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Autore: roxy_xyz    10/02/2013    6 recensioni
[Storia partecipante all’Aurors in Love - Il ritorno, organizzato dal gruppo FB “Cercando chi dà la roba alla Rowling” dedicata ad ArmoniaDiVento]
Perché a volte si crede di conoscere le persone, di essere dei buoni amici, prima di scoprire di essersi sbagliati. Perché le ferite di guerra sono le più difficili da guarire e quelle di Harry continuano a sanguinare.
Ci sono anche quei giorni in cui la vita subisce una scossa, e allora la linea retta diventa uno zigzag strano, instabile, di cui non si conosce la destinazione. La dolce routine viene cancellata da un continuo susseguirsi di eventi non programmati, che portano a galla tutte le bugie, tutta la merda che si è cercato di nascondere. A quel punto, non rimane che nuotare, lottare per non finire risucchiati da essa.
E quando credi di non riuscirci, qualcuno ti ricorda che devi solo provarci.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'An alternative Harmony Universe'
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Storia partecipante all’Aurors in Love - Il ritorno, organizzato dal gruppo FB “Cercando chi dà la roba alla Rowling”, dedicata ad Armonia DiVento
Note a piè di pagina, ma ai fini della lettura devo fare un piccolo avviso: a parte la premessa iniziale, la storia è scritta interamente in terza persona, fanno eccezione le parti in corsivo che si riferiscono al subconscio di Harry e ai sogni che lo tormentano. Si consiglia di allontanare qualsiasi oggetto in un raggio di 200 metri e di non imprecare verso Harry o di andare alla ricerca del suddetto oggetto per tramortirlo.


Try







“Where there is a flame
Someone’s bound to get burned
But just because it burns
Doesn’t mean you’re gonna die.”
Try, Pink

Ci sono giorni in cui la vita scorre monotona: ci si alza per andare a lavoro, ci si prepara e si esce di casa. Una tabella di marcia che continuiamo a ripetere come se fossimo degli zombie, o degli esseri programmati a non pensare, perché ci permette di procedere in una linea retta - tanto immaginaria quanto fittizia, che non sconvolge nulla, in modo da arrivare a fine giornata intatti. Ci immaginiamo già in pigiama e pantofole, troppo stanchi per uscire e troppo poco desiderosi di farlo realmente.
E quando neanche dall’altro fronte si hanno reazioni, allora ci si ritrova soli, in pigiama e pantofole, e con una carico di bugie che non ti permette di dormire la sera. Perché non vuoi essere solo, e ancora non lo sai.
Troppa paura da tirare fuori, troppa paura di mostrarsi deboli non solo agli altri, ma soprattutto a se stessi.
Ci sono anche quei giorni in cui la vita subisce una scossa, e allora la linea retta diventa uno zigzag strano, instabile, di cui non si conosce la destinazione. La dolce routine viene cancellata da un continuo susseguirsi di eventi non programmati, che portano a galla tutte le bugie, tutta la merda che si è cercato di nascondere. A quel punto, non rimane che nuotare, lottare per non finire risucchiati da essa.
E quando credi di non riuscirci, qualcuno ti ricorda che devi solo provarci.



§

Aveva quasi terminato di compilare i moduli che le aveva chiesto la sua collega Samantha quando fu distratta da un bussare alla porta. Guardò distrattamente l’orologio; erano le nove e mezza del mattino, e dalla sua espressione sorpresa era ovvio che si stesse domandando chi potesse essere a quell’ora.
“Avanti.” La voce era un po’ roca, perché dal suo ingresso in ufficio non aveva parlato molto. Non poteva dire lo stesso per la mano, le doleva il polso per l’eccessivo uso.
Shakebolt Kingsley fece il suo ingresso, facendo svolazzare il suo mantello color oro e arancione. Anche se erano passati molti anni dalla suo ingresso nel mondo della magia, Hermione si stupiva sempre di quanto fossero eccentrici i maghi. Pur ricordando molto bene lo stravagante Albus Silente, non poteva rimanere insensibile ai colori accesi che i suoi poveri occhi erano costretti a vedere a quell’ora del mattino. Nonostante tutto, si ritrovò a sorridere e ad alzarsi dal suo posto.
“Kingley! Che piacere vederti.”
“Carissima Hermione, purtroppo sono portatore di cattive notizie.” aveva detto, cancellando ogni traccia di allegria da quell’ufficio.
“Che è successo?” Aveva anche fin troppa paura di chiedere, abituata a grandi drammi e soprattutto a troppe morti. Temeva sempre l’avvento di qualche nuovo mago oscuro; dopotutto non c’era limite alla crudeltà e alla cattiveria umana, e Lord Voldemort non era stato altro che uno dei tanti maghi oscuri, non il primo e neanche l’ultimo.
“Si tratta di Harry…” Lasciò la frase in sospeso, aspettandosi forse una reazione da parte di Hermione che, invece, si trovò ad aggrottare la fronte.
“L’ho sentito alcuni giorni fa e stava bene.” Ad un tratto sentì le gambe molli. “Harry sta bene, vero?”
“È vivo, non temere, ma sul stare bene non ne sarei così sicuro. Sapevi che nelle ultime settimane si è presentato a lavoro ubriaco?”
Harry. Ubriaco. Impossibile. Perché lui beveva solo qualche birra e in compagnia. Ma quando aveva visto Harry l’ultima volta? Non lo ricordava con esattezza, eppure la sua voce era sempre la stessa: cristallina, pulita, forte… non poteva essere. No, perché lei lo conosceva. Era la sua migliore amica.
“Non ci credo, il massimo che gli ho visto bere è stata una Burrobirra!” esclamò.
“Hermione, credo che beva qualcosa di più forte di una semplice Burrobirra. Fidati. E oggi con il suo comportamento irresponsabile ha rischiato la pelle, se non ci fossero stati gli altri, non avrebbe riportato solo qualche livido.”
Le gambe che, fino ad allora avevano resistito, cedettero e lei si vide cadere. Giù, sempre più giù.
“Hermione?” Il vecchio Kingsley la guardava quasi con pietà, come se volesse giustificarla e dirle che non era colpa sua. Stavano parlando di Harry, di un ragazzo testardo che preferiva tenere tutto per sé perché non voleva costringere gli altri a condividere il peso delle sue colpe. Sua madre, una volta, le aveva detto di vedere un dolore infinito in quelle iride smeraldine, e che prima o poi sarebbe esploso se non lo avesse condiviso, trasformato in qualcosa di meno distruttivo.
Lei conosceva Harry, quindi aveva considerato eccessivi quelle parole, perché sapeva quanto le madri ingigantissero sempre tutto pur di proteggere i figli, e la sua era più che protettiva.
Cosa era successo a Harry Potter? E perché lei, Hermione Granger, non lo sapeva?

§

Si Smaterializzò nella vecchia dimora di Sirius dopo aver avvertito Kingsley che, molto probabilmente, non avrebbe consegnato le pratiche richieste a Samantha, e neanche quelle dell’indomani; aveva bisogno di vedere il suo migliore amico perché non poteva più fingere di ignorare i suoi problemi. Girò la maniglia ed entrò in casa, stupendosi di quanto quella risultasse ancora più lugubre dell’ultima volta. Si ritrovò a tremare: faceva dannatamente freddo lì dentro.
Si diresse verso il salone per accendere il camino e lo trovò lì: seduto per terra, con il capo poggiato al divano logoro dei Black. In mano teneva un bicchiere pieno di un liquido ambrato.
“Ciao Hermione.” disse solamente. Sapeva che sarebbe stata la prima persona a venire, la prima a essere informata. Sapeva, eppure il suo stato indicava che non gli importava nulla, né di lei né di fingere che tutto andasse bene. L’era delle bugie, della merda che aveva dovuto nascondere, era finita. Non aveva senso in fondo, quando ormai tutti sapevano della sua grande discesa.
Avvicinò il bicchiere alla bocca e scolò l’intero contenuto con un colpo secco.
“Harry!” Hermione si era avvicinata di scatto, sedendosi anche lei per terra, non riuscendo a nascondere un brivido di freddo. Il pavimento era gelato perché lui non aveva acceso il camino da settimane, usava un altro metodo per scaldarsi, più piacevole e sicuramente più dannoso. Non poté evitare di schioccare la lingua in segno di disapprovazione, ma di certo Hermione non si aspettava che lui scoppiasse a ridere.
“Harry!” Questa volta il tono non era dolce, bensì quello che aveva imparato a usare a lavoro quando pretendeva rispetto, e lei non permetteva a nessuno di riderle in faccia. Nemmeno a Harry. Afferrò il bicchiere dalla sue mani, rivolgendogli uno sguardo infuriato.
“Oh grazie, me lo riempiresti?”
“Assolutamente no! Che cosa ti è successo, Harry?”
“Ti interessa veramente?” Sentì il suo sguardo bruciarla, la stava fissando scettico. Quello non poteva essere il suo migliore amico, quello che lei credeva di conoscere. Fu tentata di prenderlo a schiaffi, ma soffocò quell’impulso; lei era lì per aiutarlo e l’avrebbe fatto, con le buone o con le cattive.
“Certo! Credevo che noi due fossimo amici.”
“A volte ci si sbaglia, capita.”
“No, perché io ti conosco, Harry!”
Lo vide alzarsi velocemente e dirigersi verso il tavolino, quello stesso tavolino in cui Kreacher aveva lasciato la cena per loro durante la caccia agli Horcrux. Afferrò una bottiglia e versò una generosa dose di liquore nel bicchiere. La guardò come per sfidarla, come per dirle ‘Sei così sicura di conoscermi, Hermione?’, prima di bere e leccarsi le labbra.
“Sai già dov’è l’uscita, ti consiglio di andartene.”
Non riuscì a replicare, la vista le si era annebbiata e piccole lacrime avevano cominciato a scenderle in viso, ma fu la risata amara di Harry a scuoterla. Strinse i pugni e, piena di coraggio si alzò. La sua mano saettò veloce verso il suo viso e quasi non si avvide del gesto, delle sue dita che colpivano il viso di Harry e del luccichio pericoloso negli occhi del suo amico, di quello che rimaneva di lui.
Osservò la sua mascella irrigidirsi e per un attimo pensò che l’avrebbe picchiata.
“Vattene, Hermione. Vattene.” Non era rabbia, sembrava più l’urlo di un uomo disperato.

Fuoco.
Brucio, mi sento consumare vivo come se ci fossero delle fiamme ad avvilupparmi.
C’è terra ovunque, sulle mie gambe, sul mio torace, dentro la mia bocca.
Urlo. Nessun suono esce dalla mia bocca. Dove sono?
Graffio, le mie unghie si scheggiano, si spezzano ad ogni mio tentativo disperato di uscire dalla mia prigione. La terra è anche sui miei occhi.
Allungo le mani per strofinarli, le osservo attentamente finché capisco che non sono le mie.
Sono lunghe, affusolate, sono mani di donna.
È allora che sento una presenza, c’è qualcuno o qualcosa al mio fianco.
“Harry.”
Fuoco. Ha preso il posto della terra.
“Harry.”
Osservo i miei piedi scalciare. Annaspo.
“Harry, è tutta colpa tua.”
E brucio vivo.

“…incubo.”
“… svegliati.”
“Harry!”
Hermione stava cercando di svegliarlo da più di dieci minuti, ma sembrava quasi che si trovasse in un altro pianeta, lo vedeva soffrire e gemere in preda a un dolore che non comprendeva. Cosa stava sognando? Neanche quando condivideva la sua mente con Voldemort l’aveva visto soffrire così, era come se qualcosa lo stesse consumando lentamente, da dentro. E lei non poteva fare altro che scuotere le sue spalle e chiamarlo a gran voce. Si sentiva impotente come non le succedeva da tempo, e colpevole perché per la prima volta Harry la teneva fuori dai suoi problemi, perché lei aveva dimenticato quanto il suo migliore amico fosse fragile. Un’altra scossa e la mente di Harry ne sarebbe uscita completamente devastata.
“Harry…”
Si era chinata verso di lui per abbracciarlo e, finalmente, lo sentì rilassarsi.
“Hermione?” La sua voce era roca per le urla che avevano riempito la casa. Grimmauld Place sembrava tremare ancora, piangere per lui. O forse erano sue le lacrime.
E poi, quando era convinta di stringere tra le sue braccia il suo migliore amico, si ritrovò nuovamente sola. L’aveva visto alzarsi e dirigersi per afferrare una delle tante bottiglie vicino al suo letto. No, non le avrebbe parlato dei suoi incubi. No, perché di lei non gli importava. Di lei, dei suoi amici. Di nessuno.
“Sono solo le sette del mattino.” disse, invece.
“Non ti avevo detto di andartene?”
“Certo, come no. Smettila di bere, Harry.” Lentamente l’aveva fronteggiato, perché non avrebbe ceduto ai capricci di un uomo in crisi.
“Chi sei tu per darmi ordini?”
Davanti a lei, stava un uomo completamente devastato, dall’alcol, dai suoi demoni, o semplicemente dall’ombra di se stesso. Gli occhi erano cerchiati di viola e Hermione intuì che, nonostante le generose dosi di alcol, Harry non dormisse affatto.
“Forse l’unica persona che ti vorrà sempre bene.”
“Povera illusa…”
Quando vide il suo braccio alzato per avvicinare nuovamente il bicchiere alle labbra non riuscì più a contenere la rabbia; le sue mani si mossero veloci, rovesciando tutte le bottiglie per terra, le osservò rotolare su quei vecchi tappeti polverosi. Fu un attimo, dopodiché lasciò la camera con un sorrisetto che lasciava intendere che non si sarebbe fermata solo a quello.
La guerra era appena iniziata.

§



“Cosa stai facendo?”
Ormai erano giorni che Harry non faceva altro che urlarle addosso, soprattutto dopo che aveva svuotato tutte le sue riserve di alcol. Aveva capito una cosa, ossia che Harry non era come uno di quegli alcolizzati che era abituata a vedere nei film, per lui bere era più che altro un modo per riuscire a dormire. Ogni notte aveva sentito le sue urla e l’aveva assistito come avrebbe dovuto fare da tempo. Se ne stava seduta su una sedia e lo osservava contorcersi tra le lenzuola e gemere di dolore. Di una cosa era certa: quegli incubi lo avrebbero distrutto se non avesse trovato la soluzione e non fosse intervenuta; peccato che Harry si fosse chiuso in un ostinato mutismo e non volesse condividere nulla con lei. Non le restava altro che stargli vicino e sopportare i suoi scatti d’ira e quel pessimo carattere che, ormai, aveva imparato a conoscere anche sin troppo bene.
Tutte le volte che gli portava qualcosa da mangiare, Harry la insultava, sapendo benissimo quanto ogni sua parola fosse una freccia avvelenata che non faceva altro che ferirla e torturala.
“Pulisco. Da quando Kreacher se n’è andato qui regna la polvere e io non voglio beccarmi nulla… neanche la tua acidità!”
“Credo sia troppo tardi. Cosa aveva detto la Cooman? Ah sì, che sei una persona arida.” Si toccò il mento pensieroso e la guardò di sottecchi; ricordava benissimo quanto si fosse arrabbiata quella volta. Le dita di Hermione si strinsero intorno al panno e, imperterrita, continuò a passarlo sui mobili.
“Aveva detto anche che dovevi morire. Ma si sa… l’erba marcia non muore mai!” sbottò velenosa.
“Hai ragione.” Questa volta il tono di Harry era basso, sofferente ed Hermione avrebbe voluto urlargli addosso. Perché non le diceva che cosa diamine gli passava per la testa?
“Comunque sei pessima come casalinga.” E tutte le sue buone intenzioni sfumarono mentre si girava verso di lui e gli lanciava quel maledetto panno. Lo vide atterrare sui capelli di Harry e per la prima volta si trovò a ridere; era davvero buffo con quel pezzo di stoffa rosa che non faceva altro che mettere in evidenza quanto i suoi capelli fossero arruffati.
“E tu sei delizioso con quel copricapo, dovresti indossarlo più spesso!”
Il debole sorriso che aveva fatto capolino sul suo viso scomparve quasi subito, sostituito dalla sua espressione grave e corrucciata. “Perché non capisci? Perché non te ne vai, Hermione?”
“Perché il mio posto è qui. Con te.” Quando allungò una mano verso il suo viso, lo vide indietreggiare quasi spaventato, come se temesse quel semplice contatto.
“Lasciati aiutare. Non tenermi fuori dalla tua vita.” Si era avvicinata nuovamente e, finalmente, riuscì a stringergli una mano.
“Tu non puoi capire, Hermione. Non sai cosa si prova, non sai cos’è il dolore…”
“Non t’azzardare!” Aveva lasciato la presa per avvicinarsi di più, afferrando i lembi della sua camicia, cominciando a strattonarlo. Era furiosa; come sempre, Harry cadeva vittima dei suoi stessi pensieri negativi.
“Sì, invece! Tu non capisci quanto sia devastante il dolore che provo, ogni giorno che passa sembra voglia portarmi sempre più giù. Mi dissangua.”
“Non provare a farlo! Non sminuire il mio dolore solo perché io sono stata capace di reagire, mentre tu non ci provi neanche. Te ne stai lì, a crogiolarti, e a incolparti di ogni morte possibile. Sirius, Silente, persino Piton, sono morti per permetterti di vivere e invece tu che fai? Bevi e ti ferisci da solo. Se si potesse riavvolgere il tempo e cambiare gli avvenimenti, loro darebbero ancora la vita per te. Perché non possiamo vivere senza di te.”
Le lacrime che aveva trattenuto fino a quei momento, cominciarono a scendere impetuose e lei non volle nasconderle, perché per troppo tempo aveva finto che tutto andasse bene.
“Non voglio che tu muoia, Hermione.”
“Oh, Harry, perché non capisci?”

Scavo, ma la terra ormai è ovunque.
E nessuno mi sentirà, perché sono solo.

“Harry…”

“È tutta colpa tua.
Sirius. James. Lily. Tonks. Remus. Silente. Fred.
Chi sarà il prossimo?”

“Sei solo una stupida.”
Le rivolse lo stesso sguardo di prima; perché nonostante le sue parole non facessero altro che ferirla, i suoi occhi le chiedevano aiuto.

§



Si era addormentata da poco, la testa sembrava volerle esplodere da un momento all’altro. Non aveva fatto in tempo a chiudere gli occhi che aveva sentito un urlo echeggiare in Grimmauld Place. Era la prima notte che dormiva lontana da Harry, stava troppo male per restare tutta la notte seduta su una sedia, soprattutto dato che il suo amico sembrava non notare i suoi sacrifici. Proprio per quel motivo, aveva deciso di dormire nella camera di Regulus, sperando di prendere sonno il più presto possibile.
Fu quando sentì per la terza volta quell’urlo disperato che Hermione spinse da parte le coperte e si alzò per raggiungere la camera dove dormiva Harry. Lo trovò in preda ai soliti incubi, mentre scalciava e cercava di afferrare una presenza invisibile.
Si diresse dalla parte opposta per avvicinarsi cautamente a Harry, non voleva svegliarlo bruscamente e magari peggiorare ulteriormente la situazione. Il materasso si abbassò lievemente sotto il suo peso e Hermione accarezzò con dolcezza il viso del suo migliore amico.
Seguì con le punta delle dita il profilo della sua mascella, fino ad arrivare ai capelli. Era madido di sudore e tremava come se fosse in preda alla febbre. Non si rese conto di star piangendo finché non vide una lacrima cadere giù, verso il viso di Harry che, al contatto, si alzò bruscamente dalla sua posizione per afferrarle i polsi.
“Harry?”
Le stava facendo male e, nonostante i suoi mugolii, non sembrava volerla lasciare andare.
“Harry…”

Non sono dentro la bara questa volta, sono fuori.
Dove mi trovo? Vedo le stelle in cielo e una radura attorno a me.
Non è la Foresta Proibita, ma so di esserci già stato.
Un urlo.
Qualcuno è in pericolo.

Non capiva cosa stesse succedendo, un attimo prima Harry sembrava essersi calmato e poi, tutto a un tratto si era irrigidito e aveva cominciato a tremare furiosamente, come in preda ad una crisi epilettica. Mio Dio, che cosa stava succedendo al suo migliore amico?

C’è qualcuno sotto di me, non è come le altre volte, non sono io a essere seppellito vivo.
La terra trema sotto i miei pugni. Chi è? Chi c’è sotto di me?
Le mie mani si muovono automaticamente, scavano, graffiano, strappano quei sottili fili di erba, per cercare di arrivare in fondo.


Aveva afferrato entrambe le mani per fermarlo, più di una volta si era accorta che, in preda ai deliri, si era graffiato il viso. Nonostante avesse provato a svegliarlo più di una volta, la sua voce sembrava non giungere a Harry che continuava a scalciare e a graffiare.
Harry, Harry. Harry! Aveva cominciato a pregare Dio quando lo vide sbarrare gli occhi e tirarla giù, verso il suo petto.

Maledizione! C’è qualcosa di duro… non riesco ad affondare le mani più in fondo.
Con un pugno colpisco quel maledetto terreno e allora non sento più nulla.
Silenzio. Non sta più urlando.

“Harry, mi senti?”
Niente, anche con gli occhi aperti, lui non era lì con lei. Era altrove, forse a combattere quei demoni che gli impedivano di dormire serenamente. Osservò incredula il suo migliore amico strattonarla violentemente e afferrarle i capelli, prima di scendere verso le sue labbra e baciarla rudemente.
Sgranò gli occhi e, con la poca forza che aveva, cercò di allontanarlo da sé. Quello non era Harry. L’uomo che la stava baciando non poteva essere Harry.

No. Non può finire così! Devo continuare a scavare. Ancora e ancora.
Finché finalmente non sento qualcosa di morbido tra le mie dita.
Spinto da una nuova determinazione, afferro sempre più zolle di terra e mi aggrappo a quei polpastrelli. Ce l’ho quasi fatta, non posso arrendermi!

Sentì la sua bocca violata mentre la lingua di Harry entrava, sfiorandola, esplorandola, per accarezzare la sua. Sembrava affamato di lei e ben presto, Hermione capì che lui non sentiva quei miseri pugnetti con cui gli stava tempestando il torace. Con le dita, tirò quei capelli, in modo da allontanare i loro visi.
“Hermione.” Ancora quella disperazione. “Non lasciarmi solo.”

Sì! Quello era un braccio.
Terra, c’è ancora troppa terra ovunque. Perché non sento più le urla?
È morto?
Accarezzo quella mano e sento il suo calore.
Bollente.
Imperterrito continuo a scavare.
Non avrei più condannato nessuno a morire a causa delle mie azioni. Perché è sempre colpa mia, ogni maledetta volta.
Quando sono certo di esserci riuscito, di non essere arrivato troppo tardi, ecco che vedo finalmente la persona sepolta viva.
No.
No!
E questa volta sono io a urlare.

Ma prima che potesse reagire, sentì la bocca di Harry scendere sul suo seno, solleticando il capezzolo anche attraverso la leggera sottoveste che indossava. Soffocando un ansito di violenta sorpresa, Hermione afferrò il viso di Harry per guardarlo negli occhi. Doveva svegliarlo, aveva aspettato anche troppo tempo.
“Svegliati! Ti prego…”
Le labbra di Harry si posarono sulla gola di Hermione che non poté evitare di gemere sotto quella deliziosa tortura.
“Resta con me, Hermione.” le aveva detto con la voce impastata dal sonno.
Non capì perché lo fece, forse si trovava anche lei in un sogno, perché si vide andare incontro alle labbra di Harry e ricambiare quella stessa passione. A occhi chiusi, stretta nella morsa di quell’abbraccio, si rese conto che non voleva scappare, non voleva respingerlo.
Aveva bisogno di lui.
Si raggomitolò in quelle braccia che l’avvolgevano tutta, mettendo da parte la sua parte razionale e permettendo a se stessa di godere di quelle carezze. Non smise mai di baciarla, ad ogni spinta la chiamava e lei gli andava incontro.
Non era mai stata con un uomo, eppure ogni suo movimento le sembrò naturale, come se Harry fosse la sua parte mancante e che quell’incastro, quello di cui parlavano tutti come qualcosa di difficile, fosse la cosa più facile del mondo. Persino il dolore era stato dimenticato, non le importava più nulla. E quando credette di aver raggiunto l’apice, si ritrovò a urlare.
Fu allora che notò gli occhi vigili e attenti di Harry. Sembrava non avesse alcuna intenzione di lasciarla andare, di mettere fine a quell’abbraccio, come se temesse di perderla.
“Ero convinto che fossi morta e io volevo salvarti…”
“Sono qui, sono viva tra le tue braccia.”
“… Finché ho capito una cosa.”
Lo vide appoggiarsi al suo petto e rilassarsi lentamente, mentre ascoltava il tamburellare del suo cuore.
“Che cosa, Harry?”
“Mi hai salvato tu.”
Sì, si trovava in un sogno.

Non poteva essere lei.
L’avevo uccisa. Non respirava.
“È tutta colpa tua, Harry.”
La stringo forte tra le mie braccia e la bacio, convinto di poterla rianimare in qualche modo.
L’ho uccisa.
Hermione.
Hermione!
E i nostri corpi prendono fuoco.


NdAEccomi finalmente con questa storia che mi ha fatto penare, dato che l’ispirazione era latitante. Per questo ringrazio MusicDanceRomance che mi ha consigliato di scrivere una songfiction, e allora ho pensato alla richiesta di Sophie per Try, perché da quando l’ho sentita me ne sono innamorata. Spero di non aver rovinato quella canzone e di aver espresso in maniera adeguata la vasta gamma di emozioni che m’ispirava.
Come avrete notato, il finale può risultare ambiguo, ma se fate attenzione mi ricollego alla citazione iniziale alla quale l’intera storia si è basata: il fuoco. Questo però non vuol dire che Harry e Hermione sono cotti a puntino, eh! Succede tutto nella testa di Harry ed è solo un modo per fargli capire quanto temi di perdere Hermione e quanto la ami.
Infine ringrazio Beapot per il rapido betaggio e per i consigli sul finale… lei non voleva darvi manco una spiegazione e intendeva lasciare Harry e Hermione sullo spiedo! Ne era CONVINTA!
Armonia, spero che il regalo ti sia piaciuto! E AurorPower sia!
   
 
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