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Autore: Alys_90    05/02/2013    5 recensioni
-Sana addio. È finita, non cercarmi mai più-. E così dicendo rientrò.
Akito Hayama mi aveva davvero lasciata. E per di più in quella squallida maniera.
Corsi via, disperata.
-ADDIO!-.
Akito ha lasciato Sana. Come procederà la vita di entrambi? Sarà stato un addio definitivo oppure torneranno nuovamente insieme?
A tal riguardo, un grande segreto verrà a galla e scompiglierà le vite di tutti i protagonisti ..
Questa è la mia prima Fanfiction! Spero sia di vostro gradimento!
Dedicata a Simone, il mio adorabile fratello. ♥
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti/e! ♥
Vi chiedo scusa per essermi assentata così tanto, ma ho avuto alcuni problemi con il pc! Scusatemi! :-(
Ecco il capitolo 10, in cui Akito rivela la verità a Sana! Anche se..
Vi lascio alla lettura! ;-)
Per quanto riguarda le recensioni vi ho già risposto, quindi lo “Spazio recensioni” è rimandato al capitolo 11 :-)
Alla prossima! Un bacione! ♥

 
BUONA LETTURA ♥
E ancora grazie a chi recensisce e a chi legge soltanto ♥

 
Oggi Sana sembrava felice. Oddio, “felice” era una parola grossa. Diciamo serena, ecco.
E’ proprio vero che lo shopping ti fa ritornare il buonumore.
La mia grande e spensierata amica. Avevo deciso di non dirle niente riguardo alla conversazione che avevo avuto con Seka. Non volevo ferirla ulteriormente. Le parole di quella vipera mi erano entrate nel sangue e, in quell’istante, l’avrei presa a schiaffi.
Sana era sempre stata una persona allegra, vivace ed altruista, pronta ad aiutare chiunque in ogni momento. Pensava maggiormente a come risolvere i problemi degli altri, che non i suoi. E l’ammiravo per questo. Non si meritava di soffrire.
Guidavo prudentemente, ascoltando la radio che, a dirla tutta, trasmetteva canzoni spaventose. Cambiai stazione e trovai un bel pezzo. Iniziai a canticchiare.
“And he’s long gone
When he’s next to me
And I realize the blame is on me”.*
Le parole mi ricordarono Sana.
Voltai l’angolo e mi ritrovai a casa.  Misi la macchina in garage e staccai le chiavi. Feci per scendere ma il suono del telefono catturò la mia attenzione. Lo cercai tra le cianfrusaglie che tenevo in borsa e mi maledii per non aver ripulito. -Accidenti!-
Frugai velocemente in ogni tasca e lo trovai. Guardai il nome che compariva e scompariva sul display, al squillare del cellulare. “Akito Hayama”.
Mi incantai per un attimo e poi risposi.
-Pronto Akito?-
Parlava velocemente e non riuscii ad afferrare a fondo quello diceva.
-Calmati! Non capisco nulla.. Riavvolgi tutto. Che è successo?-
Stetti ad ascoltare la sua voce, che conteneva disperazione.
-Co.. cosa?-
L’aggeggio che tenevo all’orecchio cadde sul tappetino verde, sotto ai miei piedi.
L’afflizione mi portò al pianto. -Sana!-
 
***

Non era possibile. Era un incubo, sicuramente. Prima o poi, qualcuno mi avrebbe dato un pizzicotto e mi sarei risvegliato. Ne ero convinto.
-Hayama! Come sta Sana?! Appena ci hai chiamati siamo corsi qui!-
Sollevai lo sguardo ed osservai Tsuyoshi ed Aya correre verso di me. Il loro viso denotava apprensione e tormento.
Mi alzai dalla sedia sulla quale stavo adagiato e gettai le braccia al collo di Tsu, singhiozzando. -Perché lei?! Tsu.. perché Sana?!-
Lui mi abbracciò ed Aya mi accarezzò la spalla. -Akito..-
-E’ tutta colpa mia! Mia soltanto!-. Le parole si ruppero in  gemiti, seguiti da lacrime. -Oh Sana..-
-Calmati..-articlò Tsu. Mi staccai, asciugando gli occhi con l’orlo della manica. -Spiegaci..-
Mi sedetti di nuovo e miei due amici mi imitarono.
Dottori ed infermieri camminavano ininterrottamente lungo il corridoio.
Strinsi la testa tra le mani e non passava secondo durante il quale non pensassi a come stava Sana dentro la sala operatoria. Era viva? Era sveglia?
-Amico mio..-
Mi ridestai e inizia a raccontare loro ciò che era successo.
 
Inizio flashback
 
Era venerdì. Un giorno come tanti, tralasciando il putiferio che si era scatenato la sera precedente. Sana e Seka. Seka e Sana. Confusione.
Azzannai una brioches, posta sul vassoio d’argento che piaceva tanto a Natsumi. La sala da pranzo era vuota e il silenzio era tombale. Mio padre era andato in ufficio presto per svolgere alcune questioni in sospeso e mia sorella, partita questa mattina, sarebbe stata fuori città una settimana per fare uno stage. Tutto ciò significava casa libera.
Non mi era mai piaciuta l’idea di marinare la scuola, ma non ero proprio dell’umore adatto per sostenere un altro giorno circondato da persone che ti chiedono in continuazione come stai, come passi il tempo, come va la vita.. E soprattutto: “Akito ieri sera..”, “Hayama adesso devi darle delle spiegazioni..”, eccetera. 
Qual è la giusta direzione da prendere? Non puoi saperlo finchè non la decidi tu. Ed io avevo deciso di non pensare più a lei per il resto della mia esistenza.
Dopo una bella doccia fresca, iniziai a riordinare la mia camera. Al pomeriggio avrei visto Seka per un aperitivo al bar del centro, prima della lezione di karate.
Seka riusciva a distrarmi, a farmi sorridere nuovamente, a dimenticare tutti i problemi. Non avrei mai permesso che qualcuno rovinasse la nostra amicizia, il nostro rapporto ormai consolidato.
La mattina trascorse velocemente, quasi non me ne accorsi. Avrei dovuto trovare un valido motivo per giustificare la mia assenza da scuola il giorno seguente, ma non me ne curai. Avevo solo voglia di uscire, stare con la mia migliore amica ed essere felice.
Quella notte non chiusi occhio. Le parole di Sana mi avevano trafitto il petto come lame taglienti e non potevo guarire così in fretta.
“Santo cielo, sono in ritardo!” esclamai mentalmente.
Mi vestii come più preferivo: camicia bianca, pantaloni grigi a sigaretta e scarpe eleganti. Semplice, ma d’effetto.
Andai in garage e tolsi quel lurido lenzuolo giallognolo che copriva la mia gioia. La mia Kawasaki. Era stata un regalo di mio padre per il mio ultimo compleanno ed io, a dir poco, saltellai per tutta la casa dalla gioia. Non potevo credere ai miei occhi! Me l’ero meritata per i miei progressi scolastici e sportivi; parole di genitore!
Misi il casco e il cappotto nero in pelle, montai in sella, accesi il motore e partii sgommando.
Adoravo il sibilio del vento che mi sfiorava le orecchie. L’adrenalina saliva a mille quando facevo un’impennata o una curva ai 200.  Mi sentivo bene.
Arrivai allo “Young Cafè”, un locale situato sulla via principale di Tokio, pieno di giovani clienti, baristi sexy e cameriere attraenti. Certo, l’occhio ci cadeva, ogni tanto.
Dopo aver parcheggiato, cercai Seka con lo sguardo. Eccola. Era seduta in un piccolo tavolino rotondo nell’angolo, accanto alla vetrina. 
Assorta nei suoi pensieri era ancora più bella.
Mi avvicinai e lei si girò ad osservarmi con il suo sorriso più radioso. Si alzò e si diresse verso di me. Indossava uno stretto e cortissimo abito nero, che metteva in risalto le sue straordinarie forme, un paio di sandali argento con tacco dodici e alcuni gioielli colorati.
Rimasi a bocca aperta di fronte a tutta quella .. quella non so.
-Ciao Akito!-strepitò, buttandomi le braccia al collo.
-Ciao Seka .. Sei .. Sei favolosa-dissi, consapevole del fatto che avevo appena fatto una brutta, anzi orribile, figura.
-Pure tu non scherzi eh!-disse lei, accennando con il capo.
-Bè .. ti ringrazio-risposi imbarazzato.
Ci sedemmo e ordinammo due Spritz. Ottimo.
-Allora, che mi racconti?-chiese Seka.
Indugiai. “Ieri sera, dopo secoli, ho mezzo parlato con la persona con cui pensavo di condividere ogni attimo della mia vita e ho scoperto di esserne ancora .. attratto. O di amarla. Non so. Anche se ho deciso di dimenticarla”.
-Niente di particolare. Oggi devo insegnare una nuova mossa ai ragazzi e spero tanto che ci mettano impegno per impararla in fretta-
-Con un maestro come te è facile imparare velocemente-
Sorrisi. -I tuoi complimenti mi lusingano signorina Kobayshi-proferii scherzoso.
-Almeno io li faccio, vero signorino Hayama?-contrattaccò lei.
-Ma se prima ho detto che sei favolosa! Cosa vuoi di più?-
-Nulla. A me basta il tuo respiro-
O-mio-Dio. Le mie orecchie avevano captato bene quei suoni? Quelle parole distintamente pronunciate?
Guardai Seka. Anzi, le inchiodai i miei occhi ai suoi. Il mio cuore batteva come non aveva fatto da un bel po’di tempo, all’impazzata.
Cercai di dire qualcosa, ma non uscì nulla. Aprii la bocca e un suono gutturale mi bloccò.
Nel frattempo, con i nostri drink su un elegante vassoio, arrivò Chinatsu, la barman conosciuta, se così si può dire, in una disco della città circa un mese fa.
 
Quella sera ero ubriaco fradicio e la ragione se n’era andata via.
Quel nome mi rimbobava nella testa perennemente. Sana.
Mi avvicinai al bancone e una ragazza alta, snella, con lunghi capelli corvini e gli occhi verdi si accostò e mi chiese se desideravo qualcosa da bere.
-Si .. Due Gin tonic, grazie..-
La giovane mora mi guardò di soppiatto, perplessa.
-Scusa ma .. Non mi sembri nelle condizioni per bere ancora-.
-Dammi quello schifoso cocktail!- urlai, battendo impaziente le mani sul ripiano cristallino. La gente intorno a me iniziò a fissarmi.
-No, mi dispiace. Se continui ad ingerire liquidi alcolici dovrò chiamare l’ambulanza e, inoltre, io non ci terrei ad essere buttata fuori da qui da uno come quello- rispose, guardando un grande omone grasso e calvo appostato all’ingresso del locale.
“Akito riprenditi. Non fare l’idiota”.
-Scusami.. io..-
-Tranquillo- affermò quella splendida creatura davanti a me. Solo in quel momento mi resi conto della sua bellezza.
-Piacere, io sono Chinatsu, per gli amici Chi-disse, allungandomi una mano.
-Piacere, Akito Hayama- risposi, ricambiando la stretta.
-Per curiosità, quanti anni hai?-
-Venti .. Perché?-
-Perché a vent’anni dovresti avere un minimo di maturità da sapere che non puoi bere talmente tanto da rischiare il coma etilico! Io ne ho ventuno e sono più responsabile di chiunque altro!-disse, facendo l'occhiolino.
-Senti qua, chi sei per farmi la morale?-
Chinatsu si chinò e i nostri visi si sfiorarono. -Vuoi fare l’amore con me?-
Mi spiazzò. Mai mi sarei aspettato una domanda-risposta del genere. Da una come lei, poi. Da una che di me conosceva solamente il nome.
Appoggiò il bicchiere che stava asciugando sul lavabo, mi prese per mano e mi trascinò verso la porta del bagno.
-Aspetta..-
-Shhh..-pronunciò, posandomi un dito sulla bocca per zittirmi.
Entrammo nel bagno femminile, deserto. Chi mi sbattè su una rozza porta di legno, che si aprì di botto. Io caddi sulla tavoletta del water, per mia fortuna abbassata.
Aggrappai le mani al freddo muro bianco, eccitato e in fibrillazione. Avevo deciso di lasciarmi andare. Quando poteva capitarmi un’altra occasione simile?
Chinatsu iniziò a muoversi sensualmente, togliendosi prima il top, poi la minigonna di jeans che le copriva neanche un terzo delle gambe. Non portava il reggiseno.
Rimase semi nuda. Portava un tanga di pizzo panna che mi fece perdere la testa.
Si avvicinò pericolosamente.
La toccai con avidità, infilando le mani in ogni minima parte di quel corpo incantevole.
Lei ansimava. Non resisteva più. E nemmeno io.
Mi slacciò la lampo dei pantaloni e nel frattempo si scostò quel misero pezzo di stoffa che ancora la ricopriva. Entrò dentro di me.
Nient’altro che sospiri e gemiti riempivano quel piccolo spazio.
Chinatsu fece girare le sue braccia attorno al mio collo e si abbandonò al piacere.
Durò per un'ora e fu leggendario.
Mentre ci vestivamo, nessuno dei due disse qualcosa. Prima di uscire però, Chi estrasse dalla tasca della sua gonna un foglietto e me lo porse.
-Chiamami-mi sussurò all’orecchio.
Quella fu l’ultima volta che la vidi.
 

-Oh, salve Signor “Scaricatore”!-esclamò Chi, mentre poggiava i nostri drink sul tavolino.
Seka mi guardò interrogativa e io inchiodai gli occhi per terra. Ma poi decisi di reagire a quello che aveva detto quell’estranea. Si, perché anche se ci ero andato a letto, quella donna per me rimaneva una perfetta sconosciuta. Ora lavorava qui, e mi maledii per non aver scelto un altro bar.
-Senti Chi, scusa se non ti ho più chiamata, ma è stato solo per gioco. Ok? Nulla di più. Mi dispiace. Ciao-
Chi rimase di stucco. Seka, al contrario, inarcò le labbra . La cameriera si allontanò mugugnando uno “stronzo” ben udibile.
Seka, dal canto suo, scoppiò in una risata clamorosa.
-Ma Akito che combini?!- disse allegra.
-Niente di importante! Quella si è montata la testa.. A me non interessa.. Non voglio storie serie per il momento! Non me la sento proprio..-
All’improvviso si fece seria. -Lo so che è dura e ti capisco.. Ma non puoi continuare così! Prima o poi dovrai mettere la testa a posto, no?-
-Certo, ma non ora-risposi secco.
A pochi metri da noi, macchine e moto sfrecciavano sulla strada trafficata.
Avevo un bisogno disperato di tabacco.
-Ma quand’è che smetterai di fumare?-mi domandò Seka, poggiando il capo sul polso.
-Quando i problemi finiranno- risposi, accendendo una sigaretta.
Seka stette in silenzio. Lei mi capiva sempre.
Ad un tratto sentii un urlo provenire dal locale. Mi voltai e vidi Chi correre verso di me furiosamente.
-Tu, razza di idiota!-
-Chi, ma che ti prende?!-
SCIAF. Al posto della risposta, arrivò uno schiaffo, forte e sonoro, sulla mia guancia, che pian piano diventò rossa come un pomodoro.
-Impara l’educazione, cretino-. Dicendo questo Chinatsu si voltò e sparì dietro la porta di vetro, sotto lo sguardo di tutti che, increduli, ci avevano fissato.
Seka era rimasta a guardare, incapace di dire o fare qualcosa.
-Akito stai bene?-
-Si, tranquilla. Non è nulla-. Ma la pelle sul viso iniziava a bruciare.
-Lasciatelo dire, però! Tu i problemi te li cerchi!-proferì.
Feci una piccola smorfia. Seka, tuttavia, aveva ragione. Ero un disastro, non ne combinavo una giusta. Chi, molto probabilmente accecata dalla rabbia, aveva deciso di farmela pagare, umiliandomi davanti a tutta quella gente. Perché era quello che mi meritavo, forse.
Seka si alzò, allargò le sue braccia e disse -Scemo, vieni qui-.
Lei mi strinse per un attimo ed io ricambiai. Poi, si staccò e.. mi baciò. Un bacio sulle labbra, un bacio caloroso, improvviso, che mi lasciò a dir poco sorpreso. Rimasi bloccato. Mani intorpidite, piedi ben saldi sul pavimento e naso che aveva smesso di respirare. Nella mia testa mille pensieri, nel mio cuore pure. Chiusi gli occhi, ma un boato assordante mi riportò alla realtà. Vetri infranti che caddero a terra, urla, grida.
Io e Seka ci staccammo ed osservammo il punto in cui avevamo sentito il fragore. Una folla impaurita circondava quello che sembrava un grosso camion grigio e una macchina azzurro scuro rovesciata e, da quel che potevo intravedere, distrutta. Poi, un flash. Quella macchina.
-Quella è la macchina di Sana!-sbraitai. Non poteva. NO. NON POTEVA, DANNAZIONE!
Mi feci largo tra la calca, spingendo uomini, donne o chiunque altro.
Sentii Seka chiamarmi. -Hayama aspetta! Dove vai?!-. Non me ne preoccupai.
Arrivato oltre, vidi distintamente la scena. Il camion aveva una notevole ammaccatura sul cofano anteriore, i fanali rotti ed il vetro spezzato a metà in verticale. Il camionista era accanto ad un lampione, con il sangue che gli sgorgava lungo la fronte. “E’ salvo. E.. Sana?”pensai, rabbrividendo.
Sentii il suono delle sirene; arrivarono ambulanze, pompieri e polizia che, subito, corsero verso il fossato accanto ai veicoli.
Ad un certo punto, un pompiere alzò e prese in braccio un piccolo corpicino, con i lunghi capelli rossi bagnati e scompigliati.
“SANA..”. Mi veniva da vomitare. “SANA, SANA, SANA!!”
Mi precipitai verso di lui. -SANA, SONO QUI!!-
-Hey, ragazzo dove credi di andare?!- esclamò un poliziotto che parlava con uno dei pompieri, afferrandomi e tenendomi per le mani.
-Mi lasci! Sana!!-
-Stai calmo!-
-Che è successo?! Per favore! Lei è una mia cara amica!-strepitai disperato.
-Calmati..-
Guardai il poliziotto che mi lasciò e mi disse: -Senti, mi dispiace.. La ragazza.. E’stata sbalzata fuori dall’auto, ha perso conoscenza e ora la stiamo portando in ospedale. E’grave...-
-Co.. come?-. Sana era in pericolo di vita? Era troppo.
Sentii freddo e vidi il buio che mi si parò davanti. Barcollai, persi i sensi e caddi.
**  
-E poi?-. Tsu mi osservò nervoso.
-E poi mi hanno portato qui.. Vi ho chiamati.. I medici stanno operando Sana..-
-E’ orribile.. E Seka?-
-Ha voluto ritornare a casa..-
-Capisco..-
-No! Non capisci Tsu! Sana ci ha visti! Ha visto me e Seka mentre ci baciavamo.. E ha perso il controllo dell’auto.. Quel camion l’ha quasi uccisa.. Per causa mia!-
Mi rizzai in piedi e corsi verso un’ infermiera sulla trentina, intenta a scrivere qualcosa su un grande blocco. -Mi scusi-
-Mi dica-. La donna si voltò e mi fissò con fare interrogativo.
-Sana Kurata è in sala operatoria da tre ore.. Lei sa qualcosa? La prego.. Quanto durerà ancora? Sta bene?-
Lei mi prese per le spalle e mi riportò di nuovo da Aya e Tsu. -E’ meglio che tu stia qui con i tuoi amici.. Appena ho qualche notizia, ve la vengo subito a riferire, va bene?-
-Certo signorina, grazie..-disse Tsu.
-Chiamatemi pure Rieko-
Tutti e tre facemmo un cenno di assenso con il capo. Rieko si allontanò e ritornò al suo lavoro.
-Ragazzi!-
Mi girai e vidi Fuka correre ansimante verso di noi. -Oh ragazzi..-
Aya si drizzò e abbracciò l’amica. -Che è..?-
-Sana ha fato un incidente-risposi frettolosamente. Fuka mi squadrò. -Si è scontrata con un autotreno.. La stanno operando..E' sopravissuta per miracolo..-
Fuka si portò le mani alla bocca e scoppiò in un desolante pianto. -Fuka..-. Aya cercava di consolarla, ma tentava solo di trovare il coraggio di farsi forza.
Tsu guardava il soffitto, pensieroso ed in attesa. I suoi occhi erano lucidi.
“Se le è capitato qualcosa.. io non vivo più..”pensai, insieme triste ed arrabbiato.
Ad un certo punto, una porta sbattè forte e una troupe medica trasportava una piccola barella.
Rieko si avvicinò e disse: -Ragazzi.. Ora potete parlare con il dottor Yamazaki-
Scattai veloce nella sua direzione ed urlai: -Aspetti!-
Si volse con decisione. -Lei è l’amico della ragazza, giusto?-
-Si-risposi, sentendo i passi di Tsu, Aya e Fuka dietro di me.
-Ha riportato una frattura scomposta al femore. Alcune costole erano rotte..-
Fuka singhiozzò e coricò la testa sulla spalla di Aya. -E’ fuori pericolo?-
-Certo, non preoccupatevi-. Ognuno di noi tirò un sospiro di sollievo. Mi sentii meglio, ma l’inquietudine non se n’era andata del tutto.
-Tuttavia..-. Riosservai il chirurgo. -Le complicazioni non mancano. Molto probabilmente ha perso la memoria. Ha subito un brutto trauma e questo ha dannosi effetti sull’individuo. Adesso si trova in uno stato di incoscienza che perdurerà fino a domattina. Appena si sveglierà, non vi riconoscerà. Ma non forzatela nel ricordare. Quello è un processo che va affrontato con calma e pazienza-
Sana non mi avrebbe più riconosciuto. Le mie gambe tremarono.
-Ma.. la riacquisterà?-chiese timorosa Aya.
-Con il tempo può darsi..-
-Altrimenti?-domandai io, titubante.
-Altrimenti.. Vivrà per sempre con la credenza di non avervi mai incontrati prima-
Sussultai. Ma che incubo stavo mai facendo?
-Possiamo vederla?-
-Sì, ma uno alla volta. E’ la regola-
-Vai tu Akito-sostenne Tsu. -Sana ha bisogno di te-
Sorrisi lievemente. Andai da Rieko, che mi fece indossare un camice apposito, onde evitare infezioni o cose del genere.
Mi condusse alla stanza di Sana e aprì la porta. -Hai mezz’ora-
-Ok-replicai flebile.
Entrai e il dolore si impossessò di me. Sana era distesa nel letto, tubicini ed aghi le coprivano il naso, la bocca e le braccia e un “bip bip” risuonava nell’aria. Era l’andamento del suo cuore.
Mi avvicinai cauto, presi una sedia posta accanto alla soglia e mi accomodai accanto a lei. Il motivo per il quale era in quelle condizioni ero io. Ero più che sicuro che avesse visto quel bacio. Quel bacio che sembrava mi fosse piaciuto.
Allungai la mano verso la sua e la toccai. Era talmente fredda che pareva il sangue avesse smesso di circolare.
Le mie dita intrecciarono le sue e un luccichio mi annebbiò la vista. Abbassai la testa sul letto, gemendo. -Perdonami.. Ti pre.. Ti prego..-
Piansi per un tempo indefinito. Poi, iniziai a parlarle, dolcemente.
-So che tu mi stai ascoltando.. So che mi senti..-. Le sfiorai il braccio. La sua pelle era candida e morbida. -Voglio dirti la verità.. Sono stato uno stupido a lasciarti così.. Sola e senza alcun chiarimento.. Non dovevamo arrivare a questo..-
Le sue ciglia lunghissime si mossero impercettibili.
-Sana.. Sto per morire-
 
 
 
 
 
*
“E lui è così lontano
Quando mi è affianco
E realizzo che la colpa è mia”.
E’ una delle mie canzoni preferite di Taylor Swift, “I knew you were trouble". ** Fine flashback. Ho dimenticato di scriverlo. -_-
  
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