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Autore: Ilarya Kiki    03/02/2013    2 recensioni
Diciamo pure che sono quel tipo di persona che attira l’attenzione con un solo sguardo, perché sì, il mio sguardo ha qualcosa di magnetico, e di inquietante anche, questo lo so bene ed un filo sottile di vanitoso autocompiacimento mi piega le labbra ogni volta che vedo qualcuno impallidire ed accartocciarsi su se stesso davanti ai miei occhi oscuri.
Il mio nome? Non vi interessa.
Il mio villaggio di appartenenza? Mai esistito, e se vi chiedete dove io sia nata beh, non è importante.
Chiamatemi Tsukaiko, e fatevelo bastare.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jiyū Kunoichi No Monogatary - Story of a Free Kunoichi'
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Sweet hopes



Il fuoco scoppietta piano a qualche metro da dove sono accucciata, arrostendo gli ultimi due esemplari di pesce di fiume che Zetsu è passato a portarci un paio d’ore fa, unici reduci di un gruppo che di membri ne contava più o meno una decina, ora tutti morti e sepolti nel fondo dei nostri stomaci. Con la pancia piena tutto sembra sempre un po’ meno brutto, già.
Il fuocherello ci riscalda i piedi e le ossa infreddolite, illuminando appena l’immenso e risuonante ambiente della caverna: fuori si è pure messo a piovere, e l’umidità di certo non aiuta i dolori della mia ferita a passare. Non mi importa molto, mi ci dovrò abituare, visto che Kakuzu è in missione fino a chissà quando e non può curarmi, sono una kunoichi e non mi posso mettere a lamentarmi per un po’ di bruciore ad una ferita, come una bambinetta. Io non sono più una bambina, anzi, non lo sono più da molto più tempo di molta gente della mia età, visto che mi rifiuto di chiamare infanzia ciò che ho vissuto al mio villaggio da quando ho imparato ad intendere e volere fino al mio tradimento.
Sarà anche per questo che mi piace così tanto quando Dei-senpai mi chiama “bambina”: mi fa sentire a casa, è come se fosse diventato la mia famiglia, ma anche senza “come se”. Lui è la mia famiglia, è tutto quello che ho.
Sonnecchia, appoggiato con la schiena ad un masso, le gambe ben stese in avanti e le mani incrociate sulla pancia. La testa gli pende tutta su una spalla, ed i capelli gli cadono in faccia come una tenda sugli occhi, caldi e risplendenti come un’aureola alla luce tremolante e rossiccia delle fiamme.
Cavolo, com’è bello quando dorme.
Finalmente riesce a riposarsi un po’ dopo tutto il tribolare e le incazzature che ha subito per colpa mia, ed il suo volto da angelo è disteso e sereno come se andasse tutto bene, come se fosse già tutto finito. All’improvviso mi coglie il desiderio di accarezzarlo, di entrare in contatto con la sua pelle tiepida, e gattono accucciandomi accanto a lui, appoggiando la testa nell’incavo del suo collo ascoltandolo respirare.
Ho pensato molto, in queste ultime ore.
Ed i miei pensieri non erano felici, per niente.
Adesso vorrei solo stargli accanto come se nulla fosse, non ne posso più di tutto questo dolore e di queste divagazioni contorte e angoscianti: vorrei che fossimo felici come la prima volta che ci siamo amati, quando l’unica protagonista nella nostra vita era la passione e non un’ombra di morte. Voglio dimenticarmi di tutto, solo per qualche momento, voglio il mio brevissimo attimo di serenità, lo pretendo.
Sollevo la mano fino ai suoi folti capelli biondi, immergo le dita tra le ciocche d’oro tutte annodate dal vento che le ha scompigliate per tutto il giorno, in volo, avvicino le labbra al suo collo e mi beo del suo odore bollente, del suo sapore. Brividi sottili di piacere percorrono le mie membra ad ogni tocco, e vibro come un gattino che fa le fusa, sentendo il fuoco elettrico risvegliarsi e ardere sotto la mia epidermide e all’interno del mio ventre.
Ho pensato che questa potrebbe anche essere l’ultima volta che ci amiamo, perché il futuro è incerto e pericoloso, e se ci penso ho paura: dopo aver rimuginato tutto il giorno in stato di semi-coscienza, ho raggiunto la conclusione che la cosa peggiore che possiamo fare in questo momento sia quella di scappare e nasconderci. Nessun luogo è sicuro in eterno, e senza dubbio Orochimaru tenterà sempre di colpirci quando crederemo di essere più protetti, e quindi temporeggiare, ora, -come avevamo deciso di fare- sarebbe come condannarci a suicidio. No, questa storia deve finire subito. La cosa migliore che potremmo fare è attaccarli noi, di sorpresa, proprio quando ci crederanno nascosti a leccarci le ferite, e devastarli completamente fino all’ultimo uomo.
Lo so, ma ho paura: io sono ferita, e Deidara-senpai…temo che potrebbe fare follie e farsi ammazzare, ed io non riuscirei a sopportarlo, solo all’idea mi viene la nausea. Non posso perderlo, e non voglio morire, non ora: devo passare la mia vita con lui.
Tutto questo mi riempie di paura, e la mia mano scivola dal suo collo più giù, ad accarezzare il petto snello ma forte, e si sofferma un pochino appena sotto lo sterno, dove si sente rimbombare al di sotto il pulsare regolare della sua vita.
Ma non voglio pensare, ora, no. Voglio solo serenità, me ne basta solo un poco.
La mano scende giù, accarezza la pancia piatta e muscolosa, scende ancora e si infila sotto la casacca blu, raggiungendo finalmente il contatto di fuoco con la carne calda al di sotto.

“Bambina…”

Il suo sussurro mi incendia di desiderio affamato, languido e dolce, dischiudo le labbra e gli bacio il collo caldo, nutrendomi di lui e delle sue mani che cingono con forza e calma i miei fianchi e mi stringono a sé. Le sue labbra, la sua bocca rassicurante e un po’ intontita dal sonno.
Con dita delicate gli slaccio la cintura dei pantaloni.

“No…non adesso, sei ferita…”
“Se non ora, quando…?”
“Quando avremo la nostra casa…”

“Io lo voglio anche adesso. Sei tu la mia casa…ti prego.”
Mi inginocchio sopra di lui, dopo aver lasciato le mutandine da qualche parte dove ero seduta prima, e ci stringiamo l’un l’altra assaporando il calore reciproco, annegando nel nostro bacio appassionato.
Lo so che anche lui ha pensato la stessa cosa che ho pensato io, oggi: ha pensato che se vogliamo sopravvivere dobbiamo buttarci all’assalto come due pazzi scatenati, secondo il nostro stile d’altronde, e rischiare il tutto e per tutto in un tentativo disperato in cui metteremo in gioco il nostro futuro e le nostre vite. Sa che non c’è alternativa, se vogliamo conservare un flebile soffio di speranza.
Sa anche lui che potrebbe essere la nostra ultima notte.
Anche lui ha paura.
Lo sento nell’ansiosa passione con cui mi stinge sui fianchi, nella disperata dolcezza del suo bacio, e lo sento nel suo debole tentativo di rifiutarmi, che non regge più a lungo di un sassolino che cerca di arginare l’oceano.
Lentamente ci uniamo, con una scarica di calore che mi pervade e fugge fuori in un gemito dalle mie labbra dischiuse, ma senza violenza, con gentilezza, come avesse paura di rompermi, ed io gli circondo il torace con le braccia e mi aggrappo al suo abbraccio, sopraffatta.
Quante volte abbiamo fatto l’amore in questo poco tempo…? Non le ho contate, e se l’avessi fatto cercherei di dimenticarne il numero come scongiuro, ma non ce n’è mai stato bisogno, perché ogni volta era da prendere a sé, come unica. Ogni volta c’era qualcosa di nuovo, tracce dell’emozione della prima sotto la luna, parole non dette, complicità nascoste, sorrisi aperti…ogni volta è come se fosse la prima, nuova, irripetibile. Ma adesso…
Non ci sono parole per descrivere quello che provo, che sto provando.
L’anima filtra dai pori della pelle, si insinua e si fonde, incendio.
“…andrà tutto bene, vero?”
“Certo.”
“…davvero?”
“Sì.”
“…e dopo…?”
“Dopo…”
“Ripetimi quello che hai detto prima…”
“Dopo avremo una casa.”
“…una casa…”
“Una casa vera…di quelle dove tornare.”
“Smetteremo di fuggire…”
“Avremo un posto dove tornare. Non ho mai avuto un posto dove tornare…solo me stesso. Ma la cosa non era un gran che…sono irritante.”
“Ahahah…è vero…”
“Già…”
“E poi avremo dei figli.”
“Emh…”
“Ne voglio tre! E non staranno mai zitti, come loro padre!”
Ubriaca di lui, scoppio in una risatina dolorosa, mentre mi stringe con più forza e affonda ancora di più i suoi baci nel mio collo, fra le mie corte ciocche corvine.
“La farò io una casa per te, te la regalerò, sarà bello…”
“Sì, sarà bello…”
Inutile tentare di dare ancora un senso alle parole, annegano, soffocano, muoiono confuse nel rimestio impazzito della nostra fusione di carne e di anima. Mi perdo in lui, tutto il pericolo, il dolore, il mondo si dissolvono, almeno per adesso, almeno per un momento.
Almeno finché possiamo ancora sperare.

I miei sogni sono quieti, mi scorrono veloci dentro agli occhi, lascio che restino a tenermi compagnia ancora per un po’, preservandoli dalla luce dell’alba e dalle lame brillanti e chiare della veglia. Il mio corpo è abbandonato, l’unica coscienza che ne ho è il calore intenso che placa il dolore alla schiena, il contatto della mia pelle contro un abbraccio familiare e rassicurante.
Vedo un prato fiorito, un cielo azzurro.
Lontano, montagne.
Un sorriso, un paio di occhi ridenti, azzurri come il cielo sulle montagne.
Vedo le catene che mi cingono al passato spezzate in terra, in frammenti brillanti, ed il mio futuro libero, aperto, mio, nostro.
Il mondo è nostro, e anche il cielo. Tutto.
Pace.

Qualcuno alle mie spalle si sveglia, e si muove, distogliendomi dal dormiveglia e maltrattando la pelle infiammata tra le scapole, poi si sposta lasciandomi al freddo.
No…per favore senpai, ancora due minuti…
Lasciami sognare ancora due minuti, due minuti di paradiso.
Di dolci speranze.



Buonasera miei gentili ascoltatori, eccomi qui con il nuovo capitolo caldo di forno!
Voglio fare un ringraziamento speciale a October, Emmevi e Hoel, che sembrano intenzionate ad esaminare e commentare ogni capitolo di questa mia storiella! Grazie! *.*
Un grazie super-gigante anche a chi legge senza commentare, naturalmente, e anche a tutti i vari "seguiti"-"preferiti" ecc!
Pubblico ora in extremis e spero di tornare presto, domani ho il mio primo esame in università...- Aiuto!!! XD-
A presto!

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