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Autore: Gaia Bessie    03/02/2013    5 recensioni
E lei pensava alle lacrime che avrebbe versato e lasciava sempre cadere la penna sui tappeti del Manor, macchiandoli d’inchiostro.
[Vincitrice dell'Oscar per la miglior Daphne al contest "Anche le serpi meritano un Oscar" indetto da MedusaNoir sul forum di Efp]
[Quarta classificata al contest "Make me cry my eyes out" indetto da MmeBovary sul forum di Efp]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Nuovo personaggio | Coppie: Astoria/Fred
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Once on a yellow piece of paper with green lines
he wrote a poem
And he called it 'Chops'
because that was the name of his dog
And that's what it was all about

 
Daphne amava scrivere poesie: passava ore china su un foglio di pergamena, versando lacrime e fiumi d’inchiostro. Piangeva sempre quando scriveva, senza avere un reale motivo per versare acqua e sale e mischiarlo all’inchiostro delle parole che, come lacrime, scaturivano dalle recondite profondità del suo stesso essere. Le asciugava sempre prima che qualcuno potesse vederle e fraintenderle, come fanno sempre le persone estranee alla scrittura. Nascondeva il foglio, le parole sbiadite scritte con grafia tondeggiante di bambina, nelle tasche del vestito che portava a casa e spariva dalla circolazione: non aveva bisogno di spiegare cosa provava e nemmeno volendo ci sarebbe riuscita.
Così Daphne usciva e muoveva passi incerti nelle pozze di luce nel giardino. E sbatteva gli occhi per disperdere le lacrime e un principio di pioggia, raggiungeva la sorellina più piccola e ascoltava le sue chiacchiere infantili, disorientata. Non si fermava mai a giocare, Daphne, oppure a osservare le farfalle che volavano sulle rose in boccio. E si poneva delle domande a cui non sapeva rispondere, le scriveva su frammenti di pergamena che poi nascondeva sotto il letto, insieme a tutti i suoi mostri.
 

Un giorno si sedette in giardino, l’erba che pungeva la pelle pallida, lattea, di una Daphne più grande. Aveva undici anni e l’erba di Hogwarts era simile a quella che cresceva nel giardino di sua madre, e le sue poesie erano sempre intrise di lacrime. Passava ogni minuto libero all’aperto, le gambe esposte al freddo e un foglio di pergamena in mano. Nessuno leggeva mai ciò che Daphne scriveva, perché bisognava temere la piccola Greengrass, con il suo caratteraccio e il sorriso freddo come l’inverno che viene a ottobre.
Pochi l’avvicinavano, perché quando Daphne parlava, discorreva sempre dei mostri che sognava la notte. E tutti le credevano perché erano racconti così dettagliati da non poter non essere reali. Lei sorrideva sempre quando gli altri correvano via da lei, portando con sé un frammento di quei fantasmi annegati nelle lacrime e nell’inchiostro.
 

Nel Manor dei Greengrass viveva anche un cane, il fedele compagno delle bambine. Un lontano discendente di Cerbero, diceva Herbert Greengrass, accarezzando il pelo rado del vecchio Chops. E sia Asteria che Daphne lo amavano da sempre.
 

La mattina di Natale Daphne ricevette una lettera e un pupazzo a forma di cane. Silena Greengrass le annunciava che il vero cane, il povero Chops, non aveva superato l’inverno. Daphne non pianse, nemmeno una volta, mentre impettita usciva dalla Sala Comune e si perdeva nel biancore asettico della neve. Scivolò sotto un albero, bagnando la gonna, e tirò fuori dalla tasca un foglio di pergamena appena umido.
Scrisse una poesia e la intitolò “Chops”, il nome del suo cane, perché i versi parlavano di lui. Corse alla Guferia e mandò la poesia a casa, allegando un altro pezzo dei suoi fantasmi, sperando che questi smettessero di visitarla.
 

Un fantasma è sempre un fantasma, sempre immortale, sempre pronto a perseguitarti.
 

***

 
And his teacher gave him an A
and a gold star
And his mother hung it on the kitchen door
and read it to his aunts

 
Quel giorno Piton le diede una E, poi aggiunse dieci punti a Serpeverde. Daphne aveva messo la sua poesia sulla sedia del professore, ma lui non diede segno d’averla letta. Così lei non disse niente e andò via con la convinzione di aver preso un buon voto per le sue capacità nell’ambito delle Pozioni.
 

Quando tornò a casa, osservò che sua madre aveva appeso la poesia sulla porta della cucina, perché tutti potessero leggerla e complimentarsi con lei perché aveva generato una fanciulla così dotata.
Quell’estate Daphne strappò la poesia dalla porta e ne disperse i frammenti nel focolare.
 

Camminava sempre da sola perché Chops non era lì per seguirla e sua sorella aveva iniziato a comprendere cosa significasse essere tormentata da qualcosa che non si poteva controllare.
 

Le zie le sorridevano e le chiedevano di scrivere altro. E lei pensava alle lacrime che avrebbe versato e lasciava sempre cadere la penna sui tappeti del Manor, macchiandoli d’inchiostro.
 

***
 

That was the year Father Tracy
took all the kids to the zoo
And he let them sing on the bus
And his little sister was born
with tiny toenails and no hair
And his mother and father kissed alot

 
Quello fu l’anno – l’estate – in cui un vecchio amico di famiglia decise di insegnare alle piccole Greengrass a conoscere le creature che popolavano il mondo. Si chiamava Tracy Rosier e portava male i suoi cinquantacinque anni, tant’è che tutti lo chiamavano “Nonno Tracy” e lui sorrideva bonariamente e non si offendeva mai e non precisava che il suo unico figlio era morto anni addietro.
Portava Daphne e Asteria in giro tutto il giorno, lasciando che la minore gli si arrampicasse sulle ginocchia quando sedevano insieme per mangiare un gelato, e che la maggiore sorridesse e scacciasse via qualcosa che lui non vedeva.
 

Fu anche l’anno in cui Silena Greengrass abortì una terza figlia non voluta, non amata. Quell’anno non si era aggirata per le case dei suoi congiunti Purosangue osservando il ventre tondo, né aveva assillato il marito cercando un nome nobile, un nome elegante.
Accadde a luglio, il diciannove. E quel giorno, per Daphne, fu sempre colorato di rosso sangue: dal giardino vedeva sua madre in un letto dalle lenzuola sporche di sangue, e le Medimaghe che si affaccendavano per non farla soffrire.
Le vide sollevare una bambina piccolissima, senza capelli e con piccole unghia su dita ancora più piccole. Non piangeva.
 

Quello fu l’anno in cui Daphne pregò tutti e quattro i fondatori di Hogwarts affinché proteggessero l’anima immortale di quella bambina senza nome. Pregò che i suoi genitori si riprendessero dalla perdita e non soffrissero troppo, soprattutto Silena che aveva portato quel corpo nel ventre per parecchi mesi.
 

Ma sempre quell’anno, Daphne osservò che sua madre e la vide ridere e baciare suo marito come una ragazzina. E capì che la sofferenza aveva gettato i suoi semi solo in lei, la quasi dodicenne Daphne. E si arrese al nero.
 

Silena e Herbert non capirono mai la ragione del lutto di Daphne, senza inizio né fine, dei capelli tagliati corti sotto una fascia di raso nero . Poi videro i soffioni depositati in un angolo del giardino, davanti a una pietra vuota per una bimba senza nome. Allora capirono e non seppero più che fare.
 

***

 

And the girl around the corner sent him a
Valentine signed with a row of X's
and he had to ask his father what the X's meant
And his father always tucked him in bed at night
And was always there to do it.

 
Non festeggiò San Valentino, Daphne, che a dodici anni compiuti e tredici da compiere di ragazzi non ne voleva proprio sapere. Il nero l’aveva dovuto smettere col tempo, finendo solo per avvolgere attorno alla gola un foulard nero, senza ricami. I capelli, li tagliava regolarmente, per sentire quel bordo irregolare che pungeva continuamente il volto.
 

Fu il San Valentino in cui Blaise tentò di invitarla ad uscire, prima di ricevere un biglietto rosa e pieno di “X” da una Grifondoro bruttina del primo anno. E lui prima rise e poi le chiese cosa significassero quelle “X”. E Daphne rise per la prima volta dopo tanto tempo.
 

Blaise Zabini non comprendeva il lutto di Daphne, la sciarpa nera che non smetteva mai, le pergamene che spuntavano da sotto il suo mantello, strette fra le mani in un cumolo disordinato di carta. La guardava da lontano, senza parlarle mai realmente. Guardala bene, Blaise, si diceva ogni volta che la vedeva piangere sulle sue poesie. Imparala a memoria, perché un giorno potrebbe scomparire.
 

La sera di quello stesso giorno, quel maledetto San Valentino, Daphne trovò un biglietto con una fila di “X” sotto una firma. Anonimo, diceva, ma lei riconobbe la scrittura di Blaise.
 

La sera dopo Blaise trovò una sciarpa nera sotto il cuscino. E scoprì che Daphne non riusciva mai ad addormentarsi, se qualcuno non vegliava sui suoi mostri: la trovò rannicchiata sul divano, nella Sala Comune, un foglio nella mano tremante. Non piangeva, Daphne piangeva solo quando scriveva.
Blaise scivolò accanto a lei. La sentì borbottare qualcosa su un padre che le rimboccava sempre le coperte. Poi si diede dello sciocco, perché Daphne non poteva fidarsi di consolazioni per bambini.
 

Daphne desiderava ardentemente che qualcuno le rimboccasse le coperte.
 

***
 
Once on a piece of white paper with blue lines
he wrote a poem
And he called it 'Autumn'
because that was the name of the season
And that's what it was all about
And his teacher gave him an A
and asked him to write more clearly

 
Daphne, generalmente, amava l’autunno: l’amava perché non era estate, perché non era una stagione intrisa di sangue come le altre. Ma quell’autunno, Daphne l’aveva odiato, con il suo lento incedere che non aveva nulla di normale. I dodici anni erano diventati tredici e poi quasi quattordici e poi il tempo sembrava essersi congelato su quei quasi quattordici anni.
Così, un giorno Daphne era uscita, portando con sé un foglio di pergamena e un Blaise sbigottito. Si era seduta sull’erba bagnata e aveva scritto una poesia. L’aveva chiamata “Autunno” perché era la stagione che non la lasciava e i versi parlavano di quello.
 

Blaise sorprese Daphne che poggiava il foglio sulla sedia di Piton, prima che tutti gli altri arrivassero, e decise di non chiedere. Si stupì nel vedere Piton che assegnava una E a Daphne per la sua relazione sulle proprietà dei Bezoar. Poi, sentì che lui le consigliava di scrivere in maniera più chiara.
E si chiese perché Daphne si fidasse tanto di lui.
 

Una volta, riuscì a leggere un frammento di una poesia di Daphne, prima che lei lo distruggesse consegnandolo alle fiamme del caminetto. I fantasmi hanno i capelli neri. La frase successiva era troncata a metà. Per combatterli dobbiamo parlare di. Di cosa?
Blaise guardò Daphne, inclinano la testa mentre la luce del fuoco colorava di rosso quei capelli troppo chiari. Ma lei non parlava. Così Blaise sospirò e ascoltò il silenzio di lei, senza sapere cosa fare.
«Potrei…» mormorò lui, indicando timidamente un foglio di pergamena. Daphne lo stringeva come se ne andasse della sua stessa vita. Fece per dire qualcosa, ma si trattenne.
Così Blaise si ritrovò a chiedersi che suono avesse il silenzio, mentre Daphne piangeva sull’inchiostro non ancora asciutto.
 

***

 

And his mother never hung it on the kitchen door
because of its new paint
And the kids told him
that Father Tracy smoked cigars
And left butts on the pews
And sometimes they would burn holes
 

Quell’estate, iniziò il declino. Quando Daphne tornò a casa, trovò la porta della cucina verniciata di azzurro cielo e le sue poesie stracciate dagli Elfi.
Pianse, perché le avevano restituito i suoi fantasmi. Asteria rise, nella sua bellezza di quasi dodicenne, nel vederla singhiozzare sui fogli stracciati.
Quando le lacrime cessarono, Daphne uscì in giardino e dormì fuori, accanto alla tomba della sorellina senza nome. I fiori secchi facevano da guanciale e nessuno venne a cercarla.
 

Quell’estate, Daphne scoprì che Tracy Rosier era troppo malandato per portarla in giro e che fumava sigari Babbani per intontirsi ulteriormente. Quando andava a trovare i Greengrass, lasciava i mozziconi sul tavolo. E qualche volta questo rimaneva pieno di buchi e gli Elfi dovevano sistemarlo.
Daphne chiese di poter rimanere in camera durante le visite di Nonno Tracy: non voleva vederlo mentre moriva.
 

Un giorno, Daphne vide Asteria che sospirava davanti alla finestra. La osservò silenziosamente e vide che stringeva al petto un foglio.
Non riuscì a vedere il nome che la sorella vi aveva scritto sopra, così lasciò perdere.
 

Quell’estate, Daphne non scrisse a Blaise nemmeno una volta.
 

***

 

That was the year his sister got glasses
with thick lenses and black frames
And the girl around the corner laughed
when he asked her to go see Santa Claus
And the kids told him why
his mother and father kissed alot
And his father never tucked him in bed at night
And his father got mad
when he cried for him to do it.

 
Quello, fu l’anno in cui Asteria iniziò a interessarsi dei Babbani: giunse perfino a indossare occhiali dalle lenti finte per somigliare a loro. Pianse quando Silena Greengrass le ordinò di smetterla di metterli tutti in imbarazzo. E Daphne si chiedeva se sua sorella non fosse innamorata di un Babbano.
Un giorno entrò in camera di sua sorella e cercò di estorcerle il nome del ragazzo. Asteria le intimò di tornare a soffocare fra le spire dei suoi fantasmi.
 

Quello fu l’anno in cui Daphne venne spedita dalla figlia dei vicini, Tracey Davies, per socializzare con qualcuno che non fosse Blaise Zabini.
La mandarono lì ogni giorno, munita di trucchi e prodotti per lisciare i capelli. Daphne sorrideva come una bambola, sforzandosi di non piangere.
Tracey rise quando Daphne le propose di andare in giardino a cogliere i soffioni.
 

Un giorno Tracey spiegò a Daphne perché Silena e Herbert Greengrass si baciassero in continuazione. Ridacchiando parlò dei pettegolezzi maligni che aveva udito. Avrai un altro fratellino, le sussurrava malignamente.
E Daphne, ogni volta, pensava alla pietra spoglia nel suo giardino.
 

Daphne dormiva da sola, perché Asteria trovava sempre un motivo valido per sgattaiolare lontano da sua sorella. Herbert ogni sera salutava la figlia maggiore con una lieve carezza sul viso, senza un sorriso. Forse, pensava alla figlia che aveva perso. Forse pensava che stava perdendo anche lei.
Implicitamente, Daphne gli chiedeva sempre di salire e rimboccarle le coperte. Ma lui la ignorava sempre.
 

 «Potresti…» sussurrò lei, una notte, il piede già sulla scala che conduceva alla camera da letto.
Herbert Greengrass arrossì per la rabbia.
 «Non sei una bambina» disse, rigido.
E Daphne corse via, senza piangere e senza voltarsi indietro.
 Quella sera, Asteria le rimboccò le coperte, mossa da una pietà che solitamente non provava. Daphne nemmeno se ne accorse.
 

***
 
Once on a paper torn from his notebook
he wrote a poem
And he called it 'Innocence: A Question'
because that was the question about his girl
And that's what it was all about
And his professor gave him an A
and a strange steady look
And his mother never hung it on the kitchen door
because he never showed her

 
Asteria iniziò il suo terzo anno sorridendo come una consumata civetta. Daphne non riusciva a comprendere a chi sorridesse con tale fervore, finché non vide lo sguardo di lei indugiare eccessivamente fra i Grifondoro.
Daphne scoccò un’occhiata perplessa ad Asteria. Lei rispose con un sorriso innocente, prima di voltarsi nuovamente. E Daphne notò che lo sguardo di uno dei Weasley indugiava eccessivamente sulla sua sorellina.
 

Quello stesso giorno, Daphne uscì dalla Sala Grande, tallonata da Blaise, e andò a sedersi sull’erba. Prese un foglio di pergamena e scrisse l’ennesima poesia. La intitolò “Innocenza: una domanda”, perché si chiedeva se sua sorella fosse realmente innocente. E i versi parlavano di quello.
Blaise le lanciò uno sguardo consapevole, ma non disse assolutamente nulla.
 

Come sempre, Daphne consegnò indirettamente la poesia al professore. Che quel giorno le diede l’ennesima E, poi aggiunse uno strano sguardo, che Daphne non fu capace di interpretare. Blaise le strinse la mano, in segreto, come per dirle che andava tutto bene. Ma andava realmente tutto bene?
Era un’altra domanda, un’altra poesia.
 

Sulla porta della cucina dei Greengrass non furono più appese poesie: Daphne non ne inviò più a sua madre.
Silena Greengrass non chiese mai alla figlia il perché di quel suo gesto. Non sentì mai la mancanza di quelle poesie.
 

***
 
That was the year Father Tracy died
And he forgot how the end
of the Apostle's Creed went
And he caught his sister
making out on the back porch
And his mother and father never kissed
or even talked

 
Quello, fu l’anno in cui Tracy Rosier morì, lasciando incompiuto un destino. Lasciò a Daphne Greengrass un vecchio libro di poesie, che lei non aprì mai, e ad Asteria uno specchio coperto di polvere.
Daphne non andò al funerale, rimase a casa, passando le dita sul tavolo bucato dai sigari.
Nessuno riuscì a convincerla a lasciare quella sottospecie di reliquia.
 

Quello, fu l’anno in cui le tasselle del mosaico si sistemarono autonomamente nell’insieme. Era agosto e l’estate giungeva al termine, Asteria piangeva in silenzio tutti i giorni. Dimagriva a vista d’occhio e le occhiaie prendevano posto nel suo volto pallido.
Daphne si chiedeva sempre se sua sorella non fosse ammalata.
Una sera uscì in giardino, le pergamene strette fra le braccia. Fra le braccia di Fred Weasley, invece, stava sua sorella Asteria.
 

Daphne si ritrovò a sorridere, pensando che anche Asteria era stata posseduta da un fantasma. L’aveva macchiata per sempre, indelebile, derubandola dell’innocenza.
Ecco, le diceva con lo sguardo. Adesso tocca a te soffrire.
Ma alla fine di tutte quelle vicende, quella che maggiormente soffriva era sempre Daphne.
 

Silena e Herbert Greengrass non si guardavano più, non parlavano, non si baciavano. Si diceva che Silena avesse abortito un figlio maschio. Un’altra pietra si aggiunse nel giardino, ma Daphne non portò più i fiori.
 

Poche settimane dopo, Silena Greengrass si rinchiuse al San Mungo, seguita da un marito che non amava più. Probabilmente, pensava Daphne, i fantasmi la stavano portando via.
 

Quando settembre si portò via i riverberi dell’estate, una terza pietra decorò il giardino dei Greengrass. E Daphne tornò a indossare la sua sciarpa nera.
 

***

 

And the girl around the corner
wore too much make-up
That made him cough when he kissed her
but he kissed her anyway
because that was the thing to do
And at 3am he tucked himself into bed
his father snoring soundly.

 
Tracey aveva iniziato a truccarsi eccessivamente, Theodore fumava sigarette Babbane. Per ricordare la Babbana che gli aveva stregato il cuore, la Babbana che era inspiegabilmente scomparsa quando Theodore Nott senior era evaso da Azkaban.
Stavano insieme, Theodore e Tracey, per non crollare davanti a tutti. Theodore tossiva quando Tracey lo baciava e immaginava sempre che fisse un’altra al suo posto.
Tracey non immaginava più.

 
Daphne faticava sempre di più ad addormentarsi. Andava a letto alle tre.
E, nella solitudine della stanza, pensava a sua sorella che piangeva per un Weasley e a suo padre che russava in un letto troppo vuoto.
Allora si alzava e s’intrufolava nel dormitorio maschile, in punta di piedi, e pregava Blaise di stare un po’ con lei.
Lui non diceva mai di no.
 

***
 
That's why on the back of a brown paper bag
he tried another poem
And he called it 'Absolutely Nothing'
Because that's what it was really all about
And he gave himself an A
and a slash on each damned wrist
And he hung it on the bathroom door
because this time he didn't think
he could reach the kitchen.

 
Li aveva visti, ne era certa: sua sorella che baciava Blaise.  Daphne si era chiusa nel bagno di Mirtilla, con le sue pergamene e la lama affilata di un rasoio rubato tempo fa al padre. E pensava ai fratelli e la madre morta, al lontano amore di Asteria, al vuoto che la stava divorando. Ai fantasmi che temeva. E prese una penna. Iniziò a scrivere.
 

Era l’ennesima poesia. L’intitolò “Assolutamente niente” perché era quello che sentiva di avere dentro e i versi parlavano di quello. Sorrise e si diede una E, l’ultima. Poi si tagliò i polsi.
Attaccò la poesia sulla porta del bagno.
 

Pochi giorni dopo, una quarta pietra aveva raggiunto le altre, nel giardino dei Greengrass.  E Blaise Zabini scrisse una poesia e la poggiò sulla terra. S’intitolava “un amore perduto”. Perché i versi parlavano di quello.





Finita, anche questa. Oggi sguazzo nell'Angst, più del solito xD Per chi non lo sapesse, la poesia è "Absolutely nothing" di Osoanon Nimuss. Bella, no?
Inoltre vorrei precisare una cosa: non è colpa mia. Daphne si è caratterizzata da sola, punto xD
Spero che abbiate apprezzato. 
   
 
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