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Autore: Saradream    30/08/2007    0 recensioni
In un futuro indefinito, dove la cultura e il pensiero non esistono più, Jules,un ragazzo solitario, sembra essere l'unico a conoscere il valore dei libri e della poesia, la sua vita trascorre triste e monotona, fino al giorno in cui scopre di non essere l'unico "Diverso", ma che esiste un luogo dove si sono rifugiati i suoi simili, per sfuggire ad un mondo che non li capiva più. Così Jules comincia un lungo viaggio alla ricerca del misterioso nascondiglio delle Anime Affini...Leggenda o verità? anche Jules troverà il suo posto nel mondo?
Genere: Commedia, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II

 

Era mezzogiorno passato quando Jules  giunse all’ultima pagina del libro, e venne assalito da una dolce malinconia, ogni volta che doveva separarsi dai personaggi e dai mondi che aveva imparato ad amare sentiva come se una parte di sé se ne andasse, lasciando un bel ricordo e un vuoto incolmabile.

Ogni volta che un libro finiva, Jules era costretto a tornare alla realtà, ad un mondo che non gli apparteneva.

Jules si alzò pigramente dal letto, indeciso sul da farsi, poi sospirando si vestì in fretta e uscì di casa, per smaltire la tristezza e per cercare una qualche ragione di allegria che non provenisse da un libro.

Il cielo era sempre più nero ma nessuno sembrava intenzionato a mostrare di essersene accorto, così, mentre Jules errava senza meta per le strade del quartiere, la banda suonava, le majorettes ballavano, la gente rideva, i carri colorati sfilavano e tutti sembravano perfettamente felici.

-Sono felici perché non guardano il cielo- pensò mestamente Jules, continuando a vagare per allontanarsi da tutta quella allegria fuori luogo.

 

Jules avrebbe voluto essere come tutti gli altri, avrebbe tanto voluto riuscire a non guardare mai il cielo, a ridere al passaggio di una banda, a non amare i libri, a essere semplicemente felice, ma non ci riusciva.

Sentiva che quelle strade e quelle persone non gli appartenevano, a volte gli passavano accanto come se fossero fantasmi, come se non esistessero, e probabilmente per loro era lui a non esistere.

 

A volte si chideva il perché fosse diverso, ma soprattutto si chiedeva se davvero era lui ad essere sbagliato o se invece era il resto del mondo ad esserlo.

Cercava di trovare un senso alla sua situazione, ma gli sembrava impossibile.

Più provava a integrarsi con quel mondo e più gli sembrava finto, irreale, patinato.

 

I personaggi dei suoi libri non erano così, erano vitali, pieni di spirito, a volte allegri, a volte sofferenti, magari anche crudeli e pericolosi, ma erano vivi, più vivi dei volti sorridenti che continuavano a scorrergli davanti.

La vita dei libri era diversa, nel mondo della letteratura esistevano la poesia e gli ideali, nel mondo vero niente gli sembrava poetico o ideale.

 

La vita vera, pensava Jules, doveva essere qualcosa di totalmente opposto a quello a cui era abituato, doveva essere colma di tutte le sfumature, di tutti i sentimenti, di tutte le esperienze e di tutti i pensieri.

Doveva essere ricca di amicizie e discussioni, di risate e di confronti e di viaggi.

Ma forse quello che lui pensava fosse la vera vita, era solo il suo sogno, e allora per lui non ci sarebbe stata speranza di sfuggire a quella vita falsa e irreale.

 

Jules si era ormai allontanato dal quartiere e dal confine della città, fino ad arrivare in riva ad un fiumiciattolo di campagna, si sedette e contemplò il nero del cielo rallegrandosi quando delle lievi gocce di pioggia cominciarono a cadere dall’alto, si distese e lasciò che la pioggia lo bagnasse.

La natura era il più diretto contatto con la vita vera, lo faceva sentire bene, a volte gli sarebbe piaciuto dissolversi nell’aria e diventare una nuvola, o un albero, per poter essere felice.

 

Si stava quasi per addormentare, disteso nell’erba con un raro sorriso sulle labbra, quando qualcuno lo scosse lievemente.

 

“Ehi”-chiamò una voce- “ehi, svegliati, ti senti male?Perchè sei disteso per terra?”

Jules grugnì  e aprì gli occhi irritato.

Si levò a sedere e fissò con aria truce un ragazzo con un ombrello in mano, più o meno della sua età, con i capelli biondi e gli occhi scuri, un aria tranquilla e uno sguardo stupito.

 

“Ti sei sentito male per caso? Cosa ci fai qui per terra?” chiese ancora il ragazzo biondo.

“Me ne sto disteso nell’erba, a dire il vero lo trovo molto rilassante e vorrei continuare se non ti dispiace” sbottò seccamente Jules.

“Ah”replicò l’altro “Ma…forse non ti sei accorto che sta piovendo” tentò ancora

“Me ne sono accorto”

“Ah, capisco” mormorò il biondo con il tono di chi non capisce proprio.

 

“Forse dovresti rientrare…voglio dire lo sai con la pioggia non esce nessuno, anche la televisione ha fatto sapere che è meglio continuare i festeggiamenti in casa, per le strade non si vede anima viva” riprese

 

“E perché tu sei qui allora?” tagliò corto Jules stendendosi nuovamente sull’erba.

“Ah, eh infatti stavo tornando a casa che è proprio vicino al fiume” rispose lui imbarazzato indicando una casetta dipinta di rosa che si trovava poco distante.

“Ma poi ti ho visto qui e ho pensato che dovevi star male per startene qui sotto la pioggia, e magari avevi bisogno di aiuto”

 

Jules si sentì leggermente in colpa per il suo tono scortese, così si rilassò e abbozzò un sorriso.

 

“No, sto benissimo, solo mi piace la pioggia.” Disse semplicemente.

“Ti piace la pioggia…che strano non ho mai conosciuto nessuno a cui piaccia la pioggia…” disse con un espressione pensierosa.

“Anche a te piace?”chiese speranzoso Jules illuminandosi in volto.

Il biondo si morse il labbro inferiore e poi disse “beh…a dire il  vero no.”

Sembrava quasi dispiaciuto.

Jules sospirò senza scomporsi “Peccato” e chiuse di nuovo gli occhi, sperando che il biondo se ne andasse.

 

“Ma, cioè, io… è solo che la pioggia rende tristi le persone”

Jules si rassegnò e riaprì gli occhi.

 

“ Non me” spiegò tranquillo.

 

Un lampo squarciò il cielo, seguito poco dopo dallo scoppio del tuono.

Jules vide il biondo trasalire e rabbrividire e sorrise.

 

“Hai paura?”

Il biondo scosse la testa con poca convinzione.

“E’ solo che…i temporali mi innervosiscono…e non sono mai stato fuori con la pioggia”

“Beh allora corri a casa!”

il ragazzo non si mosse ma si guardò indietro sospettoso.

 

“Ma non ti fa bene restare qui sotto la pioggia, potresti…ammalarti, magari potresti venire a casa mia fino a quando non smette” propose speranzoso.

 

Jules cerco di nascondere la risata che gli affiorò sulle labbra al malcelato tentativo del biondo di nascondere la sua angoscia.

Quel ragazzo era un po’ timido, ma non era antipatico, aveva qualcosa di piacevole nella sua ingenuità.

Si alzò lentamente e il biondo lo imitò titubante.

 

“Bene…andiamo allora…”Jules si interruppe accorgendosi di non sapere nemmeno il nome dell’altro.

“Arthur” rispose immediatamente il biondo.

“Ti chiami come un poeta!”esclamò Jules

Arthur sembrò rifletterci per qualche istante e poi sorrise, probabilmente era un complimento, pensò.

 

I due si incamminarono sotto la pioggia, in silenzio, ognuno seguendo i propri pensieri.

Entrando in casa rimasero senza saper bene come comportarsi per qualche minuto, poi Arthur invitò Jules a sedersi, e Jules pensò che forse Arthur non era proprio come tutti gli altri, anche se non era nemmeno troppo diverso.

 

“Vuoi che accenda la teleparete?”chiese Arthur cortesemente, anche se forse voleva riempire un silenzio che non sapeva in che altro modo oltrepassare.

“Io non la accendo mai, non mi piace” rispose Jules

“Tu sei un tipo strano sai!” mormorò Arthur

“In un certo senso anche tu”ribattè Jules

“Oh, lo so”rispose Arthur “voglio dire, è che non esco spesso da casa mia, non riesco a farmi amici molto facilmente”

Jules annuì, credeva che la timidezza fosse qualcosa che ormai esisteva solo nei libri, non nel mondo vero.

“Nemmeno io”confessò Jules.

“Ti piace leggere Arthur?”

“Non saprei, non credo di aver mai letto un libro vero, vivo con mio padre e lui non pensa che sia un bene leggere,io non vado nemmeno a scuola.”

Jules non si sorprese e capì perché non avesse lo avesse mai visto prima.

Continuarono a conversare di tutto e di niente, non avevano assolutamente nulla in comune, a parte il fatto di non avere amici, ma non ci fecero caso e il temporale lasciò posto ad un semplice cielo grigio più in fretta di quel che avrebbero pensato.

 Arthur non capiva Jules e il suo strano modo di fare, ma sembrava trovarlo molto simpatico.

Jules sapeva che Arthur non lo capiva, ma lo trovava molto gentile.

 

Jules e Arthur si separarono, ma si sentivano alleggeriti dalla speranza di aver trovato un amico finalmente.

 

Il 16 raggiodoro stava volgendo al termine e Jules intuì che qualcosa stava cambiando, ed era vero, anche se forse non modo che lui si aspettava.

Jules e Arthur si vedevano spesso, dopo la scuola, nel tempo libero.

Jules provava a iniziare Arthur al mondo dei libri e della poesia, mentre Arthur godeva semplicemente della presenza dell’amico.

Jules era felice di poter parlare con qualcuno, e che questo qualcuno fosse Arthur, ma era frustrato dal constatare l’incolmabile impossibilità di comprensione profonda che esisteva tra loro due.

 
  
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