Questione di nomi
*****
"[...]Ma poi, che cos'è un nome?... Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d'avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?[...]" - William Shakespeare, Romeo e Giulietta
Durante i suoi primi anni di vita
coniugale, Harry Potter aveva imparato due cose di fondamentale importanza: mai
contraddire Ginny Weasley e mai far arrabbiare una donna incinta.
Sfortunatamente per la sua schiena, la sera prima era riuscito a fare entrambe
le cose contemporaneamente, guadagnandosi una nottataccia sul divano solamente
per aver risposto ad una domanda della sua cara moglie. E dire che ormai aveva
una discreta esperienza alle spalle: dopo la prima, disastrosa gravidanza
durante la quale si era praticamente trasferito in salotto, era riuscito a
dormire nel suo letto per cinque interi mesi, stabilendo un record.
E pensare che tutto è nato da una stupida discussione sui nomi, pensò con
un sospiro mentre si alzava e andava in cucina a preparare la colazione. Ormai
era diventata una specie di routine: litigavano per una qualsiasi sciocchezza,
lui dormiva una notte sul divano, e la mattina dopo si presentava da lei con la
colazione e un giaggiolo per farsi perdonare, pregando che i suoi ormoni si
fossero dati una calmata. Cosa che di solito non succedeva, ma che gli aveva
ormai valso la reputazione di santo presso tutti i suoi cognati. Chiunque fosse
riuscito a resistere a Ginny Weasley durante i nove mesi di gravidanza senza
impazzire o scappare a gambe levate, amava
ripetere George, era da prendere ad esempio di virtù da tutta la razza maschile.
Harry
sospirò di nuovo, aprendo il frigo e prendendo la bottiglia di succo d'arancia.
Questa volta non era sicuro del buon esito della missione di pace, perché sua
moglie sapeva essere davvero cocciuta a volte. In fondo, cosa era un nome?
Mentre riempiva un bicchiere col succo e preparava su un vassoio la tazza per il
té, improvvisamente seppe di cosa aveva bisogno. Un alleato.
L'alleato in questione si era appena svegliato e aveva molta fame, a giudicare
dal pianto che proveniva dal primo piano. Velocemente, Harry salì le scale ed
entrò nella cameretta del suo primogenito, che smise istantaneamente di piangere
non appena vide il padre.
- Shh. - gli fece Harry, prendendolo in braccio. - Non vogliamo far svegliare
quella virago della mamma, vero? - continuò, mentre con il piccolo James in
braccio scendeva di nuovo le scale verso la cucina. Il bambino si limitò a
fargli un sorriso sdentato mentre tentava di togliergli gli occhiali, emettendo
suoni senza senso.
- Allora, piccolo, - gli disse con fare cospiratore una volta in cucina,
dandogli il biberon della colazione. - Aiuterai il tuo papà a calmare quella
matta della mamma? -
James gli sorrise di nuovo prendendo il biberon dalle sue mani e cominciando a
succhiarlo allegramente. - Lo prenderò per un sì. - continuò Harry,
scompigliandogli i capelli e ritornando a preparare la colazione.
- Non dirmi che avete litigato. Dovrò dare a George un sacco di soldi. - lo
salutò la voce di Ron dalla porta, mentre Harry stava mettendo sul fuoco il
bollitore e contemporaneamente metteva due fette di pane nel tostapane.
- Buongiorno anche a te, Ron. Qual buon vento ti porta qui alle otto del
mattino? - lo accolse Harry, voltandosi verso il suo amico con un sorrisetto.
- Bisogno impellente di fare due chiacchiere. - gli rispose l'altro, entrando e
sedendosi vicino al seggiolone di James, che ora aveva finito il biberon e
guardava interessato i due adulti conversare.
- Adesso? -
- Adesso. -
- Va bene, - gli disse Harry sospirando per l'ennesima volta, - ma mi scuserai
se non ti do la mia piena attenzione mentre parli. Non vorrei finire di nuovo
sul divano perché il toast era bruciacchiato. - continuò, voltandosi di nuovo
verso il tostapane e prendendo al volo i due toast, posandoli in un piattino sul
vassoio.
- Che hai fatto stavolta? -
- Divergenze di opinioni sul nome da dare al secondogenito. Tu invece, che
volevi dirmi? -
Questa volta fu Ron a sospirare. - Non so cosa ci sia di sbagliato in me,
davvero. -
- A parte il neurone bruciato, vuoi dire? -
- Molto divertente, Potter, davvero. -
Harry poggiò un vasetto di marmellata alla pesca sul vassoio e si sedette di
fronte al rosso, con James in braccio. - Che cos'è questa storia? - gli chiese,
preoccupato. - Spero tu non sia riuscito nell'impresa di litigare con Hermione.
-
- No, niente del genere. - gli rispose Ron, poggiando i gomiti sul tavolo e
posandoci la testa sopra. - E' impossibile litigare con lei al momento. La
gravidanza l'ha fatta diventare più tranquilla di una mucca indù. -
- E allora? -
- Harry, come diavolo si fa ad essere un buon genitore? Faccio già fatica ad
essere responsabile per me stesso, figuriamoci ad esserlo per un altro essere
vivente. Se fossi mia figlia, non vorrei avermi come padre. - sbottò il rosso,
rialzando la testa e guardando l'altro. - Tu come accidenti fai? - continuò,
mentre fissava il moro giocherellare distrattamente con la manina del figlio.
Harry si grattò la nuca con la mano libera. - Onestamente, Ron, non ne ho idea.
Credo mi venga naturale. -
- Anche sconfiggere Signori Oscuri ti veniva naturale, ma questo non vuol dire
che sia la cosa più semplice del mondo! - ribatté l'altro con uno sbuffo. -
Proprio non so come farò. -
- Guarda che anche io sbaglio, testone. Ma fidati, non appena guarderai tua
figlia per la prima volta capirai cosa intendo. - rispose il moro, prendendo
giusto in tempo le manine del figlio che si erano avvicinate troppo ai suoi
occhiali. - E poi, con una madre come Mione, ti assicuro che tua figlia sarà
felicissima di avere un padre come te. - continuò con un sorrisetto, tentando di
tirare un po' su di morale l'amico.
Ron non sembrava così tanto sicuro della risposta di Harry, ma la sua
espressione si risollevò un po'. - Ti serve una mano? - gli chiese, mentre il
moro si rialzava e andava a togliere il bollitore dal fuoco.
- Potresti tenermi James per un attimo? - replicò il moro, passandogli il
bambino e prendendo una teiera dalla credenza.
- Certo. Ancora non posso crederci, diventare papà... -
- Già, è abbastanza incredibile per tutti. - rispose, versando l'acqua nella
teiera e posandola su un vassoio, insieme a una bustina di tè. - A proposito,
quanto manca al lieto evento? -
- Vuoi la previsione della guaritrice del San Mungo o quella di mamma? -
- Tutte e due, spara. -
- Secondo la guaritrice Xaley mancano ancora tre settimane, ma mamma dice che al
massimo mancano dieci giorni. -
- Considerando che per quanto riguarda le nascite dei nipoti finora tua madre le
ha azzeccate tutte, vi consiglierei di cominciare
a preparare l'occorrente, allora. Dove accidenti ho messo i biscotti? -
- E' dal terzo mese che Hermione ha preparato l'occorrente, amico. A proposito,
i biscotti sono sullo scaffale a destra. - gli rispose Ron, indicandogli il
posto con l'indice. - Ahia! Tuo figlio è un teppistello! - esclamò subito dopo,
mentre James si stava divertendo a tirare i capelli allo zio.
- Nah, è che gli piace il rosso. A Ginny lo fa continuamente. - rispose il moro
sorridendo, mentre faceva apparire un giaggiolo e lo poggiava in un vasetto al
centro del vassoio. - Vieni qui, teppistello. - continuò poi rivolto al figlio,
mentre lo prendeva dalle braccia di Ron.
- Beh, grazie per la chiacchierata. - lo salutò Ron, dandogli una pacca sulla
spalla e dando un pizzicotto alla guancia di James. - E' sempre edificante
parlare con te. -
- Prego, di niente. -
- Ci vediamo, allora. Io ritorno dalla versione monaco buddista di mia moglie.
Buona fortuna con mia sorella. - concluse il rosso, avviandosi alla porta.
- Ne avrò bisogno. - mormorò Harry, mentre osservava il rosso avviarsi verso
casa sua.
***
Ginny Potter si svegliò a causa di un
calcio ben assestato del suo secondogenito non ancora nato, che aveva deciso che
per la madre era ora di alzarsi. Istintivamente si voltò verso la parte del
letto occupata di solito dal marito, ricordandosi però della discussione della
sera prima quando la vide vuota. Sbadigliò sonoramente, ripensando all'assurdità
delle pretese di Harry per quanto riguardava il nome da dare al nascituro.
D'accordo che un nome era solo un nome, ma ciò non toglieva che quei particolari
due, messi uno appresso all'altro, suonassero decisamente strani.
Sorrise, quando con la coda dell'occhio notò suo marito che la osservava sulla
porta della camera, con il loro primogenito in braccio e il vassoio della
colazione che levitava davanti a lui. Non c'era niente da fare: nonostante
litigare con lui non le piacesse molto, passare la notte da sola era un prezzo
abbastanza ragionevole per la mattina dopo, quando facevano finalmente la pace.
Di solito lei aveva sempre la meglio, ma questa volta ebbe la sensazione che il
moro non gliel'avrebbe data vinta tanto facilmente. A volte era più cocciuto di
una capra, e questa, pensò la rossa con un altro sbadiglio, era una di quelle
volte nelle quali non avrebbe cambiato idea nemmeno sotto Imperio.
- Buongiorno. - le disse lui, ancora fermo sulla soglia. - Dormito bene? -
-'Giorno. - gli rispose, stiracchiandosi. - Quel vassoio è per me? Muoio di
fame. - continuò, mettendosi a sedere e invitandolo a fare lo stesso.
Harry si avvicinò al letto e le mise il vassoio davanti, mentre James, non
appena il padre lo poggiò sul letto, gattonò allegro verso la madre.
- Buongiorno anche a te, tesoro. - gli disse Ginny, prendendolo tra le braccia e
facendogli il solletico. - Come ha dormito l'amore della mamma? - continuò,
mentre il bambino rideva.
Andiamo bene, pensò Harry con un sospiro, mentre si sedeva accanto alla moglie.
Piccolo traditore.
- Oh, sono lieto che la colazione ti piaccia, - fece lui, mentre la rossa prendeva un toast
e cominciava ad imburrarlo in silenzio. - A proposito, io ho dormito uno schifo, grazie per avermelo chiesto. -
Ginny fece finta di ignorarlo, versandosi del té e inzuppandoci un biscotto. -
Strano. Mi sembrava il contrario, a giudicare dal russare che sentivo stanotte
provenire dal salotto. -
- Al momento la mia schiena grida vendetta, comunque. -
- Oh, quanto mi dispiace. - gli rispose la rossa sarcastica, voltandosi a
guardarlo. - Quante storie per un po' di mal di schiena. Ehi, giù le zampe! -
continuò, quando Harry aveva avvicinato la mano al vassoio per prendere un
biscotto.
- Quante storie per un biscotto! - esclamò l'altro, fingendosi offeso. - E
comunque, lo sai che odio dormire sul divano. Non posso sentire il tuo splendido
profumo. -
- I complimenti non ti porteranno da nessuna parte, Potter. - lo ammonì lei,
facendogli una linguaccia. - Penso ancora che la tua idea sia assolutamente
balorda. - finì, mentre James emetteva i suoi soliti suoni senza senso verso il
suo pancione, fissandolo interessato.
Harry sbuffò sonoramente. Sarebbe stata una bella lotta. - Oh, insomma... -
disse rivolto alla moglie, avvicinandosi a lei. - Cosa ci sarebbe di così
strano? -
- Non c'è niente di strano nei due nomi, Harry. - gli spiegò lei, paziente. -
C'è qualcosa di strano nei due nomi insieme, uno dietro l'altro. Non suonano
bene, ecco tutto. Capisco le tue motivazioni, ma non capisco perché dobbiamo
dare entrambi i nomi ad un solo bambino. Non potremmo aspettare il prossimo per
usare l'altro? - finì, facendogli l'occhiolino.
- Per come la vedo io, quei due nomi devono per forza andare insieme, Gin.
Non sarebbe la stessa cosa. - replicò il moro, riuscendo a rubare un biscotto
alla moglie e ficcandoselo in bocca. - Sono legati l'uno all'altro, ecco. -
Ginny si morse un labbro, mentre accarezzava distrattamente i capelli rossicci
del loro primogenito. - Ok, capisco cosa vuoi dire, ma... Perdonami, Harry, ma
proprio non ce la faccio a pensare di chiamare mio figlio così. Ma poi,
accantonando per un attimo il discorso dell'assonanza, ti rendi conto di cosa
metteresti sulle spalle di questo povero piccolo, affibbiandogli quei due
nomi?!- esclamò, indicandosi la pancia.
Harry si grattò i capelli, osservandola. - Beh, vediamola più come una cosa
beneaugurante che come un fardello da sopportare, no? Potrebbe sempre finire a
fare il preside di Hogwarts. - le disse facendole un sorriso, che sparì subito
quando vide l'espressione seria di lei.
- Non c'è nemmeno la più piccola possibilità che la tua adorabile testolina
possa cambiare idea? -
- Non credo, a meno che non sia direttamente la creatura a decidere che quello è
il suo nome. -
Il moro sospirò. Non rimaneva niente da fare che dichiarare la sconfitta, la
testa dura di sua moglie non aveva confini. Proprio mentre stava per dirglielo,
però, James lo interruppe, voltandosi verso la madre e chiamandola.
- Mama! Mama! - le disse, poggiando una manina sul pancione di Ginny, - Abuevè!
-
- Cosa? - fece Ginny, confusa. - Che vuoi dirmi? - chiese al bimbo, mentre Harry
guardava la scena divertito.
- Abuevè! - ripeté James, offeso che sua madre non capisse cosa intendeva. -
Abuevè - disse una terza volta, indicando ancora il pancione.
Ci vollero pochi secondi a Harry per capire tutto. E bravo il mio teppistello,
pensò sogghignando. A quanto pareva, Ginny aveva appena avuto la prova che stava
cercando.
Intanto la rossa fissava il bambino, riflettendo . - Abuevè? Harry, cosa...? -
gli domandò, bloccandosi però a metà frase. - Potter, cosa hai fatto? Perché tuo
figlio ha appena chiamato suo fratello con i due nomi che tu hai scelto?! -
- Ehi, io non ho fatto niente di niente. - si difese lui, alzando le braccia in
segno di resa. - Non so come gli sia potuto venire in mente, dal momento che
quando ne abbiamo parlato lui dormiva beato in camera sua. E casomai te lo
stessi chiedendo, non li ho nominati da ieri sera. -
Ginny continuò a fissare confusa ora il bambino ora il marito, riflettendo. -
Oh, e va bene! - sbottò alla fine, alzando James sulle sue piccole gambine e
dandogli un bacio sulla guancia paffuta. - E sia! Mi avete convinta. -
- Bene. - le rispose Harry, baciandola. - Ciao, Albus Severus. - disse rivolto
al bimbo nel ventre di Ginny, mentre vi poggiava una mano sopra e sentiva un
piccolo calcio del nascituro in risposta. - Vedi, gli piace. -
- Si, certo. - gli rispose lei con un piccolo sbuffo, sorridendo. Accanto al
padre, James faceva buffi suoni e salutava con la manina il fratello, come se
l'altro lo potesse vedere.
In fondo, Harry aveva ragione. Erano solo nomi, e pazienza se era andata così.
Suo figlio sarebbe stato un bambino stupendo sia si fosse chiamato Albus
Severus, sia si fosse chiamato Geronimo, pensò con un sorriso mentre il moro le
dava un altro bacio e ricominciava a giocare con James. L'importante era che
fosse felice.
E poi, c'erano sempre i soprannomi.