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Autore: Amy Tennant    04/02/2013    9 recensioni
L'ultimo Signore del Tempo ha perso la sua sposa e il dolore lo sta facendo impazzire. Un uomo che non è un uomo, sta diventando un terribile dio vendicativo. Desidera salvare l'unica cosa che per lui abbia senso a costo della sua anima e dei mondi. Ma va fermato. E ucciso.
Un universo parallelo a quello conosciuto mentre il tempo e lo spazio si stanno sgretolando.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Erano in una nebulosa di polvere rosa e lo spazio scintillava, pur essendo immersa ogni stella nel buio più profondo. Il riverbero delle stelle le faceva pensare alla musica.
Sapeva che era dovuto a quel ricordo.
L'accordo del Tempo. Una volta Lui glielo aveva fatto sentire al di là di un silenzio apparentemente assoluto. La volta in cui erano stati più vicini, forse. L’aveva presa dolcemente per mano e aveva spalancato le porte sullo spazio. Incredibilmente.
-          Ascolta… li senti?
-          Sembrano sottili echi… - gli aveva detto ma guardando Lui e non al di fuori. Sentiva più forte di qualunque altra cosa, il battito del proprio cuore. Lui le aveva sorriso e quando sorrideva lei si incantava.
-          Quando ero giovane le stelle che vibravano erano le mie sirene – le aveva detto – ho rubato questa nave per poter toccare tutti i cieli che immaginavo.
-          E poi…?
-          E poi non sono più bastati. Quando quel che vuoi toccare ha ogni cielo possibile dentro i suoi occhi scuri – il suo cuore aveva di nuovo avuto una fitta dolorosa. Perché anche se lei non c’era Lui restava di quella donna.
Aveva viaggiato con Lui subito dopo che l’aveva persa, chiusa in un altro mondo.
Ma non era stato per sempre.
Non quella volta e a distanza di tempo si era chiesta se avesse accettato la sua lontananza sapendo in qualche modo che non era definitiva.
Ma Lei era morta, ormai. E non esisteva felice da nessun’altra parte.
Ora quel che stava guardando al di fuori delle vetrate era bellissimo ma infinitamente triste. In fondo, come era Lui allora.
Inutile da amare, nella sua indifferente delicatezza; quella avuta anche verso di lei.
Chissà cosa fissavano i suoi occhi centenari.
Il tempo si stava sgretolando e molti mondi erano crollati sulle ceneri del loro inizio collassando del tutto nel nulla. Lunghe crepe nello spazio si aprivano e inghiottivano il futuro e il presente. Ogni luogo esisteva in modi e tempi insopportabili e poi, scompariva.  
Ormai si sapeva cosa stava accadendo.
L’universo ferito si stava contraendo sanguinando il nulla.
Molte le canzoni su di Lui che erano apparse nei passati di tutti i tempi e di ogni mondo. Il suo dolore continuava a generare paura e pietà insieme, nonostante portasse distruzione.
Una di queste poesie era più bella delle altre e parlava di Lui attraverso di lei. La donna che continuava a cercare ovunque e che non riusciva a trovare.
La Rosa della Tempesta.
Chiamavano così la sposa del signore del Tempo e la memoria di quella donna era ormai perduta nell’odio per chi l’aveva amata.
In tutto l’universo avevano iniziato a sradicare e annientare quel fiore perché aveva assunto il significato della morte e del dolore più profondo. Ormai una rosa era qualcosa di raro.
In molte lingue il nome di quel fiore aveva lo stesso significato della parola “fine”. Il suo profumo l’avevano dimenticato quasi tutti.
Ma si diceva che da qualche parte Lui avesse piantato un rosa quasi immortale, blu brillante e profondissimo, il colore del lutto in tutto l’universo rimasto. La storia diceva che l’aveva nascosta in un luogo e in un tempo estremo perché nessuno potesse toccarla.
Ma restava davvero in Lui qualcosa che gli aveva fatto creare un fiore?
Sarebbe stata una speranza ma quella era solo una leggenda, una delle tante su di Lui.
La realtà era un dio freddissimo che aveva distrutto l’uomo che era diventato e che sbriciolava il Tempo con indifferenza per cercare di sciogliere un nodo fisso: la morte crudele della sua compagna.
Forse davvero, come diceva qualche poesia, Lui era troppo vecchio ormai per sopportare altra sofferenza. Perché aveva fatto cadere mondi, distrutto il proprio per salvarne un altro. Aveva illuminato il Tempo fino a quando Lei non si era spenta.
Ed allora era diventato il buio.
Martha Jones non riusciva mai a non piangere quando ripensava a Lui.
Perché invece lei era tra i pochi che poteva ricordare limpidamente quanto bello e dolce potesse essere lo sguardo del signore del Tempo. Lei lo aveva visto sorridere e ridere.
In uno dei passati che stavano rischiando di non esistere più.
 
 
La navicella attraccò nell’hangar della grande nave della flotta e il gruppo in attesa aspettò che i passeggeri uscissero. Due militari sostenevano un uomo con una certa difficoltà. Il comandante si avvicinò e dopo un cenno di saluto ai due, rivolse lo sguardo a colui che tenevano a braccio.
-          Eccolo finalmente  – mormorò. Dopo la distruzione completa della sua squadra, di lui si erano perse le tracce. Trovarlo era stata un’impresa. Sperava che almeno ne valesse la pena – dove lo avete raggiunto?
-          Era una stazione spaziale attorno a Kastal I. Uno dei nostri informatori lo ha incontrato per caso. Sembra che fosse interessato soprattutto a restare ubriaco per la maggior parte del suo tempo – il comandante sapeva. Bruttissima storia. Un altro uomo sofferente.
-          Anche se non sembra, viste le condizioni, vi assicuro che il capitano è un uomo di valore  – disse abbassando lo sguardo un breve momento - gli avete dovuto sparare?
-          E’ stato possibile portarlo qui solo da morto.
-          Immagino non ci fosse alternativa – il comandante guardò uno dei soldati – avete notizie del Dottore? – notò come sempre quella scintilla di paura che avevano tutti negli occhi quando lo si nominava.
-          No, nessuna. Sembra sparito.
-          Ma tutto sta continuando a cambiare – disse quasi fra sé. Fece cenno ai due di distendere l’uomo sulla barella. Quando fu lì, il comandante si chinò su di lui perplesso.
I suoi vestiti erano bruciati da almeno quattro colpi d’arma differenti. Si rivolse verso i due che lo avevano scortato sulla nave ed essi compresero il senso della sua domanda silenziosa.
-          Signore… abbiamo dovuto ucciderlo varie volte anche quando era a bordo  – il comandante annuì silenziosamente.
-          Beh, ora portatelo in infermeria e quando sarà perfettamente sveglio, conducetelo dall’Ammiraglio. Gli altri ospiti sono già arrivati.
Mentre la squadra medica si allontanava con l’uomo, il comandante pensò che a bordo della nave avevano già molti degli inquietanti paradossi frutto della furia del signore del Tempo. Ora si era anche aggiunto quello creato dall’incoscienza della sua compagna: l’immortale Jack Harkness.
  
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