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Autore: Mad_Killjoy Cullen    03/02/2013    1 recensioni
Sentii la sua mano sfiorarmi la guancia con estrema delicatezza.
«Smett..ila», gemetti piano, continuando a muovermi. Si fermò. Tenni gli occhi chiusi.
Sentii qualcosa di freddo e allo stesso tempo.. morbido, poggiarsi sulla mia bocca: Le sue labbra.
Sfiorò le mie per qualche secondo...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec, Demetri, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Capitolo II

 
Alec


«Ragazzi miei. Come sapete oggi ci saranno grandi visite, e ci terrei a far bella figura». La donna continuava a gironzolare per la stanza, ripetendo da troppo tempo, le stesse cose. Le stesse cose che a mio parere, non interessavano a nessuno.

«Signora, mi scusi, vorrei farle una domanda: Ma chi sono questi poveri disperati?». Mi volto. Jonathan.  Il mio carissimo compagno di stanza, come sempre, deve esporre a tutti, una delle sue cosiddette battute.

Vedo la donna voltarsi verso di lui, e andargli incontro, facendolo tacere immediatamente.

Impallidisce, scatenando una mia inaspettata risata, che stranamente, coglie impreparata la donna, che ora, è ferma come una statua davanti a me.

«Signor Alexander cosa ha provocato tutto ciò?», mormora. «Mi sembra abbastanza divertito. Sbaglio, forse?»

Mi guardo intorno.

Silenzio.

In quella stanza regna un silenzio insopportabile, chiassoso.

«Sta parlando con me.. Morgana?». Sì. Quello è il nome della donna.

So quanto odiasse quel nome, ma lei di certo non sapeva quanto lo amavo io.

Non c’era un motivo.

Amavo quel nome, punto.

La vedo passarsi una mano fra i capelli. «Sì, sto parlando con lei, con chi se no?», sussurra.

Alzo le spalle.

«Non so, Morgana», spiego. Forse così capirà.

La osservo meglio: è paonazza dalla rabbia.

«Alexander.. nel mio studio. Adesso». La vedo dirigersi fuori dalla mensa, diretta sicuramente nel suo cosiddetto studio. Per me, invece, è una tortura vera e propria. Quella stanza ha un odore insopportabile di chiuso.

«Certo. La seguo». Così feci.

Richiusi la porta alle mie spalle, incominciando a guardarmi intorno.

Vari quadri ricoprivano le innumerevoli crepe che si erano sparse ormai, in tutte le pareti, rendendo quel posto, ancora più orribile.

«Che cosa vuole ancora?», chiesi.

Mi fece segno di sedermi, cosa che feci subito dopo.

Sospirò pesantemente. «Volevo informarla di una cosuccia.»

«Perché mi da sempre del.. lei? Sono così importante?», intervenni io prima che potesse finire la sua frase.

«Suo padre era un uomo molto rispettato. Di conseguenza anche i membri della sua famiglia lo sono. Ciò significa che.. anche se lei è qui dentro, qualcuno dovrebbe avere ancora una sorta di.. rispetto verso di lei e verso la vostra famiglia, non crede?»

Annuii. «Su cosa volevate informarmi?»

«Lei sa di sua sorella, no? Bé.. diciamo che.. è scomparsa. Non la troviamo»

La fissai dritto negli occhi. «Sul serio?»

La vidi annuire.

Mi congedai, dirigendomi verso la mia stanza, volevo restare da solo.


 


 

 
“Guarda quella farfalla.. non è bellissima? Al..?”. Una bambina dai lunghi capelli biondi correva per il giardino, cercando di prendere una farfalla.

In lontananza un bambino... un bambino dai capelli castani, la scrutava sorridendo appena, era impegnato a disegnare.

“Ehi giovanotto... che ci fai ancora qui?”. Una donna si era avvicinata, sedendosi al suo fianco.

Era una donna splendida... in tutti i sensi: Dei lunghi capelli castani le incorniciavano il volto pallido, arrivandole fino alla fine della schiena.

Guardava la bambina, che intanto era riuscita ad afferrare quella farfalla.

“Mi annoiavo in casa.. per questo sono venuto qui a disegnare. Ti piace mamma?”. Il bambino porge il ritratto alla donna, che lo prese, scrutandolo con attenzione, con un sorriso stampato sulle labbra scarlatte.

“è bellissimo Alexander”. Poggia il ritratto per terra, portandosi il bambino sulle gambe, cullandolo. “Credo però, che sia ora di andare a dormire... non credi, mio piccolo?”


 
Mi sveglio di soprassalto.

Mi guardo intorno, confuso.

È notte fonda, chissà quante ora ho dormito.

Morgana non è venuta a svegliarmi come suo solito.

Che strano... è troppo strano.

Mi massaggio le tempie.

Un mal di testa insopportabile mi martella la testa come un martello.

Poggio la testa sul cuscino, continuando però, a massaggiarmi le tempie ritmicamente, sperando che quel dolore insopportabile, passi velocemente.

Sento la porta aprirsi. «Alexander sta bene?». Jonathan irrompe nella mia stanza, interrompendo quel silenzio che fino a qualche secondo prima, mi circondava.

«Che c’è John?», gli chiedo io, sperando in una sua risposta.

«Morgana si è preoccupata un sacco. Dormivi. Sudavi. Parlavi nel sonno. Che hai?»

Lo guardai confuso.

Parlavo nel sonno, adesso? Fantastico.

Maledetti ricordi.

«Dovresti preoccuparti del comportamento di Morgana, non di me», bisbigliai a bassa voce.

Se ne andò, lasciandomi da solo.

Tanto meglio, almeno così non mi sarei rotto le scatole.

Guardai la piccola finestra che era nella mia stanza: era buia.

Cercai di riprendere sonno, con scarsi risultati.

Per tutta la notte non feci niente.

A parte parlare con John, scambiandoci qualche segno d’affetto.

Non mi era d’intralcio, dopotutto solo lui era a conoscenza delle mie preferenze sessuali.

A parte questo...  nessuno mi disprezzava e questo, mi bastava.

 

 
Passavano i giorni e di mia sorella.. nemmeno l’ombra.

Era come se non fosse mai esistita.

Cercavano in ogni dove, ma era come se non fosse passata da quelle parti.

Nessuno la conosceva.

Nessuno non l’aveva mai vista e nella mia mente, la sua immagine andava a scomparire lentamente.

Il dolore, invece, era sempre più forte.

Ero solo.

Un fantasma nel vero senso della parola.

Non con gli altri, ovviamente, ma solo con me stesso.

Non mi riconoscevo.

Non mi sentivo me stesso.

Non ero più la stessa persona d’un tempo.

Avevo un presentimento, una brutta sensazione che mi perseguitava da giorni: Come se mi stesse per accadere qualcosa di orribile.

Non ci badavo, dopotutto era solo una strana sensazione, no?

«Alexander che hai?». John.

Mi voltai per poterlo guardare meglio, anche se al buio era quasi difficile.

«Niente. Tranquillo», mormorai a bassa voce.

In quel posto, ogni minimo rumore era come.. come qualcosa che riesce a spaccarti i timpani.

Sospirò pesantemente.

Ridacchiai.

Lo vidi avvicinarsi a me, mettendosi al mio fianco, appoggiando come suo solito, la testa sulla mia spalla.

Sentivo il suo respiro freddo sulla pelle, era.. piacevole.

Inclinai il capo di lato.

«Sei strano. Ho fatto qualcosa di male?».

Mi voltai di scatto.

Come poteva pensare una cosa del genere?

«No. Non hai fatto niente», confermai.

Non sopportavo quando si prendeva la colpa di tutto.

Era insopportabile per me.

«Me l’ho dai un bacio?», sussurrò piano, avvicinandosi a me.

Esitai per qualche secondo ma lo accontentai subito dopo.

Si spostò, mettendosi a cavalcioni sul mio corpo, cercando di non gravare il suo peso su di me.

Gli morsi  il labbro inferiore.

Lo sentii mugugnare e subito dopo si allontanò.

Lo guardai torvo. «Ti ho fatto male?»

Negò, sorridendo. «Non mi hai fatto niente»

Sorrisi a mia volta.

John non era male, era una persona socievole e altruista.

L’unico con cui abbia stretto amicizia, un’amicizia vera.

«Dovresti dormire. Sei distrutto». Era vero.

Lo vidi gattonare e infilarsi sotto le coperte; dopo qualche secondo era stato trascinato nel mondo dei sogni.

Lo portai in camera sua, almeno così avrebbe dormito meglio.

Ritornai in camera mia, con la seria intenzione di dormire in santa pace.

Mi distesi sul letto, chiudendo gli occhi.

Sentii un rumore provenire da fuori.

Mi alzai, per controllare, ma dovetti indietreggiare subito dopo.

«Chi sei?!», sbottai urlando.

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