsi un po’ di pace.

Non era durata molto. Passato poco più di due mesi, aveva iniziato a sentire un certo fastidio, un brutto presentimento; gli torturava lo stomaco fino a salirgli in gola per ricadere all’altezza del cuore.

Klaus era morto ma quanti pericoli potevano esserci là fuori? Stando lontano da Bonnie poteva proteggerla da se stesso ma dagli altri?

Non gli ci era voluto molto per puntare la macchina alla volta di Fell’s Church. Il suo piano era semplice: dare una veloce controllata al Pensionato, verificare che la rossa e suo fratello fossero ancora vivi e in salute, e ripartire.

Arrivato alla grande villa, l’aveva trovata buia e vuota. Solo allora aveva finalmente preso coscienza di quanto tempo fosse trascorso: tre mesi.

Del vecchio gruppo non era rimasto più nessuno a Fell’s Church: stavano frequentando il college.

Rintracciare Bonnie dentro il campus fu più facile del previsto: era diventata piuttosto famosa poiché faceva parte di una delle confraternite più importanti.

Damon decise di visitare la casa che la ospitava. Si immaginava di trovarla in dolce compagnia; era pronto a spezzare la gambe di quella dolce compagnia ma ancora una volta la sua streghetta era stata capace di stupirlo.

Sotto forma di corvo, il vampiro aveva preso posto su un ramo e l’aveva osservata mentre parlava ridendo con una delle sue compagne.

Damon si accorse appena della presenza dell’altra giovane; i suoi occhi neri non lasciarono Bonnie nemmeno un secondo.

Smise di mentire a se stesso: non aveva guidato fino a Dalcrest per proteggerla, per calmare il suo senso di colpa né per tenere d’occhio la situazione. Voleva semplicemente vederla. D’un tratto la sensazione di malessere che gli aveva attanagliato il corpo negli ultimi tempi sparì.

Avrebbe dovuto lasciare la cittadella universitaria il giorno seguente, ma preferì rimandare, come un bambino che chiede alla mamma cinque minuti in più prima di svegliarsi, soltanto per godersi il suo sogno.

Le settimane si trasformarono in mesi e Damon intese che non se ne sarebbe andato tanto presto.

Se ne stava in disparte, la guardava da lontano, memorizzava le sue abitudini, i suoi movimenti, le sue espressioni.

Non poteva parlarle, non poteva rivelarle la sua presenza, non poteva nemmeno toccarla. Erano separati da un confine invisibile ma Damon sembrò ritrovare un po’ di pace: la lotta in lui si era finalmente calmata.

Lentamente iniziò ad imparare molto più cose di Bonnie di quanto potesse immaginare.

Riguardando indietro, comprese che il più grande errore che avesse commesso era stato quello di non prendersi del tempo per osservarla e basta. Forse, se avesse distolto un attimo l’attenzione da se stesso o dai rischi che li circondavano, avrebbe scoperto come renderla felice senza passare per tutti i gradi di sofferenza ammessi dall’anima.

Non aveva mai creduto che per farla sorridere sarebbero bastati dei semplice atti di gentilezza, affetto e rispetto che tutti in quel college parevano riservarle.

Un tipo come lui, abituato alla grandezza, al potere, superiore alla gente comune, non aveva mai concepito la bellezza delle cose ordinarie.

Ma anche in quel caso probabilmente si sbagliava: non si trattava di cadere nel banale, ma solo di mostrare un po’ di amore. E ormai la maschera del vampiro solo, freddo e insensibile aveva perso la forza di una volta ed era diventata una scusa poco convincente.

Non sentiva di essere cambiato, non sentiva di essersi rammollito o di aver rinunciato al suo potere. Rimaneva sempre Damon Salvatore, un vampiro centenario, dal fascino fatale e il resto del mondo avrebbe fatto meglio a non dimenticarlo mai.

Ma era anche un vampiro innamorato di una piccola strega dai capelli rossi e sorprendentemente non aveva più paura di ammetterlo.

“Sul serio …” lo riportò alla realtà Alaric “ … Perché hai deciso di tornare proprio adesso?”.

Domanda legittima. Se l’era posta perfino lui stesso in più di un’occasione. Per tutti quei mesi aveva vissuto nel terrore che prima o poi si sarebbe presentato il ragazzo che lo avrebbe sostituito, il ragazzo giusto, quello che non se la sarebbe fatta scappare.

Per quanto l’idea lo tentasse, non si era mai permesso di pedinarla durante i suoi appuntamenti. L’attendeva sul solito ramo davanti alla sua camera e ogni sera temeva di non vederla ritornare a casa. Ma lei tornava sempre, da sola.

Damon ne era indubbiamente confortato: forse Bonnie non riusciva ad interessarsi a qualcuno, perché non lo aveva ancora dimenticato completamente.

Sembrava che i suoi piani gli si fossero rivoltati contro: anche l’idea di proteggerla da lontano iniziava ad apparire irrealizzabile.

Non sarebbe mai stato capace di stare a guardare qualcun altro renderla felice, legarla a sé e spazzare via tutti i ricordi e il bene che un tempo li avevano uniti. Non avrebbe ceduto il suo posto così facilmente, non senza provarci almeno un’ultima volta.

Le aveva fatto tanto male ma credeva di aver finalmente imparato qualcosa di utile dalle cazzate che aveva combinato. Si era accorto di quanto aiuto gli avesse dato senza nemmeno sforzarsi tanto. Lei, con quella testardaggine che lo aveva sempre innervosito, lo aveva sfidato, sgridato, sempre pronta a mettere tutto in discussione, a sbattergli in faccia la realtà, a porlo davanti ad una scelta.

Non nascondeva i suoi sentimenti, li lasciava scorrere liberi, a volta esplodere, non si risparmiava mai. Bonnie ci aveva creduto.

Damon invece ci aveva solo sperato, dando per scontate tante cose. Voleva rimediare, voleva dimostrare di meritarsela.

“Sarebbe bello poter annullare quest’ultimo anno” parlò infine il vampiro “Tornare indietro e fermarmi quando mi ha supplicato di non andarmene. Avrei dovuto darle retta”.

“Perché ora?”.

“Perché quando sono partito, l’ho fatta sentire inutile e superflua” chiarì “Perché non mi sono voltato quando mi ha chiamato; l’ho ignorata, evitata e non l’ho ascoltata. Non si dovrebbe sentire così per colpa mia” sospirò “Sono tornato perché ora so cosa devo fare”.

“Ti prego, dimmi che non include la morte di nessuno” si allarmò Alaric temendo già per la vita di qualche povero ragazzo che si era disgraziatamente messo tra il vampiro e la sua preda.

“No, prevede solo me in ginocchio sui ceci, con le mani in preghiera ad implorare perdono”.

L’espressione dell’amico cambiò radicalmente “Allora sono più che contento che tu mi abbia chiamato. Almeno avrò un posto in prima fila per lo show”.

“Riesci sempre a tirarmi su il morale”.

“Sono qui per questo” sorrise malignamente Alaric “Dunque, qual è il piano?”.

Damon posteggiò la macchina in uno dei parcheggi del college e si girò verso l’uomo. Non gli serviva veramente l’aiuto di qualcuno, poteva benissimo farcela da solo, ma, dopo essere sceso a patti con la sua coscienza, aveva capito che gli mancava tantissimo il suo amico. Lo aveva cercato semplicemente per condividere il piacere di un altro ricordo insieme.

“Prima di tutto devo parlarle, in privato”.

“Bonnie vive in una confraternita adesso. È una vera e propria casa; devi essere invitato per entrare e lei non sarà molto d’accordo”.

“Allora chiederò gentilmente ad una sua consorella. Non sarà un sacrificio scambiare due parole con una sexy universitaria”.

“Sexy universitaria? Quante volte hai visto ‘Maial College*’?”.

 

“If you forgive me all this
If I forgive you all that
We forgive and forget
And it's all coming back to me
When you see me like this
And when I see you like that
We see just what we want to see
All coming back to me
The flesh and the fantasies
All coming back to me
I can barely recall

but it's all coming back to me now”.

 

Ho appena incontrato il ragazzo più bello del mondo.

La rossa sbuffò sonoramente. Si girò e abbracciò il cuscino.

Cerca te, Bonnie.

Si voltò dall’altra parte e si portò dietro il lenzuolo, arrotolandosi sempre più. Iniziava a sentire caldo.

Mamma mia, i suoi occhi … così neri e brillanti, come la notte.

Scostò con uno scatto secco le lenzuola e si acciambellò su se stessa. Strinse le palpebre e scacciò quei pensieri. Era notte, doveva dormire.

Caroline dormiva tranquillamente, quindi anche lei doveva dormire.

Per qualche secondo pensò di aver finalmente ritrovato la pace e un sorriso sereno le si formò sulle labbra; poi aggrottò le sopracciglia, turbata e riaprì gli occhi innervosita.

Si alzò dal letto e uscì dalla camera, strisciando i piedi nudi sul pavimento. Scese in salotto nella speranza di incontrare qualche sua compagna ancora sveglia con cui scambiare due chiacchiere. Tutte tranne Sally.

La casa era ovviamente deserta e immersa nel silenzio. Ora che le serviva qualcuno con cui parlare, tutte le sue amiche decidevano di andare a dormire presto come delle brave studentesse!

Si accucciò su una poltrona e poggiò le braccia sopra il bracciolo e il mento sopra i gomiti. Mise il broncio.

Non era stato facile liberarsi di Damon. Non aveva sprecato molto tempo ad abbattersi nel dolore ma non aveva potuto nemmeno farlo sparire con uno schiocco delle dita.

Non aveva più pianto dal giorno in cui se n’era andato. Lo avrebbe desiderato, almeno come forma di sfogo, ma le lacrime si erano esaurite. Aveva pianto fin troppo per Damon Salvatore e qualcosa in lei le aveva imposto di non cedere. Quasi non lo aveva più nominato.

Era diventata più forte, era riuscita ad arginare i ricordi che l’avevano braccata prepotentemente, si era fatta strada da sola. Non aveva bisogno di qualcuno per andare avanti. Finalmente sentiva di aver conquistato la sua indipendenza.

Come si permetteva di tornare dopo tutto quello che le aveva fatto passare?

Lo aveva pregato, lo aveva inseguito; per poco non si era messa davanti alla sua macchina per impedirgli di proseguire. Lui non si era neanche girato.

Damon sicuramente rappresentava una parte importante della sua vita, un bel ricordo; ma quello doveva rimanere: un ricordo.

Era stata costretta a soggiogare Sally. Non voleva rischiare di essere scoperta subito. Non aveva alcun desiderio di rivedere il vampiro e si era inventata la prima scusa (banale) che le era venuta in mente.

Quanto lo avrebbe tenuto a bada?

Improvvisamente percepì qualcosa di strano, un’energia estranea e di certo non umana. La strega s’irrigidì sulla poltrona.

Da almeno un anno non aveva più avuto a che fare con creature sovrannaturali pericolose; credeva di essersene finalmente liberata.

Sempre più tesa, si concentrò per esaminare quella minuscola traccia di Potere che gradualmente s’ingrandiva.

Non riusciva a capire di cosa si trattasse, ma di sicuro era in casa e si stava avvicinando; poi improvvisamente riconobbe quell’aura.

Invece di tranquillizzarsi, si agitò ancor di più. Sapeva che non avrebbe potuto scamparla a lungo, ma sperava di superare la notte senza doversene occupare.

Non si voltò quando udì dei passi spezzare il silenzio; si mosse solo nel momento in cui lo vide attraverso il riflesso della finestra.

Balzò giù dalla poltrona e si posizionò dietro allo schienale, come se si sentisse più protetta con qualcosa a dividerla da lui.

Si fissarono per interminabili minuti. Mille pensieri ed emozioni passarono per le loro teste. Damon poteva riassumerle sotto un’unica parola: contentezza.

Bonnie avvertì un moto di conforto invaderla ma venne subito sostituito da rabbia, disillusione, avversione e sospetto.

Il vampiro aprì bocca per parlare ma lei lo interruppe subito “Come sei entrato?”.

L’altro ghignò e fece scorrere lo sguardo per il salotto “Se volevi tenermi fuori, avresti dovuto ipnotizzare tutte le tue consorelle”.

Bonnie sbuffò. Il suo piano era piuttosto traballante e poco credibile ma, diamine, urlava di stare fuori dalla sua vita. Perché Damon non poteva semplicemente accettare un ‘no’?

“Come hai trovato l’entrata, sarai anche in grado di trovare l’uscita” lo freddò, sperando che recepisse l’antifona.

Damon apparve un po’ spaesato, preso alla sprovvista. Non si aspettava che gli saltasse addosso dalla felicità ma nemmeno un’accoglienza così gelida. Fece un passo verso di lei, dando la strana impressione di essere impacciato ma Bonnie indietreggiò e alzò le mani “Non ti avvicinare”.

“Streghetta …”.

“Non cominciare con i soprannomi. Cosa sei venuto a fare?”.

“Volevo … vederti” non voleva sembrare troppo sicuro o deciso. Era pienamente consapevole di essere in torto marcio.

“Volevi vedermi?” ripeté allibita la ragazza “Adesso? Cosa c’è, Damon? Sei vicino alla morte e vuoi espiare i tuoi peccati?”.

“Voglio sistemare le cose”. Era una frase stupida, banale e dal suono fastidioso ma non c’era altro modo per dirlo.

Bonnie rise incredula e scosse la testa. Con Damon andava sempre a ripetizione il solito disco rotto: voglio, faccio, ottengo.

“C’è una cosa che devi sapere …” incominciò lui.

“Non parlare, vattene e basta” gli ordinò.

“Sissi, mi devi ascoltare” asserì; il tono a metà tra un ordine e una supplica.

“Non sono obbligata a fare proprio niente. Hai avuto la tua occasione per parlare e io ti avrei ascoltato all’infinito; l’hai sprecata”.

“Beh …” sospirò Damon “Mi fa piacere appurare che la tua testardaggine non si è scalfita minimamente”.

“Certo, continua pure con l’ironia. Tanto per te è tutto un gioco!” sibilò Bonnie trattenendosi dall’urlare.

“Non era ironia; constatavo solo un fatto” replicò.

“Ti do due secondi per uscire. Poi ti darò fuoco” lo avvertì con una calma letale.

“Sono stato uno stronzo, va bene?” sbottò infine “Hai tutte le ragioni per essere incazzata con me. Mi prenderei a calci da solo se potessi ma cerca di capire …”.

“Non c’è niente da capire, Damon! Te ne sei andato per un anno. Un anno! E adesso torni qui e pretendi di trovare tutto come prima? Sai cosa vuol dire aspettare una persona per così tanto tempo? Appostarsi alla finestra sperando di vederla anche se sai che non tornerà mai? Io sì! L’ho fatto per ben due volte e non ho intenzione di riviverlo”.

“Mi dispiace” ammise sinceramente il vampiro “Ferirti era l’ultima delle mie intenzioni”.

“Sarà anche l’ultima delle tue intenzioni, ma è quello che fai sempre” osservò Bonnie “Non ha neanche avuto il coraggio per dirmelo in faccia; se non fossi venuta io ad affrontarti forse saresti …”.

“No” la contraddisse con forza “Ho aspettato l’ultimo giorno apposta. Se te lo avessi detto prima, mi avresti convinto in qualche modo a rimanere e io avrei ceduto perché volevo restare, volevo …”.

“Allora perché te ne sei andato?” chiese con una nota particolarmente nervosa.

“Stai scherzando? Da quando sono entrato nella tua vita, ho combinato solo dei gran casini! Ti ho portato ad un passo dalla morte! Non i lupi mannari, non i vampiri di Greensboro, non Klaus; sono stato io! Pensavi davvero che me ne stessi fermo senza fare niente per impedire che accadesse di nuovo?”.

“Te ne sei andato per un anno!” ribadì Bonnie con enfasi “Mi hai abbandonata per un anno!”.

“Non ti ho abbandonata” rivelò Damon “Sono stato via per qualche tempo, poi non ho resistito. È da almeno sei mesi che ti tengo d’occhio da lontano; volevo assicurarmi che non ti accadesse niente di male”.

Bonnie alzò le sopracciglia e spalancò la bocca. Dovette ricorrere a tutta la sua pazienza per non esplodere “Cosa ti aspetti, un ringraziamento? Mi serviva un ragazzo, non una babysitter. Immagino che avessi ragione: non potevi darmi quello che ti chiedevo” gli fece notare ricordandosi le ultime parole che si erano scambiati.

“Ho sbagliato!” le concesse “Non è una novità: io sbaglio sempre! Credevo che fosse la cosa migliore, credevo di poter tenere le distanze e lasciarti vivere una vita normale ma non ne sono capace. Ho sbagliato tutto”.

“Sì, Damon, hai davvero sbagliato tutto; hai incasinato tutto” concordò Bonnie “L’hai fatta veramente grossa”.

“Non sono l’unico” le rinfacciò “Anche tu te ne sei andata, quando mi avevi promesso di rimanere in casa. Ma a te è permesso correre da Klaus per farti ammazzare!”.

“Ti stavo proteggendo” si difese Bonnie sempre più arrabbiata.

“E cosa credi che io stessi facendo?” le domandò Damon di rimando “Sei quasi morta, tra le mie braccia, per colpa mia. E in quel momento non me ne sono nemmeno preoccupato, perché avevi il sangue di vampiro nelle vene e sapevo che in qualche modo saresti tornata!”.

“Quindi ha pensato di scappare” concluse lei “Acquisti sempre più punti”.

“Mi dispiace così tanto, Sissi” si scusò Damon “Mi dispiace, mi dispiace; sei la cosa migliore che mi sia capitata, la persona più importante”.

“No, non è vero” obiettò la rossa, per nulla scalfita dal suo tono pentito “Se fossi così importante, non mi avresti lasciata. Forse non te ne è mai fregato niente di me, non mi hai mai voluto bene …”.

“Ti amo” confessò il vampiro, spiazzandola totalmente. Nonostante si fosse immaginato in modo diverso la scena, fu soddisfatto della reazione che scatenò. L’intento era stupirla, toccarla nel profondo e ci riuscì.

“C-cosa?”.

“Mi hai stregato anima e corpo, Bonnie Salvatore, e ti amo, ti amo, ti amo” all’ultimo quasi gli mancò la voce dal trasporto “D’ora in poi non voglio più separarmi da te**”.

Bonnie pensò che il destino dovesse essere molto crudele: sembrava che il loro tempismo nelle dichiarazioni rovinasse sempre tutto.

“Arrivi tardi, Damon” lo stroncò “Mi hai chiesto di dimenticarti e l’ho fatto. Lasciami in pace” si diresse velocemente verso le scale.

“Non mentire” l’’avvertì “Il tuo cuore batte come un matto. Lo sento ”.

La giovane si fermò “Non ho detto di non essere più innamorata di te” chiarì senza vergogna o tentennamenti “Ho detto che ormai è tardi” e riprese a salire i gradini.

“Bonnie” la richiamò Damon. Lei si girò.

“Sognami” le augurò rivolgendole uno dei suoi sorrisi ammalianti.

La strega non rispose e proseguì senza guardarsi indietro. Era sicura di aver bloccato ogni memoria che la legasse a lui; poteva resistere. Ma la vicinanza aveva brutalmente riportato tutto ciò che la lontananza le aveva permesso d’ignorare.

Ti amo, Bonnie Salvatore.

Si addormentò con un fremito.

 

“I finished crying in the instant that you left
And I can't remember where or when or how
And I banished every memory you and I had ever made

But when you touch me like this

and you hold me like that
I just have to admit
That it's all coming back to me
When I touch you like this
And I hold you like that
It's so hard to believe but
It's all coming back to me”.

Nei due giorni successivi Damon non le tese altri agguati. Forse aveva colto il messaggio, forse aveva desistito. A Bonnie poco importava il motivo; le bastava stare in pace.

Voleva evitare che Caroline si mettesse a setacciare il campus in cerca del vampiro per prenderlo a mazzate in testa, perciò non le disse niente. Si sarebbe portata quel segreto nella tomba piuttosto che allarmare tutti per niente.

Per impedire che qualunque pensiero su di lui le si installasse nella mente come un’erbaccia da estirpare, si offrì di dare una mano per la festa di fine anno organizzata dalle confraternite. Il suo obiettivo fu raggiunto: tra gli esami finali e i preparativi riuscì a superare indenne le prime quarantotto ore.

All’alba del terzo giorno qualcosa in lei scattò: si scoprì tremendamente arrabbiata e indignata.

Che cosa aveva dato il diritto a Damon di tornare, di cercarla e di confessarle il suo amore? Bonnie ci aveva provato innumerevoli volte ma lui l’aveva sempre bloccata perché non era il momento giusto.

Quello gli sembrava il momento giusto? Forse si aspettava anche un premio per aver trovato il coraggio di parlare di sentimenti.

Si pentì amaramente di non averlo cacciato fuori di casa a suon di aneurismi o ancora meglio fuori dai confini della Virginia.

E Alaric lo aveva pure aiutato, quel traditore! Un bel discorso sarebbe toccato anche a lui.

Bonnie fece quasi a pezzi una delle lanterne di carta che stava sistemando. L’idea era quella di ricreare la Parigi degli anni venti e tutte le sue luci; ma se la rossa avesse continuato a rompere per il nervoso ogni cosa che le passava tra le mani, sarebbero rimaste ben poche decorazioni.

Decise di prendersi una pausa. La scena dall’esterno doveva risultare parecchio comica: vedere una ragazza accanirsi su delle lanterne di carta senza un motivo apparente, quasi immaginasse sbattere con violenza la testa di qualcuno sul tavolo.

Qualcuno sghignazzò divertito, altri non vi fecero caso; l’unica a preoccuparsi davvero fu Gabby Lawrence, studentessa di legge dell’ultimo anno, direttrice della confraternita cui apparteneva anche Bonnie.

Gabby era una ragazza molto impegnata non solo nella gestione della sua confraternita e dei bilanci, ma anche nel sociale. Normalmente, gli eventi che organizzava avevano il doppio scopo di raccogliere fondi sia per le associazioni studentesche, sia per enti benefici.

Si mostrava sempre molto puntigliosa e severa nelle sue faccende, spesso rasentava un controllo maniacale (quasi ai livelli di Caroline). Decise quindi di avvicinarsi e sondare il terreno, più per accertarsi che la sua serata non finisse in fumo, che per un reale interesse per lo stato emotivo della sua compagna di casa.

“Bonnie, va tutto bene?” le chiese un po’ titubante.

La rossa alzò gli occhi su di lei, colta di sorpresa “Oh sì, certo!” assicurò.

“Qual è il tuo problema con le lanterne?” dritta al sodo.

Bonnie intuì di essere in prossimità di una sgridata e si affrettò a rimediare “Niente! È solo che ne ho rotte un paio mentre cercavo d’infilarci il lumino”.

“Cerca di salvarne qualcuna, va bene? Le ho ordinate in un negozio ad Atlanta e sarebbe un casino farne arrivare altre”.

“Starò più attenta” asserì la strega con un sorriso intimidito. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce ma Gabby Lawrence incuteva decisamente più timore di tante creature sovrannaturali.

“Volevo parlarti anche di un’altra cosa” incominciò la ragazza.

Santo Cielo, cosa ho fatto adesso?!

“In realtà è un favore” precisò Gabby “So che verrai alla festa con Zander”.

“Sì” confermò Bonnie domandandosi come potesse saperlo “Mi ha invitata l’altro giorno”.

“Ti dispiacerebbe prestarmelo per l’asta degli scapoli?” fu la sua richiesta “So che non è educato perché è il tuo accompagnatore ma è davvero un gran figo e potrebbe tirare su un bel mucchio di soldi”.

“Non preoccuparti” la tranquillizzò Bonnie “Andiamo alla festa solo come amici, non c’è niente tra di noi. Non mi dà fastidio, se a lui va bene”.

“Glielo chiederò appena lo vedo” esultò Gabby “Grazie mille, Bon” e si dileguò, pronta a comandare a bacchetta qualcun altro.

“Non c’è di che” rispose e posò nuovamente lo sguardo sulle lanterne tutte accartocciate. Sbuffò annoiata: doveva trovare un modo per sistemarle.

Controllò velocemente che nessuno le stesse prestando attenzione e mosse le dita della mano destra sussurrando un incantesimo riparatore. Sorrise soddisfatta non appena le lanterne ripresero la loro forma originaria.

“Quello è barare”.

Bonnie per poco non saltò dall’altra parte del tavolo. Si girò furente, incrociando gli occhi palesemente divertiti di Damon e si ritrovò per la seconda volta in pochi giorni a porre quella fastidiosissima domanda “Tu che ci fai qui?”.

“Un giro. Mi fingo un giovane universitario in cerca della sua strada”.

“Ci sono centomila college in questo paese; va’ a fare lo studente bello e impossibile in uno di quelli!”.

“Hai detto che sono bello?”.

Bonnie avrebbe potuto ucciderlo, sul serio.

“Senti, Damon, non ho tempo per i tuoi giochetti. Devo occuparmi di questa festa e ho gli esami tra due giorni. Qualunque cosa tu stia cercando, non la troverai qui; perché non puoi semplicemente lasciar perdere?”.

“Mi sembra di aver già lasciato abbastanza” mormorò il vampiro piegando il capo di lato.

“E’ stata una tua scelta” gli rinfacciò lei sostenendo fiera il suo sguardo.

Damon era pronto a replicare ed insistere quando Gabby piombò all’improvviso su loro due come un falco.

“Ehi, Bonnie, chi è il tuo amico? Non credo di averlo mai visto in giro” s’intromise; era entrata in modalità flirt.

“Gabby Lawrence” si presentò porgendo la mano.

“Damon Salvatore” gliela strinse.

Gabby allargò gli occhi “Siete parenti?” il tono appariva pacato ma in realtà nascondeva un certo compiacimento: sentiva già di avere il via libera per esibirsi nelle sue doti da civetta.

“Alla lontana” specificò Damon.

“Bonnie, perché non lo porti alla festa?” propose Gabby “Sono sicura che le ragazze sborserebbero una fortuna per un appuntamento con lui” disse senza pudore.

“Appuntamento?” ripeté lui sconcertato.

“Non credo sia il caso …” iniziò la rossa.

“Di che si tratta?” s’incuriosì Damon spiazzando perfino se stesso.

“Guarda” Gabby gli mostrò il volantino che pubblicizzava la serata “E’ la festa di fine anno. Tema: Parigi, negli anni venti. Abbiamo deciso di organizzare un’asta degli scapoli: chi fa l’offerta più alta, vince un appuntamento con il ragazzo che ha scelto. Di solito tutti il ricavato lo teniamo per la gestione delle attività e gestioni scolastiche, ma quest’anno abbiamo già messo da parte un bel po’ di denaro grazie alle feste precedenti, perciò lo devolveremo totalmente in beneficienza. Daremo una mano all’orfanotrofio della città” spiegò con una precisione sorprendente

“Gabby, sono sicura che Damon abbia altro da fare” provò a dissuaderla Bonnie.

“Ci sto!” accettò lui “In fondo è per una giusta causa”.

La strega alzò le mani in segno di rassegnazione.

“Fantastico!” esclamò Gabby “Sembra che la riuscita della serata dipenderà dai tuoi uomini, Bon” azzardò e le fece un occhiolino prima di andarsene.

“Chi era quella?” ridacchiò Damon “Caroline 2.0?” ma quando riportò l’attenzione sulla sua streghetta, il sorriso gli morì sulle labbra.

“Tu non puoi venire” disse lei.

“Non è che abbia molto altro da fare”.

“Forse non mi sono spiegata bene” sentenziò Bonnie “Io non ti voglio. È la mia festa, del mio college, per la fine del mio anno! Stanne fuori! Anzi, intanto che ci sei, sta’ fuori dalla mia vita” mollò sul tavolo le sue amate lanterne e marciò fuori dalla stanza decisa a mettere più distanza possibile tra lei e quello sbruffone.

Ovviamente non fece molta strada; riuscì giusto a girare l’angolo prima che Damon le si parasse davanti con la sua super velocità.

“Non puoi usare i tuoi Poteri qui! E se qualcuno ti vedesse?” lo rimproverò digrignando i denti.

“Parla la ragazza che aggiusta magicamente le lanterne” replicò lui seccato “Lascia che ti chieda una cosa: non mi vuoi alla festa per quello che ha detto quella ragazza?”.

“Cos’ha detto?” chiese stancamente Bonnie.

“Che la riuscita della serata dipenderà dai tuoi uomini” le riportò “Significa che ci vai con qualcun altro. Chi è? Ancora quel tipo … Zander?”.

Il volto della giovane si dipinse di un’espressione indignata “Mi hai seguita anche negli appuntamenti?”.

“Non ti ho pedinata nei tuoi incontri romantici, no” negò “Ma è da parecchio che ti osservo da lontano e ho imparato qualche cosa sui tuoi spasimanti”.

“Questa conversazione finisce qui” affermò Bonnie e lo superò.

Damon la trattenne per un polso “Hai paura che succeda come alla festa di fine del liceo?” indovinò “Credi che m’ingelosirò come con Tyler e che farò un casino, vero?”.

“Finiscila qui, ti prego” gli consigliò “Questo tuo atto di finto altruismo non ti farà guadagnare punti”.

“Non voglio guadagnare punti” la corresse “Anche se mi piacerebbe che tu apprezzassi lo sforzo” aggiunse.

“Allora perché?”.

“Perché è importante per te” ammise indicando sul volantino una scritta che riportava il nome dell’orfanotrofio.

Quella non era solamente una giusta causa, era una giusta causa che stava particolarmente a cuore a Bonnie perché anche lei, dopotutto, era una bambina adottata.

“Sono stata io a proporlo” gli rivelò “Volevo che fosse l’orfanotrofio a ricevere quei soldi”.

Damon annuì “Lascia che ti dia una mano, almeno questa volta”.

Bonnie si morse il labbro, indecisa. Aveva l’impressione che il suo consenso o il suo rifiuto avrebbero determinato ben più di un evento di beneficienza.

 

“If I kiss you like this
And if you whisper like that
It was lost long ago
But it's all coming back to me
If you want me like this
And if you need me like that
It was dead long ago
But it's all coming back to me
It's so hard to resist
And it's all coming back to me
I can barely recall
But it's all coming back to me now
But it's all coming back”.

 

Bonnie doveva ammettere di non amare alla follia Parigi. La considerava una bella città ma senz’anima. Ci era stata più di una volta ma non le aveva mai trasmesso niente, non un brivido, non un’emozione.

Durante la sua ultima visita, un paio di anni prima, qualcosa era cambiato: sola, seguita dalle luci di quella grande città, accompagnata dal silenzio, senza essere soffocata né dalla folla né dal traffico, aveva camminato a lungo per le strade di Parigi e aveva scoperto una città diversa, nuova, viva. La sua fantasia aveva cominciato a lavorare e si era lasciata guidare in un percorso alla ricerca del vero spirito di Parigi, dello spirito che poteva leggere nelle pagine dei grandi intellettuali francesi ma che non era mai riuscita a percepire prima di quella passeggiata.

Era arrivata anche al punto di credere che Woody Allen le avesse rubato l’idea girando Midnight in Paris. Non era mai stata una grande fan di quel regista ma aveva quel film nel cuore.

La sala della festa non era minimamente paragonabile all’originale, anche se tutto sommato, Bonnie dovette riconoscere a Gabby un certo talento nell’allestimento. Le pareti erano state coperte da pannelli di polistirolo raffiguranti scorci della Parigi notturna, al soffitto avevano invece assicurato per l’occasione dei lampadari che emanavano una bella luce soffusa e che donavamo atmosfera. E ai tavoli c’erano le lanterne illuminate di cui la rossa andava molto orgogliosa.

Zander le strinse la mano e lei gli sorrise. Insieme fecero il loro ingresso nella sala. Salutarono i loro compagni di scuola, si congratularono per la fine degli esami che si erano svolti proprio quella mattina. Bonnie poteva dirsi abbastanza soddisfatta, sebbene non ne conoscesse ancora l’esito. Era certa di aver ottenuto almeno la sufficienza e quella sicurezza bastava per passare una serata tranquilla. Avrebbe pensato più tardi al voto effettivo e alla sua media.

Mentre Zander continuava a conversare alcuni suoi compagni di corsi, Bonnie fece scorrere lo sguardo per la sala: vide Caroline sventolare la mano con forza  invitandola a raggiungerla. La ragazza si scusò con il suo accompagnatore e si diresse verso l’amica. A metà strada, però, si fermò. Aveva una strana sensazione addosso, una specie di brivido, un richiamo. E l’inquietudine non si calmò finché non ne individuò la causa: due occhi, neri come la notte, che la stavano seguendo da quando era entrata.

Alla fine aveva accettato la presenza di Damon. Non ne era del tutto convinta né contenta, ma ci teneva che la raccolta fondi andasse bene e il vampiro avrebbe sicuramente fatto la differenza. Già s’immaginava orde di ragazze buttare letteralmente in aria le loro banconote e strisciare sul palco.

Damon si staccò dal muro su cui era appoggiato (stile bello e dannato, non si smentiva mai) e mosse qualche passo verso di lei.

Bonnie riaccese all’improvviso la macchina della fantasia, così come aveva fatto a Parigi anni prima. Lo osservò avvicinarsi sempre più, con un angolo della bocca piegato all’insù in una smorfia irresistibile; rimase immobile mentre le prendeva una mano, portandola alle labbra per baciarla. Un attimo dopo si ritrovò ad ondeggiare tra le sue braccia, seguendo la musica in sottofondo.

Tutto le riportò alla mente il ballo di fine anno, quando senza giochetti né maschere o ripensamenti, si erano confessati di appartenersi a vicenda. Da che ricordava, quella era stata la prima vera volta in cui aveva visto Damon completamente sincero e indifeso, nudo di fronte alla verità.

Peccato che accadde solo nella sua testa: Bonnie si ricompose in fretta e sorrise debolmente al vampiro che nel frattempo l’aveva raggiunta.

“Non accetterai mai un no come risposta vero?” lo punzecchiò pur non essendo veramente infastidita.

“In realtà questa volta mi hai detto sì” le fece notare lui.

“E’ solo per questa sera” puntualizzò Bonnie.

“Speravi che non venissi?” chiese Damon.

“Credevo che non saresti venuto” ammise la giovane “Questo non è il tuo genere di evento. Lo consideri noioso”.

“Ti ho detto che ti avrei aiutata ed è quello che sto facendo” dichiarò Damon piuttosto deciso “E poi … ho una scusa per guardarti tutta sera con questo vestitino, come potrebbe essere noioso?”.

Bonnie s’impose di non arrossire. Buttò una veloce occhiata al suo abito: era chiaramente anni venti, color ghiaccio ornato da perline argentate e si fermava appena prima del ginocchio. Le stava bene, lo aveva scelto apposta. Da come la fissava Damon, però, le sembrava di essere coperta solo da biancheria intima e improvvisamente sentì un po’ d’imbarazzo.

Le sovvenne una frase che le aveva detto proprio il vampiro durante la loro gita a Greensboro. “Se vuoi far vedere le scintille, non devi sentirti a tuo agio”.

Non aveva mai riflettuto su quanto fosse vero.

“Sai sempre come essere romantico” commentò con sarcasmo.

“Faccio del mio meglio”.

Bonnie avrebbe voluto arrabbiarsi o almeno irritarsi, avrebbe voluto davvero ma le risultò impossibile.

“Ho incontrato Caroline poco fa” la informò lui “Ci è mancato poco che non mi cavasse gli occhi”.

“Beh, Damon, dato che hai deciso di ronzare qui attorno, ho dovuto dirglielo”.

“Scommetto che tra poco piomberà qui anche il mio fratellino pronto a prendermi a pugni”.

“Stefan non sa ancora niente” puntualizzò Bonnie.

Damon allargò gli occhi stupito “E come mai?”.

“Non so se c’è qualcosa di dire”.

Il vampiro annuì e incassò con classe. Quella della sua streghetta era stato un avvertimento nemmeno troppo velato; della serie ‘spreca questa possibilità e ti ammazzo’.

“Forse dovrei cercare la mia dama” ipotizzò.

“Sei qui con qualcuno?” esclamò Bonnie tradendo un certo fastidio.

“Non potevo presentarmi da solo” si giustificò “Mi ha invitato quella tua amica … Gabby qualcosa … ha insistito talmente tanto che ho ceduto”.

La giovane soffiò incredula. Damon era nel campus da una sola settimana e aveva già conquistato una delle ragazze più in vista.

“E’ decisamente il tuo tipo” osservò “Bionda, occhi azzurri …”.

“In realtà avrei preferito una rossa dai bellissimi occhi marroni ma al momento non sembra disponibile” le confidò.

“La rossa è stata fin troppo disponibile” replicò lei “E adesso deve tornare dal suo cavaliere”.

“La serata è lunga e tante cose possono cambiare” suppose Damon “Se non ricordo male anche al tuo ultimo ballo sei arrivata con un ragazzo e te ne sei andata con un altro”.

“Sto per prenderti a schiaffi”.

“Va bene, ho esagerato, errore mio” le concesse “Comunque conserva un ballo per me” le chiese.

“Neanche per sogno” si rifiutò Bonnie allontanandosi.

“E ricordati che il mio numero è il 10! Punta su di me” le urlò dietro sghignazzando.

Bonnie scosse il capo senza riuscire a trattenere una risata che le si strozzò in gola non appena incrociò gli occhi indignati di Caroline.

“Che stai facendo?” chiese la vampira con tono di rimprovero.

“Non qui” le rispose l’altra. Insieme si diressero in una delle stanze adiacenti alla sala principale per evitare che la loro conversazione arrivasse ad orecchie indiscrete.

“Care … non è come sembra” si giustificò Bonnie quando fu certa che nessuno le avrebbe sentite.

“Sei grande, maggiorenne e vaccinata. Non voglio interferire nella tua vita sentimentale però … non ti pare un po’ affrettato?”.

“Di che parli? Damon mi serve solo per la raccolta fondi; tirerà su un bel po’ di soldi ed è quello che conta. Non è cambiato niente”.

“Appunto. Vi ho visto insieme e sembrava che non fosse successo niente! Bonnie ti brillano ancora gli occhi” trillò indicando il suo viso “Damon è sparito per un anno. Forse ora le sue intenzioni sono buone, forse ha capito davvero di aver sbagliato, ma se così non fosse?”.

“Non significa niente” cercò di tranquillarla la rossa.

“Sei stata male, va bene? Tanto. Io c’ero, lo so. Hai provato a non pensarci, a dimenticartene e all’inizio hai finto anche bene, ma eri triste, era spenta. Poi un giorno ti sei fatta forza e l’hai superata alla grande. Adesso hai una nuova vita e sei riuscita a costruire tutto senza l’aiuto di Damon. Non ti sto dicendo di tagliarlo per sempre fuori dalla tua vita; ti sto dicendo di stare attenta perché non voglio che tutti i tuoi sforzi vadano in fumo”.

“Hai ragione, Care. Non posso far sparire i sentimenti che ho per lui e forse non lo voglio nemmeno; però non ho dimenticato quello che ha fatto e non lo sto prendendo alla leggera. Il suo ritorno mi ha colta alla sprovvista e devo ancora capire come gestirlo”.

La vampira parve soddisfatta della risposta ottenuta e decise non insistere ulteriormente. Da amica sentiva il dovere d’intromettersi fino a un certo punto. Poteva solo consigliare Bonnie nella sue scelte, ma non poteva certo obbligarla a pensare come lei.

“Credi che abbia fatto male ad accettare l’invito di Zander?” le domandò la strega “Lo sto illudendo?”.

“Sei stata molto chiara sul vostro rapporto e lui lo sa” la rassicurò “Sta cercando di esserti amico, anche se spera che tu possa cambiare idea. Però, anche tu potevi metterti un po’ meno carina stasera!” la ammonì bonariamente “Zander non ti mollerà più! Anche se credo che questo vestito non sia per lui” alluse.

“Caroline!”.

“Okay, la smetto” si arrese “Dai, torniamo di là. I tuoi cavalieri ti aspettano” scherzò. Era più forte di lei, non riusciva a trattenersi.

Rientrarono nella grande sala. Si divisero nella ricerca dei propri accompagnatori.

Bonnie girò parecchio senza riuscire ad individuare Zander. Credette perfino che, non vedendola più, se ne fosse andato.

Finalmente, in un angolo un po’ in disparte, distinse due figure: il ragazzo se ne stava a terra e su di lui torneggiava Damon in quella che sembrava una posizione di attacco.

La rossa ne rimase sbalordita. Comò la distanza che la separava da loro e spinse via Damon, chinandosi su Zander per aiutarlo ad alzarsi.

“Non sai quanto mi dispiace” si scusò sinceramente imbarazzata.

“Non ti devi preoccupare, stavamo solo …” iniziò a spiegare lui.

“Lo so; ci penso io adesso” cercava di controllare la rabbia nella voce “Puoi darci solo un minuto? Sarò subito da te” gli promise.

Zander annuì e li lasciò soli, confondendosi tra la folla.

“Che c’è, Streghetta? Sei venuta a riscuotere quel ballo?” la prese in giro Damon come se non avesse fatto niente di male.

Bonnie si voltò furente “Come ti sei permesso?!”.

Damon la guardò confuso.

“Io veramente non ti capisco! Sei sparito per un anno, mi hai abbandonata per un anno intero e adesso ti presenti qui e aggredisci i miei amici?”.

“Sissi, io…”.

“Non hai il diritto di scombussolare la mia vita ogni volta! Mi hai ferita, mi hai lasciata, te ne sei fregato e adesso torni qui e pensi che con qualche battuta e un bel sorriso tutto vada automaticamente a posto?” la sua voce stava toccando i livelli più alti di sdegno.

Il vampiro rimase in silenzio.

“Sono stata male, Damon, ma alla fine sono guarita; non grazie a te! Anzi, forse ti dovrei proprio ringraziare perché sono diventata più forte. Ho scoperto di potercela fare da sola, ho scoperto di non aver bisogno di te, di poter vivere senza di te” svelò con brutale onestà.

Damon ancora non fiatava. Sentiva una piccola parte del suo cuore disintegrarsi per sempre ad ogni parola.

“Tornatene da dove sei venuto. Non c’è più niente per te qui” gli suggerì Bonnie prima di allontanarsi.

Lui non si mosse. Si limitò a mettere le mani in tasca per nascondere il tremore. Rimase indietro ed escluso. Ancora.

 

“There were those empty threats and hollow lies
And whenever you tried to hurt me
I just hurt you even worse
And so much deeper
There were hours that just went on for days
When alone at last we'd count up all the chances
That were lost to us forever
But you were history with the slamming of the door
And I made myself so strong again somehow
And I never wasted any of my time on you since then”.

 

Il mio spazio:

Ecco a voi la prima parte dell’epilogo.

È passato un anno, un bel salto temporale e un po’ di cose sono cambiate.

Non ho molto da dire su questo capitolo: è incentrato in particolare sulle posizioni dei due protagonisti.

Bonnie è andata avanti e Damon è rimasto indietro. Secondo voi riusciranno a ritrovarsi a metà strada?

Ci sono ancora un paio di cosette da scoprire, compreso un altro giretto nella mente del vampiro, in cui lo vedremo ribadire ancora la sua volontà di rimettere le cose a posto. È molto deciso ma anche Bonnie sembra determinata a non cambiare idea. Vedremo tutto nel prossimo capitolo.

Alla fine la dichiarazione è arrivata! Nel momento sbagliato ( o forse proprio nel momento giusto) ma c’è una piena coscienza dei sentimenti e questa volta non si possono spegnere.

Bene ragazze, ci vediamo tra un paio di settimane o poco più per l’ultima volta con Ashes&wine. Sto già preparando il discorso ahahah!

Qualche spoiler? Il capitolo si aprirà ancora con la festa in corso. C’è un’asta degli scapoli cui partecipare; secondo voi Bonnie farà un’offerta su Damon?

Volevo fare una piccola richiesta: dato che siamo davvero alla fine, mi piacerebbe sentire magari anche l’opinione di qualche lettore silenzioso; giusto per sapere cosa è piaciuto e cosa no, in cosa posso migliorare =)

Ovviamente vi ringrazio anche per il solo fatto di continuare a leggere! È davvero importante!

E i ringrazio anche chi commenta normalmente! Mi date sempre dei bellissimi consigli e mi sollevate l’umore! Grazie di cuore!

Il banner è di Bumbuni.

La canzone è “It’s all coming back to me now” di Celine Dion.

 

*Maial College, è un film abbastanza demenziale sulla vita universitaria.

**Questa è la dichiarazione che Mr Darcy fa a Lizzie Bennett nel film “Orgoglio e pregiudizio”. L’ho sempre adorata e ho pensato che fosse carino usarla per Damon.

  
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