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Autore: kary218    11/02/2013    5 recensioni
Fanfiction scritta per il Contest "Comunque bella", indetto da GinevraCorvino sul forum di Efp, nel quale si è classificata PRIMA ^^
Io, Rodolphus Lestrange, ho tutto ciò che un uomo può desiderare.
Io, Rodolphus Lestrange, ho tutto, eppure non ho niente.
Stringo la presa sul mio calice ma le dita scivolano sul vetro liscio: non posso artigliarlo, le due sole alternative sono romperlo con una presa troppo oppressiva, oppure reggerlo con delicatezza, sapendo che non ne avrò mai realmente il possesso.
Buffo, è proprio come lei.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange | Coppie: Rodolphus/Bellatrix
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Questa storia è stata scritta in una notte insonne, appositamente per il concorso 'Comunque bella' indetto da GinevraCorvino sul forum di Efp. Si è classificata prima, con mio sommo orgoglio, ma l'avrei amata lo stesso, anzi, devo dire che è tra le storie che adoro maggiormente tra quelle che ho scritto. Alla fine della storia riporterò link al contest e giudizio di Ginevra ^^

Per quanto riguarda le regole del contest in sé, era tutto abbastanza libero, l'unico vincolo era che la storia fosse ispirata ad alcuni versi della canzone 'Comunque bella'; io non ho resistito al gioco di parole tra l'aggettivo ed il nome di Bellatrix, così è su di lei e Rodolphus che tutto si incentra, dal punto di vista di lui.

Vi lascio alla lettura, unica precisazione è per lo stile, le frasi sono volutamente lunghe e complesse, avevo pensato di snellirle ma alla fine mi sono sembrate adatte al personaggio, il Purosangue Lestrange, che ha un linguaggio quasi nobile, ricercato, specchio delle sue origini.

Questa storia è intimamente legata a 'La migliore, la più fedele', che fa già bella mostra di sé nella mia pagina, se avete voglia di darle un'occhiata.

 


Versi scelti: "Mentre tu mentivi e mi dicevi che ancora, più di prima, tu amavi me. Tu... Eri bella bella, comunque bella".


Comunque Bella

 

Una poltrona di velluto rosso, il mio trono.

Io, Rodolphus Lestrange, signore e padrone di questo intero maniero, nobile, affascinante, temuto, nei miei abiti ricchi, consoni ad un aristocratico del mio rango, resto qui seduto, a rimirare il fuoco che danza nel camino di fronte a me, sorseggiando il più pregiato dei vini, puro quanto il sangue che scorre nelle mie vene. Non so che ore siano, ho perso la cognizione del tempo, l'unico rumore che sento è il tranquillizzante scoppiettio provocato dalle fiamme sul legno secco.

Io, Rodolphus Lestrange, ho tutto ciò che un uomo può desiderare.

Io, Rodolphus Lestrange, ho tutto, eppure non ho niente.

Stringo la presa sul mio calice ma le dita scivolano sul vetro liscio: non posso artigliarlo, le due sole alternative sono romperlo con una presa troppo oppressiva, oppure reggerlo con delicatezza, sapendo che non ne avrò mai realmente il possesso.

Buffo, è proprio come lei.

Lei, lei che è la mia dannazione, il mio tormento, lei che mi condurrà all'inferno, ne sono certo. Guardo il liquido scuro con occhi diversi, ora il sangue che evoca non mi ricorda più la purezza del mio, ma quello di cui decine di volte l'ho vista ricoperta; raramente le apparteneva, sembra che niente possa scalfire quella sua pelle diafana.

Bellatrix.

Bella, di nome e di fatto. Comunque bella, in ogni centimetro della sua pelle, tanto quanto in ogni grammo del suo essere. Non pura, non dolce, non caritatevole, non umile: Bella.

La aspetto da ore in questa notte scura ed anche il fuoco, che fino ad un istante fa mi era amico e compagno, ora sembra parlarmi di lei, lei che è il fuoco, lei che mi consuma, danzando su di me come fossi una vittima inerme in un rituale diabolico ed io, povero, sciocco pezzo di legno, sono troppo ipnotizzato dal suo letale splendore per sottrarmi alla tortura che mi distrugge, inesorabile.

Io, Rodolphus Lestrange, darei tutto, purché lei mi amasse.

Me lo dice spesso che mi ama, come e più di prima, ed io le sorrido assente, cosciente che mente.

Il diavolo, davvero è devota al diavolo: un diavolo dagli occhi rossi, dalle pupille strette, dall'anima nera come il più nero dei pozzi, sempre che un'anima l'abbia ancora.

Non è sempre stato così, no... C'è stato anche un tempo in cui mi ha amato davvero, credo; il tempo in cui non era Bellatrix, la Mangiamorte più fedele, ma solo la mia Bells.

Aveva appena compiuto diciotto anni quando mi aveva raggiunto all'altare, accompagnata da suo padre, Cygnus Black, orgoglioso della sua figlia prediletta nel suo giorno più bello. Il bianco non l'aveva voluto, era vestita di rosso, rosso sangue, da sempre il colore che più le si adatta, ed aveva un sorriso così splendido e strafottente, con quelle sue labbra sottili incurvate, i denti lievemente scoperti. Bella, bella, comunque bella.

Ci legava un contratto di matrimonio, da nessuna parte si citava o si era mai citato l'amore, né qualunque altro sentimento, eppure ero sicuro che un po' mi amasse, lo capivo da quei suoi occhi scuri che parlavano, silenziosi, dicendomi che ero suo e suo soltanto. Mi amava come una pantera ama il suo banchetto, con la volontà di chi desidera una cosa solamente per se stessa, senza possibilità di condivisione.

Cosa è cambiato? Lei dice niente, ma io ho smesso di crederle da un pezzo, se mai le ho creduto. Abbiamo abbracciato insieme l'Oscuro Signore, per epurare questo sporco mondo contaminato da una marea di esseri inferiori, nei quali non scorre sangue, bensì mero fango. Quanti ne ho uccisi e quanti ancora ne ucciderò, senza rimorsi perché non meritano di vivere, eppure un motivo per il quale maledico la mia scelta, così come il Marchio che brucia la mia carne, esiste: per Lui, l'ho persa per sempre. Lei che era il mio mondo, lei che mi trascinerà all'inferno, un giorno, già lo so; la seguirò senza un fiato, perché senza di lei è meglio la morte.

Chiudo gli occhi eppure continuo a vedere, perché non sono le mie palpebre ad essersi abbassate, è il mio essere più profondo ad essersi voltato, così da non vedere l'amore che non anima più i suoi occhi, almeno non quando si posano su di me. Non voglio vedere, ma poi perché? È solo una donna... No, lei è Bella, comunque bella.

La massiccia porta d'ebano si spalanca, un lampo si fa strada nell'ampio salone d'ingresso, mi giro e vedo la pioggia entrare, non invitata, riversandosi sul pavimento come lacrime dal cielo. È in mezzo alla pioggia che la riconosco, mentre si fa avanti come un ciclone, senza far caso a me, sbattendosi il portone alle spalle. Una campana lontana rintocca le quattro, mi alzo e le vado incontro: il mantello le cela viso e fattezze ma non ho dubbi che sia proprio Bellatrix, lei è l'unica donna al mondo in grado di assassinare e torturare, senza per questo scalfirsi lo smalto rosso scuro sulle unghie lunghe.

“Buonasera, Bells.”

Si volta, mi guarda senza vedermi, ha gli occhi stanchi, ciocche di capelli tanto neri quanto fradici fuoriescono dal cappuccio, mentre nella mano sinistra stringe ancora la bacchetta.

“Rodolphus.”

Sputa il mio nome, lo sputa. Leggo il disprezzo in ogni suo movimento nervoso e lo so cosa pensa perché, anche se a lei non l'ho mai detto, un po' di Legilimanzia l'ho studiata anch'io. Sono imperfetto, se n'è resa conto pian piano, comparandomi con Lui, quel Signore Oscuro che mai l'amerà.

“Dove sei stata?”

Conosco già la risposta, ma una parte piccolissima di me spera che stavolta io stia sbagliando.

“Il Signore Oscuro” mi risponde ed un fremito la percorre, mentre il suo sguardo si infiamma al solo nominarlo, al solo ricordarlo: “Voleva addestrarmi, con Lui soltanto!”

Spera che io le sorrida con orgoglio, fiero di lei che è la migliore e la più fedele, ma il sorriso che vorrei regalarle esce riuscito solo a metà, imperfetto, proprio come lo sono io, così la sua espressione torna disgustata, lascia cadere il mantello zuppo ai suoi piedi, poi si slaccia la veste e permette che anche quella scivoli a terra, formando un cerchio, con lei nel mezzo, nuda e bagnata. Bella, comunque bella. Non posso staccarle gli occhi di dosso e lo sa, è una fiera che conosce la sua forza, non necessariamente legata alla sola abilità di duellante. Il mio sguardo stanco la esplora e lei non fa niente per sottrarsi, resta semplicemente lì, ancora nel mezzo del salone d'ingresso, ghignando maliziosa, fissandomi senza un briciolo di gioia od amore. Se fossi abbastanza lucido da pensare, forse mi chiederei perché lo fa, perché alterna il disprezzo alla provocazione, forse invece non mi domanderei nulla. Non fare domande di cui non vuoi conoscere la risposta, Rodolphus, nel fondo del tuo cuore sai che ormai il suo unico scopo è tenerti buono, perché il Signore Oscuro non conosce amore e la ripudierebbe se sospettasse che la sua serva non è solo fedele, ma anche innamorata.

Io le servo, mi usa e questo mi strazia, mentre glielo permetto unicamente perché la sua felicità, per quanto perversa ed inarrivabile, vale più di tutto me stesso. Cosa mi hai fatto, Bells? Bella, comunque bella.

Finalmente mi decido e la avvicino, con cautela, perché lei è pericolosa, bella, bella e letale. La sfioro, mi sorride, ma è un sorriso di pura cortesia, si vede che mente, come sempre, ormai non si impegna neanche più; quando le mie dita si posano sul suo Marchio, però, scatta al pari di un serpente, si ritrae, si rende conto con un istante di ritardo che non è riuscita a controllarsi.

“Come oso io, imperfetto uomo, toccare il suo Marchio?” esclamo, mentre lei è indecifrabile, forse non sa che fare, condizione di per sé rara per i suoi standard: “Non è vero, Bells? Come mi sono permesso di sfiorare il tuo legame con Lui?”

“Ma che dici!” soffia, irritata: “Hai bevuto!”

Lo sa che non sono ubriaco, eccome se lo sa, ma non vuole ammettere la verità, anche se le è evidente che l'ho compresa da tante, troppe lune.

“Ciò che hai di più prezioso” continuo, indicandole l'avambraccio sinistro, che invano ritrae dietro la schiena, pallida e perfetta come una stella, come la stella che è lei stessa, Bellatrix. Bella bella, comunque bella, anche quando mi mente.

“Lui è il mio Signore” scandisce, oltraggiata: “Dovrebbe essere anche il tuo.”

“Lo è” ribatto: “Ma a volte mi chiedo se ho fatto la scelta giusta, se la sua battaglia è valsa la perdita della donna che amavo, amo ed amerò fino al mio ultimo respiro...”

Che cosa ho fatto? Le ho detto la verità? Quella verità che avevo giurato a me stesso non avrei mai lasciato uscire da queste labbra? La fisso, la prossima mossa è sua, tocca alla regina nera e, sono certo, mi darà lo scacco.

“Come osi!” sbotta infatti, furiosa: “Come osi rinnegarlo?! Mi vergogno di aver sposato un essere tanto abbietto!”

Si sfila la fede nuziale e la getta a terra, sprezzante.

“Questa non è una novità” ribatto io, facendo lo stesso con il mio anello.

Crucio!!!”

Sento ogni fibra del mio corpo andare a fuoco, mi sento più che mai quel pezzo di legno, ormai cenere nel camino di pietra, mentre Bella mi guarda dall'alto in basso, la bacchetta puntata; il dolore non dura a lungo, segno che mi lascia perplesso: non vuole farmi del male per il gusto di vedermi soffrire, è solo arrabbiata.

“Alzati” mi intima ed io obbedisco, senza però che il mio animo sia sazio di vomitare il dolore che mi attanaglia.

“Sei solo una serva per lui, Bells” tento ancora, preparato ad un'altra tortura che però sembra non arrivare: “Non ti amerà mai, ma io sì!”

Il suo sguardo si fa strano, i suoi occhi sono grandi, si fissano nei miei, non la capisco, poi mi dice, con la semplicità di cui solo lei è capace: “Ma io ti amo, Rodolphus, amo te, come il primo giorno!”

Che dolce, bellissima menzogna: la assaporo, socchiudo gli occhi e traggo un respiro profondo perché le sue parole restino dentro di me più a lungo, unico sostegno di una mente straziata.

“Andiamo a letto.”

 

Condannati all'ergastolo, tra i tormenti dei dissennatori. L'avevo detto che mi avresti trascinato all'inferno con te, ne ero certo.

Lui è caduto ma tu non ti sei arresa, qualcuno doveva sapere dove poteva essere, qualcuno doveva per forza, me lo ripetevi fino alla nausea, fino al giorno in cui hai chiamato a te mio fratello e Barty, intenzionata ad estorcere a qualsiasi costo quell'informazione che per te significava vita. A me non l'avevi chiesto, mi illudo tu l'abbia fatto per proteggermi, ma temo non volessi essere ostacolata, dopotutto ancora dicevi di amare me, in una delle tue peggiori interpretazioni teatrali.

Ti ho seguita lo stesso, osservandoti in silenzio mentre torturavi quei due Auror, con un fuoco negli occhi che mai ti avevo visto, una luce folle di pura volontà che non si è placata nemmeno quando entrambi hanno smesso di contorcersi e di ragionare, nemmeno quando ci sono piombati addosso a decine, incatenandoci, gettandoci a terra, nel rombo di mille maledizioni e urla di dolore.

Non ho aperto bocca, nemmeno quando ci hanno processati, ma tu hai voluto dire la tua, seduta tra le catene come la regina che sei sempre stata per me, mentre io ero già in piedi, pronto per avviarmi al mio destino.

“Il Signore Oscuro risorgerà, Crouch!” hai proclamato: “Gettaci pure ad Azkaban, noi aspetteremo! Risorgerà e verrà a cercarci, e ricompenserà noi più di ogni altro suo seguace! Solo noi siamo stati fedeli! Solo noi abbiamo cercato di trovarlo!”

Il mio sguardo, già specchio della mia anima svuotata dai nostri carcerieri fluttuanti, si è spento del tutto mentre il dolore trafiggeva il mio cuore, nero ma innamorato; avrei voluto esser morto davvero, perché avevi gettato anche quel barlume di finzione, urlando al mondo quella tua passione viscerale, ben oltre la semplice fedeltà.

Ora siamo qui, nella fredda, sudicia prigione magica, con i dissennatori che cercano di portarmi via ogni grammo di felicità, ignari del fatto che hai già assolto tu quel compito al loro posto. Mi sbattono in una cella umida, appiccicaticcia, sporca, mentre a te tocca quella dal lato opposto: mi rannicchio nell'angolo più remoto, tu no, tu fissi con rabbia quegli esseri che possono portarti via la gioia ma non la fede cieca, non il fanatismo, non l'odio. Ti invidio, perché sei da sempre più forte di me, poi i nostri occhi si incrociano e sento ancora quel dolore nel centro del petto. Con l'ultimo barlume di lucidità mi domando perché, dopo quella notte di pioggia, non gli hai mai detto dei miei dubbi, non hai mai denunciato la mia incerta fedeltà, che così scioccamente ti avevo confessato... Quando ci hanno catturati hanno confiscato quei pochi oggetti che avevamo indosso, per me solo la bacchetta e proprio quell'anello nuziale che dopo aver gettato a terra ero tornato a raccogliere, pentito, perché non riesco a smettere di amarti; a te invece cosa hanno portato via? Il Marchio è scomparso dalla tua pelle, così come dalla mia, quella sera di ottobre, ma la fede l'avevi ancora? Non te l'ho mai più vista al dito, da quella notte, ma non l'ho mai neppure trovata in giro... Forse un po' mi ami, dopotutto? La speranza svanisce, risucchiata, ma neanche una vita ad Azkaban riuscirà a strapparmi quel dubbio, quel momento lontano, mentre tu mentivi e mi dicevi che ancora, più di prima, tu amavi me.

Tu eri... Bella bella, comunque Bella.


Giudizio:

-Grammatica e sintassi 5/5
Che meraviglia leggere la tua storia, la sintassi seppur articolata è scorrevole e precisa, grammaticalmente perfetta. Punteggio pieno.

-Lessico e Stile 10/10
Non so se tutte le tue storie sono a questo livello, ma decisamente in questa storia il lessico ricco e evocativo la fa da padrone in un modo raffinatissimo e spietato. Decisamente eccellente. Lo stile mi è piaciuto oltre ogni dire. Una prosa descrittiva e allo stesso tempo estremamente emotiva. Mi piace la vicenda raccontata dal punto di vista di Rodolphus. E' straziante e crudele il modo in cui vede e sente Bellatrix

-Utilizzo del pacchetto 10/10 ( i versi scelti)
Anche qui punteggio pieno! Non ti sei limitata a riportare il verso ( chicca perfetta nella frase finale), bensì davvero ci hai costruito una storia. La ripetizione costante di "comunque bella", sembra il battito del cuore di Rodolphus che vive per lei. Notevole la parafrasi continua del concetto di "menzogna" riferita all'amore di Bella.

-Originalità 10/10
Nonostante, la coppia sia "strabattuta", il tuo stile e la ripartizione dei momenti narrati da Rodolphus sono narrati in modo molto originale.

-IC Personaggi 10/10
Bellatrix è Bellatrix in ogni minima sfumatura, del marito sappiamo molto meno, ma la tua narrazione la trovo decisamente can, cioè più che credibile a ciò che intendeva la Rowling in questa coppia scrivendone.

-Gradimento Personale 10/10
Non posso darti 11 purtroppo. Nei miei contest, non ho mai letto niente che mi piacesse tanto.
Ho adorato ogni frase, assaporato ogni parola. Ho trovato la trama drammaticamente coinvolgente, crudele e meravigliosa al tempo stesso.
Rodolphus è un mangiamorte vero, non uno smielato innamorato, la sua unica debolezza è la moglie, che si sente scivolare via a causa del fervore che questa ha nella fede cieca della causa. Complimenti! Favolosa!

TOTALE 55/55

Grazie di aver letto (:
Qui trovate il contest: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10462879&p=1

  
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