Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
Ricorda la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    11/02/2013    9 recensioni
Brie e Duncan guidano il branco di Matlock, il Concilio di Anziani è stato destituito e un nuovo corso è iniziato. Assieme a questa nuova via, nuovi amici e vecchi nemici fanno il loro ingresso nella vita dei due licantropi e un'antica, mistica ombra sembra voler ghermire tra le sue spire Brie, che non sa, o non ricorda, chi possa volerla morta. SECONDO CAPITOLO DELLA TRILOGIA DELLA LUNA. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



‘Il sole s’è velato a lutto. Come lui,
luna della mia vita, incappùcciati d’ombra;
dormi o fuma quanto vuoi: sii muta, sii cupa,
e affonda tutta intera nel gorgo della Noia;
è così che mi piaci! Ma se oggi vuoi, tuttavia,
come un astro eclissato esce dalla penombra,
pavoneggiarti nei luoghi invasi dalla Follia,
fai pure! Bel pugnale, sguscia dal fodero!’ […]
XXXVII L’indemoniato-Charles Baudelaire

 
“Non è come nasci, ma come muori,
che rivela a quale popolo appartieni.”
Alce Nera (Hehaka Sapa)Lakota

 
 

 
 
 
 

1.

 
 
  
 
 

 
Non sapevo se avere più paura degli esami imminenti, o di ciò che mi stava aspettando a casa, a Matlock.
L’impatto iniziale con l’università era stato forte, violento se vogliamo.
E di violenza ne avevo vista fin troppa, e a troppo breve distanza in termini temporali, per non subire un lieve shock.
Grazie al cielo, ero riuscita a mantenere valida la mia iscrizione all’UCL di Londra, sebbene mi avesse pesato allontanarmi così presto da Duncan e dal mio branco, dopo quello che era successo.
Essere trasformata in un licantropo, lottare per la mia vita, diventare Prima Lupa sfidando Marjorie e, infine, condannare a una morte orrenda i traditori del branco, avrebbe sfinito psicologicamente e fisicamente chiunque, ma io non me l’ero potuto permettere.
Avevo dovuto gettarmi nelle mie personali Forche Caudine ed entrare a far parte delle matricole del corso di Immunologia alla UCL.
Inoltre, avevo dovuto adattarmi a convivere con una ragazza conosciuta su internet, e con cui avevo preso in affitto un appartamentino nei pressi di Gower Street, dove si trovava l’università.
In realtà, la mia nuova compagna di vita si era rivelata essere una ragazza estremamente simpatica e solare, dalla risata pronta e la mano più geniale che avessi mai visto ai fornelli.
I suoi manicaretti all’italiana erano qualcosa per cui battersi volentieri.
Naturalmente, non sapeva cosa fossi in realtà, o avrebbe dato sicuramente di matto.
Non era stato un grosso problema, per me, in quei primi mesi di convivenza con il mio nuovo stato di pelosa a lungo termine, uscire di casa per gironzolare per i parchi.
Mi era bastato dirle che ero un’amante delle passeggiate al chiaro di luna, e un’appassionata di fotografia. Cosa che ero davvero.
Oltre a essere una lupa mannara desiderosa di spazi per la sua parte ferina.
Figli della Luna. Così ci chiamavamo tra di noi.
Mostri, abomini. Così ci chiamavano i Cacciatori, umani a conoscenza del nostro segreto, che avrebbero tanto voluto farci diventare leggenda nel vero senso della parola.
A mie spese, oltre alla sete di vendetta dei Cacciatori, avevo anche imparato cosa volesse dire compiere delle scelte per il bene del branco, e avevo quasi perso il mio unico amore, per questo.
Fortunatamente, ero riuscita in qualche modo a rimanere al suo fianco ma, al mio ritorno a casa, dopo gli esami, mi sarebbe spettata una nuova prova, ben più dura delle precedenti.
Nessuna, prima di me, era mai stata sia licantropa, che Prima Lupa, che wicca.
Molti avrebbero potuto ritenere che io avessi troppo potere nelle mani, ed era questo che temevo più di ogni altra cosa.
Più di un brutto voto in Microbiologia.
Per il solstizio d’estate, si sarebbe tenuta una riunione tra i clan inglesi, nello Yorkshire, lontano da ogni centro abitato e immersi nelle selvagge e verdeggianti colline del Middle England.
Lì, saremo stati al riparo da sguardi e orecchie curiosi, e avremmo discusso della mia nuova condizione di Prima Lupa.
Fino a quel momento, le notizie su di me erano state mantenute molto vaghe e, dai tre Fenrir che conoscevano il mio segreto, non dovevo temere nulla; sia Frederick che Bright erano grandi amici e alleati di Duncan.
Joshua, capoclan del branco di Londra, infine, mi aveva accolto a braccia aperte, incurante della mia unicità a tutti i livelli.
O meglio, il suo Skoll lo aveva fatto per lui ma, a conti fatti, era la stessa cosa, per noi lupi.
Non potevo però sapere, nessuno di noi poteva, come l’avrebbero presa gli altri, soprattutto Alec che, purtroppo per noi, sarebbe stato il padrone di casa durante quella riunione tra clan.
Alec aveva già tentato una volta di far fuori me e Duncan, e non ero del tutto sicura che la notizia del mio attuale status lo avrebbe reso felice.
“Sei pensierosa, Brie… il tuo uomo non ti ha chiamata, oggi?” chiese dietro di me Amanda, sogghignando nel passarmi un bicchiere di the ghiacciato.
Scacciai immediatamente quei pensieri e, sorridendo alla mia coinquilina, chiusi il libro che se ne stava pacifico - e non letto - di fronte a me, replicando: “Oh, no, Duncan ha chiamato poco fa, mentre eri fuori a fare spese. Stavo solo pensando alla riunione di famiglia che mi aspetta al rientro a casa.”
Lei ridacchiò, sorseggiando del the alla pesca, e celiò: “Devi avere una famiglia tremenda, se l’idea di tornare a casa ti fa venire quelle occhiaie. O stanotte hai pensato a come intrattenere Duncan?”
Amanda aveva visto Duncan a Natale, quando era venuto a farci visita assieme a mio fratello, la mia matrigna Mary Beth, Jerome e Lance.
Asserire che aveva approvato la scelta, è dire poco.
Aveva poi divorato con gli occhi Jerome, e lanciato occhiate interessate a Lance, ma nessuno dei due aveva mostrato interesse – mischiarsi con gli umani era rischioso per entrambe le specie, e non solo dal punto di vista fisico.
Alla fine, però, aveva rinunciato a un insperato regalo natalizio, in favore di una bella giornata passata in compagnia di gente nuova e allegra.
Amanda non era tornata a casa in Italia – mi aveva detto che i suoi erano tremendamente impegnati sul lavoro, in quel periodo, e non avrebbero potuto passare le feste con lei, perciò sarebbe rientrata solo per le vacanze estive.
Era perciò rimasta volentieri con noi, preparandoci le migliori lasagne che avessi mai mangiato, e un coniglio alla cacciatora davvero buonissimo.
Tutti ne eravamo rimasti entusiasti e Duncan, nel sorridere ad Amanda, aveva detto di aver finalmente capito perché avessi messo su qualche chilo.
Naturalmente non era vero – sprecavo fin troppe energie per controllare il mio potere, studiare e mutare in lupa a ogni luna piena.
Lasciando perdere quel ricordo gradevole, la fissai, sollevando un sopracciglio con ironia, e chiosai: “Se avessi sognato Duncan, non avrei questa faccia pesta, ma sarei fresca e riposata.”
“Vero” assentì, sedendosi al mio fianco e chiedendomi poi più seriamente: “A parte tutto, credi davvero che il rientro sarà così brutto? I suoi genitori, per caso, pensano tu sia troppo giovane?”
“No. I genitori di Duncan sono morti da tempo, ma … certi cugini, beh, hanno un caratteraccio, diciamo” scrollai le spalle, come per minimizzare.
Un tale caratteraccio che, se avessero potuto, mi avrebbero staccato la testa a morsi, forse.
Amanda mi diede una pacca consolatoria sulla spalla, asserendo comprensiva: “Ah, conosco il tipo. Mio cugino Andrea è un tale testone! Sapessi che casino ha fatto, la prima volta che mi sono presentata a casa con un ragazzo! Mio padre è stato carino ed educato, ma lui… bbrrr,… davvero da manicomio.”
Sorrisi, gradendo di buon grado le sue premure. “Grazie, Mandy. Mi rincuora saperlo.”
“Di nulla, Brie. E ora ficca di nuovo il tuo naso su Microbiologia, se non vuoi che Swanson ti bocci” mi intimò bonaria, alzandosi e prelevando da uno scaffale il suo libro di Anatomia.
La guardai per un momento mentre, con una gestualità da vera comica, si preparava a studiare per il suo esame poi, con un risolino, tornai a puntare lo sguardo sul mio libro.
Avrei pensato dopo a zanne e pelo di lupo.

***

Sdraiata sul mio letto, in compagnia del chiaro di luna e del silenzio totale dell’appartamento – Mandy era uscita con un paio di studenti per un giro in centro – sorrisi deliziata nel sussurrare: “Duncan, amo sentirti a tutte le ore del giorno, ma quanto stai spendendo, per chiamarmi?”
Lui rise, quella sua risata profonda e roca che mi faceva tornare in mente cose ben più sensuali di un uomo divertito e basta e, sorridendo ancora di più, chiesi: “Ti manco così tanto?”
“Non puoi neppure sapere quanto” ammise, prima di aggiungere: “E Gab è diventato più irascibile di un cobra. Neppure Jasmine si avvicina più al suo box. Gli manchi. Manchi a tutti, per la verità.”
“Ancora poco, e sarò lì”  ma nel dirlo, mi sfuggì un sospiro.
“Preoccupata per la Riunione?” mi chiese subito, perspicace.
Storsi il naso – ero trasparente anche al telefono? – e mugugnai, mettendo il broncio: “Si capisce tanto?”
“Per chi ti conosce, sì. Ma devi stare tranquilla. Non ti succederà nulla. Ci saremo io e Lance a difenderti, e anche Sarah e Branson saranno con noi” mi rassicurò, cercando di essere convincente.
Già, Freki e Geri sarebbero stati con noi.
La cosa non mi riempiva per niente di gioia, perché poteva solo far presupporre che, durante la Riunione tra clan, sarebbe potuto succedere qualcosa di brutto.
E, visto che la loro presenza era una consuetudine, già qualcosa di storto doveva essere successo anche in passato.
“Sai se Alec ha sostituito il suo Freki?” chiesi dubbiosa.
“Vedremo. Alec non è uno che pubblicizza molto i suoi affari. Ma avrà sicuramente qualcosa nel cilindro, da mostrarci” ammise cupamente, per niente tranquillo.
“Spero non vorrà recriminare per qualcosa.”
“Non può. Era tuo diritto uccidere Freki, visto che eri la sua preda. Anzi, in merito, è meglio stia zitto, visto che tu eri ancora umana, quando è successo. Non farebbe una bella figura” nel dirlo, ridacchiò.
Sogghignai a mia volta, dicendo: “Potrei ricordarglielo io, però.”
“Brie…” mi richiamò subito all’ordine.
“Pace, grande capo. Non scatenerò un’Ordalia. Per un po’, non ne voglio più sapere di battaglie a fil di zanna” lo chetai subito. “A proposito, hai avuto notizie da parte di Bright? Come si comporta Marjorie?”
Un sospiro esasperato. E un risolino. Oh. Cos’era successo di così divertente?
“Marjorie ha colpito ancora. I maschi del branco non fanno che starle addosso come mosche col miele. Ci sono già stati sei combattimenti, da quando è ad Aberdeen” nel dirlo, però, era allegro, segno che Bright non era arrabbiato.
“Beh, bella è bella, perciò capisco perché si accapiglino per lei” commentai, atona.
“Non dirmi che sei ancora gelosa di lei!” mi scoprì subito Duncan, ridendo di gusto.
Il mio tono falsamente disinteressato aveva fatto rizzare immediatamente i suoi radar così, con un sospiro leggero, mugugnai: “Ammettilo. E’ più bella di me, e tu ne sei stato innamorato, un tempo.”
Duncan lasciò che la sua risata scemasse dolcemente – e io scivolai ulteriormente lungo il letto, deliziata da quel suono paradisiaco – e replicò: “Avevo quindici anni, Brie, e la mia era una cotta da adolescente. E credimi, non sei meno bella di lei. Sei diversa.”
“Ho letto nella tua testa quel che provavi per lei. Non era una semplice cotta. Era amore. Certo, l’amore di un ragazzino per una coetanea, ma era amore” precisai.
“Brianna Ann Smithson, mettitelo bene in testa perché non te lo ripeterò più. Amo te, e te sola. Ucciderò il primo che anche solo oserà avvicinarsi a te per nuocerti, o anche solo per farti delle avances. Non ti lascerò a nessun altro, neanche dopo la morte”  dichiarò Duncan, con una serietà che mi spiazzò.
Neanche dopo la morte.
Quella frase rimbalzò nella mia mente come il suono di un gong e, turbata e curiosa assieme, mi chiesi il perché di quella reazione.
Cos’aveva, di strano, quella frase?
Preferendo, però, non arrovellarmi il cervello proprio mentre ero al telefono con Duncan, cercai di ironizzare e ghignai: “Il tuo spirito mi perseguiterà finché non tirerò le cuoia?”
Ma lui non rise, limitandosi a soggiungere: “Dico davvero.”
“Lo so” sussurrai, piegandomi su un fianco e sorridendo nell’oscurità argentata della stanza.
“Non voglio farti fretta in nessun modo, Brie. Sei ancora troppo giovane per certi impegni, e l’università ha la priorità, per ora. Ma volevo solo che lo sapessi” mormorò, tornando a un tono di voce più leggero.
“Non farò mai la stupida con te, Duncan. Sei il mio lupo, come io sono la tua lupa. E sono la tua donna, come tu sei il mio uomo” gli promisi, chiudendo gli occhi e sentendo una lacrima scivolare lungo la gota. “Ma stanno succedendo così tante cose, e tutte assieme, che quasi non ho il tempo di respirare. Scusami se ti chiedo tempo.”
“Non ti devi scusare. Ero d’accordo anch’io, quando ne abbiamo parlato” replicò.
Durante la mia ultima visita, nel periodo pasquale, l’argomento era saltato fuori grazie ai buoni uffici di Jerome.
Preciso come un orologio svizzero, se n’era uscito con una battuta proprio nel bel mezzo del pranzo di Pasquetta, gelando me e Duncan sulle rispettive sedie e facendo impallidire visibilmente Gordon, che era quasi morto sul colpo, nel sentir parlare di matrimonio.
Jerome ci aveva chiesto con una leggerezza degna di una piuma – e con la sua stessa intelligenza – quando avremmo convolato a nozze, visto che aveva una voglia matta di vedermi in abito da sposa.
Avevo dovuto sperticarmi in dinieghi per più di un’ora, per chetare Gordon, mentre Duncan aveva ripreso il cugino con un’unica, glaciale occhiata da Fenrir.
Mary B aveva riso tutto il tempo, mentre Erika era partita in quarta per chiedermi quali abiti preferissi, o che fiori avrei visto meglio in chiesa.
Lance, da paciere nato quale era sempre stato, aveva liquidato il tutto con un laconico: “Date tempo al tempo.”
Sarah e John, invece, avevano scosso il capo con esasperazione prima di dare uno scappellotto a testa al figlio che, alla fine, con un risolino di scuse, mi aveva dato un bacio sulla guancia chiedendomi di perdonarlo per la gaffe.
Quella gaffe, però, aveva spinto me e Duncan sul terreno inesplorato di quell’argomento proibito: il matrimonio.
Coabitavamo fin da quando ero stata nominata Prima Lupa – Mary B aveva acquistato la villetta di Marjorie per abitarvi con Gordon, dopo aver trovato un impiego nel locale nosocomio di Matlock – ma, da lì a rendere il tutto ufficiale, ce ne correva.
Naturalmente, erano più le notti che passavo accanto a lui, rispetto a quelle che dormivo nel mio lettuccio solitario, all’altro lato del corridoio.
Ma questo non significava che volessi andare così avanti nel nostro rapporto. E lui si era dichiarato d’accordo con me.
Era tutto troppo nuovo per entrambi e, anche se sapevamo per certo che non ci saremmo mai allontanati l’uno dall’altra – erano troppi i legami che ci univano – nessuno di noi voleva accelerare i tempi, preferendo godersi appieno quei momenti di scoperta e unione.
La lontananza, poi, non faceva che rendere ancora più belli i riavvicinamenti tra noi.
No, il matrimonio poteva benissimo aspettare dopo la laurea.
“Mi sembra sempre di frenarti” mi sentii comunque di dirgli.
“Affatto. Mi piace questo stato continuo di attesa, e rivederti dopo tanti mesi di separazione, è quasi appagante” nel dirlo, abbassò di un’ottava la voce, rendendola più roca e sensuale.
Sospirai, esalando con un gemito: “Non mi parlare così, Duncan, o potrei scivolare fuori dall’appartamento e correre fino a Matlock.”
Lui rise di gusto, con una punta di sano orgoglio maschile, asserendo: “Mancano solo tre settimane, e poi sarai qui tra le mie braccia. Ti sto preparando una sorpresa coi fiocchi.”
Sgranando gli occhi, esclamai: “Cosa? Cosa?!”
“Lo scoprirai quando tornerai a casa” mi promise, ridendo divertito.
“Antipatico” brontolai, prima di chiedere: “Senti un po’… Mary B ti sembra stia bene, ultimamente? L’ho sentita distratta, al telefono.”
Dubbioso, replicò pensoso: “Non saprei. A me sembra sempre la stessa. Ieri sera, era qui a cena con Gordon. Non mi è parsa stesse male. Forse, rideva più del solito. Dopotutto, sono passati diversi mesi dalla morte di Patrick, e può darsi stia passandole lo stato di sconforto.”
Non era stato semplice capire come aiutare Mary B, dopo la morte del marito, e la presenza di tutto il branco era stata, in qualche modo, d’aiuto.
Caso del tutto unico, per un branco di licantropi, era stato concesso a Mary B  e Gordon di partecipare a una riunione degli alfa al Vigrond.
Lì, alla presenza dei Gerarchi e mia, avevano garantito il riserbo assoluto sul nostro segreto e sulle nostre identità.
Non contenti, alcuni Mánagarmr si erano trasformati di fronte a loro per metterli alla prova ma, né Mary B, né tantomeno Gordon, avevano battuto ciglio.
Anzi, Mary B si era dimostrata molto interessata dall’aspetto prettamente tecnico del cambiamento da una specie all’altra.
Alla fine, gli stessi membri del clan che, all’inizio, avevano avuto qualche difficoltà a credere nella loro buona fede, si erano dimostrati ben lieti di rispondere alle domande di Mary B.
Alcuni uomini, invero, le avevano promesso che si sarebbero prestati volentieri al suo terzo grado, ma solo dopo una cena a lume di candela.
Gordon, a sua volta, era diventato la mascotte del branco e, tra le ragazze più giovani, era visto come un’autentica celebrità – forse perché era la prima volta che capitava loro di poter parlare, da licantrope, con un umano.
La cosa aveva, però, messo leggermente in allarme Erika, la quale sembrava realmente interessata a portare avanti la strana storia che aveva con mio fratello.
L’anno di età che li separava non la turbava minimamente, mentre Gordon era certamente soddisfatto di aver al suo fianco una ragazza più grande di lui.
Certo era che, il periodo che avevo passato via di casa, l’aveva fatto maturare parecchio.
Gordon era sempre stato più grande dei suoi anni, vuoi per ciò che era successo ai nostri genitori, vuoi per una sua predisposizione naturale a prendere più seriamente le cose rispetto ai suoi coetanei.
Ma il fatto rimaneva; era maturato davvero molto.
“Gordon come se la passa?” chiesi dopo un momento di riflessione.
Duncan ridacchiò divertito, mettendomi al corrente delle ultime novità. “L’ho beccato con Erika a sbaciucchiarsi, mentre cambiavano la paglia ai cavalli. Sono arrossiti come due peperoni maturi.”
“Doveva essere veramente distratta, la nostra cara Erika, per non sentirti arrivare” ridacchiai, immaginandomi la scena. “Gordon ti ha fatto una scenata, per la tua interruzione?”
“Probabilmente ci avrebbe anche provato, ma ha preferito defilare, dopo aver dato una ripulita alla stalla assieme a Erika” rise ancora, prima di aggiungere: “Tuo fratello mi piace. E mi piace come tratta Erika. E’ dolce.”
Sorrisi, annuendo: “Sì, Gordon assomiglia molto a papà. Era sempre prodigo di attenzioni, con mamma, e non faceva che ricoprirla di regali.”
“Ho saputo che le ragazzine vanno da Claire quasi tutti i giorni, per farsi dare una sistemata ai capelli, e solo per vedere Gordon mentre tiene pulito il negozio. Claire, naturalmente, è contentissima. Sta facendo affari d’oro.”
Sogghignai, commentando ironica: “Gordon ha un futuro come sciupa femmine.”
“Credo anch’io. Non ho mai dovuto tenere a freno così tante ragazzine come in questo periodo” mi spiegò, con un risolino in sottofondo. “Vengono tutte da me per sapere dove sia, cosa faccia, con chi sia in compagnia. Mi sento come una casa di appuntamenti vivente.”
Scoppiai a ridere di gusto, a quel commento. “Secondo me, è il caso che Erika chiarisca a tutte cosa intende fare con Gordon, prima che si scatenino delle guerre intestine per lui.”
“Mi viene il sospetto che lo cerchino perché è una mosca bianca” dichiarò Duncan, pensieroso.
“Probabile. Sai cosa vuol dire, per un’adolescente irrequieta, e che non ha molta voglia di raccontare le proprie beghe ai genitori, parlare con gli amici dei propri dilemmi esistenziali? E da quel che ho capito, almeno a Matlock, la maggioranza dei licantropi tra i tredici e i diciotto anni, sono femmine. Pensa che strazio! Con Gordon, invece, possono parlare di tutto, anche se è umano, perché lui sa la verità, e ha già dimostrato ampiamente di tenere al benessere del branco” gli spiegai, ripensando a ciò che era successo poche settimane prima, nella scuola dove era iscritto.
“Oh, capisco a cosa ti riferisci. Gordon ha guadagnato parecchi punti, prendendosi quel pugno per difendere l’onore di Charlise” assentì Duncan. “Ovviamente, lei avrebbe potuto difendersi senza problemi da quell’idiota, ma sarebbe parso troppo strano che, una ragazza esile come Charlise, potesse tener testa a un giovane grosso il doppio di lei.”
Annuii convinta. “Gordon l’ha fatta sembrare una sciocchezza, ma immagino che sia stato un po’ peggio di come me l’ha raccontato.”
Ridacchiando, Duncan ammise: “Charlise si è presentata qui con Gordon, in sella al suo scooter, e mi ha pregato di rattopparlo prima di riaccompagnarlo a casa. Aveva le lacrime agli occhi e non faceva che guardarlo con occhi adoranti. Ci sa fare, il fratellino.”
“Basta che non si inimichi i pochi ragazzi del branco” replicai, un po’ preoccupata.
“Ah, beh, diciamo che vedrò di starci un po’ attento. Per lo meno, si è preso il plauso del fratello maggiore di Charlise. Justin gli ha già detto che, per qualsiasi cosa, può contare su di lui. Mi sembra una buona cosa” mi comunicò Duncan.
“Dovrò fare due chiacchiere con Gordon per capire che gli passa per la testa. D’accordo fare il cavaliere senza macchia, ma forse dovrebbe mettere in chiaro anche lui cosa pensa dell’attuale situazione con Erika. Tenere il piede in troppe scarpe è rischioso quando, dall’altra parte, i tuoi potenziali nemici hanno zanne e artigli” mugugnai, preoccupandomi un poco.
“Devono solo provarci, a toccarlo” decretò Duncan con una nota gelida nella voce.
Da quando il Consiglio era stato abolito, e tutto il potere era passato nelle sue mani – per me capacissime – , i suoi impegni erano, se possibile, raddoppiati.
Naturalmente, Duncan aveva cominciato a delegare alcune faccende minori a Jerome, il che lo aveva riempito di gioia per i primi due mesi, per poi catapultarlo nella crisi più nera quando si era reso finalmente conto di cosa volesse dire essere il secondo in comando.
Era più che ovvio che, in questa fase di transizione, Duncan volesse dimostrarsi forte a tutti i costi, e il fatto di essere lontana da lui per gran parte del tempo, non lo aiutava di certo.
Per fortuna, la Riunione tra clan era stata rimandata per permettermi di essere presente, senza rischiare di perdere lezioni importanti all’università.
Non ero certa però che, in seguito, si sarebbero dimostrati altrettanto solidali.
Dovevo ancora dimostrare di non essere pericolosa per tutti loro. Il troppo potere, a volte, fa nascere gelosie assurde, ed era quello che temevo per me e il branco.
“Siamo sicuri che non avranno da ridire sul mio duplice ruolo?” gli domandai, cambiando radicalmente argomento.
Un momento di silenzio, poi Duncan mormorò: “Ne parleremo a tempo debito, okay? Ora pensa a riposarti e a passare l’esame.”
“Quando mi nascondi le cose, mi verrebbe voglia di strangolarti. E’ un vero peccato che tu sia così distante, o mi rivarrei su di te in ogni modo, pur di sapere la verità” ammisi, brontolando.
Lui rise per un momento, prima di chiedermi gentilmente: “Puoi lasciare che mi occupi della cosa senza farti stare in ansia per un nonnulla?”
“Sei Fenrir, Duncan, e io non metterò mai in discussione questo fatto, ma io sono la tua Prima Lupa, e gradirei essere messa a conoscenza delle tue manovre, se è possibile” precisai, pur cercando di non apparire lamentosa.
“Quando saprò qualcosa di preciso te ne parlerò, va bene?”
“Accordato. E …” feci per altro, ma mi bloccai immediatamente quando udii un rumore insolito. “… aspetta un momento, Duncan.”
“Che succede?” mi chiese, adombrandosi subito.
“Devo chiudere. Ti richiamo più tardi” sussurrai, chiudendo lo sportellino del cellulare mentre lui mi chiedeva notizie.
Avevo bisogno di essere concentrata su ciò che stava succedendo, perciò potevo concedermi un pizzico di maleducazione.
Spensi preventivamente il cellulare, prima di scendere silenziosamente da letto e tendere ogni fibra del mio corpo, in attesa di eventuali problemi.
Le narici si dilatarono per raccogliere il maggior numero di odori – lucido da scarpe, cera per i mobili, una mela ormai da buttare, il dentifricio aperto, sudore – e, assottigliando le iridi dorate, lasciai che gli artigli mi spuntassero delicatamente, pronta eventualmente a un primo colpo di avvertimento.
Nelle mutazioni mediane stavo diventando bravissima, a detta di Duncan.
Un secondo rumore mi portò ad avvicinarmi alla finestra del corridoio.
In un fragore di vetri rotti e legno scheggiato, strillai per la sorpresa, balzando all’indietro di almeno tre metri, mentre una figura incappucciata e vestita di nero penetrava nell’appartamento con un balzo degno solo di un licantropo.
Il suo odore pungente mi penetrò le nari con una folata di olezzo rancido – da quanto non si faceva un bagno?! – e, piegandomi istintivamente in posizione di attacco, ringhiai: “Cosa vuoi da me?!”
Lui – quelle spalle erano decisamente maschili – non parlò, limitandosi a estrarre una pistola.
Già temendone il suo contenuto, mi volsi lesta per raggiungere la porta mentre, con il mio potere di wicca, erigevo una barriera a mia difesa.
La sua sola presenza, oltre a quella della mia bestia, mi permise di attingere a sufficiente energia per parare il primo colpo – che riverberò con il suo sinistro grido di morte tra le pareti dell’appartamento – e, con gesti frenetici, aprii la  porta d’ingresso per sgattaiolare fuori prima che facesse fuoco di nuovo.
Nel condominio dove mi trovavo, cominciarono a sentirsi voci sorprese, unite ad altre, cariche di paura. Non badai a loro, limitandomi a correre come una pazza giù dalle scale – tenendo sotto controllo il mio misterioso aggressore con l’udito e la percezione della sua aura.
Di colpo, una porta al piano inferiore si aprì di getto e uno studente del terzo anno di ingegneria mi guardò terrorizzato, urlando: “Entra, dai!”
Non mi feci pregare e, mentre un secondo proiettile mi sfiorava la coda di cavallo, chiusi la porta alle mie spalle e gracchiai con voce roca, il fiato spezzato dalla corsa: “La polizia, presto!”
La compagna di appartamento – nonché fidanzata – di Elliott, il ragazzo che mi aveva urlato di entrare, era già al telefono con il dipartimento quando, a spaventarci tutti, fu un terzo colpo di pistola, che fece esplodere la serratura della porta d’entrata con un fragore di metallo e legno.
Terrorizzati, ci dirigemmo in tutta fretta nella panic room , presente in alcuni degli appartamenti del condominio.
Un eccentrico quanto avveduto padrone di casa, aveva fatto costruire in alcuni locali dello stabile quelle magnifiche gabbie di ferro e cemento che, per la prima volta, non mi parvero solo inutili.
Tra me, lodai le paranoie del vecchio pieno di soldi che aveva messo in affitto quel palazzo, e mi infilai dentro assieme ad Elliott e Brittany.
Spingendo con forza sulla paratia liscia e fredda di metallo perché si chiudesse alla svelta, sentii con sollievo il clack della serratura a pistoni, nostra estrema difesa contro quel folle.
Elliott e Brittany, fissandomi con occhi stralunati, mi chiesero quasi assieme: “Che diavolo succede?!”
“Quel pazzo ha sfondato la finestra del corridoio per entrare, poi mi ha puntato la pistola addosso” riuscii a dire, scivolando lungo la parete fino a sedermi a terra, le mani e le gambe tremanti come gelatina.
Brittany si venne a sedere al mio fianco, circondandomi le spalle con un braccio e, sorridendomi pur essendo a sua volta spaventata, mormorò: “Vedrai che, a minuti, la polizia sarà qui. Si sbarazzeranno loro di quel delinquente.”
Annuii, guardando alternativamente quei due umani che, con sprezzo del pericolo, mi avevano aiutata nel momento del bisogno.
Chissà se lo avrebbero fatto ugualmente, avendo conosciuto la verità?
Provai un desiderio tremendo di piangere e, per evitarlo, strinsi la mano di Brittany per poi esalare: “Grazie, grazie davvero. Avete rischiato molto, per me.”
Elliott si inginocchiò accanto a me, sorridendomi, e replicò: “Ehi, chi è che ci da sempre lo zucchero, quando ci manca?”
“O le fettuccine?” rincarò la dose Brittany.
Ridacchiai, sciogliendomi un poco ma, quando sentii dei colpi violenti contro la porta blindata, strillai non meno di loro, terrorizzata e confusa.
Turbata, fissai il pesante battente di metallo, sperando che il mio ignoto assalitore non volesse dare bella mostra di sé, sfondandolo a suon di pugni.
Allargai la mia aura per tentare di percepire la sua mente, e perciò leggere le sue azioni, ma lui paralizzò ogni mia mossa, gridando da oltre la porta: “L’hai scampata, stavolta, puttana, ma non ti andrà sempre bene! Alla prossima!”
Okay, ora sapevo che ce l’aveva proprio con me.
Elliott mi guardò turbato, chiedendomi confuso: “L’hai riconosciuto, per caso?”
“No” scossi il capo. Ed era vero.
Non ero neppure riuscita a entrare nella sua testa, tanto le barriere che mi ero trovata davanti erano forti.
E, con il mio potere indebolito dalla presenza massiccia di ferro e cemento attorno a me, non avevo potuto far altro che ritirarmi senza tentare nessun assalto.
Sarei solo riuscita a farmi venire un collasso, provandoci.
Dovemmo attendere dieci minuti, prima di sentire dei passi concitati sulle scale, il rumore disturbato delle ricetrasmittenti e l’odore morbido dell’olio lubrificante per le pistole.
Bussarono alla porta, presentandosi come gli agenti Sparks e Colbie e noi, dopo un attimo di esitazione, aprimmo lentamente, trovandoci a fronteggiare due enormi omoni dalle spalle taurine e lo sguardo docile.
Erano entrambi umani, ma a me sembrarono forti e coraggiosi come un intero branco di licantropi.
Con un sorriso sollevato, dissi loro: “Non avete la più pallida idea di quanto siamo felici di vedervi.”
E io non ho la più pallida idea di quel che racconterò a Duncan, per salvarmi la pelle dalla sua tremenda vendetta, pensai poi tra me, rabbrividendo.



________________________________
N.d.A.: Eccoci di nuovo nel mondo di Brie e Duncan e le cose, a quanto pare, cominciano fin da subito a farsi complesse. Spero di vedervi numerosi e mi auguro che vogliate lasciare un commento. Grazie in anticipo! :)
  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Licantropi / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark