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Autore: ClaryMorgenstern    09/02/2013    3 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Author's corner: *rullo di tamburi* - Miei cari, ecco a voi l'ultimo capitolo. Manca solo l'Epilogo, e poi Once upon a time sarà ufficialmente concluso. E allora si che piangerò!  Ci tengo a ricordarvi che nulla verrà lasciato in sospeso, quindi pazientate. Se così non fosse, avete il diritto di picchiarmi!
Godetevi -ahimè- l'ultimo capitolo.


Camminano angeli, muti | con me; non hanno respiro le cose; |
in pietra mutata ogni voce, | silenzio di cieli sepolti.
S. Quasimodo


Capitolo XXV
Angeli muti


Camminano angeli, muti | con me; non hanno respiro le cose; | in pietra mutata ogni voce, | silenzio di cieli sepolti.
Chissà perché furono quelle le parole che vennero in mente a Jace, quando posò i piedi sul suolo londinese. Non emisero alcun rumore, come se non pesasse più di una piuma di quelle ali bianche che sfarfallavano sulle sue spalle.
Cameron, tra le sue braccia, lo guardava inorridito. Jace gli fece un gran sorriso, scostandosi i capelli dal viso.  «Lo so, sono una meraviglia.»
Uno sbattito d'ali, non sue, fecero cadere il corpo di Cameron dalle sue braccia. Il ragazzo si pose lì, davanti a lui, sorridendogli beffardo. «Prima di sentirti tanto angelico, dovresti imparare a usarle, quelle ali.»
Jace scosse le spalle. «Che ci vuoi fare? Sono sempre stato bello come un dono del cielo.»
«E anche altrettanto arrogante.» Alzò gli occhi al cielo, verso quella finestra che era stata il loro trampolino. Alzando lo sguardo anche Jace, vide Will e Luigi sporgersi dall'alto. Clary doveva essere dietro di loro.
Tornò con lo sguardo basso su Cameron e, chissà come, ebbe la certezza che stavolta non sarebbe scappato.
«Alla fine, lo sapevo che sarei finito con te» disse Cameron, con una scossa alle spalle.
Jace alzò un sopracciglio. «Per la cotta che hai per la mia ragazza? Pensi davvero che potrai mai averla?»
L'altro fece un sorriso sottile. «Non penso che tu potrai, dopo che ti avrò fatto a pezzi» Con un ampio gesto delle mani, disegnò un cerchio intorno a loro fatto di fiamme che li racchiuse. Quindi scattò con le mani, velocemente, lanciando lampi di luce pallida, che Jace evitò prontamente, ridendo. «E' seriamente questo il meglio che sai fare?»

Sono la freccia di Valentine
Saltò.
E, come tale, si andò a conficcare nello scudo di Cameron, rappresentato dalle sue ali, le mani con una presa salda su di esse. Avevano la consistenza delle piume di pavone, delicate, ma dure al tatto. Strinse i pugni e tirò, con Cameron che tentava di divincolarsi dalla sua presa. Tutto inutile, e dopo qualche secondo il rumore di uno strappo lacerante fu seguito da un urlo che squarciò il cielo cupo.
Le piume nere caddero in terra, macchiando di rosso e nero il manto candido della neve.
Jace cadde in terra sulle proprie gambe, ridendo nella notte. Cameron si voltò furioso, all'interno del suo stesso cerchio di fuoco. Il sangue gli colava lungo i fianchi in rivoli scuri e corposi, cadendo a gocce pesanti in terra. L'odio nei suoi occhi era così concentrato che Jace lo sentì sulla pelle.
Il rintocco del Big Ben lo distrasse per un secondo, e Cameron ne approfittò per fare la propria mossa. Con un solo movimento del braccio lo sbattè contro la parete della struttura. Sentiva il rintocco dell'orologio dentro la propria cassa toracica. Con una stretta della stessa mano, fu bloccato lì, come da tante funi invisibili.
Cameron si avvicinò di qualche passo. Con le fiamme dietro di sé e il sangue che continuava a cadere dal corpo, poteva davvero sembrare un demone dell'inferno. «Come mai sei caduto dal cielo,/ stella del mattino
Jace se ne uscì con una risata isterica, lasciando cadere la testa contro la fredda parete di pietra. «Citazione sbagliata.»
«Davvero?» fece Cameron. «Io la trovo perfetta.» Si avvicinò ancora, fino a che Jace non sentì il calore leggero emanato dal suo corpo.  Dalla cintura, lo stregone estrasse un coltello dalla lama d'argento, in cui si rifletté il bagliore delle luci londinesi. Lo conficcò nella sua ala sinistra dritto su un intrico di venature azzurre.
Jace non emise un fiato, ma si morse la lingua così forte che sentì il sangue sul palato. Quando lo tirò fuori dalla parete, Jace si sorprese di vedere il suo sangue rosso acceso, così com'era sempre stato. «Questo era per le mie ali.» Alzò di nuovo il coltello, brandendolo sopra  la sua testa mentre delle gocce del suo stesso sangue macchiavano la neve. «E questo, è per me.»
Jace non chiuse gli occhi. In ogni battaglia che aveva visto il suo sangue versato, aveva visto la morte dritta negli occhi e non si era mai tirato indietro. Persino quando la morte lo aveva raggiunto davvero, aveva tenuto gli occhi spalancati fino a che non ebbe esalato l'ultimo respiro. Era stata Clary a dirgli che Valentine gli aveva chiuso gli occhi, dopo la sua dipartita.
Ed era perché non ebbe chiuso gli occhi, che vide ciò che accadde dopo.
Una macchia rossa sfocata cadde a una velocità impressionante dal cielo dritta davanti a lui, prendendo Cameron in pieno. A Jace venne in mente l'apparizione dell'Angelo Nocchiero, nel Purgatorio, come una macchia rossa al centro e bianca ai lati che arrivava ad altissima velocità verso la spiaggia. Ed era proprio ad un angelo che pensò quando vide cosa fosse, quella macchia.
Clary si chinò, ed estrasse la spada angelica che Jace sospettò avesse rubato a Will. Cameron era a terra con la schiena sulla neve. Quando aprì gli occhi, scoppiò a ridere. «Certo, la magia.»
«No» disse Clary. L'ombra di un sorriso ad accenderle il viso. Piantò la spada dritta della coscia di Cameron, che urlò a squarciagola.«Le scale. Questa è magia.»Sulla sua mano destra comparve uno stilo e, con poche semplice linee, liberò Jace dalla prigionia.
Nello stesso momento in cui  fu liberato, Jace sentì qualcosa solleticargli la pelle. Alzando lo sguardo, vide le piume delle sue ali cadere, una a una, ed essere trasportate dal vento. Le vide sparire sotto il vento freddo verso il cielo e sorrise.
Perché, nonostante non ci fossero, riusciva ancora a sentirne il peso sulle spalle.
 
Di certo, però, non avrebbe potuto risaltare tutti e dieci i piani fino all'ultimo, così gli toccarono le scale. Jace saliva a uno a uno i gradini che lo separavano dall'ultimo piano. Teneva Cameron per ciò che rimaneva dei monconi delle sue ali, tirando di proposito per fargli un male cane.
Ritornò nella sala ferito dai vetri della finestra e sfatto dal vento, scavalcando ciò che rimaneva della porta. Will e Luigi stavano ancora guardando il punto dove lui e Cameron erano saltati giù. Tranne Clary, ovviamente. Lei era al suo fianco, lì dove sarebbe sempre stata.
Jace sbattè Cameron sul pavimento della sala con un colpo sonoro. «Qualcuno ha ordinato un idiota?»
Si girarono tutti verso di lui. Avevano uno sguardo scioccato e spaesato. Will anche un po' arrabbiato. «Questo» gli disse. «Rientra nelle spiegazioni»
«Teoricamente, l'ho preso io.» Puntualizzò Jace. «Quindi non ti devo niente.»
Will gli lanciò un'occhiataccia e Jace scoppiò a ridere. «Ma sono un Dio generoso, e ti concederò qualche perla di saggezza.»
Lo mandò al Diavolo.
Jace, quindi, si chinò e raccolse Cameron da terra. «Adesso tocca a te.» e lo buttò davanti alla statua maledetta. Li seguiva con lo sguardo con le sue dannate pupille di pietra. Era esattamente orribile come la ricordava.
 
Erano tornati all’istituto, dopo che Cameron gli aveva spiegato per filo e per segno come fare a tornare casa. Non avrebbero commesso errori.
Gli avevano chiesto come avesse fatto Simon a sopravvivere, dato che gli stregoni erano morti. E lui aveva risposto che non lo sapeva.
Lo sapeva Clary. Però, non poteva dirlo ad alta voce. Jace gli aveva spiegato che
Befrik era vivo grazie al potere di una runa e, per sopravvivere a una runa, bisognava avere sangue d’angelo. Cosa che Simon aveva. Il sangue di Jace.
Avevano trovato Isabelle, Alec e Jem in uno dei primi piani della costruzione, accanto a decine di carcasse meccaniche come quelle che avevano affrontato all’esterno. Sembravano un modello ancor a più arcaico, come di riserva.
Will era corso dal suo parabatai a una velocità allucinante. L’avrebbe fatto anche Jace, ma non avrebbe mai lasciato Cameron. L’ultima volta che l’aveva fatto, c’era voluto un soffio perché sparisse.
Così era stato Alec ad andare da lui. Aveva controllato che stesse bene, gli aveva chiesto cos’era successo e, senza aspettare una risposta, l’aveva abbracciato con foga.
Anche Izzy si era avvicinata a lui e l’aveva abbracciato. Era una scena piuttosto comica. I tre fratelli Lightwood che si abbracciavano uniti con Cameron schiacciato tra di loro.
Clary si era sentita un po’ fuori, ma aveva sorriso comunque. Aveva fatto un passo indietro, ma Izzy l’aveva afferrata per i capelli e l’aveva tirata con forza nell’abbraccio, facendole per altro male. Sua madre aveva avuto torto, in fondo. Gli Shadowhunters non erano poi così male.
Appena arrivati all’istituto, erano stati Jem e Will a trovare il loro benvenuto. Charlotte, Henry e Tessa erano nel corridoio d’entrata ancora con i vestiti della festa indosso. Appena li vide, Charlotte corse da Will e Jem ad abbracciarli con foga, come una mamma avrebbe potuto abbracciare i propri figli. E poi fece loro una sfuriata paurosa che a Clary ricordò molto quelle di Jocelyn, esattamente come avrebbe fatto una madre coi propri figli.
Henry, di solito un cucciolo di enorme stazza, era furioso. «Come vi è saltato in mente di andarvene dalla festa senza chiamare rinforzi? C’era tutto il Conclave radunato a Buckingham Palace! »
«Non potevamo far sapere cosa stavamo andando a fare!» ribatté Will, piccato. «Ordini precisi del Console: ‘Nessuno al di fuori di questo istituto e della Città di Ossa deve sapere nulla al riguardo’»
Charlotte diventò rossa dalla rabbia, ma non aggiunse nulla.
Fu Tessa a parlare, invece. Da quando erano arrivati, non aveva distolto un attimo lo sguardo da Will e Jem. «E di lui, cosa avete intenzione di fare?»
Jace, con una risata, si rese conto di avere ancora Cameron tra le mani. «Ah già.» disse. «Il qui presente Cameron ci riporterà a casa.»
  
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