Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: highfivekeats    15/02/2013    2 recensioni
«Innamorarmi? Io? Non succederà neanche in un’altra vita.»
«Ah sì? – disse Cole, ridacchiando malefico – E cosa mi dici di Cate Sturridge?»
«È solo un’altra delle ragazze che voglio farmi.»
«Questo lo dici tu. Ho visto come la guardi…»
«Io non la guardo in nessun modo.» mi difesi.
Cole scosse la testa, poi divenne pensieroso e infine sorrise malefico. «Ti va una scommessa?»
Rizzai le orecchie. «Spara.»
«Ti innamorerai di Cate prima di portartela a letto.»
«Ci sto – dissi, stringendo la mano a Cole – Tanto, è risaputo che vincerò io.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Mi svegliai, quella mattina, con la voglia di andare a scuola sotto lo zero. Mi rigirai nel piumone, guardai il soffitto mentre elaboravo il pensiero di dovermi alzare.
«Cate... sta diluviando, non mi fido a mandarti a scuola con questo tempo. Tu cosa vuoi fare?» mi chiese mamma, sedendosi sul letto.
«Mh... oggi non ho niente da fare a scuola. Ma è meglio che ci vada.» dissi, alzandomi.
Andai a fare colazione, poi mi vestii. Lavai i denti e presi la borsa, poi indossai la giacca e presi le chiavi dell’auto e l’ombrello.
Quando entrai in macchina ero già fradicia. Stupendo... la giornata iniziava bene.
Accesi il riscaldamento dell’auto, sbuffai quando trovai traffico. Volsi lo sguardo fuori al finestrino, vidi Justin sotto la pioggia. Era bagnato fradicio, si copriva la testa con la borsa.
Risi a quella scena, poi abbassai il finestrino.
«Vuoi un passaggio?» gli chiesi, soffocando l’ennesima risata.
Justin sorrise, fece il giro dell’auto ed entrò. «Buongiorno, e grazie.» disse, togliendosi il cappotto.
«Di niente. Hai dimenticato l’ombrello a casa?» chiesi, come se non fosse stato ovvio.
«Avevo la testa altrove, stamattina... pensavo ad una cosa.»
«Justin Bieber che pensa, questa mi è nuova.» mugugnai, ridacchiando.
Justin mi fece un’occhiataccia. «Ehi, io sono uno che pensa molto! Comunque, stavo pensando che io e te ci conosciamo, almeno di vista, da parecchio, le nostre madri sono amiche, ma io non so niente di te e viceversa.»
Inarcai un sopracciglio. «Cosa vuoi sapere di me?» chiesi, guardinga.
«Oh non so, passato, presente, piani per il futuro...»
Scossi la testa. Perché voleva sapere qualcosa su di me? Stavo seriamente cominciando ad avere paura.
«Uhm... sono nata il quindici ottobre qui a Boston, mia madre mi ha cresciuta a pane e letteratura, sono piuttosto brava a scuola, ho un fratello, Brad, che studia ad Harvard; ho tre amici e sono single - e vorrei restare tale, anche - e in futuro mi piacerebbe frequentare Yale e diventare scrittrice.»
«E... cosa mi dici della tua famiglia? Tuo padre, ad esempio...» mi chiese, curioso.
No, ora stavamo andando troppo oltre. Non gli avrei detto un bel niente di mio padre.
«Non voglio parlarne.» dissi secca, volgendo lo sguardo alla strada.
«E perché? Andiamo, qualsiasi cosa sia, non mi scandalizza.»
«Non voglio dirtelo, ok?! È un argomento di cui fatico a parlare persino con mia madre, perché dovrei dirlo a te?! Noi siamo neanche amici!»
Sbottai, alzando la voce. Mi accorsi di star tremando, e non per il freddo.
«Calmati, calmati... se non vuoi parlarmene fa niente.»
«Piuttosto, dimmi tu qualcosa su di te.»
«Oh, beh... sono nato il primo marzo a Stratford, in Canada, mia madre mi ha cresciuto da sola e non eravamo molto stabili economicamente... poi, quando ci siamo trasferiti qui, le cose hanno cominciato ad andar bene. In teoria sarei single, ma Charlie mi perseguita e... tanto è una bella ragazza, accontentiamola. Ho un fratellastro e una sorellastra, i figli di mio padre biologico, e ho una sorellastra, la figlia di Gil, che studia alla Brown; i miei due migliori amici sono Ray e Cole. In futuro... mi piacerebbe giocare a basket a livello professionale.» concluse, con un sorriso.
«Wow, sei molto più interessante di quanto pensassi.»
«Sai, Cate, le persone possono stupirti, se impari a conoscerle nonostante le malelingue.» disse, ammiccando.
Ci furono minuti interi di silenzio, interrotti solo dalla pioggia che batteva senza sosta sui finestrini e dai miei continui sbuffi per via del traffico.
Odiavo essere in ritardo, anche di pochi minuti.
«Senti – attaccò Justin, all’improvviso – Forse è meglio non andare, oggi. Sta diluviando, c’è un traffico pazzesco e sono già le otto e mezza e io ho una verifica di geografia per cui non ho studiato per niente... che ne dici di andare a fare un giro?»
«Con questa pioggia?» gli feci notare, inarcando un sopracciglio.
«Potremmo... andare a pattinare.»
«Eh?»
«Sì! Al Garden.»
«Vuoi andare a pattinare in uno stadio da hockey?»
Justin sbuffò. «Dove, se no? Di solito, di mattina si ci può pattinare.»
«Ma io non so pattinare.»
«E allora? Al massimo puoi cadere col culo per terra! Ti prego. Pattinare è comunque più divertente di stare a scuola e sorbirsi ore di spiegazioni, non credi?»
«E va bene, mi hai convinto.» dissi, strappandogli un sorriso.
«Fantastico.»
 
Arrivammo al West End alle nove e mezza, per via del traffico. Nel frattempo, aveva finito di piovere, e io e Justin c’eravamo asciugati.
Entrammo nello stadio, arrivammo nell’ala dove c’era il campo da hockey dopo esserci persi.
«Io te l’avevo detto che era a destra.» si lamentò Justin, infilandosi i pattini.
«Scusa, pensavo fosse a sinistra.» mi giustificai, alzandomi. Barcollai per un secondo a causa dei pattini, dovetti appoggiarmi alla parete divisoria per non cadere.
«Sai quante volte ci sono stato qui? Ormai questa è come se fosse casa mia!» sbraitò, allargando le braccia.
Entrammo nella pista; Justin mi prese per mano, facendomi rabbrividire.
«Mi piace il fatto che rabbrividisci sempre quando ti tocco.» commentò, trascinandomi con lui.
Dopo un’iniziale instabilità, mi abituai ai pattini.
«Credimi, se sapessi perché rabbrividisco, non ti piacerebbe.» commentai sottovoce, abbassando lo sguardo.
Improvvisamente Justin si fermò, facendomi prima sbattere contro la sua schiena, poi cadere rovinosamente a terra, trascinandolo con me.
«Lo sapevo!» strillai.
«Scusa, è colpa mia. Avrei dovuto dirtelo che mi ero fermato...» disse, guardandomi negli occhi.
Il suo sguardo divenne malizioso all’improvviso, forse perché era addosso a me. Avvicinò le sue labbra alle mie, ma lo fermai prima che avesse potuto baciarmi.
«Levati.» mi lamentai, spingendolo via. Mi alzai, strofinai le mani sui pantaloni e ripresi a pattinare.
«Perché non mi piacerebbe?» mi chiese, mentre pattinavo lontana da lui.
«Cosa?» chiesi, fingendo di non capire.
«Il perché tu rabbrividisci.» mi rispose, fermandomi.
«Non voglio dirtelo – dissi secca, rivolgendo lo sguardo al suolo – Non puoi farti i fatti tuoi?»
Justin mi costrinse ad alzare lo sguardo. «Scusa. È solo che... sei strana, Cate. Sembri così misteriosa, e fredda... mi piace, questa cosa.»
«Oh, evviva!» squittii sarcastica, facendolo ridere.
«Dico sul serio.» si lamentò, quando mi allontanai.
 
«Che ore sono?» mi chiese Justin, mentre masticava una patatina fritta.
«Uhm... le cinque – dissi, sgranando gli occhi – Non pensavo fosse così tardi! Dici che è ora di tornare a casa?»
Avevo perso la cognizione del tempo, con Justin. Dovevo ammettere che era un tipo simpatico, era piacevole stare in sua compagnia... anche se mangiava come un maiale, e si lamentava delle partite di NBA appena gli si presentava l’occasione.
«Forse è meglio andare.» asserì Justin, a bocca piena.
Aspettai che avesse finito il suo panino, poi uscimmo dal Mc Donald’s.
Salimmo in macchina, misi in moto e partimmo.
«Tuo padre dove vive?» gli chiesi, per perdere tempo.
«Atlanta – rispose lui, fissando fuori al finestrino – Ogni tanto però viene a Boston per lavoro.»
«Non lo vedi spesso, quindi.»
«Due, tre volte l’anno. Però quando è qui ci divertiamo... e tu? Che rapporto hai con tuo padre?»
«Inesistente.» risposi evasiva.
«Sto ancora cercando di capire perché lo odi così tanto.»
«Non sforzarti, non vorrei che ragionassi troppo. Potresti avere una morte cerebrale per troppo uso in una volta sola.» dissi, ridacchiando.
Justin mi fece un’occhiataccia. «Sta zitta – all’improvviso gli squillò il telefono. Lo sguardo per un attimo, poi sbuffò – Che palle.»
«Che c’è?»
«Niente, mamma non viene a casa per cena e Gil è a New York per lavoro... ora come faccio?»
«Vieni a cena da me.» dissi, pentendomene subito.
Davvero lo stavo invitando a cena da me?
«Mh... non vorrei essere di disturbo.»
«Ma non preoccuparti!»
No, Cate, digli che ha ragione, su.
«Ok, mi hai convinto.» disse, sorridendomi.
Fantastico. Mi so sempre rovinare.
 
Dopo un po’, arrivammo a casa. Non potei parcheggiare nel vialetto, poiché c’era una Range Rover nera che ostruiva il passaggio. Di chi era?
Scesi dall’auto, dopo averla parcheggiata in garage, e mi diressi dentro con Justin.
«Mamma? Ben?»
Dalla cucina spuntò un uomo che non avevo intenzione di vedere.
Il mio cuore prese a battere frenetico dalla paura, avvertii un senso di angoscia dentro di me. Volevo scappare, ma i miei piedi erano incollati al suolo e mi impedivano di fare un passo.
«John.» riuscii a dire, con voce fievole.

 

*
 

Hey girls.
Eccomi qui, puntuale come un orologio svizzero (?)
no, ok, perdonate la mia demenza da studio (sono stata con la testa sui libri fino ad ora x_x)
Devo dire che questo, finora, è il mio capitolo preferito. Amo Cate e Justin insieme *w* (?)
E... niente, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate C:
A presssto (?)

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: highfivekeats