PROLOGO
Stai passeggiando silenziosamente come ogni mattina negli ultimi vent’anni, ti giri e lo vedi, lui non è silenzioso ma non lo senti più così spesso, sai che non ha colore ma oggi per te appare verde, ne riconosci l’odore come solo d’inverno riesce a rivelarsi, ne assapori ogni secondo e poi decidi che li sarebbe successo qualcosa.. Tristezza, allegria, dolore o felicità, non è un luogo comune, riesce a racchiuderle tutte, devi scegliere: vivere o morire… e lì, in un giorno qualunque, che un vecchio come me, stanco, decise di continuare a vivere, senza motivo, il mare non lo voleva. Non ancora.
- Ciao – E’ una bambina che mi saluta. Le sorrido e lei mi regala una conchiglia ambrata raccolta sulla riva, è ancora bagnata e porta con se quell’acre profumo di salsedine. Non ho tempo di dirle grazie. E’ scomparsa. Mi giro attorno ma non la vedo.
Ad ogni passo che mi avvicina all’acqua le onde si alzavano come per mandarmi
via. Andare via, non lo avrei mai fatto ma era il mare a volerlo. Andare via.
Decisi di affittare una casa in città in un complesso chiamato “vicino il mare”, forse, il mare di folla che riempiva le strade del centro, oppure, il mare di notizie che ogni mattina potevi leggere sui giornali, e ancora il mare di palazzi che al mattino ti sovrastavano.
Chissà perché, non me lo chiesi spesso, il mare non aveva più voglia di ascoltare i miei pensieri.
Sento una porta aprire e vedo una fragile figura femminile entrare silenziosamente,
posare le sue cose e cominciare a sistemare, erano passati parecchi mesi mentre
svolgevo lavori saltuari d’ogni genere, ma alla fine, dopo tanto cercare,
avevo trovato un vero affare e con una buona parte del denaro ricavato dalla
vendita della vecchia casa, quasi tutto a dire il vero, avevo acquistato una
vecchia fabbrica e l’avevo ristrutturata aprendoci una galleria d’arte.
Dopo un avvio rocambolesco, i guadagni si rivelarono ottimi e decisi di affidare
la gestione domestica della mia nuova dimora ad una donna che per tre volte
a settimana provvedeva all’acquisto delle provviste, alle pulizie e a
tutte quelle altre cose che svolgere consideravo noioso.
L’arte; non è che avessi una gran passione o preparazione artistica,
ciò che amavo era l’idea di possedere un ambiente, abbastanza grande,
per contenere tante piccole cose e tanta gente che si accalcava ad osservarle;
il mio impiego giornaliero era ammirare le loro espressioni, la loro noia o
il loro stupore, erano lì per qualcosa che a mio avviso era totalmente
inutile. Per anni non mi fermai mai davanti neanche una delle centinaia di tele
od oggetti contenuti nella mia galleria.
Una mattina, stavo passando nella zona dedicata all’arte moderna e notai
uno spazio vuoto al centro della sala, non che dovesse esserci qualcosa, era
uno spazio strano, illuminato d’azzurro da una delle tante vetrate colorate
costruite sul soffitto per creare giochi di luce. Mi misi a pensare e in poco
più di un’ora e con la pianta dell’edificio in mano mi resi
conto che quel punto rappresentava il perfetto centro della galleria, non ho
mai capito perché lo avessi notato, forse è stato un semplice
caso, non ho mai creduto nel destino.
Chiamai la mia segretaria e le chiesi che in quel preciso punto, il giorno dopo,
avrei voluto vedere una teca trasparente e vuota. La prima volta che interferii
con le esposizioni.
Come richiesto antecedentemente, dopo qualche giorno un sostegno parallelepipedo,
alto all’incirca un metro, era nel punto che avevo accuratamente segnato
con del nastro adesivo.