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Autore: _StayStrong    03/02/2013    7 recensioni
Emma e Tom sono sempre stati amici; fino alla fine del quarto capitolo della saga di Harry Potter; Emma e Tom sono sempre stati molto legati, almeno di finché lei non ha compiuto i sedici anni; Emma e Tom si sono amati, non è durato.
Durerà questa volta?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Watson, Tom Felton
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Angolo della Fra:
Volevo scusarmi dei ritardi di pubblicazione ma purtroppo sono un pò incasinata;
inoltre volevo segnalarvi il Prologo dell'originale alla quale sto lavorando.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.



Tom corse dietro alle due donne non appena realizzò il gioco che stava facendo Emma; non avrebbe potuto ignorarlo per sempre, avrebbero dovuto lavorare a stretto contatto e c’erano delle cose che avrebbero dovuto risolvere prima di iniziare a lavorare.

Non poteva lasciarla andare via così, doveva parlare con lei, sentire la sua voce e sentirla vicina come riusciva a sentirla solo lui un po’ di anni fa. Sembrava passata una vita da quando si erano addormentanti abbracciati per la prima volta nella sua roulotte tra una ripresa e l’altra, sembrava passata una vita da quando avevano riso insieme di gusto e senza problemi. Sembrava passata una vita dall’ultima volta che si erano abbracciati e si erano sentiti amati l’uno dall’altro.

“Emma, aspetta!” la chiamò una volta che riuscì a raggiungere le due donne che erano appena arrivate al pian terreno. Liz si fermò sospirando e scosse la testa, quel ragazzo si sarebbe messo solo nei guai se fosse riuscito ad incasinare un’altra volta la testa di Emma. Era più forte ora, era una donna e non si sarebbe lasciata mettere i piedi in testa, sicuramente non dalla stessa persona per la quale le si era rotto in mille pezzi il cuore per la prima volta in vita sua.

Prima cotta, primo amore, primo bacio, primo tutto.

“Cosa c’è?” chiese Emma voltandosi verso il ragazzo, inutile chiedersi chi la stesse chiamando, avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille. La domanda suonò molto più minacciosa di quanto si fosse aspettata, non voleva fargli vedere che lui la toccasse o avesse qualche effetto su di lei dopo così tanto tempo.

“Pensavo che potessimo parlare cinque minuti, magari davanti un caffè?” chiese Tom cercando di ignorare il tono che la ragazza aveva usato. Non poteva fare a meno di notare che si era fatta ancora più bella dell’ultima volta che l’aveva vista, cresceva a vista d’occhio e si faceva sempre più affascinante, anche quando era senza trucco e vestita come se fosse appena scappata di casa.

“Mi dispiace, non ho tempo” disse Emma azzardando un sorriso che non avrebbe mai potuto essere spontaneo, non davanti a lui. Non riusciva a capire cosa stesse provando, era confusa. Tom era l’unico che potesse farla mai sentire così. Con lui la linea tra odio ed amore era così sottile da farla stare male.

Amava Will, era sicura di amare Will, ma poi arrivava Thomas e tutto sembrava cambiare sotto il suo naso.

“Senza caffè?” tentò ancora il ragazzo, Emma si voltò verso Liz e alzò lievemente le spalle; era inutile ignorarlo, non quando avrebbero poi dovuto lavorare per così tanto tempo insieme.

Avrebbero persino dovuto recitare la parte degli innamorati – non che fosse difficile per loro.

“E’ meglio che vi lascio soli, avrete tante cose da dirvi” disse la manager appoggiando una mano in modo materno sulla spalla della ragazza che le sorrise dolcemente.

“Cinque minuti e ti raggiungo in macchina” la rassicurò Emma, sapeva esattamente quale fosse la paura della donna ed era la stessa che provava lei.

Non voleva trovarsi ancora in un angolino della sua stanza con le ginocchia abbracciate a sé a piangere perché con lui non era andata come doveva andare, non come voleva, non come si aspettava.

“Non devi andare da nessuna parte, vero?” chiese Tom “Ti conosco, so quando menti perché non guardi mai negli occhi” le fece notare, la ragazza alzò lo sguardo verso di lui quasi a sfidarlo; solo lui poteva renderla così insopportabilmente antipatica e stronza e arrogante. Solo lui era capace a farla mentire.

“Ho un appuntamento appena fuori città” mentì di nuovo sogghignando, si sentì molto Draco Malfoy in quel momento, lei non sogghignava mai, lei sorrideva e lo faceva con sincerità.

Quando era con lui cambiava sempre.

“Non sai mentire, non sei mai stata capace. Mi vuoi dire cosa succede?” chiese poi; era inutile quanto lei provasse ad essere convincente, con lui quei trucchetti non funzionavano, non perché non fossero ben costruiti, ma perché li utilizzava solo con lui.

Non era stupido, sapeva il male che le aveva causato, tuttavia non trovava il coraggio e la faccia tosta di chiederle scusa dopo così tanto tempo.

“Niente, non ho semplicemente tempo da perdere” rispose alzando le spalle e sospirando, Tom fu colto da un’improvvisa voglia di sbatterla contro il muro e farla parlare, in un modo o nell’altro. Non era mai stato violento, non succedeva mai, ma lei gli suscitava anche quel tipo di sentimento.

“Tira già la maschera, non ce ne è più bisogno, Char” le disse cercando di controllarsi; aveva usato di proposito quel nomignolo, l’aveva sempre chiamata così, sempre, tuttavia prima che succedesse ciò che li aveva portati a separarsi.

“Non osare chiamarmi Char, hai perso quel diritto tanto tempo fa” disse Emma puntandogli il dito contro e diventando rossa di rabbia; non poteva sopportare quel nomignolo, era la contrazione del suo secondo nome e lui era sempre stato l’unico ad utilizzarlo, perché diceva che la rendeva speciale e che solo lui poteva chiamarla così perché il loro rapporto era solo loro.

Ovviamente solo prima di Jade, poi Char è ritornato Emma.

“Ecco il problema allora, ce l’hai con me” disse Tom “Ho rotto con Jade” aggiunse aprendo le braccia, Emma si trattenne dallo scoppiargli a ridere in faccia. Funzionava sempre così, lei era la sua ruota di scorta, ma quando poi Jade chiamava lui correva come un cagnolino.

Quanto era stata male a causa sua?

“Dovrebbe per caso interessarmi? Ci vendiamo dopo non so quanto tempo e questa è la prima cosa che mi dici...” iniziò a dire portandosi le mani davanti al volto; non poteva crederci, ecco che ritornava in gioco lei.

Non sarebbe mai cresciuto.

“Forse non dovrebbe, ma ho sentito il bisogno di dirtelo” ammise lui; era partito con le migliori attenzioni, bisognava riconoscerglielo, eppure non poteva continuare su quella strada.

“Quindi hai deciso di venire da me, accettare la parte e usarmi come ruota di scorta?” chiese Emma dando voce ai suoi pensieri e facendo arrabbiare lui molto più di quanto potesse essere arrabbiata lei. Tom aveva sempre avuto il bisogno di una spianta per capire i suoi errori e alla fine doveva sempre dargliela lei. La sua mente corse  a Dan, lui doveva sapere di questa sorpresa, così come Rupert, avrebbe sentito entrambi la sera stessa e li avrebbe uccisi anche a chilometri di distanza. Avrebbero dovuto avvisarla di questa sorpresina, almeno si sarebbe preparata, avrebbe avuto il tempo di pensare ad un piano, ad un modo per fuggire.

“Non ho mai detto questo” sputò Tom aggrottando le sopracciglia e guardandola male; quello che c’era tra di loro era palpabile, c’era una passione ed una tensione che si poteva annusare, qualcosa che non si sarebbe mai spento.

“Non ce ne è stato bisogno” disse Emma odiandosi per le lacrime che le stavano salendo agli occhi “E’ sempre stato così e ti conosco un po’ anche io” se l’era promesso l’ultima volta, doveva essere forte, non come la premiere di Londra dove si era lasciata andare ai ricordi quando lo aveva visto arrivare con Jade e dove l’unico sguardo che le aveva concesso era quello del cane bastonato che diceva, vorrei venire lì, ma non posso.

“Sai bene che non è vero” disse prendendola prepotentemente per un braccio per farla volta re verso di lui non appena lei aveva fatto un passo indietro per raggiungere Liz prima che la situazione degenerasse.

“Lasciami” inveì Emma strattonando il braccio ma non riuscendo a liberarlo dalla stretta del biondo.

“O cosa?” chiese lui con tono di sfida.

“Credimi, preferiresti non sapere cosa sono capace di fare” rispose la ragazza strattonando ancora più forte e riuscendo a liberarsi; sicuramente le sarebbe uscito un livido li dove lui aveva stretto.

Non l’aveva mai trattata in quel modo.

“La piccola e indifesa Emma è cresciuta e ora si sa difendere?” chiese provocandola, non voleva arrivare a tanto, non voleva trattarla in quel modo ma con lei veniva fuori la parte peggiore del suo carattere, eppure un tempo non era così, lei era capace di far fuoriuscire il meglio di lui “Un tempo non era così, venivi da me per ogni volta che avevi bisogno!”

Emma batté un piede a terra e strinse i pugni lungo i fianchi; si meritava una sberla, o un pugno dritto sul naso, come quella volta sul set.

“Questo è un colpo basso” fece notare Emma “E’ l’unica cosa che sai fare?” chiese; era vero, correva sempre da lui, c’è stato un periodo nel quale aveva avuto dei problemi a gestire la sua fama e lui, che era il più grande tra di loro, era l’unico in grado di aiutarla. Era così che si erano avvicinati.

“Non puoi avercela con me per aver scelto Jade quando è arrivato il momento” le disse abbassando la voce.

Emma si mise a ridere; una risata nervosa e che aveva qualcosa di stregato e malsano.

“Oh no, non ce l’ho con te per quello ma per tutto quello che c’è stato prima e quello che c’è stato dopo; o forse perché sono venuta a sapere della tua­ scelta solo quando vi ho visti” sentenziò con rabbia; si ricordava bene la sensazione di abbandono e tradimento che aveva provato. La sera prima l’aveva baciata dicendo che nulla sarebbe cambiato, il giorno dopo erano entrati con le mani intrecciate.

“Non c’è stato nulla tra di noi” mentì palesemente Tom dimenticandosi per un attimo che davanti aveva Emma e non Jade che lo accusava di averla tradita con Emma.

Si pentì subito dopo averlo detto, tuttavia – ancora una vota – non ebbe la forza di scusarsi.

“Ora vuoi farmi credere che è stato tutto frutto della mia immaginazione?” chiese ironica Emma con fare esasperato “Tomas, sei tu che venivi sempre a cercare me, me lo ricordo bene, non raccontarti frottole per sentire meno il senso di colpa” aggiunse lei sapendo di essere dalla parte della ragione e sentendosi ferita per le parole del biondo“Non funziona più così da tempo ormai, la tua bella faccia e il tuo modo di guardarmi come se fossi un cucciolo spaventato solo per farti perdonare o compatire non mi tocca più” aggiunse non appena aveva scorto quell’espressione sul volto di Tom, era l’unico modo che conosceva per farsi perdonare senza però alzare un dito.

“Mi dispiace, non dovevo alzare la voce e dire quello che ti ho detto solo che mi fai innervosire quando alzi la voce” disse Tom vedendo che Emma non aveva la minima intenzione di abbassare la testa; lo rendeva orgoglioso vederla così forte, così cambiata, così donna. Si sentiva spiazzato, l’aveva lasciata ragazzina e  la ritrovava donna.

Eppure l’aveva lasciata proprio perché non aveva avuto la pazienza di aspettarla, di farla crescere; aveva trovato una donna  e l’aveva presa senza fare complimenti quando si era trovato davanti Jade. A tornare indietro, avrebbe sicuramente cambiato qualcosa.

“Come sempre ora è colpa mia, sono io che alzo la voce” disse Emma voltandosi per andarsene sperando che lui non la prendesse ancora per un braccio con la stessa veemenza.

“Emma...” si sentì chiamare con una dolcezza che non si ricordava neppure più; si voltò con riluttanza, ormai le lacrime avevano incominciato a scendere e lui si stupì di quelle gocce sentendosi ancora più in colpa perché sapeva che erano colpa sua  “Potremmo almeno lavorare civilmente?” le chiese con un nodo alla gola.
“Si, lo abbiamo sempre fatto”disse Emma annuendo e abbozzando un sorriso tra le lacrime, si sentiva distrutta, di nuovo.

“Ed essere amici” azzardò Thomas sperando di avere una risposta affermativa, la guardò per un po’, la vide combattuta. Dentro di lei la vecchia Emma e la nuova Emma stavano lottando. La sua parte ragazzina avrebbe voluto buttargli le braccia al collo, la sua parte adulta le diceva che doveva lasciar correre, la parte di lei che aveva sofferto di più però aveva già una risposto pronta.

“Troppo tardi”

  
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