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Autore: _Lis    03/02/2013    3 recensioni
Serafine.
Il mio nome.
Il nome che mia madre scelse poco prima di morire, dandomi alla luce.
"Mia madre è morta per causa mia"
Questo è il pensiero che tormentò la mia infanzia fin da quando iniziai a connettere i neuroni del mio cervello.
Crescendo, capii che in realtà non aveva senso tormentarmi, in fin dei conti non era colpa mia.
Nonostante lo avessi capito, crescere senza una mamma non è facile.
Alcune volte pensavo non mi sarebbe stato possibile superare l'adolescenza.
Qualche volta questa impressione ha davvero rischiato di diventare realtà.
Non ho mai provato sul serio a suicidarmi, ma credetemi, alcune volte credo di esserci andata davvero vicina.
Le cose andarono migliorando quando al terzo anno delle scuole superiori conobbi Marco, un ragazzo arrivato dall'Italia.
È stato il mio primo amore, è stato anche la mia salvezza per un pò di anni.
Ora che ci penso, forse, è stato la mia vita.
Il problema di avere una persona che per te rappresenta tutto il tuo mondo è, che se questa persona se ne va, tu perdi tutto.
È così che mi sono sentita io quella sera.
Come se, di nuovo, non avessi più niente che valesse qualcosa.
Niente per cui valeva vivere.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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15 Ottobre 2012
L'estate se ne stava andando e le giornate calde e soleggiate si facevano sempre più rare.
Ormai Ser aveva un pancione da ottavo mese e sia lei che Ed non vedevano l'ora che il piccolo nascesse.
Erano sul divano a guardare un vecchio e noioso film in bianco e nero.
Ser si era addormentata e Ed teneva la piccola Candy sulle sue ginocchia. Ormai aveva perso il filo della storia.
Mentre alla tv il protagonista saliva in fretta su un taxi, il cellulare di Ser iniziò a squillare.
Le prime note di Start me up dei Rolling stones arrivarono dal tavolo in salotto.
Lei non se ne accorse e continuò a dormire, così Ed si alzò e lesse "papà" sul display del telefono.
Fece una smorfia contrariata con la bocca e rispose.
"Ser?" domandò Phil, confuso dal sentire la voce di un uomo invece che quella della figlia.
"No... Sono Ed..." 
"Ah, Ed, ciao" disse lui.
Sapeva che stava ancora con Ser e che la aveva anche messa incinta.
Ovviamente non era d'accordo su nessuna delle due cose.
"Ser sta dormendo, se vuole le dico di richiamarla" disse Ed in tono gentile.
"No, non c'è bisogno. Dille che domenica festeggiamo il compleanno della nonna al solito posto" lo informò.
"Ci farebbe piacere avervi tra noi" aggiunse.
"Va bene, grazie per l'invito" rispose Ed.
"Allora a presto"

21 Ottobre 2012
Da quel giorno a casa del padre di Ser, Ed non aveva più rivisto la famiglia della sua ragazza e questa volta voleva che le cose andassero meglio dell'ultima volta, ci sperava tanto.
"Ciao papà, ciao Carmen" disse Ser abbracciandoli davanti alla porta del ristorante, dove andavano ogni anno.
Aveva addosso quel sorriso che Ed odiava, quel sorriso finto che aveva il giorno che si erano conosciuti, quel sorriso da "fingiamo che vada tutto bene".
Finiti i convenevoli entrarono e un signore sulla cinquantina indicò loro il tavolo per cinque che avevano prenotato.
"Ci pensate che da un giorno all'altro diventerò bisnonna? E a soli ottantaquattro anni, ci credete?" chiese la nonna sorrido a Serafine.
Ser rispose al sorriso della nonna.
"Oh, mi sembra ieri che perdevi il primo dentino e ora, guardati, stai per diventare una mamma" disse Carmen, forse sinceramente commossa.
"Sarà un bimbo davvero fortunato" aggiunse.
"Beh, io..." iniziò lei.
"Si lo penso anche io" disse Ed accarezzandole la mano.
"Sapete già il giorno della nascita?" chiese Phil sfogliando il menù.
Chissà perchè non voleva mostrare apertamente il suo interesse per la figlia ma preferiva farsi vedere distaccato.
"Non si ha nessuna certezza, in teoria dovrebbe nascere agli inizi di novembre ma queste cose sono imprevedibili" ripose Ser.

Lui annuì silenziosamente.
Fortunatamente il pranzò filò liscio, senza discussioni o frecciatine.
Arrivò un cameriere portando una torta ricoperta di cioccolato fondete con sopra un ottantaquattro in cera rosa acceso da una fiammella. La nonna aveva esplicitamente chiesto di non cantare la canzone di buon compleanno, così quando lui posò il piatto di fronte a lei spense subito la candelina con un soffio leggero.
“Buon compleanno nonna!” disse Ser abbracciandola.
“Grazie tesoro mio” rispose facendole una carezza sulla testa.
Poi il cameriere taglio cinque fette e le mise nei piattini, poi le consegnò.
Una volta accertatosi che ognuno avesse la sua porzione di dolce si allontanò dicendo “Buon appetito” con un sorriso.“Mmm, è davvero buona!” disse convinto Ed dopo il primo boccone.
“Già” gli sorrise Phil in modo amichevole.
Forse anche lui ci teneva a riallacciare i rapporti con la figlia e di conseguenza anche con suo genero.
“Oddio! Ma cosa…?” esclamò Ser lasciando cade per terra la forchetta.
“Che c’è? Stai bene?” chiese Ed.
“Io… Io non so… Credo che…” balbetto lei nel panico.
Lui le si avvicinò e posando una mano sulla sua coscia si accorse che i pantaloni si erano bagnati.
“Ti si sono rotte le acque!” disse ad alta voce “Aiutami a portarla in macchina, presto” continuò rivolto a Phil.
Insieme le fecero attraversare il locale e, mentre gli altri clienti si voltavano a vedere cosa stesse succedendo, Ed cercava di tranquillizzare Ser.
Arrivarono alla macchina e la fecero sedere sul sedile posteriore.
“Vai, ti raggiungiamo il prima possibile” disse Phil mentre Ed prendeva posto sul sedile del conducente.
Bruciò tutti i semafori rossi e ignorò ogni cartello stradale che incontrò sulla strada per l’ospedale.
Doveva sbrigarsi.
Quando arrivarono al Guy’s Hospital le infermiere misero Ser su una sedia a rotelle per facilitare gli spostamenti e la portarono in una stanza del reparto maternità.
Le contrazioni si fecero più rade e Ser si era calmata.
“Come stai?” le chiese Ed, seduta sulla sedia accanto al letto.
“Come una che sta per partorire” gli rispose.
“Lo so, era una domanda stupita ma non so cosa devo fare…”
In quel momento entrò il suo ginecologo, il dottor Prince, appena arrivato in ospedale dopo aver ricevuto l’avviso che una delle sue pazienti era in travaglio.
“Non mi aspettavo di vedervi così presto… Credo che dovremo indurle il parto signorina Edison” la informò.
Nessuno dei due capì in pieno le parole del dottore ma annuirono sulla fiducia.
“Bene allora ci conviene spostarci in sala parto. Verremo a prenderla tra qualche minuto disse uscendo “Lei invece può aspettare in sala d’attesa, è meglio” aggiunse rivolgendosi a Ed.
Ser lo abbracciò stretto. Non voleva lasciarlo andare, aveva troppa paura per poter gestire tutto da sola.

“Sta tranquilla ok? Lo so che credi di non potercela fare ma non è così. Sei in gamba, Ser e sei più forte di quello che credi”
La baciò senza darle tempo di controbattere.
“Signorina Edison, mi dispiace interrompervi ma è l’ora di andare” disse timidamente un’infermiera sulla porta.
Ser si voltò e annuì nervosamente.
Ed le prese il mento con una mano e le voltò il viso verso di lui.
“Sei in buone mani, andrà tutto bene” le sfiorò le labbra  la guardò andare via sulla sedia a rotelle spinta dall’infermiera.
Si diresse verso la sala d’attesa, come le aveva detto il medico e prese un caffè dalla macchinetta.
Guardando il liquido marrone nel bicchierino di plastica pensò che avrebbe dovuto avvertire Clara, così prese il telefono e compose il numero.
L’arrivo di Clara fu preceduto da quello di Phil, Carmen e nonna Edison.
Si assicurarono che Ser stesse bene e poi restarono anche loro seduti su quelle scomode sedie di plastica.
“Ciao…” disse in tono imbarazzato la migliore amica di Ser.
Tutti si voltarono verso di lei e la salutarono.
“Si sa qualcosa?” chiese sedendosi accanto a Ed.
Lui scosse la testa in silenzio.
Non si sa quanto tempo passò ma a tutti parve un’eternità.
La stessa infermiera che aveva portato Ser in sala parto arrivò e informò tutti che l rgazza stava bene.
“Devono riposare ma stanno bene” disse “Il papà può entrare” aggiunse sorridendo a Ed.

CINQUE ANNI DOPO
Era una calda e soleggiata giornata di Luglio.
Una bambina Con i capelli scuri e le lentiggini correva nel cortile della casa dei nonni inseguendo la sua cagnolina, Candy.
Sorrideva, facendo brillare al sole gli occhi celesti uguali a quelli del suo papà che amava tanto.
Lei giocava, mentre i grandi erano in casa.
“Lyla, vieni che ci sono i biscotti!” la chiamò Serafine.
“Arrivo mamma!” disse la bimba prendendo in braccio Candy.
 

Si chiamava Lyla.
Lyla come la sua nonna.
Come la sua nonna morta tanti anni fa.
Come la sua nonna che, né lei né la sua mamma, avevano mai conosciuto.

 

Questa è la fine della mia storia.
Spero col cuore che vi sia piaciuta e aspetto le vostre recensioni!
So che avete aspettato un po’ questo capitolo, quindi spero che il finale vi piaccia.
Ci vediamo alla prossima! <3
Xx

 

   
 
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