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Autore: yllel    13/02/2013    5 recensioni
Il seguito della storia "Conseguenze". un caso misterioso porta ad affrontare la questione principale: puo' tornare tutto come prima?
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bored94, EbeSposaDiErcole, Efy e IrregolarediBakerStreet hanno recensito il precedente capitolo con tanti complimenti... impossibile lasciarle troppo tempo senza un aggiornamento. Grazie!

 
L’ULTIMA AVVENTURA DI SHERLOCK HOLMES E MOLLY HOOPER
CAPITOLO 3

 

Quando John Watson aveva conosciuto Sherlock Holmes, era stato subito oggetto di una sua devastante, e al tempo stesso affascinante, deduzione: in pochi minuti, si era sentito raccontare di molte cose che lo riguardavano nei minimi particolari (l’Afghanistan e il suo ferimento, la sua famiglia... il suo telefonino) e si era detto, che quell’uomo era fondamentalmente un genio.
(Naturalmente, sarebbe arrivato ben presto il momento in cui avrebbe riconsiderato la sua opinione, per cui in molti frangenti avrebbe continuato a considerarlo un genio, aggiungendo pero’ anche la definizione di  vero rompiscatole).
Sherlock  ci aveva azzeccato praticamente in tutto, tranne ovviamente per il piccolo particolare che Harry era la sorella di John e non suo fratello... Come lui stesso aveva ammesso, c’era sempre qualcosa.
Qualcosa che sfuggiva, qualcosa di oltremodo nascosto.
A quanto pareva, questa volta il qualcosa sfuggito non era propriamente piccolo.
Non era necessario essere un genio, infatti, per capire che Molly Hooper non aveva assolutamente richiesto la presenza di Sherlock Holmes nel Sussex.
Bastava guardare la sua espressione stupita e il rossore diffuso che le stava inondando il viso, per giungere alla conclusione che l’apparizione dell’unico consulente investigativo al mondo era stata totalmente inattesa.
E probabilmente, non proprio motivo di grande felicita’.
Lo sguardo di Molly era uno sguardo di pura confusione.
E non stava affatto sorridendo.
Per circa trenta secondi, nel laboratorio calo’ un silenzio assoluto. Poi, tutti i tecnici ripresero il loro lavoro, incuranti dell’uomo e della donna che continuavano a fissarsi.
John rilascio’ piano il respiro che aveva trattenuto e scosse impercettibilmente la testa... questo, perche’ Sherlock stava ancora fissando Molly e aveva perso tutta l’apparente sicurezza e baldanza di qualche attimo prima, sostituendole velocemente con una spietata occhiata indagarice.
John era certo che se non fosse intervenuto subito, il suo stupido, stupido amico avrebbe cominciato un’impietosa analisi della situazione per reagire allo scorno di essersi sbagliato, arrivando sicuramente a pronunciare parole di cui poi avrebbe dovuto pentirsi.
“Ehm... ciao, Molly” esclamo’ quindi, dirottando l’attenzione della patologa su di se’.
Lei sembro’ improvvisamente rendersi conto della situazione e del fatto che stava ancora fissando Sherlock e volse il viso verso John.
“Oh.
Buongiorno, Dottor Watson”
Ora, non che Molly  avesse mai salutato John saltandogli con le braccia al collo, tuttavia di solito lo accoglieva sempre con un sorriso cordiale e sincero, non con quel modo di fare incerto e formale.
Poi lui si rese conto di una cosa.
Non si vedevano da piu’ di due anni.
Lei gli aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo il fatto che Sherlock Holmes fosse ancora vivo.
Lui non l’aveva mai cercata o contattata, neanche quando il suo amico era ritornato... anche solo per discutere di cio’ che era successo. O ringraziarla.
Giusto. Bene.
No, anzi.
Un totale disastro.
John senti’ improvvisamente di non essere la persona piu’ adatta per cominciare ne’ tantomeno portare avanti una conversazione normale con quella donna che in effetti, lui non conosceva piu’: l’idea di Molly Hooper che era rimasta nella sua mente era quella di due anni prima (la dolce, gentile Molly con una cotta stratosferica per un uomo che non esitava a manipolarla e al quale, era disposta a perdonare tutto) e lui l’aveva coltivata e conservata, nella speranza di riannnodare il legame fra lei e Sherlock; della bonta’ di questa cosa era ancora assolutamente convinto, tuttavia per la prima volta si trovo’ di fronte alla concreta, reale possibilita’, che le cose (e lei stessa) fossero talmente cambiate, da non poter funzionare piu’ allo stesso modo.
In qualche modo, a quanto pareva, aveva fatto lo stesso errore di Sherlock.
“Hanno chiesto di incontrarti, Molly” Statson si fece avanti, interrompendo finalmente il grande momento di imbarazzo “sono qui per quel problema che abbiamo avuto su nei pascoli e quando sono arrivati, lui” indico’ Sherlock con una smorfia “ha detto che doveva vederti. Se ti danno fastidio, ce ne andiamo subito”. Il tono della sua voce era duro e deciso.
Molly sembro’ riprendersi dal suo sgomento e scosse piano la testa.
“Lascia stare, Luke... io, io sono sicura che il signor Holmes e il Dottor Watson abbiano solo pensato che la mia attivita’ qui fosse ancora di carattere forense. Non...” la ragazza sembro’ per un attimo in difficolta’ e poi fece un respiro profondo, quasi fosse alla ricerca delle parole giuste “non sono la persona giusta per voi, mi dispiace. Di certo il laboratorio di patologia nell’ala est potra’ aiutarvi” Molly termino’ il suo discorso e rimase a fissare Sherlock contorcendo le mani.
Il signor Holmes e il Dottor Watson.
John gemette internamente: la cosa rischiava di diventare veramente imbarazzante. Osservo’ il consulente investigativo stringere gli occhi e prego’ silenziosamente che, per il momento, accettase il fatto di essersi sbagliato e non intendesse umiliare Molly davanti a tutti i suoi colleghi, gettandosi a capofitto in chissa’ quale deduzione o rivelando i loro trascorsi, per il solo gusto di smentirla o smascherare il suo tentativo di sminuire la loro conoscenza.
Sherlock rimase qualche secondo ancora in silenzio, poi si mosse deciso verso il banco di lavoro di Molly, mantenendo fermo il contatto dei loro occhi: lei fece un piccolo passo indietro, senza tuttavia riuscire a distogliere lo sguardo.
Si  morse il labbro inferiore e le sue mani si artigliarono in una stretta nervosa.
Lui le arrivo’ vicino e lentamente si chino’ verso di lei.
 “Tu permetti, vero?” le sussurro’, prima di chinarsi sul microscopio per dare un’occhiata al campione sotto il vetrino, senza tuttavia aspettare la sua risposta affermativa.
Sherlock resto’ concentrato per qualche attimo, poi rialzo’ lo sguardo.
“Cellule cancerogene” dichiaro’.
Nel suo tono, una lieve sfumatura di sorpresa.
Molly annui’ piano.
“Quindi tu” riprese il consulente investigativo facendo ritornare i suoi occhi sulla figura della donna di fronte a lui “hai lasciato Londra
(hai lasciato me)
 e un’invidiabile posizione lavorativa in uno dei maggiori ospedali del Regno Unito per venire a seppellirti qui, a fare ricerca sul cancro”
Molly sobbalzo’ leggermente e John avverti’ una punta di inquietudine.
“Oh, naturalmente per te questo ha un significato particolare, visto la tua storia familiare e la morte in giovane eta’ di entrambi i tuoi genitori” riprese Sherlock con tono secco “e trattandosi di questi laboratori, trattandosi del governo, suppongo che tu abbia a disposizione tecnologie e metodologie per lo meno innovative. Non dimentichiamoci che la vostra struttura non e’ esattamente alla portata di tutti, giusto?” Sherlock aveva alzato il tono della voce, attirando nuovamente qualche sguardo su di se’.
“Sherlock...” cerco’ di interromperlo John.
“Un cambio di vita estremamente radicale, visto l’isolamento di questo posto e la pochezza dei dintorni... sei passata da una citta’ cosmopolita al... nulla.
Dove, naturalmente, stai sprecando il tuo tempo e le tue capacita’”
“Sherlock!” esclamo’ di nuovo John, questa volta in tono piu’ deciso.
“Che c’e’?” il suo amico si volto’ verso di lui, negli occhi uno sguardo furioso “ha un’aria stanca e ha perso peso, sta lavorando troppo e questa ricerca richiedera’ anni, per dare i primi risultati... non puoi esserne soddisfatta!” si volto’ di nuovo verso Molly “hai ricominciato a mangiarti le unghie e dormi poco e male e i tuoi vestiti...”
“Sherlock...” si ritrovo’ John quasi a implorare.
Ma il consulente investigativo non aveva piu’ freni.
Non era stata Molly, a chiamarlo.
Molly, che non sembrava contenta di vederlo.
Molly, che aveva minimizzato il loro rapporto, come se fosse una cosa da nascondere, da dimenticare.
Molly, che l’aveva chiamato signor Holmes.
“... sono trascurati.” Continuo’ imperterrito “Niente colori o gli assurdi disegni  che ti piaceva usare quando eri di buon umore... e lavoravi in un obitorio! Niente trucco e i capelli... hai anche smesso di usare il tuo balsamo alla vaniglia. Hai preso casa in uno di quegli assurdi villaggi piu’ vicini alla costa, alcuni giorni arrivi quassu’ a piedi, si capisce dall’orlo dei tuoi pantaloni... vivi una vita isolata senza troppe interazioni sociali e - oh, ma fammi il piacere... giardinaggio?
“Adesso basta!” Statson lo interruppe con irritazione.
Sherlock si zitti’ di colpo non tanto per l’esclamazione di quell’idiota, quanto per l’espressione negli occhi di Molly, che erano ancora fissi su di lui e si erano incupiti.
Come un tempo.
Quando lui la feriva con i suoi commenti.
Non era cosi, che sarebbe dovuta andare.
Sherlock fu preso da un’improvvisa rabbia verso se’ stesso e verso la situazione: aveva perso di vista il suo obiettivo e si era lasciato trascinare da tutte le sensazioni  che quel viaggio e gli ultimi mesi avevano scatenato in lui.
Era riuscito a convincere John ad avere ancora a che fare con lui.
Aveva ritrovato un compromesso con Lestrade.
Aveva rassicurato la signora Hudson.
Ma sembrava destinato a non riuscire a venire a capo della questione Molly Hooper.
Aveva esagerato, come quella volta a Natale.
Se c’era una cosa che Sherlock Holmes odiava, era sbagliare.
E commettere due volte lo stesso errore era inaccettabile.
Davvero, davvero irritatante.
“Devi tornare a Londra. E’ quello il tuo posto.” Si ritrovo’ a dire con un tono duro e infuriato “la tua fuga e’ stata una vera dimostrazione di stupidita’”.
John emise un gemito e abbasso’ il capo, aspettando rassegnato la risposta di Molly.
(Era assai improbabile che lei dichiarasse che le sue brillanti deduzioni le erano mancate, vero?)
Ma quello che segui’ fu solo silenzio.
John torno’ a guardarla e realizzo’ subito cio’ che anche il suo amico stava osservando.
Lei non stava reagendo, non sembrava interessata a far notare a Sherlock se e quanto l’avesse ferita:  il debole sorriso che gli stava rivolgendo era un sorriso... rassegnato.
Come se non ci fosse altro modo, in cui Sherlock Holmes potesse trattarla.
Come se fosse inevitabile e lei l’avesse accettato e fosse passata oltre, come se il fatto che lei contasse non avesse piu’ nessuna importanza
Come se lui l’avesse definitivamente persa.
No.
Sherlock  avanzo’ di un passo, arrivandole ancora piu’ vicino. Pote’ vedere le  pupille di Molly dilatarsi leggermente per lo shock della loro vicinanza e vide il suo respiro farsi un po’ piu’ veloce. Si morse di nuovo il labbro inferiore.
Reagiva ancora allo stesso modo alla sua presenza... questo non era cambiato.
Senza riflettere troppo, Sherlock alzo’ una mano e le tocco’ piano il braccio.
Lei non arretro’ a quel lieve contatto fisico ma fece un respiro profondo, come a prepararsi a dire qualcosa.
Sherlock rinforzo’ leggermente la presa.
Fuori.
Dovevano uscire da quel laboratorio e parlare prima che lei riprendesse a pieno il controllo delle sue emozioni... era sicuro che la reazione di Molly significasse che non l’aveva del tutto eliminato dalla sua vita.
Era ancora vulnerabile, poteva convincerla.
Sherlock fece un sospiro, questa volta non poteva permettersi di sbagliare.
“Andiamo via di-”
Una voce proveniente dalla porta a vetri sulla soglia lo interruppe.
“Che cosa sta succedendo, qui?”
Molly spalanco’ gli occhi come a risvegliarsi da un sogno e si stacco’ improvvisamente e velocemente da lui.
La sua mano rimase per un attimo sospesa a mezz’aria e lui la fece ricadere piano, stringendo il pugno.
Si volto’ verso l’entrata del laboratorio.
Un uomo in camice bianco sui settant’anni lo stava fissando incuriosito: in pochi secondi, Sherlock registro’ la sua pelle abbronzata e il fisico asciutto, segno di una vita passata all’aria aperta e in condizioni poco agevoli.
Sherlock registro’ anche lo sguardo protettivo che rivolse a Molly.
“Buongiorno, Professor Drewer. I signori sono Sherlock Holmes e John Watson. Sono venuti da Londra per aiutarci con il caso delle pecore” Statson parve in lieve imbarazzo.
John aggrotto’ la fronte.
Pecore?
Erano venuti per un caso che riguardava delle pecore?
Si ricordo’ che qualche minuto prima Statson aveva parlato di pascoli.
Poi un’altra informazione prese il sopravvento.
“Professor Drewer? Professor Eric Drewer?” chiese con un tono stupito.
L’uomo si giro’ verso di lui.
“Si?”
John scosse la testa stupito.
“Wow... e’ davvero lei. Mi perdoni, ma sono un suo grande ammiratore... sono il Dottor Watson e ho letto tutti i suoi studi. E’ un onore conoscerla, non sapevo fosse ritornato in Gran Bretagna” gli tese la mano e l’uomo piu’ anziano la prese con una stretta forte sorridendogli.
“La ringrazio, Dottore. La vita nella giungla Sud Americana era diventata troppo impegnativa, per un vecchio come me. Mi era parso pero’ di capire che lei fosse un investigatore” nei suoi occhi torno’ un lampo di perplessita’ e si giro’ di nuovo verso Molly.
“Stai bene, cara? Non capisco perche’ i signori siano qui nel nostro laboratorio”
Lei gli rivolse un sorriso.
“Si, tutto bene. C’e’ solo stato un errore di... valutazione. Pensavano di doversi rivolgere a me, ecco tutto”
“Mi chiedo il perche’...” ragiono’ Drewer “questo non e’ il laboratorio di patologia. Perche’ dovresti occupartene tu?”
Sherlock represse un’esclamazione irritata
(lui aveva ogni diritto di parlare con Molly Hooper!)
e decise di chiarire le cose una volta per tutte. 
“Molly ed io ci siamo conosciuti a Londra. Quando lei lavorava all’obitorio del St. Bart’s. Abbiamo collaborato spesso.
Sherlock Holmes”
Tese la mano al professore per presentarsi e al contempo, sfodero’ il migliore dei suoi sorrisi cordiali collaudati.
A giudicare dal suo tono protettivo, evidentemente quell’uomo aveva un rapporto ben piu che professionale con Molly... in qualche modo paterno.
Drewer lo fisso’ per un attimo, poi gli strinse la mano.
“Mi deve perdonare” aggiunse subito dopo “purtroppo non sono rimasto in contatto con Molly per molto tempo, quindi non sono aggiornato sulle sue conoscenze, ne’ sulla sua vita precedente a Londra. Quindi e’ lei il detective?”
“Consulente investigativo” specifico’ Molly istintivamente.
Sherlock non pote’ trattenere un sorriso di soddisfazione alla precisazione che lei aveva fatto.
“Oh” Drewer aggrotto’ la fronte “che strana definizione. Comunque, sono sicuro che troverete tutto l’aiuto necessario nell’ala est.”
Statson si mosse in fretta.
“Si, signori. Ne sono sicuro anche io. Forse e’ meglio cominciare da li, piuttosto che dai pascoli. Se volete seguirmi...” la sua espressione indicava chiaramente che piu’ che un invito, a questo punto si trattava di una calda raccomandazione.
Sherlock getto’ un’ultima occhiata a Molly. Evidentemente, il momento opportuno per chiarirsi era ormai archiviato, avrebbe dovuto procurarsene un altro.
Al piu’ presto.
“Ma certo.” Esclamo’ quindi “di quante pecore stiamo parlando?”
John Watson lo segui’ fuori dal laboratorio.
Decisamente confuso.
 
 
Eh si, nel prossimo capitolo... un po’ di Molly e il mistero che comincia. Era ora!
 
 
 
  
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