Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: odile12    12/02/2013    2 recensioni
Cosa succederebbe se un giorno Santana Lopez si ritrovasse con un orologio capace di riportarla indietro nel tempo?? Qualcosa potrebbe cambiare??
"Quando era ormai quasi arrivata a destinazione, l’ispanica, scivolò su qualcosa di piccolo. Cadde in una grossa pozzanghera, sporcandosi il vestito verde e blu di acqua e fango. Meraviglioso, pensò, appoggiando una mano sull’asfalto bagnato per rialzarsi. I suoi occhi neri come la pece si fermarono su una piccola macchia dorata che galleggiava a pochi millimetri dal suo piede e che doveva essere l’oggetto incriminato.
Imprecò per qualche istante, e lo afferrò. A prima vista sembrava una bussola, anche se in realtà la nebbia e la pioggia battente le impedivano di vedere bene. Ma chi poteva aver perso una bussola nel parcheggio di un piccolo locale di Lima?!"
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Quinn/Santana
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5

Santana proprio non sapeva come fosse potuto accadere. Davvero. Era la prima volta in tutta la sua vita in cui non si era impegnata per provocare l’ira funesta di Quinn Fabray. Ciò che avrebbe voluto fare quella mattina, in realtà, era solamente stuzzicarla innocentemente, ma non credeva che la bionda se la sarebbe presa tanto. Abbassò gli occhi sul suo ginocchio, e notò che la ferita era davvero grande. Quinn aveva imparato a picchiare davvero bene! Qualche goccia si posò sulla sua gamba, e il contatto con l’acqua non fece che aumentare il bruciore della ferita. Allungò un piede verso la finestra, che si richiuse con un tonfo, ed un ultima folata di vento le scompigliò i capelli. L’infermeria non le era mai piaciuta. Probabilmente era per l’odore di medicinali scaduti, o forse perché quei lettini erano particolarmente scomodi. Quinn si mosse, e quando la sua gamba destra strisciò contro il muro, grugnì qualche parola incomprensibile a denti stretti per il dolore. Erano stese sui loro lettini in quella stanza da almeno mezz’ora, a osservare il soffitto, e nessuna delle due aveva pronunciato neanche una parola. Santana sapeva che prima o poi avrebbero fatto pace, era solo questione di tempo. In fondo il loro rapporto era sempre stato così, un giorno litigavano, il giorno dopo era già di nuovo tutto come prima. Questo accadeva fondamentalmente perché avevano ambedue un carattere forte, ed erano molto orgogliose, eppure nessuno aveva mai capito il loro modo di comunicare, nessuno aveva mai realmente capito se fossero realmente amiche e cosa avessero in comune oltre al cheerleading. A loro non importava come la pensassero gli altri, e in realtà sapevano di avere tante cose in comune, fin troppe, e forse era proprio questa la causa dei loro scontri. Gli occhi neri di Santana ruotarono nella direzione della sua amica. Forse sarebbe stato meglio dire qualcosa finchè erano sole. Ma proprio mentre prendeva fiato, l’infermiera varcò la soglia. Come non detto. Osservò la donna bionda, con il suo camice giallo che le entrava a compressione. Qualcuno avrebbe dovuto spiegarle che era in una scuola e che lei non era una vera infermiera, ma probabilmente nessuno l’aveva mai fatto per ferire i suoi sentimenti. In realtà l’infermiera della scuola le aveva sempre fatto un po’ pena. Era sempre chiusa in quella stanza anonima, dalle pareti bianche e le tendine verdi, che riuscivano a mettere tristezza persino a Brittany, con ragazzi malaticci ai quali poteva soltanto dire di aspettare i loro genitori, sempre a contatto con delle mamme esageratamente preoccupate per la salute dei loro figli. Per quanto ne sapesse, quella donna non aveva né una famiglia né dei figli, e doveva condurre una vita davvero noiosa. Si avvicinò a Santana, con il suo solito sorriso a cinquemila denti, e le disse di mettersi a sedere. L’ispanica chiuse gli occhi fino a farli diventare due fessure, e scrutò la donna, cercando sicurezza nel suo sguardo. Non sapeva se fidarsi o meno di lei. Appoggiò le mani ambrate sul lettino, e facendo forza nelle braccia, si mise a sedere. La ferita sul ginocchio le bruciava, e le ossa le facevano terribilmente male, era come se qualcuno l’avesse completamente smontata e rimontata senza seguire le istruzioni. Si portò una ciocca dei suoi capelli corvini dietro all’orecchio, e si morse un labbro quando la donna dai capelli biondi, inaspettatamente, premette sulla ferita con una forza spaventosa. Un piccolo gemito di dolore uscì dalle labbra della latina.
-    Ti ho fatto male? – chiese l’infermiera, spostando lo sguardo sul suo volto. Santana la guardò come se fosse pazza.
-    Cosa dice, se le do un pugno dritto sul naso le faccio male? –
La donna la guardò con disappunto, e a Quinn scappò una risata. L’ispanica si voltò d’istinto verso la bionda, e quest’ultima serrò subito le labbra quando si accorse che la sua risata era giunta alle orecchie di Santana. Non intendeva fare pace con lei, l’aveva colpita nel profondo, e non l’avrebbe mai perdonata. Si stava abituando alle sue frecciatine e battutine, ma quello che aveva detto quella mattina era andato oltre. Odiava essere considerata una bambolina senza cervello. La cheerleader spostò repentinamente lo sguardo sulle sue caviglie, come se fossero la cosa più interessante del mondo, ed iniziò a giocherellare con la zip della sua felpa.
-    Ok, adesso stenditi e aspetta i tuoi genitori. Io passo dalla tua amica nel frattempo –
Santana si lasciò andare indietro a peso morto, e solo quando incontrò la superficie dura di quel lettino si rese conto che era stata una pessima idea. Avrebbero davvero dovuto far qualcosa per quella roccia.

 



                                                                                                          **********************

Giovedì mattina, quarta ora. Quinn e Santana camminavano tranquillamente per i corridoi della scuola, e si godevano la loro pausa chiacchierando. Le loro voci si mescolavano a quelle di altri studenti, che come loro, si scambiavano qualche parola. Santana indossava i vestiti che aveva acquistato con Quinn, ed era felice di non dover più indossare le sue maglie dai colori accesi, che provocavano un distacco della retina a chiunque le guardasse. In ogni caso era davvero grata alla ragazza per la sua disponibilità, e a tempo debito le avrebbe restituito tutto il denaro che aveva speso per lei. Infatti, proprio quel pomeriggio, aveva una festa, e sperava che i bambini non fossero così terribili come le aveva detto Taylor, la sua collega. In tal caso avrebbe saputo lei come rimetterli in riga.
-    Oggi è il tuo primo giorno di lavoro o sbaglio? – disse Quinn a Santana, con un sorriso. La latina sbuffò. Ci mancava solo che glielo ricordasse.
-    Purtroppo. Tu cosa fai oggi? – chiese l’ispanica, senza il minimo interesse. In realtà voleva solo sviare la conversazione da lei e dal suo rapporto con i bambini.
-    Io oggi devo fare da baby sitter al figlio della mia vicina. E’ così carino, e mi adora! Tu vedi di non far spaventare quei bimbi –
Spaventare? Perché mai avrebbe dovuto spaventare quei piccoletti? Se avessero capito subito come comportarsi non ce ne sarebbe stato davvero bisogno. Il tono da maestrina di Quinn la infastidiva parecchio. Era facile parlare per lei.. piaceva sempre a tutti!
-    Capisco perché ti adora, quale bambino non adora le Barbie? –
La risata fresca e musicale di Quinn le giunse alle orecchie. In realtà non doveva essere la prima volta che la paragonavano ad una bambola.
-    Questa me l’aspettavo, era banale. Stai perdendo colpi Santana! –
Anche la latina sorrise, unendosi alla cheerleader.
-    Lo faccio per non dire cosa penso realmente di te ed essere cattiva -  disse la ragazza con un mezzo sorriso. Sapeva cosa avrebbe detto Quinn. La cheerleader spinta dalla curiosità le avrebbe sicuramente chiesto cosa pensasse di lei. La latina sapeva esattamente cosa rispondere, anche se aveva paura che la ragazza si sarebbe potuta offendere. Ma d’altro canto sarebbe stato anche divertente stuzzicarla un pochino.
-    E cosa pensi di me? –
Bingo. Santana inclinò leggermente la testa. Lei aveva sempre avuto una buona concezione dell’amica bionda, eppure, in quella diversa dimensione, il suo concetto di lei era molto cambiato. Non era più la psicopatica che aveva sempre dimostrato di essere, e anche parte della sua “cattiveria” non c’era più. Santana credeva che fosse semplicemente ben nascosta. Già, perché delle circostanze diverse non cambiano l’indole di una persona.
-    Credo che voglia sembrare come una di quelle bamboline stereotipate, nascondendo il tuo vero modo di essere –
Disse senza mezzi termini l’ispanica. Si morse subito la lingua. Dalla faccia che aveva assunto Quinn, capì subito di aver fatto la mossa sbagliata.
-    Quindi credi che io sia una cretina –
Il suo tono era gelido, la sua espressione spaventosa. Santana alzò le spalle.
-    No, credo che tu voglia fingere di essere brava e perfetta, mentre ambedue sappiamo che non è così. Non vuoi essere come gli altri, vuoi essere meglio degli altri. Vuoi spiccare, e il tuo intervento per rifarti il naso ne è la dimostrazione –
Quinn si fermò improvvisamente. Neanche un muscolo sul suo volto si muoveva, ed era davvero inquietante. Le sue sopracciglia iniziarono ad incurvarsi, e la sua espressione era un misto tra il meravigliato ed il confuso. Santana si morse un’altra volta il labbro inferiore. Errore numero due. Nessuno sapeva dell’intervento di Quinn, la bionda l’aveva confidato solo a lei e Brittany quando erano amiche. L’ispanica si portò una mano fra i capelli corvini, cercando di prendere tempo.
-    Non preoccuparti, anche io mi sono rifatta il seno, non ti giudico. Però devi ammettere che anche tu non saresti tanto perfetta senza quell’intervento. –
La cheerleader non l’ascoltava. L’espressione sul suo volto stava lentamente cambiando, e non sembrava più meravigliata, ma semplicemente… adirata. Santana poteva chiaramente vedere le vene sulle sue tempie gonfiarsi dalla rabbia, e il suo respiro sempre più irregolare. In realtà sembrava livida, e la ragazza dai capelli corvini riuscì a vedere in lei, per qualche istante, la Quinn psicopatica che aveva conosciuto tempo prima. Eppure, la sua, le sembrava una reazione esagerata. Doveva avere un sacco di rabbia repressa quella biondina.
-    E tu che ne sai?! E tu che diritto hai di giudicarmi e dirmi che sono una bambolina stereotipata?! – ruggì la cheerleader avvicinandosi sempre di più. Dal canto suo, Santana, continuava ad indietreggiare, allontanandosi. In realtà la spaventava un po’, ed era difficile spaventare Santana Lopez! La bionda, subito, la scaraventò contro un armadietto con forza.
-    Cosa!? Non puoi picchiarmi! – esclamò Santana confusa. Da quando era Quinn ad iniziare una lotta? Un sorriso maligno e allo stesso tempo divertito si dipinse sulle labbra della bionda, che non la pensava come lei a quanto pareva. La latina continuava ad osservarla con le sopracciglia aggrottate, in attesa che dicesse qualcosa, ma in tutta risposta, la cheerleader le stampò uno schiaffo fortissimo sulla guancia, che le fece girare la testa. Santana alzò il capo, e la guardò con la bocca spalancata. Non poteva proprio crederci. Improvvisamente una luce di odio e sdegno comparve negli occhi color pece della latina, luce che compariva sempre quando c’era da picchiare qualcuno. Afferrò la coda di cavallo della ragazza, tirandola con forza verso il basso, mentre si apprestava a prenderla per la vita e scaraventarla a terra. Le sarebbe riuscito tutto bene se la bionda non avesse previsto la sua mossa, e se non le avesse addentato un braccio. Un urlo di dolore uscì dalle labbra della latina, mentre la biondina la afferrava per la vita. Continuava a divincolarsi, per liberarsi dalla sua morsa, ma la ragazza l’aveva completamente bloccata.
-    Via quei dentacci da lì, che sei un cane? – urlò, continuando a muovere il braccio. Quinn la sollevò di peso, per scaraventarla a terra senza alcuna pietà. Due erano le possibilità: o lei era un tantino arrugginita, o Quinn aveva seguito un corso di taekwondo. Poggiò le mani a terra, per rialzarsi, e mentre lo faceva la cheerleader si avvicinò. Questa volta non si sarebbe fatta cogliere di sorpresa, e afferrò d’impulso la ragazza per le gambe, spingendola verso un armadietto. La bionda cadde rovinosamente, accanto ad un manifesto che diceva “No alla violenza”, e l’anta di un armadietto si aprì lentamente. Toh, aveva provato per anni a scassinarli, e il modo più semplice per farlo sarebbe stato picchiare Quinn. Lo avrebbe sicuramente tenuto a mente per il futuro. Continuarono così per qualche minuto senza dire una parola, procurandosi qualche ferita e qualche livido, sotto gli occhi di tutti i ragazzi che si trovavano nel corridoio. C’era chi si era fermato a guardarle, e faceva anche il tifo, chi, spaventato, correva via, e chi cercava di telefonare un’ambulanza, siccome di lì a poco ce ne sarebbe stato il bisogno. Ad un certo punto, la piccola folla che si era creata attorno a loro si diradò, e ne uscì il professor Shuester, che corse subito verso di loro, cercando di dividerle. Le ragazze continuavano a divincolarsi, e cercavano di colpirsi anche ora che il professore si era messo tra di loro.
-    Ragazze, per favore! Cosa vi è preso!? –
Dopo qualche istante, finalmente, si calmarono. Abbassarono la testa, e cercavano di scrutarsi, alzando leggermente gli occhi. Sembravano due bambine che avevano appena finito di litigare per una caramella, e che venivano rimproverate dal papà.
- Ha iniziato lei – disse Santana, indicando Quinn.

 



                                                                                                          **********************

Non ne poteva più, davvero. Non credeva che lei, Santana Lopez, si sarebbe mai fatta sconvolgere da un branco di bambini urlanti, che rischiavano di buttare giù tutto l’edificio da un momento all’altro. Si portò una mano tra i capelli, premendo le dita sulle tempie, cercando di calmare il suo istinto di alzarsi e prenderli tutti a calci. Almeno venti marmocchi di sei anni, infatti, l’avevano attorniata, e non aveva via di fuga. Abbassò lo sguardo su quei nanetti. Era almeno cinquanta centimetri più alta di tutti loro, notò ridendo, e avrebbero dovuto sapere che circondandola non l’avrebbero di certo né intimorita, né imprigionata. Alzò una gamba, e poggiò un piede a terra, superando tutte quelle testoline. Un piccolo boato di disapprovazione di alzò dall’altra parte del cerchio che si era formato attorno all’ispanica, e Santana sorrise divertita. Se quei piccoletti credevano di poter mettere in difficoltà la latina con così poco, si sbagliavano di grosso.
-    Noi vogliamo il nostro balletto, noi vogliamo il nostro balletto – disse un bambino a gran voce, incitando tutti i suoi coetanei. Oh cavolo, questa proprio non ci voleva. Santana corse verso il bambino, e gli tappò subito la bocca con una mano. Ciò che ci voleva in quel momento era solo la rivoluzione di tanti nani che non contavano dieci denti tutti insieme.
-    Taci o ti blocco la crescita. Ballare è da femminucce – replicò l’ispanica, guardando il mostriciattolo. Notò con orrore che i suoi capelli sembravano essere stati tagliati sulla forma di una scodella.
-    Ma ballare è divertente! Daaaaai – un altro bambino si era materializzato accanto a lei all’improvviso, e aveva iniziato a tirarle la maglietta. Santana la afferrò da una estremità, e la tirò, per evitare che il bambino la strappasse. Alla fine aveva dovuto indossare per forza quella maglia, e non voleva che oltre al colore improponibile e alla scritta imbarazzante, diventasse anche sformata, in modo da farla sembrare una specie di casalinga disperata. Sbuffò innervosita. E adesso cosa poteva fare? Doveva farsi venire un’idea, e in fretta, perché non voleva che le cose degenerassero, e soprattutto, non voleva fare quei balletti idioti.
-    Ok bambini, stiamo calmi, ho una proposta allettante per voi – disse l’ispanica, con tono autoritario. Si alzò in piedi, e notò che neanche un bambino fiatava più, e che mille occhioni la osservavano incuriositi dal basso. Aveva fatto centro, questo era poco ma sicuro. Si schiarì la voce, e sorrise appena.
-    Se farete i bravi e non mi chiederete più di ballare, vi farò avere alcool e sigarette a volontà!-
Un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo volto. Cercò di scrutare i volti dei bambini, per capire se fossero d’accordo oppure no. Insomma, lei sarebbe stata contenta se qualcuno le avesse fatto una proposta del genere. Ma le reazioni dei bimbi intorno a lei non erano quelle che si sarebbe aspettata. Alcuni sembravano sconvolti, ed iniziavano ad indietreggiare, mentre altri la guardavano come se fosse pazza. Notò espressioni di disappunto dipingersi sui piccoli volti, ed ebbe la sensazione di aver sbagliato qualcosa. Un silenzio tombale cadde nella stanza. Improvvisamente, però, un bambino si fece avanti, e prese la parola.
-    Alcool e sigarette li posso prendere a casa, mentre mia madre non mi fa fare nessun balletto! – Però, quei bambini erano avanti. Tutti ricominciarono a strillare, e Santana tornò nella sua posizione iniziale, con le mani affondate nella folta chioma corvina, cercando di calmarsi. Doveva trovare una soluzione, e in fretta.
-    Cosa ne dite di tante caramelle? Caramelle a volontà! – disse improvvisamente l’ispanica, illuminandosi. Non avrebbero mai detto di no alle caramelle. E infatti, pochi secondi dopo, vide i volti di venti bambini illuminarsi, e quaranta occhi spalancarsi. Poteva dire tranquillamente di aver risolto il problema. Sorrise soddisfatta di se stessa. A volte era davvero geniale, doveva ammetterlo.
-    Caramelleeeeee! Le vogliamo! – urlò un bambino, alzando il braccio e correndo verso la latina. La ragazza cercò un posto dove fuggire, ma era troppo tardi, perché i piccoletti l’avevano già circondata, e avevano iniziato a tirarla per la maglia. Caramelle? Lei non aveva caramelle con se, a questo non aveva pensato prima. In altre circostanze avrebbe chiamato Quinn, e le avrebbe chiesto di aiutarla. Ma non quella volta. Non poteva chiamarla dopo quella mattina, e aveva dei lividi sulle gambe a dimostrare quanto i rapporti tra loro non fossero buonissimi.
-    No! Le caramelle arrivano prima di tagliare torta, se fate i bravi! –
I marmocchi si calmarono, e tornarono ai loro giochi. Tutto era sistemato per fortuna, ma adesso bisognava trovare quelle caramelle, e allo stesso tempo controllare quei piccoletti per evitare che buttassero giù l’edificio. Santana si sedette su un cavallino di plastica, ed iniziò a pensare mentre andava avanti ed indietro, cullata da quel giochino. Probabilmente non c’era bisogno di farsi tutti quei problemi, perché forse i bambini se ne sarebbero dimenticati fino al momento della torta. E poi, fra la torta e le caramelle non c’era confronto, giusto? Un bambina si fermò in piedi accanto a Santana, che continuava a dondolare, e che ormai ci aveva preso gusto. Sembrava intimorita dalla latina, e non aveva la forza di dire una sola parola. Gli occhi neri di Santana, incrociarono subito il volto paffuto della bimba, e capì perché era lì. Si alzò, e sorrise alla piccola, che sembrava una bambola di porcellana.
- Il cavallino è tutto tuo, trattalo bene –




Il tanto temuto momento della torta era arrivato. Santana aveva preparato il tavolo e le sedie, ed era pronta a chiamare i bambini. Non si era sprecata in tante composizioni con i bicchieri come faceva in genere la sua collega, fondamentalmente perché non aveva la pazienza di passare una mezz’ora buona a creare castelli o altre composizioni che alla fine i bambini avrebbero fatto crollare, rovinando il suo duro lavoro. Non ebbe neanche il tempo di uscire dal piccolo stanzino per andare a chiamare i marmocchi in sala, che un’orda di nanetti la seguì. Li vide lasciare qualunque cosa stessero facendo in quel momento e seguirla. Santana sorrideva. Fino a quel momento sembrava andare tutto bene.
-    Ok bambini, adesso facciamo una bella foto – disse, schifata dal suo stesso tono di voce. Sembrava un’idiota.
-    Caramelle! – strillò di rimando lo stesso bambino che un’oretta prima le aveva dato filo da torcere. Come non detto. I bambini iniziarono ad osservarla e ad avvicinarsi. Sembrava una scena di Psyco. L’ispanica iniziò ad indietreggiare.
-    Tecnicamente al momento non ho caramelle, ma se mi date un vostro recapito posso farvele arrivare… - tentò. I bambini però sembravano sempre più decisi, e continuavano ad avvicinarsi minacciosi.
-    Caramelle, caramelle! –
-    Bambini, ragioniamo un momento.. – disse ancora una volta l’ispanica. Li vedeva fin troppo determinati, e non sapeva davvero cosa poter fare. Vide un mostriciattolo arrampicarsi sul tavolo. No, quello era davvero troppo! Si avvicinò, e cercò di portarlo giù, ma il piccoletto continuava a divincolarsi. D’un tratto, il bambino dai capelli castani, affondò una mano nella torta, e lanciò la poltiglia sul volto della latina. Santana strizzò istintivamente gli occhi, e lasciò andare il bambino. Iniziò a sbandare da un lato e da un altro, senza riuscire ad aprire le palpebre. Era come se avesse gli occhi infiammati, ed iniziò ad imprecare a bassa voce. Malediceva il giorno in cui aveva deciso di andare a lavorare lì, i bambini sapevano essere davvero terribili, ed era difficile anche per una come lei tener testa a quelle canaglie. Altri bambini iniziarono a lanciarle pasticcini. Santana cercò di portare in avanti le mani, per ripararsi da quell’attacco, e una bambina le afferrò i capelli, lasciandosi andare di peso.
-    Via, giù di qui specie di esorcista! – disse l’ispanica, scuotendosi per liberarsi di quella bambina. Ormai la situazione era fuori controllo, ed era sicura che avrebbe perso il lavoro. Peccato, le piaceva l’idea di essere indipendente.
-    Allora, le volete o  no queste caramelle? –
La voce dolce e materna di Quinn giunse alle orecchie della latina, che spostò subito gli occhi verso l’ingresso, dove la cheerleader agitava due pacchetti di caramelle. La ragazza dai capelli corvini rimase paralizzata dallo stupore. Come aveva fatto a capire che era in difficoltà, e perché era andata ad aiutarla? Santana camminò verso di lei con le braccia incrociate, mentre la bionda distribuiva le sue caramelle ai bambini.
- Che ci fai qui Fabray, aspetti ospiti? Ti sei data ai bambini per disperazione adesso? O sei venuta a prendere uno di quei marmocchi a cui fai da baby sitter? -
- No, in realtà sono qui per te. Vuoi un passaggio? –
Le labbra di Quinn si curvarono in un sorriso, e Santana abbassò istintivamente la testa. Era davvero un gesto molto carino da parte della bionda, e malgrado lei fosse sempre spregevole con la ragazza che aveva di fronte, la cheerleader riusciva sempre ad essere carina con lei. La latina fece qualche passo, affacciandosi alla finestra. Ciò che vide fu un’auto che sembrava sul punto di cadere a pezzi. Rise, e disse ironicamente, e questa volta senza cattiveria
- E’ quella la tua macchina? Per caso, per farla andare dovremo tirar fuori i piedi e camminare come i flintstones? Perché in quel caso preferisco un autobus -




-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

                                                                    
    Commento

Chiedo umilmente venia per il ritardo, so che ho detto che avrei aggiornato dopo 1/1 sett e mezzo, ma ho appena realizzato di non farcela, quindi allunghiamo a due >.< comunque sia, ritorno con questo capitolo che non ha alcun senso (sì, me ne sono resa conto anche io ahah), in particolare la seconda parte XD anche se la mia preferita è stata quella del quinntana fight.. Quinn e Santana sembravano due wrestler! Vi invito a lasciare una recensione, anche piccola piccola, mi fa comunque tanto tanto piacere :D Grazie a chi segue la mia storia, davvero stiamo parlando di 26 persone!? **
P.S. Se non l'avete ancora fatto, leggete la nuova OS di snix_fra89, "Two words".. è davvero molto bella! ^^

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: odile12