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Autore: Mary West    04/02/2013    7 recensioni
Un evento incredibile sconvolge la vita tranquilla di Tony Stark e lui si sentirà più solo e distrutto che mai proprio nel momento in cui il mondo ha bisogno di Iron Man più che mai prima d'ora. Un arrivo dal passato, un nuovo nemico da sconfiggere, amicizie indistruttibili e l'amore più puro fanno da sfondo all'avventura del secolo e tra litigi, notti insonni, travestimenti e bugie gli Avengers si riuniranno ancora.
Lei annuì e tornò ad accarezzargli la mascella, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi perfetti.
«Baciami» sussurrò adorante. «Tutta la notte.» Lui sorrise e la accontentò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You'll find that life is still worthwhile, if you just smile'
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Capitolo XII
The prisoners



Il sole era appena tramontato sul carcere di Sing Sing e nella cella più remota della prigione i Vendicatori cercavano di fuggire.
“Me ne voglio andare” ripeté Barton per la millesima volta e Bruce dovette allungare un braccio e fermare quello di Natasha prima che colpisse con violenza il suo collega. Evidentemente, la cella frigorifero non era stata sufficiente per sfogare tutta quella energia potente sessuale latente e repressa in eccesso, ma per fortuna Clint ebbe il buon senso di non dirlo ad alta voce.
Thor, che era appoggiato ad un muro, in una posizione rannicchiata che lo faceva sembrare un perfetto incrocio fra un Labrador e un bambino infelice, borbottava lamentele e fissava minaccioso le sbarre di ferro.
“Thor, per l’Amor del Cielo, smettila di avere quell'aria depressa” esclamò Barton in preda all’esasperazione. “Dobbiamo uscire di qui. Non serve a niente arrabbiarsi.”
Natasha sbuffò.
“Ci abbiamo già provato una ventina di volte, ma queste non sono proprio celle qualsiasi. È come se fossero collegate ad un qualcosa e non mi sembra saggio scollegare il tutto, senza sapere neanche cos’è” spiegò a Clint. Bruce si avvicinò e cominciò a studiare quel collegamento. L’aveva già fatto parecchio nelle precedente otto ore, ma poi non aveva concluso nulla e nessuno aveva sentito la sua voce da quando si erano svegliati in quel luogo – cioè, da quando Natasha aveva spiegato cosa stavano facendo prima di finire lì – e l’unica reazione era stata un rossore vago sul viso. Le sue mani continuarono imperterrite a maneggiare il cavo, poi si illuminò.
“È un detonatore” esclamò stupefatto. Natasha e Clint osservarono il filo con apprensione, Thor sbarrò gli occhi.
“Cos’è?” chiese curioso. Non riusciva proprio a capire cosa potesse dare tutta quell’energia a quelle celle, a tal punto che il Mjolnir non era neanche riuscito a scalfirle e ora giaceva mortificato in un angolo.
“Be’” fece Bruce toccandosi la mascella con aria professionale. “Un detonatore è un artifizio esplosivo primario, contenente una piccola quantità di un alto esplosivo, di solito PTTN o T4,innescato a sua volta da pochissimo esplosivo primario…”
“È una bomba” intervenne Clint seccato. “Quindi, non possiamo aprire queste celle senza scollegare quel filo e attivare il detonatore e non possiamo attivare il detonatore senza saltare in aria. Fantastico. Il Natale è arrivato in anticipo, quest’anno.”
Natasha sbuffò, poi volse di nuovo lo sguardo sul viso di Bruce, che era ancora concentrato nello studio del filo metallico. Gli strisciò incontro e scrutò a sua volta l’aggeggio.
“È come dice Clint?” sussurrò seria. Bruce si passò una mano fra i capelli sudati e annuì.
“Sì, credo di sì. È evidente che ci hanno portati qui con lo scopo di ucciderci. Insomma, non potremmo mai uscire di qui, quindi o ci rimarremo per sempre oppure moriremo in un’esplosione.”
“In ogni caso, Glanster si sbarazzerebbe di noi” concluse amareggiata Natasha e colpì con violenza il muro. Bruce sorrise.
“Conservi i suoi spiriti bollenti per quando saranno richiesti da situazioni più piccanti.”
Natasha lo guardò con un sopracciglio inarcato.
“Intendevo il combattimento” aggiunse subito Bruce.
“Fantastico. Noi siamo qui, in sospeso tra la possibilità di una vita in gabbia e una morte istantanea per esplosione e questi due di mettono a tubare come due piccioncini…”
“Piccioncini?” ripeté Thor perplesso. Clint sospirò.
“Sì, piccioncini. Piccioncini, piccioncini! Non l’hai mai sentito? Quando due persone si guardano con quegli occhi tutti a pesce lesso e ridono e fanno i cretini insieme.”
“Oh” disse Thor. “Capisco.”
“Sì, certo. Come no. Lasciamo perdere. Qui se non interveniamo noi, mio caro Thor, ho l’impressione che resteremo qui per tanto, tantiiiiiiiiiiiiissimo tempo.”
Clint aveva appena concluso l’illustrazione del suo piano, quando un’enorme esplosione risuonò da poco lontano, prontamente seguita dalla sfavillante apparizione di Tony Stark.
“Signori, buongiorno” esordì pacato. “Bruce, amico mio, come stai?”
Bruce sospirò, sollevato.
“Bene, non ci è successo niente” assicurò soddisfatto. “Voi?”
“Io sto con Rogers, Fury e Howard” spiegò rapido e le sue mani cominciarono a trafficare esperte e veloci con il filo del detonatore. “Glanster ci ha portati in un posto incomprensibile, ho un mal di testa da primati. L’abbiamo incontrato e ha cercato di farmi entrare nella sua allegra gang del bosco e quando ho rifiutato mi ha preso il reattore, ma…”
“… ma avevamo sostituito l’iridio con Pegasus ieri sera” concluse Bruce per lui, sorridendo per la geniale idea che l’amico gli aveva esposto la sera prima e che avevano portato a termine in segreto.
“Esatto” confermò Tony. Le sue dita continuavano ad armeggiare calme e rapide con il filo e Clint le fissava perplesso. “Così ci ha rispediti indietro… qualcosa tipo che tutti ci devono vedere mentre cadiamo o roba simile. Insomma, le solite cavolate che sparano i pazzi con manie di grandezza come lui che da piccoli non hanno avuto abbastanza affetto dalla mamma e che ora vogliono vendicarsi urlando al cielo, all’apice della potenza, che lui era il figlio migliore o qualcosa del genere.”
“Capisco” confermò Thor affranto. La porta si aprì e anche Steve e Howard entrarono nel corridoio su cui dava la cella.
“State bene?” chiese subito il Capitano.
“Sì, stiamo tutti bene” replicò Natasha indifferente. “Voi?”
“A posto” rispose Steve. Il suo sguardo si corrucciò alla vista delle mani di Tony.
“Stark, quel filo non mi sembra piuttosto benevolo…” iniziò. Tony roteò gli occhi al cielo.
Benevolo? Ma che cavolo di parola è? Certo che non lo è, è collegato ad un detonatore, quindi se lo si scollega saltiamo tutti in aria” spiegò spazientito.
“Ecco” disse Steve improvvisamente agitato. “E non ti sembra il caso di lasciarlo così co-…”
Tony lo ignorò e staccò il filo. L’esplosione non ci fu. Bruce lo guardò ammirato uscendo dalla cella.
“Contatto ipersensibile con l’iridio di reazione. Non ci avevo pensato, ottima idea…”
Tony sorrise compiaciuto.
“Ora sarà meglio andarcene prima che gli amici di Glanster vengano a prenderci…”
“Ma non aveva detto che voleva liberarci per sconfiggerci davanti a tutti?!”
“L’ha detto a Capitan Attempato, non a voi. Se avesse voluto riservarvi lo stesso trattamento, vi avrebbe già liberato. Invece, vi fa saltare in aria, libera i tre reduci della guerra contro i Nazisti e prende me fra i suoi allegri compagni di bevute. A quel punto, con voi fuori combattimento e me dalla sua parte, cosa vuoi gli ci voglia per fare a pezzi due anziani appena più briosi e una padella…”
“Uno scudo, Stark, che mi ha permesso di sconfiggere l’Hydra e anche i Chitauri…”
“Sì, certo come no. Comunque, questo era il suo piano, ma dato il mio rifiuto, credo subirà qualche modifica, anche perché la mia sfavillante perizia in campo tecnologico e fisico-nucleare vi ha appena permessi di non saltare in aria, dunque…”
Steve roteò gli occhi al cielo e lo spinse in macchina. Fu Bruce a prendere il volante, mentre gli altri furono stipati tutti sul sedile posteriore.
“Dov’è Pepper?” chiese in un bisbiglio accorto, dopo qualche istante di silenzio – che non coinvolgeva per nulla il sedile posteriore dove sembrava si fosse improvvisamente trasferito un mercato ortofrutticolo. Tony sospirò e per la prima volta Bruce lo vide davvero preoccupato.
“Non lo so” ammise. “Non lo so. Ho provato a localizzarla centinaia di volte – Jarvis continua a tentare – ma niente. Lei e Coulson sembrano spariti nel nulla.”
“Come spariti?” esclamò Clint perplesso. Una traccia di palese preoccupazione impregnava le sue parole e Tony, suo malgrado, sorrise.
Bruce sterzò appena e l’auto svoltò verso destra. Ormai era quasi sera.
“Jarvis ti avvisa quando la trova?” domandò poi.
Se la trova” sussurrò Tony. I suoi occhi presero a scrutare vitrei il sole sparire dietro l’orizzonte e pensò che anche il suo era scomparso.
“Certo che la trova” ribatté secco Bruce. “Non avrebbe alcun senso, non trovare lei e Coulson. Per quale diavolo di motivo Glanster dovrebbe colpire loro?”
“Infatti” rincarò Clint sporgendosi verso di loro nello spazio tra i due sedili. “Per quale?”
Tony sospirò e di nuovo la voce di Glanster risuonò minaccioso e fredda dentro di lui.
Prima morirai dentro.
Glanster sapeva di lei, di loro. Sapeva che stavano insieme, che lei era l’unica cosa davvero importante per lui – l’amore della tua vita – che era stata la sola persona ad esserci sempre – che fortuna, una ragazza del genere – che stavano per diventare ancora di più – vi sposerete presto.
Quella frase – prima morirai dentro – Tony non riusciva a non collegarla a lei e non solo.
Dentro… quali erano le persone a cui teneva di più? Pepper, naturalmente. Ma anche Bruce, Rhodey e Coulson. Loro erano suoi amici, a cui era molto legato. E infatti erano state le prime persone che Glanster gli aveva allontanato…
“Non mi ha ucciso” disse all’improvviso, la voce stranamente rauca. “Poteva e non l’ha fatto. E sai cosa mi ha risposto quando gliel’ho chiesto? Prima morirai dentro. Bruce, cercherà di fare a pezzi tutte le persone importanti per me e lei è la prima della lista… sa anche che abbiamo deciso di sposarci” sussurrò agitato. “E guarda caso ha preso anche te e Coulson. Vuole fare a pezzi voi per fare a pezzi me. È la vendetta che aveva già programmato se avessi rifiutato la sua offerta e sapeva che avrei rifiutato” concluse sconsolato.
“Non importa” riprese Bruce testardo. “Anche se questo fosse il suo piano, siamo preparati. Ieri sera ci siamo fatti cogliere di sorpresa, ma ce la caveremo. Non devi stare in ansia per Virginia: non è sola, è con Phil e comunque sa come comportarsi in queste situazioni e andrà tutto bene, come sempre” continuò deciso. “Non ti azzardare a sentirti in colpa per aver rifiutato quell’offerta, ora saresti la bambolina preferita di Glanster e Iron Man non è il giocattolo di nessuno.”
“Sareste al sicuro, se l’avessi fatto” ribadì Tony.
“Sì, certo e tu ci credi… ti avrebbe solo usato per raggiungere il potere, dopodiché ci avrebbe fatti a pezzi comunque, quindi…”
“… quindi?”
“Quindi smettila di fare l’idiota e tranquillizzati. Andrà tutto bene.”
Tony annuì, appena più confortato, poi volse lo sguardo dietro: nello specchietto, vedeva gli occhi vitrei di Clint fissare il vuoto senza speranza. Accanto a lui, colse Natasha osservare Bruce con espressione profonda. Corrugò la fronte e guardò Bruce con un sorrisino idiota stampato sul volto.
“Non posso crederci” disse senza fiato. “Ieri sera è stata proprio il festival delle sorprese. Insomma, Rogers che quasi si concede alla sua vecchia fiamma, tu e la Romanoff che vi date alla pazza gioia… finalmente, aggiungerei… Clint stava per avere un esaurimento nervoso a causa di tutta quell’energia sessuale latente repressa o quello che era…”
“Steve?” ripeté Bruce sconvolto. “Di che parli?”
“Oh, sicuro” disse Tony affabile. “La sua vecchia fiamma è rispuntata all’improvviso, sempre bella e giovane. Anche lei imbottita di siero, a quando pare… un dottore gliel’ha iniettato per salvarle la vita dopo che ha tentato il suicidio per la scomparsa di Capitan Padella… cioè, proprio chi ha il pane e non ha i denti, ma va be’. Comunque, per concludere è una spia di un’altra agenzia e sa che anche noi siamo agendo contro Glanster – Rogers non manca mai di fare sfoggio al suo incontenibile genio di arguzia, devo dire – e quindi ieri sera hanno quasi sancito quest’accordo che è in sospeso da settant’anni.”
“Quasi?” ripeté Bruce. “Non hanno concluso?”
“Non del tutto… sono stati interrotti da Thor e poi lui e Steve sono stati presi da quelli di Glanster” disse Tony noncurante. “E tu da quando sei diventato così curioso? Cerchi di cambiare argomento? Ma non è questo il punto… stavamo parlando di te e di Gracie Hart… dove avete sancito il vostro accordo? Bagno? Sgabuzzino? Cofano di una macchina? Santo Cielo, non la mia spero…”
“Nelle cucine” rispose indolente Bruce. “Nella cella frigorifero.”
Tony emise un lungo fischio sommesso.
“Bel colpo, dottore. Molto sexy.”
“Dacci un taglio, Stark” intervenne fredda Natasha. “Siamo sicuri di poterci fidare di questa Peggy?” aggiunse poi rivolta a Steve. Lui annuì.
“Assolutamente” rispose senza ombra di dubbio.
L’auto frenò e Tony scese raggiungendo per primo l’ultimo piano della Torre. Jarvis continuava a cercare il segnale di Phil e Pepper. Un puntino rosso prese a lampeggiare all’improvviso e Tony quasi urlò dalla sorpresa.
“Beccati!” esclamò sollevato. Visualizzò bene il punto e mandò tutte le informazioni al suo cellulare. “Bruce” aggiunse dopo qualche istante. “Li ho trovati, dobbiamo andare a prenderli.”
Steve si alzò a sua volta e Howard con lui.
“Andremo solo io e Banner” disse subito Tony, senza guardarli negli occhi. Vide di striscio il viso di Clint irrigidirsi per quell’imposizione e gli dispiacque per lui, ma sentiva ancora un paio di graffi bruciare e non era il caso di riprendere quella discussione così brutalmente conclusa proprio in quel momento. “Voi restate qui e controllate che tutto sia a posto… Rogers, perché non contatti la tua bella e vedi se sa qualcosa? Potrebbe aiutarci a rintracciare Glanster e capire che diavolo sta combinando, in tutto questo casino…”
Non aspettò la risposta di Steve, ma rimontò in macchina e Bruce partì sgommando.
 

*

 
La mano di Phil continuava a trafficare con il suo orologio, alla ricerca di attivare il laser nel quadrante e spezzare le corde che gli imbrigliavano i polsi.
“L’hai preso?” gli soffiò Pepper, cercando di girarsi verso di lui nonostante i lacci.
“Non ancora” rispose con un sospiro stanco Phil.
Mentre Bruce e Tony partivano dalla Stark Tower, lui e Virginia si riprendevano dal sedativo che gli era stato somministrato a loro insaputa. Erano svegli da poco tempo e si erano ritrovati in una stanza scura, entrambi legati ad un palo e con l’aria ghiacciata a premere sulla pelle scoperta per i vestiti stracciati.
“Ci sono quasi” affermò Phil dopo qualche istante. “Ho bisogno solo di...”
“Sh” lo zittì Pepper all’improvviso. “Ho sentito qualcosa.”
Phil tese a sua volta l’orecchio e per qualche istante rimasero in ascolto: dalla stanza attigua, proveniva un rumore sinistro, metallico. C’era qualcuno, qualcuno che lavorava. Dopo qualche minuto di ascolto, la porta di aprì con un tonfo pesante e un uomo alto, robusto e dall’aria arcigna venne in avanti, verso di loro. Si abbassò sul palo e sciolse dei nodi, poi afferrò Pepper per un braccio e la sollevò in malomodo. Phil prese a dimenarsi, violentemente.
“Lasciala!” gridò impotente. “Lasciala andare!”
Ma quello sembrò ignorare del tutto le grida di Coulson e trascinò Pepper di peso nella stanza attigua, gettandola con malagrazia su un divano sporco e logoro. Lei fece per alzarsi, ma un’altra persona le venne incontro e lei sbarrò gli occhi.
“Dottor Deception” esclamò stupefatta.
“Signorina Potts” replicò lui soddisfatto, la voce sibilante e l'accento marcato. “È un piacere rivederla” aggiunse e i suoi occhi strisciarono indolenti sul suo corpo lasciato scoperto dagli ultimi brandelli dei vestiti. “Dopo il nostro incontro di ieri sera, non sono riuscito a dimenticarla.”
Pepper si morse la lingua; la verità era che aveva flirtato con lui solo per carpirgli informazioni su Glanster, ma non sembrava affatto il momento migliore per essere sottili e scortesi, dato che la situazione e dato che Deception, oltre ad essere piuttosto alto e corpulento, era provvisto di una pistola alla cintura dei jeans.
“Quindi ho deciso di invitarla nella mia umile dimora. Il signor Glanster era entusiasta della cosa, mi ha detto di trattarla come se lei fosse a casa sua… soprattutto dopo che il signor Stark si è rifiutato di collaborare” riprese mellifluo e le si sedette a fianco. Pepper avvertì una spiacevole stretta allo stomaco e all'improvviso si sentì braccata come un animale in gabbia; sentiva la testa girarle fastidiosamente per i residui del sedativo e percepiva le mani tremanti per il freddo e l'indolenzimento dei lacci. 
“È stato davvero un peccato. Damon gli ha proposto un lavoro alla pari, avremmo evitato molte spiacevoli conseguenze: lui ora non sarebbe al primo posto delle persone da uccidere, non sarebbe programmata una guerra e lei adesso sarebbe in sua compagnia” disse ancora e poggiò con disinvoltura un braccio attorno allo schienale del divano, mentre una mano aveva iniziato ad accarezzarle la gamba coperta dal tessuto logoro dei jeans.
“Ma non si preoccupi” aggiunse e l’altra mano si serrò attorno alla mascella di lei. Pepper sollevò appena una gamba e guizzò con lo sguardo in tutta la stanza. Un’idea improvvisa quanto folle e anche abbastanza disgustosa le spuntò nella testa e quasi si maledì per quella pessima trovata. Ma a mali estremi.
“Mi prenderò io cura di lei” concluse il dottore e prima che Pepper se ne rendesse conto finì su di lei e le forzò le labbra. Lottò, la nausea e la testa che le esplodevano definitivamente, poi si lasciò prendere arrendevole. Sentì le sua mani stringersi decise su di lei ed emise un gemito soffocato di dolore, l'impotenza e la frustrazione che la pervadevano da capo a piedi. Tentò di prendere il respiro, soffocata da quel peso gravante su di lei e ansimando per il terrore. In un impulso di difesa, fece strisciare la mano ancora fasciata fra i loro corpi, mentre lasciava che lui continuasse a obbligarle la bocca e finalmente le dita martoriate si strinsero attorno al metallo freddo e Pepper, disperata, sparò un colpo.
L’urlo glaciale di Deception irruppe in quel silenzio prepotente e lei approfittò di quell’istante di distrazione per spingerlo all’indietro e rotolare sul pavimento. Cadde per terra, la tempia dolorante con il legno sudicio, reggendo ancora la pistola nella mano destra, mentre il dottore si teneva un fianco sanguinante fra le braccia, e strisciò sul pavimento polveroso, cercando disperatamente di raggiungere la porta. Ma Deception ignorò il sangue che sgorgava feroce dalla ferita e la raggiunse: le fu alle spalle in un momento e le artigliò i capelli, trascinandola per la chioma. Pepper strillò in preda al dolore e cercò di muoversi, agitando le gambe e tentando di riprendersi la chioma che lui le stava strappando, ma il dottore la condusse verso la parete e la gettò per terra. Lei cadde con un tonfo, gettando all’aria un tavolo ripieno di ampolle e plichi di fogli. Sentì il vetro frantumato penetrarle nella carne e gonfiare i lembi della pelle con gocce di sangue scarlatto; alzò un braccio per sollevarsi e posò il palmo tremante sulla superficie legnosa del secondo tavolo, ma lui la colpì con un bastone sul polso ferito, e lei se lo strinse, urlando ancora.
Fu in quell’istante che la Jaguar grigia targata STARK5 entrò.
L’auto abbatté il muro nello stesso istante in cui Tony e Bruce bloccarono Deception e il dottor gli iniettò qualcosa sul collo. Tony le fu accanto e la sollevò.
“Stai bene?” chiese e quasi tremava per la preoccupazione. Pepper annuì, continuando a stringersi il polso.
“È tutto a posto” rispose quando fu certa che la sua voce suonasse a dovere. “Sto bene. Solo… credo di essermi rotta la mano, di nuovo. Ma non è successo nulla, davvero” gli portò una mano – quella buona – sulla guancia e lo accarezzò. Vide di sfuggita Bruce correre nella stanza attigua da Phil.
Tony l’aiutò a sollevarsi e si guardarono. Evitò il suo sguardo che aveva cominciato a osservarla attento; un’ombra di rabbia affatto repressa gli oscurò il volto.
“Cosa è successo?” sussurrò, cercando i suoi occhi. Pepper li evitò.
“Sto bene” continuò a dire. “Davvero…”
“Voglio sapere cosa è successo” disse di nuovo lui. Si guardarono e lui rise nervosamente, scuotendo la testa. “Stai scherzando” disse dopo poco.
Lei sospirò e alzò le mani.
“Non è successo niente, stai calmo. Ci hanno portati qui e…”
“Ti è saltato addosso?” chiese lui sconvolto. “Virginia…” non riuscì a continuare e si mise le mani fra i capelli. Il suo sguardo guizzò sul corpo inerme di Deception, pallido ed esanime sul pavimento, ma lei lo fermò.
“Andiamocene” disse all’improvviso. “Non è successo niente, Tony, te lo giuro. È stato solo un… tentativo senza successo. Voglio solo andarmene. Ti prego” aggiunse in sussurro.
Lui sospirò e rientrarono in auto. Phil, altrettanto malconcio, entrò con Bruce dietro di loro.
“Virginia” intervenne dopo un po’ Bruce. “Appena arriviamo alla Torre, vorrei dare un’occhiata a quella mano, se possibile” disse gentile. Lei sorrise grata.
“Grazie, mi farebbe molto piacere” disse sorridendo. Tony intercettò il suo sguardo attraverso lo specchietto e la vide sorridere debolmente.
Conosceva quel sorriso, lo conosceva molto bene. Era quel sorriso che lei gli rivolgeva ogni volta che succedeva qualcosa di grave e lei gli sorrideva in quel modo per rassicurarlo, per dirgli che andava tutto bene e che tutto sarebbe andato bene.
La strada del ritorno apparve molto più breve. Quando parcheggiarono l’auto in garage, a Tony sembravano esser passati appena cinque minuti. Lui e Bruce aiutarono Phil a camminare – la sua gamba si trascinava a fatica – e lo condussero all’attico. Appena l’ascensore fu aperta, tutti gli vennero incontro.
“Virginia!”
“Coulson!”
Le voci di Clint e Natasha suonarono sconvolte appena Pepper e Phil varcarono la soglia, l’una con ancora il polso cadente e i vestiti stracciati e l’altro che si reggeva a fatica sulla gamba ferita. Pepper si morse il labbro inferiore e scosse il capo. Suo malgrado, sapeva che avrebbero capito quello che era successo.
“Va tutto bene” intervenne Bruce. Lui e Tony lasciarono Phil sul divano e si sollevarono. “Signor Stark” continuò rivolto a Howard. “Vorrei chiederle di aiutarmi a fasciare la gamba dell’agente Coulson… se può, cominciamo a preparare le bende. Natasha, ti spiacerebbe aiutare Virginia a lavarsi le braccia… dopo perderò qualche minuto sulla sua mano.”
Howard e Natasha annuirono pacati e Tony seguì Bruce nella stanza attigua.
 

*

 
“Ahia.”
Bruce strinse un’altra benda e sorrise affabile a Virginia.
“Durerà solo qualche giorno, poi guarirà da sola. Cerca di non sforzarla troppo, stavolta” aggiunse in un sorriso divertito. Lei rispose al sorriso.
“Grazie, Bruce.”
“Ma figurati” replicò lui gentile. Chiuse l’ultima fascia e si alzò. “Bene, io vado a controllare Coulson allora.”
Sorrise a Tony e uscì dal la stanza. Pepper sospirò.
“Devo somministrarti un sedativo o ti calmi da solo?”
Tony si passò le mano fra i capelli.
“Non scherzare, Pepper, è una cosa seria” disse e Pepper strabuzzò gli occhi, giocando. “Dovevo accettare” sussurrò affranto.
“Che cosa?” esclamò lei, ora senza più ombra di scherzo negli occhi. “Ma sei impazzito? No, assolutamente no. Avresti consegnato il mondo nelle mani di un pazzo…”
“Be’, così ho consegnato te nelle mani di un pazzo!” replicò lui testardo. “Guardati. Ti hanno portata in un cantiere disgustoso con lo scopo di… d-di saltarti addosso e poi ucciderti, secondo te è normale? E io dovrei continuare con questa follia?”
“Non puoi mollare” disse lei e si alzò, cercando le sue mani. “Ci siamo dentro…”
“No, io ci sono dentro e se pensi che porterò avanti questa follia… io non ce la faccio, è diverso stavolta…”
“Non è la prima volta che sembra impossibile!”
“Non è solo questo! Io posso farcela, ho un’armatura… sei tu che corri dei rischi!” disse senza fiato. “Ti hanno portata là dentro perché sapevano che avrei rifiutato la proposta di Glanster, non si fermerà davanti a niente, il prezzo è troppo alto. Non posso perdere stavolta.”
Pepper scosse la testa e assottigliò lo sguardo. Le sue dita sane andarono a sfiorargli la fronte, appena coperta da una ciocca di capelli, e lo guardò dritto negli occhi.
“Andrà tutto bene” sussurrò. “Sapevamo che avremmo corso di rischi, ma dobbiamo farlo. Abbiamo deciso di correrli, per tutti gli altri, per tutto il mondo. E lo faremo ancora. Devi fidarti di me.”
Tony la guardò a sua volta, con un luccichio nelle iridi luminose.
“Virginia…” iniziò in un sospiro ed era unico il suo nome sulle sue labbra. “Ho paura.”
“Anche io ho paura” rispose a lei con gli occhi dischiusi e lucidi. “È normale, avere paura… tutti abbiamo paura, continuamente, di qualsiasi cosa, ma questo non può fermarci perché esistono delle cose più importanti della paura.”
Tremava e la sua voce era incontrollabile, ma una nota di ardore impregnava le sue parole.
“Pensi che gli eroi non abbiano mai paura, quando devono affrontare i loro nemici? Certo che ne hanno, fino ad impazzire... ma combattono perché capiscono che il coraggio è necessario per vincere e non per se stessi, per la gloria personale, la vendetta o altro, ma per le persone che credono in loro e che non hanno le loro stesse possibilità. Solo gli eroi possono salvarli perché sono eroi e anche se qualche volta occorre rischiare di perdere le persone che amiamo per farlo, bisogna combattere… dobbiamo andare avanti perché adesso c’è una missione da concludere e non possiamo tirarci indietro e non possiamo non fidarci di noi se gli altri lo fanno. Glielo dobbiamo” continuò. Non distolse lo sguardo dal suo e si strinse contro di lui. “Andrà tutto bene.”
Lui la prese in vita e l’abbracciò. Affondò il volto nell’incavo della sua spalla, annusando l’ammaliante profumo della sua pelle raggiante, stringendola a sé con forza.
Quando si allontanarono, lei riprese ad accarezzarlo.
“Cosa ti successo?”
Lui scosse la testa con una smorfia.
“Glanster mi ha proposto di diventare il suo amico del cuore, ma a parte questo niente di che. Ah, be’, mi ha anche gentilmente ricordato tutto quello che mi hanno combinato i nostri amici di viaggio: bugie, segreti e altri bei gesti carini e dolci dolci. C’è stato anche un piccolo quiproquo su te e Rogers e abbiamo litigato… ah, e gli ho detto che ci sposiamo.”
Lei sbarrò lo sguardo, stupita.
“Pensavo non volessi” disse.
“Ho pensato che era meglio chiarire alla Padella che doveva levare le tende.”
“Ma non sta di nuovo con quella sergente?”
“Lilly?”
“Peggy!” lo rimproverò lei sorridendo debolmente, una piccola luce pallida sul viso smunto.
“Giusto” disse lui irriverente.
Lei rise appena e si sporse verso di lui per baciarlo.
“Non perdere mai la speranza, Tony” gli sussurrò suadente.
“Ti ho promesso che non ti avrei mai lasciata” replicò lui tendendole la mani. “Adesso promettimelo tu.”
Lei sorrise, dolce, e l'afferrò.
“Te lo prometto. Non ti lascerò mai” bisbigliò serena. “Mai.”
In quel momento un rumore sordo risuonò nella sala e ruppe quell’attimo di oblio beato, facendo trasalire entrambi con violenza. La voce di Clint li richiamò.
“Stark, ho bisogno di un arco nuovo.”
Tony sbuffò, incredulo. 
"Legolas, è il quarto! E anche l'ultimo" ribadì convinto tornando in salotto. Pepper lo seguì, sorridendo ancora, e si sporse a sfiorargli l'orecchi con le labbra un'altra volta. 
"Non perdere mai la speranza, Tony."





















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Buongiorno a tutti, miei Vendicatori del cuore. *-*
Spero davvero che per voi sia una bella giornata perché io sto seriamente perdendo la testa dietro la letteratura tedesca dal secondo millennio avanti Cristo a stamattina e purtroppo sono qui in clandestinità e di passaggio superveloce. 
Capitoletto un po' strano, a dire il vero. L'atmosfera iniziale più leggera all'inizio cede il passo a qualcosa di più nero, diciamo così, vero il finale e cominciamo seriamente ad avvicinarci al punto focale della trama in cui la battaglia avrà luogo. I presupposti, direi, ci sono già. 
Sono un po' preoccupata, se devo essere onesta, per questo aggiornamento: spero che la cosa sia realistica e, soprattutto, di non essere sfociata nell'OOC, nel banale o nella confusione senza senso. Spiegherò, a questo proposito, un paio di cose e spero di non essere troppo noiosa e prosaica: dunque, ciò che mi mette un po' di ansia è il passaggio da una situazione all'altra dal punto di vista di Tony. Ho cercato di utilizzare il suo modo di sdrammatizzare ogni situazione per nascondere la sua preoccupazione, cosa che fa spesso, ma questa prevale nei momenti in cui parla da solo con Bruce, perché è suo amico e crede davvero di potergli dire qualsiasi cosa. Inoltre, sul finale, ho introdotto una scena in cui perde la speranza, o quasi: ecco, non credo di aver esagerato per il semplice fatto che si è visto quasi perdere ogni cosa nel peggiore dei modi e io penso sia normale avere paura, in queste circostanze. Lui ha paura per sé, certo, ma è una persona che teme di più per chi ama e spero sia chiaro e non stucchevole o noioso o altro. 

Come al solito, un po' di cosucce: 

[1]: The prisoner è una serie televisiva britannica del 1967 di genere fantapolitico; 
[2]: come al solito, l'idea della targa è tratta dai film di Iron Man
[3]: il gioco di parole su Peggy è ispirato ai cartoni Disney La carica dei 101 e Lilly e il Vagabondo.

Dunque, credo di aver detto tutto. Per colpa dello studio, non posso ora rispondere alle recensioni e, sarò onesta, non so quanto potrò perché purtroppo quest'esame è davvero tosto e richiede un mucchio di tempo che non ho e non so proprio come trovare. In ogni caso, prometto che, prima o poi, risponderò. Entro Marzo, sicuro. LOL 
Voglio, in ogni caso, ringraziare le favolose persone che mi seguono sempre tanto e che mi rendono davvero felicissima: Alley, Lou, Missys, Silvia, LadyBlack, Maretta e evenstar. Grazie di cuore, immensamente. 
 Spero che questo capitolo vi piaccia. 
Un bacione immenso e alla prossima (a San Valentino! XD). 
La vostra Mary. 

 

   
 
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