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Autore: Cam17    11/02/2013    3 recensioni
Don Camillo è il parroco della chiesa Annunziatella di Boscotrecase, un piccolo paese in provincia di Napoli. Saranno molte le disavventure che si imbatteranno su di lui e sulla sua chiesa, ma si sa, nessuno molla, nemmeno un parroco come lui. Tutti i suoi problemi verranno sistemati con un pizzico, anzi con giusto giusto un granello di follia, tanto piccolo da scatenare catastrofi apocalittiche e morti "accidentali". Siete pronti a conoscere il parroco più pazzo del pianeta? Siete pronti a fare la conoscenza di chierichetti armati fino ai denti? Siete pronti a vedere morti abnormi al mille per mille e scene senza un briciolo di logica? Don Camillo vi aspetta!
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don Camillo'
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Era il 27 Agosto e Don Camillo era pronto per una stupenda gita parrocchiale che avrebbe portato lui ed un bel po’ di fedeli a Venezia, dove poter ammirare la città, le stupende opere d’arte che essa conteneva e le varie chiese. Non era stato molto difficile coinvolgere i fedeli, anche perché, si sa, se ricevi una lettera con un messaggio intimidatorio, un proiettile, un coltello insanguinato ed il pisello di un chierichetto, di certo non puoi non dire di si a tale iniziativa. Don Camillo se ne portò una cinquantina, distribuendoli come bestiame al pascolo dentro il pullman noleggiato per il viaggio. Il parroco salì per ultimo, dicendo al conducente che doveva sbrigarsi, perché né lui, né gli altri

(sotto forzato acconsentimento) volevano perdersi un secondo di quella splendida gita.

Un bambino alzò una bottiglia di aranciata in aria ed esclamò: << Questa gita sarà FANTAstica! >>.

Don Camillo gli sparò seduta stante, poiché il marmocchio, ormai cibo per cani randagi, aveva violato il primo comandamento parrocchiale della gita, scritto dal Don in persona: “Non crederti divertente dopo una battuta squallida, a meno che tu non sia Don Camillo”.

La carcassa fu gettata giù dal finestrino, mentre una coppia di anziani stava allegramente parlando in fondo al pullman.

<< Tesoro, presto vedremo Venezia >>. Disse l’uomo, che baciò la sua dolce e quasi marcia metà. Don Camillo sparò anche a lui, avendo violato il settecentesimo comandamento parrocchiale: “Non bacerai nessuno, a meno che tu non sia Don Camillo”.

Anche questa carcassa, già circondata da mosche e piena di vermi, fu gettata dal finestrino. Ora che gli inconvenienti erano risolti, il pullman poté partire.

Ma il parroco, annoiato dopo i primi cinquecento kilometri di viaggio, decise di dedicarsi allo sport estremo del surf su veicolo, mostrano una forma atletica così invidiabile, che in molti si chiesero del perché non avesse rappresentato lo Stato del Vaticano nelle scorse Olimpiadi.

Raggiunta Venezia, Don Camillo ed il bestiame scesero dal furgone, andando incontro ad un tizio che sembrava tanto il becchino, visto che era vestito tutto di nero, dacché il parroco disse:

<< Mi scusi, caro, ma le carcasse le abbiamo lasciate a Boscotrecase >>.

L’uomo rise, sistemandosi la giacca nera: << Ma no mio caro, io sono il proprietario dell’albergo! >>.

I due si strinsero la mano.

<< E’ un vero piacere averla qui con noi. La sua fama la precede >>.

Don Camillo, che aveva un vocabolario piuttosto limitato in testa, rispose: << La ringrazio, ma ho già mangiato >>.

L’uomo rimase terribilmente imbarazzato, ma preferì non farlo notare e cambiò discorso. Portò i vari ospiti nell’albergo: Don Camillo ebbe la camera numero 17, mentre il resto della mandria ebbe una stalla appositamente costruita per l’occasione (oddio, gli animali erano fatti di cartone e la zona in questione era una cantina di circa settanta metri quadri).

La prima giornata passò alla grande, col parroco che sistemò tutte le sue cose ( stiamo parlando della splendida scrivania in mogano, del tappeto di daino cacciato in zona protetta, del portagioie di Luigi XIV misteriosamente scomparso dalla reggia di Versailles e di una fornitura di incenso tanto grande da poter benedire tutta la città [???]).

Il pomeriggio seguente Don Camillo, dopo aver visitato due musei e quattro locali sconci, portò le bestie a pascolare in un fast food, quando, ad un tratto, un uomo lo avvicinò.

<< Don Camillo! >>.

Il parroco si girò: << Satana?? >>.

<< Ma no, sono il sindaco di Venezia. E’ un grande onore averla nella nostra splendida città. Appena ho saputo, l’ho cercata dappertutto, per farle inaugurare la nave Angelus, la più grande nave che sia mai stata costruita in Italia >>.

Don Camillo, sentendo la parola Angelus, pensò che lui fosse la persona più idonea nell’inaugurare quella barca. Decise di andare al porto, ma il proprietario del locale chiese il conto e il parroco, per pagare quattro panini, due Coca Cola e cinque chili d’erba freschissima (uno per nutrire le bestie, quattro per far rifocillare il nano che nascondeva sotto la tonaca), gli diede la bellezza di venti splendidi esemplari compresi tra gli undici ed i trentatré anni.

Raggiunto il porto, Don Camillo arrivò nel mezzo di una folla, accompagnato dal sindaco. Tra gli ospiti eccezionali c’erano madama Coppola, un pc di ultimissima generazione ed un lama parlante (si, aveva sniffato due broccoli prima di raggiungere la zona…).

Fu accolto con applausi e ragazze che si denudavano. Il sindaco prese in mano il pc e lo aprì, mostrando al padre chi si nascondesse dietro lo schermo: Papa Benedetto XVI.

Don Camillo si inginocchiò, spalancando le braccia.

<< Caro Camillo, questo è un giorno davvero importante per tutto il mondo. Questa nave è l’inizio di un cambiamento per tutti. Inaugurala, caro fratello >>.

Don Camillo, ancora incredulo di fronte al nuovo lifting cibernetico del Papa, prese la bottiglia di spumante e, invece di lanciarla contro la nave, la usò per colpire la testa della madama, provocandole un ictus cerebrale.

<< Ma padre >>. Disse il sindaco << Perché?? >>.

Don Camillo lo guardò rabbioso e confuso: << Perché mi sentivo in imbarazzo, ok?? Ma adesso posso incominciare >>.

<< E allora vada >>. Aggiunse il Papa.

Prese una bottiglia dalla sua tonaca e la lanciò contro la nave. L’incenso squagliò il metallo, facendola affondare.

Tutti scapparono via, mentre il Papa lo guardava deluso: << Camillo, sarò franco con te… >>.

Don Camillo prese il pc ed iniziò ad urlare: << Ma allora tu non sei il Papa! Lo sapevo, il Papa non è fatto di plastica e fili elettrici! Questa è la tua fine! >>.

Lo chiuse e lo lanciò via, come un frisbee, un frisbee che raggiunse la Jugoslavia, decapitando quindici persone.

Cavalcò il lama e raggiunse l’hotel. Passarono così altri quattro giorni, per poi riprendere il pullman e ripartire per casa. Ma dopo cinquecento kilometri (un’altra volta), si sentì un tonfo provenire dall’alto. Il padre saltò, sfondando il tetto del pullman e ritrovandosi di fronte ad un tizio con una valigia nera in mano. Don Camillo iniziò a ringhiare: era un testimone di Geova.

<< Parroco, ascolta la vera voce! Fai la carità! >>.

Don Camillo alzò la tonaca, facendo uscire fuori il nano che aveva nascosto (c’era per davvero!!!). Pigmeo nato in Madagascar, addestrato sulle falde del Kilimangiaro (il programma della RAI, si) ed esperto di tutte le arti dell’uccisione, Grotjambortzo (nome che gli fu dato dai genitori probabilmente inebriati dall’alcol), tirò fuori dalle minuscole tasche due katana e le agitò al cielo, urlando parole incomprensibili.

Il testimone gli lanciò la valigia addosso, ma il piccolo schivò, gettandosi contro di lui e tagliandolo in due.

Tutto sembrava finito, ma il testimone si duplicò, sghignazzando come non mai: << Fammi la doppia carità! >>.

Don Camillo intervenne, gettando un crocifisso al collo di uno dei due, indebolendolo sensibilmente, poi incensò l’altro.

Il rimanente nemico fu spazzato via da un’onda energetica sparata da entrambi, che lo polverizzò (la TV influenza parecchio…).

Il nano tornò al suo posto, Don Camillo si sentì sollevato. Scampato anche l’ultimo pericolo, il pullman poté finalmente ritornare a Boscotrecase.

Le quindici persone che erano riuscite a tornare a casa poterono dire:

<< Miei cari, sembrava impossibile, ma ce l’ho fatta! >>.

Ma fu allora che tutte le loro teste esplosero, avendo peccato di orgoglio e presunzione.

Intanto Don Camillo si diresse in camera sua, contento per essere riuscito ad estirpare nuovamente il male su questo schifo di pianeta.

Cercò il lama, ma non lo trovò, poi realizzò; sniffò due cavolfiori ed ecco che apparve magicamente: << Mortimer pulisci pavimento e finestre, che domani ho la messa >>.

Mortimer obbedì, anche se, in mente, un pensiero se lo fece:

“Ma questo deve allucinarmi solo quando gli servo??”.

 

 

E SIAMO COSI’ GIUNTI AL SETTIMO CAPITOLO! =) RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE CONTINUANO A SEGUIRE IL PARROCO PIU’ PAZZO DEL MONDO E SPERO VIVAMENTE CHE ANCHE QUESTO CAPITOLO VI SIA PIACIUTO. ASPETTO CON ANSIA QUALCHE VOSTRA RECENSIONE: SONO CURIOSO DI SAPERE IL VOSTRO GIUDIZIO :D

CI VEDIAMO AL PROSSIMO CAPITOLO, CIAO! :3

 

 

   
 
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