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Autore: Water_wolf    14/02/2013    4 recensioni
Un tizio dagli occhi arrossati pigia con forza il clacson e urla “Dove crede di stare signorina! Stia attenta, la potevo investire!”. Ed io che gli vorrei tanto dire “Sì, perché non l’ha fatto? Mi avrebbe fatto piacere sa, porre fine a tutte le mie sofferenze, liberarsi di un cuore che ha sofferto troppo. Torni indietro, prenda la rincorsa e mi tiri sotto, per favore.”[...]E quando ho spiccato il volo, ho visto le mie gocce scintillare e trasformarsi in perle e non ho potuto fare a meno di sorridere. Dopotutto, sorridere è sempre stata l’ultima cosa che volevo fare.
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Una one shot che mi è venuta mentre osservavo la neve cadere. Un piccolo riassunto? Una giovane donna che coglie in flagrante il suo amore con un'altra e decide di farla finita ma la vita le riserva una strada diversa. Siate spietati mi raccomando :)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Corro, corro, corro a perdifiato. Il vento mi schiaffa in faccia la neve, le guance bruciano, le nocche screpolate hanno iniziato a sanguinare. Ormai però questo non è più importante, nulla lo è più. Il sapore salato delle lacrime mi invade il palato. Mi sono sempre chiesta perché avessero quel gusto, perché mai delle lacrime dovrebbero sapere di mare? Un luogo così ameno che racchiude in se la speranza dei viaggiatori, i sogni di bambini ed è custode di promesse d’amore; perché quando si piange ci ricordiamo del mare?
Un tizio dagli occhi arrossati pigia con forza il clacson e urla “Dove crede di stare signorina! Stia attenta, la potevo investire!”.
Ed io che gli vorrei tanto dire “Sì, perché non l’ha fatto? Mi avrebbe fatto piacere sa, porre fine a tutte le mie sofferenze, liberarsi di un cuore che ha sofferto troppo. Torni indietro, prenda la rincorsa e mi tiri sotto, per favore.”. Ma ovviamente non lo faccio e continuo la mia corsa folle verso il cavalcavia. Le luci dell’autostrada mi abbagliano, tutti quei fari sembrano fatti apposta per illuminare il mio dolore. Lo stradone si stende improvvisamente davanti a me, finalmente sono arrivata. Mi fermo, il cuore che batte imbizzarrito nel petto, stallone che ha appena finito di correre la sua ultima gara.
Chiudo gli occhi e stendo le braccia, le mani tremano per il freddo pungente ma rimango immobile a spiegare le mie ali. Quando ero piccola sognavo sempre di volare, immaginavo d’essere un gabbiano che solcava il cielo carminio al tramonto. La vita quel giorno si era presa tutto, adesso non mi rimane più niente se non quel muscolo avvizzito del mio cuore. Capelli biondi ed occhi castani, sono loro la causa della mia sventura, sono loro che mi hanno portato via il mio unico amore ed è per colpa loro che ho preso questa decisione. No, lui non ha compiuto peccati se non quello d’unirsi ad una serpe. Ora però ho in pugno la mia vita, niente e nessuno potrà ostacolarmi dall’alleggerirmi di un peso, di scrollarmi di dosso il dolore. Muovo qualche passo deciso verso il gardreil, lo scavalco con una sola falcata e mi trovo proprio sul cucuzzolo del cavalcavia, sotto di me l’autostrada è in pieno movimento.
Sorrido; tutti pensano sempre a quale azione spettacolare compiere prima di morire, a quali parole dire, io ho deciso di sorridere per l’ultima volta. Mi sporgo in avanti giusto quel che basta per far si che la forza di gravita faccia il suo compito. L’aria mi sferza il viso, i miei capelli nocciola si stanno divertendo un mondo a volteggiare nel vuoto; avevo ragione, volare è proprio bello.
Poi lo schianto, il rumore assordante dell’antifurto di una macchina e grida, urla ovunque. Uno strano torpore si prende le mie gambe, le mie braccia ma sono ancora sveglia, vedo ancora la gente correre qua e là con le mani sugli occhi per non guardare. Rabbia, è l’unica emozione che provo; perché non sono morta? E’ tutto ciò che voglio mettere fine alle mie sofferenze, perché la vita a deciso di tradirmi nuovamente? Io, grande albatros, perché sono costretta a rimanere nel nido? Mamma, papà, sono abbastanza cresciuta per prendere le decisioni da sola, non dovete preoccuparvi per me, anche se i miei amici mi hanno tradito, nonostante abbia riposto il mio amore senza essere ricambiata, vi prego, lasciatemi volare nel cielo anche solo per una volta. Morte, non sono forse pronta per essere accolta nelle tue braccia? Possibile che persino tu mi odi così tanto?
Due dita calde mi premono sulla giugulare, una voce maschile annuncia sollevata “E’ viva!”. Scorgo un’ambulanza, una mano guantata mi attacca ad un respiratore, c’è persino qualcuno che mi sussurra frasi rassicuranti. Possibile che non capiscano? Lasciatemi stare idioti! Non voglio essere salvata, non voglio sopravvivere e patire nuove sofferenze! Ma è tutto inutile, non riesco a dire niente. Allora sia, mi arrendo.

Non pensavo che in un ospedale si potessero ascoltare dei concerti così belli. C’è il gocciolare ritmico dell’acqua, tick-tick-tick, il ronzio del macchinario che registra i battiti del mio cuore, bip-bip-bip, lo spostamento dell’aria delle pale del ventilatore, flop-flop-flop, il ticchettio della lugubre del mio sangue, split-split-split. Ho sentito alcuni medici dire che sono in coma, che le possibilità di un mio risveglio sono pari a quelle di riportare in vita un dinosauro. Poco male, con un’orchestra così vivrei bene per l’eternità, proprio come il mare che ascolta il canto delle balene. Siamo simili, io e lui: tutte e due costretti a stare da soli eppure liberi di spaziare con la mente. Qualcuno irruppe nella mia stanza, non è il solito medico, ho imparato a riconoscere il suo passo. Lo sconosciuto prende una sedia e si accomoda accanto al mio letto; sembra singhiozzi. “Oh amore, sei bellissima”. Il macchinario registra un mancato respiro.
“Grazie, mi fa piacere sentirlo”.
Il mio lui mi accarezza i capelli, le sue palme sfiorano i miei zigomi. “So che puoi sentirmi, i dottori dicono di sì. Ti prego amore, scusami. Perdonami, non dovevo ferirti così”.
“Che cosa stai dicendo? Ti ho già perdonato, tu non hai colpe e lo sai”.
“Se solo avessi saputo che cosa avresti fatto…” la sua voce si incrina ma poi continua a parlarmi “Non ti lascerò più amore. Lo prometto. Sai che cosa ho fatto per dimostrarti quanto ti amo? Ho rotto con l’altra. Questa mattina, al telefono, le ho detto che non poteva competere con te”. Un altro battito mancato. “Te lo ripeto, sei stato stregato ma hai fatto bene, saremo di nuovo noi due. Ti farò conoscere il mare, è un buon amico”.

Da quel giorno mi venne a trovare sempre. A Capodanno mi fece un regalo: un libro di poesie di Rilke. Ho sempre amato la letteratura, solo lui avrebbe potuto farmi un dono così perfetto. “Ora te ne leggo qualcuna” aveva annunciato, si era schiarito la gola e si era messo a narrarmi. Persino anni dopo, quando il mio amore insistette per prelevarmi dall’ospedale e portarmi nella sua casa in Sardegna, non si dimenticò di leggermi una poesia ogni giorno, come faceva prima.
La vita però è proprio divertente: lui morì qualche tempo dopo, un incidente stradale. Proprio lui che amava così tanto vivere è morto prima di me. Ma non mi rammarico, ho avuto tempo per pensare ed ora sono felice. Sono sola, è vero, ma lo sono sempre stata. Il mare è il mio unico compagno, facciamo grandi chiacchierate io e lui. Parliamo di vento, delle correnti, delle uova delle tartarughe, degli scherzi dei pesci pagliaccio, di gabbiani e marinai.
Non mi annoio mai, ho sempre tanto da dire e ancora di più d’ascoltare. Una volta mi ha spiegato perché le lacrime sanno di mare. Dice che è perché quando si piange ci ricordiamo di ciò che abbiamo fatto, sia le cose belle che brutte e lui che è così vecchio le rimembra tutte le sue avventure. Mi ha spiegato che ogni lacrima alla fine va a riposare nelle sue acque e lui fa tesoro dei sentimenti e delle emozioni di tutti noi. Dice che gli piace poter essere il custode dei ricordi, si sente utile. Mi ha promesso che quando sarò pronta spiegherò le mie ali e allora lui prenderà anche le mie lacrime. Così mi sono persa nel suo blu e ho cercato di piangere più che potevo cosicché il mio amico si ricordasse bene di me. E quando ho spiccato il volo, ho visto le mie gocce scintillare e trasformarsi in perle e non ho potuto fare a meno di sorridere. Dopotutto, sorridere è sempre stata l’ultima cosa che volevo fare.

***ANGOLINO DELL'AUTRICE premetto che il romantico non è il mio genere, non so nemmeno perché abbia deciso di pubblicare questo testo, non so neanche se è romantico! Però a voi questo non interessa, dovete solo leggere e fare il vostro lavoro da bravi critici. Come già detto siate spietati, non è la prima storia che pubblico e mi piacerebbe ricevere una recensione negativa per una volta.
Beh, spero vi sia piaciuta, se volete vedere qualcosa di più "mio" basta che visitate il mio account :)
Water_wolf

  
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