Day 7: Children!Anderbros
Mai più.
Cooper
Anderson sentiva che quella giornata sarebbe stata indimenticabile. Uno dei
suoi migliori compleanni, anzi forse proprio il migliore. Cosa poteva esserci
di meglio, in fondo, di due giorni in campeggio
con i suoi amici, libero da qualsiasi controllo da parte degli adulti?
Avrebbero passato tutta la notte a farsi scherzi assurdi e a raccontare storie
dell’orrore facendo a gara a chi si spaventava prima. Sarebbe stato perfetto.
«Pensi
che ci saranno i leoni al campeggio?».
La
vocina eccitata di suo fratello interruppe Cooper dal fantasticare circa il suo
regalo di compleanno. Compiva 16 anni quella mattina e i suoi genitori gli
avevano concesso qualcosa di assolutamente diverso dalle solite feste in casa
con musica e giochi. Ad una condizione: che Blaine fosse venuto con loro.
Improvvisamente
tutto quello non sembrava poi essere così
perfetto.
Si
voltò verso i genitori con sguardo implorante, mentre salivano tutti in
macchina.
«Ripetetemi
ancora una volta perché lui deve
venire con me e i miei amici», disse imbronciato per l’ennesima volta, portando
le braccia al petto e mettendo su una smorfia imbronciata.
«Perché
io e tuo padre saremo fuori per tutto il fine settimana e di certo Blaine non può
restare da solo a casa», fece la mamma seccata dalla petulanza con cui quella
conversazione si stava protraendo dalla sera precedente.
«Ma
è il mio compleanno. Perché Blaine
deve rovinarmelo?», continuò il più grande.
Il
piccolo, dal canto suo, avrebbe davvero voluto essere altrove che con gli amici
di Cooper, ma la mamma gli aveva spiegato che doveva andare e che si sarebbe
divertito tantissimo e lui le credeva. Si voltò verso Cooper, pronto per dirgli
che non avrebbe dato alcun fastidio, ma il fratello gli lanciò una brutta
occhiata prima ancora che potesse provare ad aprire bocca.
«Vedi
di non rovinarmi questa giornata o saranno guai!», gli sussurrò e Blaine ingoiò
abbassando la testa con fare mesto.
Certo
che non gli avrebbe rovinato il compleanno. Lui voleva solo divertirsi con suo
fratello… anche se Cooper non sembrava proprio dello stesso avviso. Il piccolo
si spinse contro il finestrino, cercando di non pensarci e in breve riuscì a
distrarsi, attirato dal paesaggio
diverso dal solito che scorreva lungo la strada. Sembrava essere in un
altro continente, quando invece era solo in periferia.
Dopo
una mezz’ora di macchina, arrivarono allo spiazzale in cui Cooper aveva dato appuntamento
ai suoi amici. Sarebbero stati 6 in tutto – 7 con quella spina nel fianco del
suo fratellino. Josh e Mark furono i primi ad
arrivare, ma entro un quarto d’ora anche Jeremy, George e Tony scesero dalle
macchine, accompagnati per l’occasione dai genitori che prima di andare
scambiarono qualche parola con gli Anderson. Quando tutto fu sistemato, i
ragazzi rimasero da soli, non senza aver ricevuto le solite raccomandazioni
dagli adulti sullo stare attenti, non allontanarsi da soli e tenere d’occhio
Blaine – cosa che valeva soprattutto per Cooper.
Il
ragazzo fece una smorfia al pensiero di doversi occupare di suo fratello e
mentre quello era intento a distrarsi con chissà cosa, fece cenno ai suoi amici
di avvicinarsi e parlottò piano.
«Stasera,
appena il marmocchio crolla, faremo una maratona di racconti horror ed
eleggeremo il re della nottata. Qualunque cosa dica il re è legge e domani ci
sarà da divertirsi perché il re può far fare ciò che vuole», decretò con un
sorrisetto tra l’approvazione degli altri ragazzi.
«Che
cosa state facendo?».
La
vocina di Blaine interruppe il loro confabulare
e tutti si voltarono con falsi sorrisi verso di lui.
«Decidevano
dove accamparci, Schizzo», rispose subito Cooper.
«Smettila
di chiamarmi così, sai che non mi piace», si lamentò.
«Sì
sì, Schizzo, come dici tu. Ora andiamo a montare le tende», minimizzò il più
grande, spingendolo tra gli alberi, fino a trovare un punto in cui fossero
abbastanza radi da permettere loro di montare le tende ed avere uno spazio al
centro per l’immancabile fuocherello da campeggio – praticamente inutile, dato
che erano ad Agosto, ma immancabile per dare a tutta la situazione
quell’atmosfera di avventurieri impavidi che ci voleva.
Quando
ebbero deciso il posto, cominciarono velocemente a montare le pratiche tende.
Blaine, tutto fiero ed eccitato, cacciò dal sacco la sua e la gettò a terra
aspettando che si montasse da sola – in fondo era quello che faceva nella
pubblicità. Tuttavia, la tenda rimase un semplice ammasso di roba per terra. Il piccolo inclinò la
testa, senza capire dov’è che avesse sbagliato.
«Cooper,
la mia tenda non si monta!», si lamentò, voltandosi verso suo fratello,
indaffarato a fissare bene la sua.
«Non
ora, sono occupato!», lo liquidò in breve, dandogli le spalle.
Blaine
sbuffò, avvicinandosi a George, poco distante. Odiava parlare con gli amici di
Cooper, perché sembravano non prenderlo mai sul serio, peggio di suo fratello,
ma quello era importante, per cui si fece coraggio. E poi, il ragazzo sembrava
aver finito con la sua: non avrebbe avuto nulla in contrario a dargli una mano.
«George…?
La mia tenda… io non so come montarla…», confessò a testa bassa, per quanto
detta così suonasse davvero male.
Il
ragazzo biondo si voltò verso di lui, guardando la tenda alle sue spalle per
meno di un istante.
«Appena
ho finito ti spiego come fare», disse, voltandogli anche lui le spalle e
tornando a sistemare la sua.
«Ma
hai finito», constatò con semplicità.
«Io…
no, ho ancora da fare all’interno!», e si sbrigò velocemente ad entrare nella
tenda, così che Blaine non lo potesse più seccare.
Il
piccolo abbassò la testa e tornò alla propria tenda – per quanto definirla tale
era davvero un affronto alle altre tende.
«Stupido
ammasso di… roba! Perché non ti monti da sola, eh!?», se la prese, calciando
l’ammasso floscio che aveva davanti ai piedi.
«Schizzo,
sei un disastro! Come diavolo fai a non saper montare una tenda semplice come
questa?», lo prese in giro Cooper, avvicinandosi e in breve la mise in piedi
con non più di dieci mosse.
Blaine
stette a guardarlo con un misto di rabbia e delusione, stringendo i pugni ma
senza dire nulla. Aveva ragione dopotutto: era stato semplice per Cooper,
sarebbe dovuto essere altrettanto semplice anche per lui. Sospirò: era davvero
un disastro.
***
Il
cielo, quella sera, era qualcosa di spettacolare. Le stelle comparivano a
centinaia nella volta scura, piccole perle incastonate con grazia nel mantello
nero della notte. Blaine avrebbe tanto voluto allungare la mano fino a
prenderne qualcuna – solo qualcuna – per poterla portare con sé. Gli avrebbe
fatto compagnia in quella serata davvero noiosa, in cui Cooper lo aveva mandato
nella tenda a dormire quando non erano ancora le nove.
«Se non vuoi rovinarmi il compleanno, vedi
di startene qua buono e non fare nulla», gli aveva detto e lui gli aveva obbedito, perché aveva
promesso che non avrebbe fatto nulla per farlo dispiacere il giorno del suo
compleanno.
In
realtà Cooper aveva cominciato con la solfa del “se non vuoi rovinarmi il
compleanno” già dalla mattina e lui era davvero stufo di non poter praticamente
fare nulla. Era stato a giocare da solo nella sua tenda praticamente tutta la
giornata, tranne quando avevano mangiato tutti quanti insieme davanti al fuoco.
Uno
scoppio di risate attirò la sua attenzione: quanto avrebbe voluto essere lì con
loro, a ridere e scherzare, ascoltando le storie che suo fratello e i suoi amici
si stavano raccontando. Perché checché ne dicesse Cooper, lui non era più un
bambino piccolo, poteva giocare con loro senza dare fastidio se solo lo
avessero lasciato provare.
Sbuffò,
mettendosi a sedere e stringendosi le braccia intorno al petto. Non avrebbe
fatto vedere a Cooper che voleva piangere, anche se sarebbe stata davvero la
sola cosa da fare in quel momento. Lui neanche ci voleva andare a quel
campeggio! Avrebbe di gran lunga
preferito restare nel suo lettino, con Teddy a fargli
compagnia. La mamma lo aveva convinto ad unirsi a loro, dicendogli che in
realtà a Cooper avrebbe fatto piacere, quando invece era chiaro che per lui
fosse solo una palla al piede.
Se
era così, quindi, lui se ne sarebbe andato. Blaine ponderò l’idea per qualche
istante. In fondo non ci avevano poi messo così tanto tempo ad arrivare lì:
sarebbe riuscito a tornare a casa in un quarto d’ora massimo! Avrebbe fatto un
favore a Cooper e a se stesso, togliendo il disturbo.
Il
piccolo non ci pensò su neanche un altro istante e si affacciò silenziosamente
dalla tenda, per controllare che nessuno lo vedesse. Erano tutti così attenti a
quello che suo fratello stava dicendo in quel momento che neanche si sarebbero
accorti della sua assenza. Probabilmente ne sarebbero stati felici. Uscì
cercando di non fare rumore e con pochi passetti fu lontano dal fuoco e dai
ragazzi. Accese la torcia che si era
portato dietro e cercò di ricordare la strada che aveva fatto.
***
«Sai,
Cooper, credevo che tuo fratello si sarebbe lagnato di più per il modo in cui
lo abbiamo liquidato», sussurrò Mark, voltandosi verso la piccola tenda alle
sue spalle.
«Anche
io, ad essere sincero. Non fa altro che piagnucolare per qualsiasi cosa»,
convenne il festeggiato «E comunque, per te, sono re Cooper», ricordò all’amico come a tutti gli altri, sottolineando
che aveva vinto la sfida.
Gli
altri gli fecero un inchino, stando al gioco e si ritirarono nelle proprie
tende. Il maggiore degli Anderson stava per fare lo stesso, quando qualcosa gli
suggerì di dare una sbirciata al fratellino, giusto per vedere se avesse
bisogno di qualcosa. Sentì mancargli il fiato quando, entrando, si accorse che
Blaine non c’era.
«Schizzo?!»,
chiamò «Non essere stupido, dove ti sei nascosto?!».
Guardò
fuori dalla tenda, intorno alle altre, ma del piccolo non c’era traccia.
«Schizzo,
giuro che se questo è uno scherzo, non è divertente! Esci subito fuori o saprò
io che cosa fare!», lo minacciò, più spaventato che arrabbiato, ma senza
ricevere risposta.
Gli
altri ragazzi, che avevano sentito la sua voce, si affacciarono dalle tende,
chiedendo quale fosse il problema.
«Mio
fratello è sparito!», strepitò Cooper ormai nel panico più totale.
«
Vedrai che si è solo allontanato per fare pipì», suggerì Josh,
ma il ragazzo scosse la testa.
«Me
lo avrebbe detto. Sa che non deve allontanarsi da solo, me lo avrebbe
detto!», gridò guardandosi intorno senza
trovare soluzione.
«Ok,
niente panico ragazzi. Cooper, niente panico», prese in mano la situazione
Jeremy «Prendiamo le torce e andiamo a cercarlo. Siamo in sei, faremo tre gruppi da due e
perlustreremo la zone. Magari qualcosa avrà attirato la sua attenzione e si
sarà mosso senza pensarci: non sarà molto lontano!».
Gli
altri ragazzi annuirono, decidendo di muoversi subito e di portare con loro i
cellulari, così da poter rimanere sempre in contatto.
È colpa tua, è colpa tua, è colpa tua, continuava a ripetersi
Cooper mente camminava. Accanto a lui,
Mark non emetteva un fiato, ma cercava di illuminare lo spazio davanti a sé con
quanta più efficacia possibile per quanto la torcia fosse davvero debole in
tutto quel buio. Aveva provato a confortare l’amico per i primi minuti da
quando avevano cominciato la missione di soccorso, ma era stato tutto inutile e
ci aveva rinunciato dopo pochissimi tentativi.
«Se
non lo trovo… che cosa succederà se non lo trovo? », sussurrò ad un certo punto
Anderson, fermandosi «Il mio fratellino… il mio fratellino… Blaine?! Blaine
dove sei finito?!».
«Cooper».
Fu
un sussurro lontano, così sottile che inizialmente il ragazzo pensò di averlo
solo immaginato. Al secondo richiamo, però, il cuore batté più forte. Era
Blaine, era davvero il suo Blaine?
«Schizzo?!
Schizzo dove sei?!», gridò con quanto fiato aveva in gola, cominciando a
correre nella direzione da cui aveva sentito la voce di suo fratello, senza
curarsi del paio di volte in cui cadde e si graffiò le mani e il viso.
«Cooper!».
Il
piccoletto sbucò da dietro un albero quasi spaventando il più grande, che dopo
qualche attimo di esitazione, lo prese letteralmente in braccio, stringendolo a
sé.
«Quante
volte ti ho detto di non allontanarti senza il mio permesso?», gridò con voce
strozzata dalle lacrime, senza aver intenzione di lasciarlo andare via mai più.
Blaine
scoppiò a piangere contro il suo petto.
«Ehi,
Schizzetto, non piangere, sono qui ora!», cercò di rassicurarlo lui «Perché sei
andato via?», gli chiese quando entrambi si furono calmati un pochetto.
«Tu..
io… pensavo che… Tu non mi volevi lì con voi. Era così chiaro… e allora ho
pensato… magari che… sarei potuto andare a casa…».
«Blainey! Siamo miglia e miglia distanti da casa! Pur
volendo ricordare la strada non saresti stato capace di tornare da solo!».
«Perché…
perché sono un disastro?», sussurrò Blaine,
a testa bassa, ancora tra le braccia del fratello.
«Ma
no! Neanche io ci riuscirei!», lo rassicurò quello, dandogli un buffetto sulla
guancia e stringendolo di nuovo a sé.
«Scusa
per averti rovinato il compleanno…»
«Vuoi
scherzare? È stata l’avventura migliore del mondo! Non è vero, Mark?», chiese
man forte Cooper e il ragazzo, con un sorriso stavolta sincero in viso, annuì.
«Quindi
posso stare con voi?», volle provare di nuovo a chiedere il piccolo.
«Meglio!
Non devi lasciarmi mai più, Blaine. Promettimi che non mi farai spaventare mai
più così!».
Per
qualche istante i due si guardarono seriamente, occhi negli occhi, prima che
Blaine annuisse.
«Mai
più», promise, buttandogli le braccia al collo e restando in braccio a Cooper
per tutto il tempo che impiegarono a tornare indietro.
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E anche questa week è conclusa! Sia io che la Bel ci siamo davvero divertite tantissimo nel parlare di quei due bellissimi impiastri dei fratelli Anderson! E chissà, potremmo averci preso la mano e decidere poi di pubblicare altre storie con loro come protagonisti!
Per questa shot voglio precisare che ho preso spunto da un episodio di un altro telefilm (Numb3rs) dove i due fratelli adulti narravano di una disavventura simile avvenuta quando erano piccoli xD
Per il resto… spero che davvero vi sia piaciuta, sia la shot in particolare sia l’intera week!!
A prestissimo
Alch ♥