Requiem.
Caro Sebastian.
Sebastian.
Ciao. Sono Thad. Sono io. Ti starai chiedendo perché questa lettera.
Perché ora. Me lo sto chiedendo anche io.
Stamattina, passando
davanti alle vetrine dei negozi, ho visto una divisa così simile a quella che portavamo
nei Warblers. E ho pensato a te. Che poi, perché pensare a te? Insomma, tu e i
Warblers, per quel che mi riguarda, avete sempre avuto poco o niente a che fare.
Insomma, prima di te c’era un consiglio, prima di
Ho pensato a te. A gli
anni alla Dalton. A te. Alla camera che ho diviso per due anni con te. A te.
Non ridere. Non ti ho
pensato perché tu potessi ridere di me. Ti ho pensato perché…
Sono sei mesi che sono
a Los Angeles. Sei mesi che abbiamo finito la scuola e … perché non ci siamo
più sentiti? Lo sai? In fondo, alla fine, le cose non andavano così male tra
noi.
Sarebbero potute
andare meglio, se non fossi stato così stupido. Codardo.
Cosa fai tu adesso?
Sapevo che saresti andato a… dove? Non ne abbiamo mai parlato. Perché?
Divago. Ignorami.
Sebastian.
È strano scrivere il
tuo nome. Non l’ho mai fatto.
Ti amo. È strano
anche questo. Non te l’ho mai detto. Vedi quanto sono stato stupido?
Thad accartocciò l’ennesimo foglio, lanciandolo da qualche parte con non curanza. Sapeva che non avrebbe mai mandato quella lettera a Sebastian. Innanzitutto perché non aveva il suo nuovo indirizzo e soprattutto perché non ne aveva il coraggio. Ancora una volta.
Non aveva avuto il coraggio di esporsi quando erano alla Dalton, quando ne aveva avuto occasione; non lo avrebbe fatto adesso. Eppure gli mancava. Sentiva la sua mancanza da quando si era trasferito ed ogni giorno aumentava, quasi a volergli ricordare che altre ventiquattro ore erano passate. Altre ventiquattro ore senza di lui.
Lo amava. Lo amava? Lo amava. E gli mancava. Ma non sarebbe mai andato da lui a dirgli che lo aveva sconvolto nel profondo, che lo aveva cambiato senza neanche saperlo. Non ci sarebbero state corse sotto la pioggia, dichiarazioni gridate al cancello d’imbarco dell’aeroporto o baci mozzafiato.
Nessun lieto fine. Lo aveva deciso. O meglio, non lo aveva deciso. E tanto bastava ad entrambi.
Lasciò cadere la penna e si gettò sul letto. Ecco la parola “fine”. Avrebbe provato a cancellarla nei prossimi giorni, sempre con meno forza, meno energia, fino a che non si sarebbe semplicemente arresa ad essa.
Nel silenzio, il battito del cuore era il requiem di quel sogno appena infranto.
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Avete
presente quelle follie che arrivano in pochi attimi e non avete il coraggio
di sopprimere? Ecco, questa è una di quelle. Avevo
tantissimi feelings per colpa di Thalia e Vals,
a cui dedico questa… questa, e della loro bellissima Handwritten e
mi sono trovata a scrivere angst e
nonsense. Sì, penso si possa riassumere così, no? Perdonate
questa mia follia… Non so davvero da cosa sia uscita. Penso, spero che sia
abbastanza chiara, nonostante il colossale What if che regge, quindi… umh,
meglio che mi dilegui. A
presto. Alch ♥ |
Ps: Ok, non mi aspettavo questa cosa, quindi queste sono delle note aggiuntive post-pubblicazione, perché la carissima Robs – da voi conosciuta anche come Lady_Thalia – ha scritto una flashfic come seguito a questa follia, non potendo sopportare – giustamente – la piega che avevo fatto prendere a quei due. (E credo sia stata una cosa meravigliosa *commossa*)
Quindi, vi rimando tutti ad Words
Unspoken che conclude questo spiraglio di What if Thadastian ♥