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Autore: NanaBianca    16/02/2013    7 recensioni
Da grande appassionata del telefilm Buffy, voglio provare a mischiare un po' le carte per vedere cosa ne esce fuori. [NO Cross-over] [Spoiler Terza Stagione] [Damon/Nuovo Personaggio]
Klaus è partito portando Stefan con sé. Tra Elena e Damon l'intesa e l'attrazione fisica diventano sempre più potenti. Ma qualcosa sta per succedere a Mystic Falls. Summer Reed, l' attuale cacciatrice, si reca in questa piccola cittadina alla ricerca di un pugnale: l'unica arma in grado di sconfiggere Klaus.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Angolino di Nana
Nota (dolente) iniziale.

Buonsalve^^
Oggi sono sopra, e questo è un brutto segno. Ebbene, dopo averci riflettuto parecchio, ho deciso di non continuare questa fic. Negli ultimi mesi ho sempre attribuito i miei ritardi alla mancanza di tempo (fattore che ha comunque inciso notevolmente) ma, facendo una profonda analisi di coscienza, mi sono resa conto che il problema principale è che ormai mi manca sia l'entusiasmo che la pazienza per portarla avanti. Mi sento svuotata di tutto ciò che mi faceva vivere quest'hobby con gioia ed impegno. Detto in poche parole: sono una fanwriter arrivata alla frutta xD Ma ho speso davvero molto tempo ed energie in questa storia; pregi e difetti (i tanti difetti!) è la mia "creatura", e nessuno voleva vederne la fine più di me. Perciò quest'ammissione, anche se può sembrare un avviso a cuor leggero, per me non è nulla di facile. Inoltre, provo uno schiacciante senso di mortificazione verso tutte le persone che sono arrivate fin qui. Per me ha rappresentato una splendida esperienza, che mi ha fatto conoscere persone meravigliose, mi ha fatto vivere attimi di spensieratezza e mi ha insegnato davvero tanto. Ma mi rendo conto che per un lettore una storia incompiuta non è altro che una perdita di tempo, e di questo sono dispiaciuta in un modo che davvero non riesco ad esprimere. Quindi spero con tutto il cuore che riusciate a perdonarmi. Perché sono davvero grata a tutte le persone che hanno condiviso quest'esperienza con me: da quelle che che hanno semplicemente letto a quelle che hanno addirittura trovato il tempo e la voglia di lasciarmi un parere. Vi devo molto e vi ringrazio con tutto il mio cuore. Questo sito è pieno di autrici davvero brave, il cui talento tende a demoralizzare chi è ben consapevole di avere delle lacune e dei limiti, e vi posso assicurare che io non avrei mai avuto il coraggio di proseguire, se non avessi trovato un minimo di sostegno. Mi sarei vergognata dopo pochi capitoli, e probabilmente non avrei aperto word per tutto il resto della mia vita xD Quindi GRAZIE a tutte quelle persone che mi hanno dato il coraggio di continuare. GRAZIE per tutto quello che mi avete permesso di imparare :)
In ogni modo, sperando di non essere colpita da una raffica di oggetti acuminati (lo so, ne avete tutto il diritto, ma io ho ancora delle cose da dire!) voglio spiegare come mai qui sotto c'è un capitolo. Beh, prima di tutto trovavo davvero triste lasciarvi solo con un avviso. Secondo, in realtà questo è il penultimo capitolo che pubblico, perché, nonostante le serie difficoltà che ultimamente ho con la scrittura, ho deciso di fare un ultimo sforzo e portare la fic alla fine del 28 dicembre, che non solo segna un traguardo importante per la sottoscritta, ma svela almeno il 70% dei “misteri” di questa storia. È una cosa che faccio per me stessa e per quelle poche lettrici che vorranno leggere, nonostante il mio avviso. Ma trovavo giusto avvertire da adesso, per permettervi di scegliere se leggere o meno questo capitolo alla luce di questa news.
So che sembra un'assurdità arrendersi al 90% della fic, ma, credetemi, se lo faccio, è perché davvero sento di non riuscire ad andare oltre.
Ringrazio, saluto e chiedo scusa con tutto il cuore a chi si ferma qui.
Gli altri mi troveranno giù :)



A te, che mi sei entrata nel cuore con immediatezza.
A te, che mi hai dato il tuo supporto,
anche quando lo rifuggivo.
A te, che sei la dolcezza fatta
Gattina :*
♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

E a te, che sei la mia Fata Madrina... Niente! ù.ù
Perdona l'Eros privo di peli e di sguardi “tu sai cosa”ù.ù
Ps: Se qualcuno mi accuserà di aver calcato la mano
la colpa sarà esclusivamente tua,
sallo!xD
Ma ovviamente tanto amore anche per te!
:*
♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥




*** 28 Dicembre ***
Parte 3^





Armata di tutte le energie che possedeva, Summer cercava di sfregare le caviglie, nella speranza di allentare il nodo fatto da Damon, ma quella cintura di cuoio si stava rivelando un nemico più ostile del previsto.
Il piede del letto a cui era stata legata, con la sua forma quadrata e il notevole spessore, costringeva il suo collo ad un'inclinazione laterale, che lo irrigidiva e lo indolenziva di minuto in minuto.
I polsi se la cavavano altrettanto male: ricoperti da numerose striature rosse – una per ogni tentativo di forzare le manette – , insieme alle mani avevano ormai perso la loro sensibilità; e stessa sorte si sarebbe estesa presto anche alle braccia, che già formicolavano fastidiosamente, in segno di una circolazione sanguigna troppo arrendevole.
Ma quei continui tentativi di liberazione – animati da rabbia e insofferenza – avevano di positivo che le impedivano di concentrarsi sul peggio – su Damon e la sua gloriosa quanto stupida idea di affrontare Klaus da solo –, e quindi di lasciarsi annientare dalla disperazione. Ed era quasi riuscita ad allentare quello strettissimo nodo, quando finalmente sentì il rumore della porta d'ingresso e la voce di Lily, che la chiamava facendo in modo che la sua voce risuonasse in tutta la casa. Summer rilassò quel corpo divenuto un ammasso di tensione nervosa e urlando: «Lily! Lily, sono di sopra!», sentì che finalmente gli eventi ricominciavano a girare in suo favore.
La strega salì velocemente i gradini della rampa di scale e poco dopo entrò nella stanza, esclamando il suo nome e inginocchiandosi rapidamente accanto a lei.
«Non riuscivo a trovarti da nessuna parte ed ero sempre più spaventata. Cos'è successo? Chi è stato a legarti?», chiese, iniziando a slegarle le caviglie.
«Damon...», rispose Summer, con voce seccata da un vago senso d'imbarazzo, mentre Lily, con l'aiuto della magia, le liberava anche i polsi. «Mi ha ammanettata per andare a cercare Klaus da solo...», aggiunse, cercando di dare una parvenza di normalità a quella strana situazione.
«Però!», la strega rilassò i glutei sui polpacci, posò entrambe le mani sulle ginocchia e poi osservò attentamente l'amica. «C'è da ammettere che siete spiriti affini!»
E Summer, sostenendosi sui gomiti, le scoccò un'occhiataccia, che subito si tramutò in un mezzo sorriso divertito: non poteva obbiettare le sue parole e, soprattutto, era felice che lei stesse bene. Durante il suo scontro con Klaus aveva seriamente temuto di non rivederla mai più, e adesso si sentiva semplicemente felice di dover rifare i conti con la sincerità fin troppo spontanea che caratterizzava la sua insostituibile amica.
«Cos'è successo?», continuò la strega, con la solita apprensione, amplificata dalla vista dei suoi abiti sporchi di sangue.
«Te lo spiego dopo», Summer si alzò, massaggiò brevemente il polso più arrossato e si avviò verso la porta, «adesso devi dirmi dov'è Klaus...»
Lily si alzò a sua volta e, guardandola con costernazione, le disse: «Vorrei, ma mi è impossibile. L'incantesimo che ho legato alla mappa è fuori uso.»
«Come “fuori uso”?», quelle parole per Summer suonarono prive di senso. Da quando gli incantesimi potevano guastarsi? Era diretta verso il salotto, ma quella notizia la fece voltare velocemente in direzione della sua stanza, con Lily che la seguiva e le parlava ansiosamente: «Non so cosa sia successo, ma...» Ma non ricevendo nessuna attenzione, la strega si sentì costretta ad usare un tono più deciso e autoritario: «Summer, devi spiegarmi ogni cosa. Altrimenti posso fare ben poco. Sono stata qui circa venti minuti fa e non c'eri... Ti ho cercata ovunque. Dov'eri? Cos'è successo?»
Summer, preda dell'ansia e della voglia di agire alla svelta, frugava febbrilmente nei cassetti in cerca di qualcosa, ma questo non le impedì di risponderle: «Beh, l'ultima cosa che ricordo è che ero in fin di vita, credendo che Damon fosse morto.» Ora aveva aperto le ante dell'armadio, in cerca di una scatola riposta sul fondo. «Poi mi sono svegliata qui, col suo polso premuto sulle labbra...», portò la scatola di cartone sul letto, per aprirla ed ispezionarne il contenuto con un nervosismo crescente.
Lily la guardava con aria confusa. Pur sforzandosi, non riusciva a seguire il suo discorso.
«Eri in fin di vita?! Aspetta, come “il suo polso”?», esclamò, in una sorta d'interrogatorio apprensivo. «Summer, non è possibile! Il sangue dei vampiri non può guarirti!» Ne era ovviamente felice, ma quel racconto era privo di fondamento. E a differenza della cacciatrice, che affrontava le situazioni avverse passando subito all'azione e quelle a suo favore senza rimuginarci mai più di tanto, Lily era una donna che doveva sempre riflettere su tutto: non ammetteva la mancanza di coerenza e le cose illogiche, neanche quando giocavano a suo vantaggio. Cercava sempre il significato e la spiegazione razionale di tutto; e quando si trovava di fronte ad un evento poco chiaro, le sembrava che il mondo smettesse di girare e che solo la soluzione dell'enigma potesse farlo ripartire.
Summer arrestò quella ricerca frenetica e si avvicinò alla compagna.
«No, dei comuni vampiri no, ma penso che tu abbia ragione. Poco prima Damon aveva bevuto il sangue di Klaus, per curare il morso di un licantropo. Sono sicura di averglielo detto che il sangue dei vampiri non può guarire le cacciatrici, ma a quanto pare deve averlo dimenticato, ed è stata una fortuna: se mi avesse portata all'ospedale sarebbe stato inutile... Se non mi avesse dato il suo sangue probabilmente sarei morta...»
A quelle parole il colorito già pallido della strega sbiancò ulteriormente, e la guardò spalancando gli occhi e farfugliando un appena udibile: «Summer...»
«Che succede?» La cacciatrice osservò quel mutamento repentino con curiosità: a livello somatico i turbamenti di Lily erano sempre riconoscibili, a chi come lei la conosceva da tempo. Ed infatti, poco dopo, con lo sguardo colpevole e terrorizzato dal pensiero di aver messo a repentaglio la vita dell'amica, la strega confessò ciò che le stava inumidendo gli occhi: «Forse non l'aveva dimenticato...» Il cuore iniziò a pulsarle frenetico. «Prima ho trovato una boccettina sul comodino e quando ho capito che si trattava del sangue di Klaus...», la voce venne corrotta da un'ansia crescente, «ho deciso di portarla con me...e...», e la osservò con un'agitazione che la faceva addirittura tremare, «Summer, io... non potevo saperlo!»
«Beh, in effetti questo spiegherebbe il comodino ribaltato... Forse Damon ha pensato che sia stato lui a nasconderlo!», osservò la cacciatrice, ricordando particolari che le apparivano poco chiari e cercando di sdrammatizzare; ma quando capì che Lily aveva bisogno di un conforto serio, glielo diede con tutta la dolcezza che meritava; così posò le mani sulle sue spalle e disse: «Ehi, Lily. Va tutto bene. Come puoi ben vedere sono viva e vegeta! E avevi ragione... il sangue di Klaus ha avuto effetto anche su di me... Non è il caso di agitarsi...»
La strega le annuì, sentendosi più calma e Summer le sorrise, riprendendo a guardarsi intorno. «Ero convinta di avere una di quelle dannate bussole di Kendra. E invece sono sempre ovunque solo quando non servono!», esclamò con avvilimento, rivelandole cosa stava cercando con tanta urgenza.
«Ne ho una io ma, se mi dici che Damon è qui, è chiaro che non funzioni. Segnala solo la presenza di una vampira bionda...»
Sebbene Summer non avesse idea di chi potesse essere, l'informazione non la sorprese più di tanto: aveva sempre sospettato che a Mystic Falls vi fossero molti più esseri sovrannaturali di quanti ne conoscesse. Ma adesso le sue preoccupazioni erano ben altre!
«Perfetto!», fece con ironia, uscendo dalla stanza. «Fammi capire bene: il coma ha mandato in tilt tutti i tuoi incantesimi?! Non era mai successo niente di simile!»
«Lo so, ma dubito che abbia a che fare con me.» Lily la seguì nuovamente, capendo che adesso era diretta in soggiorno. Ed infatti, pochi secondi dopo, si trovarono di fronte al tavolinetto su cui la strega, la sera prima, aveva posato la mappa localizzatrice.
«Bene. Allora... ti prego, fanne funzionare almeno uno.» Summer indicò quella cartina, con gli occhi che le si inumidivano fino a brillare, «Damon non è abbastanza forte per affrontare Klaus da solo...»
E Lily la guardò intenerita. L'amore che provava per Damon traspariva dal suo volto con una luce che la strega non le aveva mai visto prima. Le sembrava quasi... diversa dalla ragazza che conosceva come le sue tasche.
«Avevo creato questa mappa sfruttando il rancore di Esmaél», afferrò la cartina per osservarla meglio. «L'incantesimo poteva esaurirsi solo con la morte di Klaus... Non ho idea di cosa possa aver interferito», concluse con voce dispiaciuta.
«Io ce l'ho...», Summer ripensò alla sua lotta con l'ibrido e capì di non poter continuare a tenere Lily all'oscuro di tutto. «Hai ragione, se non ti racconto cos'è successo puoi fare ben poco. Klaus è morto, ma a quanto pare non del tutto... beh non che prima fosse vivo...» Ma l'ibrido era rognoso anche come racconto.
«Che vuoi dire?»
Summer prese un attimo di pausa per decidere da dove far partire il suo discorso e poi iniziò a raccontare: «Dopo che sei svenuta, Klaus è scappato, ma poi si è presentato in ospedale, e per cercare di allontanarlo gli ho proposto di sfidarci nel luogo in cui ha spezzato la maledizione. Così ci siamo affrontati e – non so come – sono riuscita a piantargli il pugnale nel cuore. Ma dopo un paio di minuti... si è... semplicemente ripreso, e mi ha detto che avevo ucciso solo la sua parte mannara; che per ucciderlo del tutto avrei dovuto dargli un secondo colpo, col pugnale foderato della guaina...»
Lily aveva ascoltato il suo racconto con gli occhi che le si erano spalancati sempre di più ad ogni parola, e alla fine aveva esclamato: «La guaina è di legno... come ho fatto a non pensarci!», con un tono sorpreso, colpevole, ma anche stranamente euforico.
«Ma c'è dell'altro...», disse Summer, consapevole di non averle ancora esposto la questione più spinosa: «Ero più morta che viva, non riuscivo a muovermi, Klaus stava per pugnalarmi, ma Damon si è messo tra di noi e si è preso il colpo al cuore con la guaina al posto mio...»
«Cosa?! Con la guaina? Ma è di legno e mi hai appena de...»
«Già... non so come sia stato possibile, ma Damon è vivo.» Summer sentì un nodo alla gola, che però sciolse rapidamente, per aggiungere: «Il resto è confuso... Klaus deve averci dato per spacciati entrambi, pensando a rifugiarsi chissà dove. E per quanto riguarda Damon... qualcosa deve averlo protetto, perché si è svegliato come se fosse soltanto svenuto, mi ha portata qui ed è riuscito a salvarmi.» Si avvicinò all'amica, guardandola con aria implorante, «E adesso io devo salvare lui... Ti prego, Lily. Falla funzionare.»
«Vorrei, Summer. Davvero. Ma la goccia di cera è sparita ed ora capisco anche il perché...»
«Beh, ma Klaus ora è di nuovo in piedi», rimarcò la cacciatrice, con una speranza che le illuminava gli occhi, «non puoi farlo daccapo?»
«Purtroppo no. Quello che ho utilizzato era l'ultimo frammento d'osso di Esmaél...» Lily odiava sentirsi impotente, e in quel momento le pesava ancora di più. Sopraffatta da tutte quelle informazioni, che a lei – bisognosa com'era di trovare un nesso a tutto – risultavano criptiche e senza un'apparente logica, non riusciva a concentrarsi su un problema alla volta: probabilmente perché tutto le sembrava disgiunto e collegato al tempo stesso; e questo vortice di pensieri senza via d'uscita la faceva impazzire, allontanandola sempre di più da quelle soluzioni semplici che giacevano ad un palmo dal suo naso.
«Bene.» Summer annuì, guardandosi intorno, in uno stato di riflessione che la portò all'unica soluzione possibile: «Vuol dire che dovrò perlustrare Mystic Falls da cima a fondo.»
«Risparmiati la fatica», ma la voce di Damon suonò contestuale al rumore della porta che si apriva. «L'ho già fatto io...»
«Damon...», sussurrò Summer, mentre il macigno che le schiacciava il petto si polverizzava ad ogni passo che lui avanzava verso di lei.
«Klaus è riuscito a scappare», le disse Damon, scrutandola con una strana intensità e visibilmente infastidito dalla realtà dei fatti: aveva ispezionato la zona più volte, ma di Klaus neanche l'ombra; poi il vampiro si girò verso Lily e, col solito tono teatrale e corrosivo, aggiunse: «Allora, potente strega della Triade, quale magia ci proponi per ritrovarlo?»
Damon aveva ascoltato l'ultima parte della loro conversazione e tutto gli era risultato abbastanza chiaro: la mappa non funzionava perché la temporanea morte di Klaus l'aveva mandata in tilt e Summer era la solita cocciuta, che non sarebbe riuscito a tenere a bada neanche se rinchiusa in una gabbia controllata da leoni... ma era stata in pena per lui nello stesso modo in cui lui lo era stato per lei...
Lily scorse nello sguardo del vampiro la stessa fiamma che ardeva negli occhi di Summer. Entrambi erano mossi da emozioni violente, che oscillavano dall'amore alla vendetta; entrambi avrebbero messo a soqquadro il mondo intero pur di vendicare ciò che era stato fatto all'altro; entrambi sentivano l'urgenza di esorcizzare il dolore subito e assicurarsi di non provarlo mai più. E si rendeva conto di quanto fossero simili loro e di quanto fosse abissale la differenza tra loro e lei. Lily sentiva un disperato bisogno di studiare la situazione con la calma che richiedeva, perciò, col solito candore che caratterizzava la sua voce, gli disse: «Potresti darmi la tua mano?»
Ma Damon, che custodiva il segreto di quel cuore che batteva con la stessa intensità con cui esso lo tormentava, era più suscettibile e diffidente che mai, così articolò un: «Perché?», che l'avrebbe incenerita, se solo la strega non fosse stata un tipo altamente imperturbabile.
«Beh...», fece lei con innocenza, «vorrei iniziare col capire cosa ti ha protetto dal colpo del pugnale... Puoi aiutarmi?» E gli offrì la mano, aspettandosi che lui vi posasse la sua: se avesse avuto una delle sue solite visioni, forse sarebbe riuscita a capirci qualcosa, o almeno avrebbe avuto altri elementi su cui riflettere.
«No.» Ma il vampiro rifiutò senza pensarci due volte; poi, con falsa cordialità, inclinò leggermente il capo, per enfatizzare anche le successive parole sprezzanti: «Perché non mi sembra la questione più urgente al momento.» Proprio come immaginava, la strega l'aveva colpito nel suo terrore più grande. Damon preferiva rimanere all'oscuro di tutto, pur di non diffondere quella notizia, che gli avrebbe dato parvenze umane strette e inopportune.
E mentre Lily lo guardava con sospetto, aggiungendo il suo comportamento alla lista dei dati su cui rimuginare, Summer si affrettò a dire: «Andiamo, che ti costa...», non riuscendosi a spiegare lo strano astio che il vampiro sembrava provare per la strega.
«Tempo che non abbiamo! Dovrebbe pensare ad escogitare un modo per ritrovare Klaus, invece di perdere tempo su cose che possono aspettare!» E il forte disagio di Damon, che si manifestava nel tono combattivo e aspro, si abbatté anche su di lei: «Devo per caso ricordarti che il pugnale è finito nelle sue mani!?»
Ma il vampiro venne gelato dalle sue stesse parole, che lo riportarono al momento in cui aveva consolato Summer proprio per la severità con cui si era colpevolizzata per l'accaduto. Quell'ultima frase era risuonata come un rimprovero, aveva sgretolato tutto ciò che aveva fatto per farla sentire meglio; e lo sguardo adombrato della cacciatrice lo punì passivamente, facendo nascere in lui un senso di colpa schiacciante nella stessa misura in cui lo sentiva meritato.
«No...», fece lei, con lo sguardo leggermente basso per non incrociare i suoi occhi, «non c'è bisogno che me lo ricordi...»
E a quelle parole il petto del vampiro si strinse dolorosamente. E fu investito da una voglia viscerale di abbracciarla fino a cancellare quel senso di tristezza che l'aveva sopraffatta e di scusarsi tacitamente, per poi dirle che tutto sarebbe andato per il meglio; ma questi dolci propositi vennero ostacolati sia dalla rigida circostanza che dalla presenza della strega.
«Sai...», Lily si voltò verso Summer, «Damon ha ragione. Devo riflettere e trovare un'altra soluzione...», e poi si avviò con nonchalance in direzione della porta.
«Dove stai andando?», fece la cacciatrice, mentre Damon la guardava con occhi che le facevano la stessa domanda, ma condita da un'imprecazione.
«All'ospedale. Ho delle dimissioni da firmare e un'auto da restituire.»
E sia la cacciatrice che il vampiro non poterono credere alle loro orecchie, lasciandosi pervadere dal medesimo pensiero: era davvero il caso di pensare a cose del genere in un momento simile?
Ma Lily non sembrava curarsi dei loro sguardi allibiti, mentre afferrava la maniglia e diceva: «Nel frattempo dovreste dire ad Elena di ritornare qui...»
E solo la conoscenza decennale che le univa permise a Summer di annientare l'ennesima ondata di stupore e dire: «È in un luogo sicuro, perché dovremmo farla ritornare?»
«Perché Klaus si è allontanato da Mystic Falls e adesso potrebbe essere ovunque. Se vi crede morti entrambi ed ha il pugnale, Elena è l'unica ragione per cui potrebbe ritornare. Ed ora che la notte di luna piena è passata, non ha più senso che stia lontana da casa sua. Certo, qui farà da esca, ma sarà molto più al sicuro a Mystic Falls, sotto la nostra protezione, che altrove.» E con quella parlantina pacata e sicura, che alla fine riusciva ad imporsi anche su caratteri esuberanti e bellicosi, come quelli degli altri due, Lily si palesava per la despota di zucchero che in realtà era. «Ci vediamo dopo!», aggiunse infine, chiudendosi la porta d'ingresso alle spalle.
«Lily!», e Summer rimase con quell'esclamazione a mezz'aria, mentre Damon, per tutto il tempo, si era semplicemente limitato a guardarla allibito; poi la cacciatrice si voltò verso di lui e, con uno sguardo nuovamente livido, disse: «Ci pensi tu?»
In fondo, Elena rientrava nella giurisdizione del vampiro, pensò, mentre la gelosia – anche solo per una banale telefonata – le rodeva il fegato. Ma adesso il suo cattivo umore era peggiorato anche dal ricordo di tutto ciò che le aveva fatto. L'aveva legata e fatta dannare, come solo Damon Salvatore sapeva fare.
«Sei arrabbiata?», fece lui, con la tranquillità beffarda di chi è consapevole di doversi aspettare una ramanzina, ma non ne è per nulla intimorito.
Summer, che si stava avvicinando alla rampa di scale, si girò per guardarlo negli occhi. «Hai idea di quello che mi hai fatto passare?!», rispose con voce bassa ma soffocata di rabbia.
«Sì, Summer. Credo di averne un'idea molto precisa...», e il sorrisetto bonario del vampiro insieme ai suoi occhi sereni furono un chiaro riferimento a quei comportamenti eticamente discutibili, che però li rendevano simili e quindi reciprocamente inattaccabili.
E con il movimento delle sue iridi castane, Summer disegnò un immaginario arco di colpevolezza. Lei gli aveva spezzato l'osso del collo: erano pari; il messaggio le era arrivato chiaro, forte e stranamente ammantato di dolcezza.
Gli fece un mezzo e dolce sorriso di complicità e poi si mosse per salire le scale.
Ma Damon osservò i suoi movimenti, per poi pronunciare un: «Dove vai?», che la immobilizzò, lasciandola sospesa al quarto gradino. E Summer si voltò nuovamente verso di lui, che se ne stava immobile alla fine della rampa, per dirgli: «Approfitto del momento introspettivo di Lily per fare una doccia...»
«La tua amica è strana.»
Summer gli sorrise dolcemente. «È solo meno impulsiva e più riflessiva di noi...»
Ma il vampiro ricambiò la sua dolcezza con la malizia: «Già... noi siamo teste calde...» E in un attimo le afferrò il polso, facendola cadere su di sé, labbra contro labbra, per poi stringerla rapidamente in un forte abbraccio, che subito le ridiede l'equilibrio.
E si baciarono e si sorrisero come se la minacciosa situazione che incombeva su di loro avesse perso improvvisamente tutto il suo schiacciante peso.
«Non doveva liberarti...», si lamentò il vampiro, dopo un mugolio lussurioso e riferendosi alla strega. Lily stava attentando al suo segreto e, soprattutto, aveva guastato il suo giochino bondage: meritava tutta l'antipatia di cui era capace.
E sul volto di Summer comparve quel sorriso libero e radioso, che solo lui sapeva far nascere con tanta spensieratezza. «Sul serio? Avresti approfittato della situazione nel bel mezzo dell'apocalisse?»
Il vampiro aggrottò le sopracciglia con aria pensosa: «Davvero lo metti in dubbio?»
E dopo la breve risata di Summer – che con i suoi occhi lucidi gli confessava quanto lo trovasse un caso patologico e quanto lo amasse così com'era – si baciarono nuovamente e col solito trasporto; ma poi lo sguardo le si spense di colpo, e con triste delicatezza mise fine a quel contatto. «Pensa ad avvisare Elena...», lo redarguì in un sussurro dolce e bonario, girandosi e salendo di nuovo le scale. Ma per ricatturare il suo sguardo il vampiro afferrò la sua mano, per poi lasciarla andare con estrema lentezza: il tempo di scrutare il suo volto con attenzione e chiedersi quale preoccupazione l'avesse fatto oscurare in quel modo. E quando Summer non fu più nel suo campo visivo, Damon prese il telefono dalla tasca posteriore del pantalone, si diresse verso il salotto e chiamò Stefan, che rispose quando lo scotch che stava versando nel suo bicchiere preferito raggiunse la quantità desiderata.
«Damon. Cos'è successo?», gli chiese.
Ma il maggiore ignorò quella domanda, concentrandosi su tutt'altro: «Allora, fratellino, come sta andando l'opera di riappacificazione tra anime gemelle? Dilaniante, lunga e strappalacrime come nelle telenovela, oppure siete già nudi?»
«Cos'è successo, Damon?», scandì l'altro, ma rassicurato almeno in parte dal tono frivolo del fratello.
«Domanda semplice, risposta complicata. Le cose si sono rivelate più contorte del previsto, ma per farla breve: la cacciatrice è riuscita a pugnalare Klaus, ma per funzionare a dovere il pugnale richiedeva un secondo colpo con la guaina di legno: colpo che non ha ricevuto e che, tra parentesi, ho provato sulla mia pelle, scoprendo quanto sia spiacevole...», e il vampiro parlava in funzione di quei dolori incessanti, che non smettevano di tormentare il suo corpo: in quel momento la sua vista aveva subito l'ennesimo calo, portando con sé tutte le sue forze. E respirando a fatica, il vampiro si appoggiò alla parete e avvicinò il bicchiere alle labbra, con uno sforzo che gli fece tremare il braccio.
«Come “l'hai provato sulla tua pelle?”», domandò Stafan, con una lieve punta di agitazione nella voce.
«Nel senso più letterale che puoi immaginare. Ma è una lunga storia, dovrai aspettare il film.»*
Vi fu un momento di silenzio e poi una semplice domanda: «Stai bene?»
Il vampiro fece un mezzo sorriso, guardando attentamente nel suo bicchiere, con quegli occhi che adesso avevano ripreso a funzionare correttamente. «Vivo e vegeto a quanto puoi sentire... oserei dire fin troppo!» E adesso il riferimento era rivolto a quel cuore che continuava a martellare nel suo petto, scatenando tutta la rabbia passiva che era in grado di provare.
«Che vuoi dire?»
«Lascia perdere.» Ma Damon celò il suo segreto anche a lui. Nessuno... non doveva saperlo nessuno!
«Come vuoi. Cosa facciamo adesso? Chi ha il pugnale?»
«Ottime domande. Il pugnale è caduto nelle mani di Klaus e, adesso, tu impacchetti la tua dolce Elena e la riporti qui. Abbiamo bisogno di un'esca», fece il vampiro con fin troppa semplicità.
«Voglio sperare che tu stia scherzando, Damon. Cosa ti fa pensare che la riporterò lì?», e il tono di Stefan rivelò tutta la sua contrarietà, ma Damon, con una serietà caustica, rispose: «Ascoltami bene. Klaus si è già sbarazzato di questo pugnale in passato, e se vogliamo avere una chance di ucciderlo nel secolo che interesserà la vita della tua umana fidanzata, tutto quello che possiamo fare è cercare di agire alla svelta. Altrimenti preparati a trasformarla in un vampiro e a chiedere a Katherine consigli sulla latitanza!» Ma quando fu investito dal silenzio che esprimeva tutta l'angoscia del fratello, Damon si sforzò di addolcire il suo tono: «Ascolta... ci saremo noi due, una cacciatrice e una strega a proteggerla», bevve un altro sorso di scotch, che subito gli ricordò un'altra persona. «E un umano sul baratro dell'alcolismo, se consideriamo anche Rick», aggiunse, con un mezzo sorriso. «Non le succederà niente...», e poi si avvalse di quei forti sentimenti che Stefan – non conoscendo gli ultimi risvolti – credeva ancora vivi in lui e disse: «Sai bene che non metterei mai la sua vita in pericolo...»
E quella profonda amicizia, a cui lui aveva dato una parvenza d'amore per convincere il fratello, sortì l'effetto sperato, portando quest'ultimo a chiedere: «Cosa dobbiamo fare?», con una sorta di rassegnata convinzione nella voce.
«Tornate a Mystic Falls, ma non qui. Porta Elena direttamente a casa sua – a differenza di questa casa, lì Klaus non può entrare – e poi... resta semplicemente con lei e assicurati che non voglia fare la martire. Nel frattempo noi penseremo ad un piano.»
«Bene», fu la semplice risposta di Stefan; ma poi, prima che il maggiore ponesse fine alla chiamata, si affrettò ad aggiungere: «E Damon... spero che la pugnalata sia stata dolorosa come dici, ma... mi fa piacere che non ti abbia fatto fuori...»
Damon schiuse le labbra per dire qualcosa, ma alla fine non riuscì a formulare nulla. E dopo attimi di silenzio stranamente intensi e surreali, la telefonata si interruppe per volere del fratello minore.
Il vampiro posò il bicchiere ormai vuoto sul tavolinetto e ripensò a quella conversazione. Non poteva credere di aver appoggiato la tesi della strega, ma, più di ogni altra cosa, la sua attenzione si focalizzò su un piccolo dettaglio: sull'aver detto a Stefan di trasformare Elena in un vampiro; e subito capì che quel pensiero era stato messo in evidenza da un evento che non poteva ignorare: come lui, Summer aveva il sangue di Klaus in circolo nel proprio corpo...


*** ***

Summer provò un impagabile senso di libertà, quando poté finalmente sbarazzarsi di quegli abiti consunti e gettarsi nel vano doccia.
L'acqua calda purificò i suoi capelli da ogni traccia di terriccio e la sua pelle da ogni scia di sangue. Ma soltanto parecchi minuti dopo, i suoi muscoli cominciarono a rilassarsi, liberando il suo corpo da tutta la tensione accumulata. E tra le gocce d'acqua si persero anche due lacrime, scivolate vie insieme al sovraccarico di stress. Ma la rabbia... quella non l'avrebbe mai abbandonata. I pugni di Summer si sarebbero sempre stretti al bruciante ricordo di Klaus e degli avvenimenti di quegli ultimi mesi. L'ibrido aveva ucciso Kendra, ed era stato ad un passo dal portarle via anche Damon. Adesso non era più una battaglia tra forze notoriamente contrapposte. Adesso era una questione strettamente personale. E Summer giurò a se stessa che si sarebbe vendicata; e dopo avergli inflitto atroci sofferenze, quel giorno Klaus avrebbe finalmente cessato di esistere...


*** ***

Con le mani sul volante di una macchina dal motore spento, Lily rifletteva sull'onda di informazioni che l'aveva travolta. Sentì di aver fatto la cosa più giusta ad abbandonare quella casa. Doveva analizzare il tutto con la dovuta calma, e le sarebbe stato semplicemente impossibile farlo sotto l'aura di impazienza, che aleggiava intorno alle teste degli altri due. Afferrò la borsa, sistemata sul sedile del passeggero, e ne estrasse la bussola. Come immaginava, l'ago era rivolto ad Est, in direzione del Mystic Grill. Se l'aggeggio avesse funzionato a dovere, avrebbe dovuto puntare di fronte a lei e segnalare la presenza di Damon. Perché non lo faceva? La bussola era mossa da un incantesimo, un incantesimo che non poteva spezzarsi a metà. Doveva funzionare perfettamente o non funzionare del tutto, pensò, sentendosi ancora più confusa. E visto lo strano comportamento del vampiro, Lily iniziò ad avere seri sospetti su di lui. Era chiaro che nascondesse loro qualcosa. Ma cosa? E, soprattutto, perché? Mise in moto l'auto ed uscì dal vialetto, diretta realmente all'ospedale.


***** *****

Quando Summer uscì dal bagno, i capelli un po' arruffati e vestita della sola vestaglia a kimono verde acqua, trovò Damon seduto sul suo letto, con i gomiti poggiati sulle cosce e le dita che s'intrecciavano e si sfregavano in movimenti lenti, che gli conferivano un aspetto fin troppo pensoso.
Come per dargli atto di avere piena coscienza della sua presenza, Summer posò un lungo sguardo su di lui, che venne ricambiato con altrettanta intensità. Poi si avvicinò alla cassettiera in cui teneva riposta la biancheria, afferrò un tanga color lavanda e lo indossò con un gesto che trasmetteva sia la tranquilla intimità delle coppie consolidate che l'inevitabile punta di malizia tipicamente femminile; e quegli attimi ingannevoli – fatti di dita leggere e innocenti che sfioravano e delineavano quelle gambe nude quasi fino all'inguine – furono catturati dalla mente attenta di Damon, che con abilità riuscì a goderseli dietro sguardi privi di ogni interesse: la sua passione, ora repressa da pensieri prioritari, avrebbe riacquisito il controllo solo al momento opportuno, ma le avrebbe fatto pagare quella dispettosa provocazione con tanto di salati interessi.
«Sei stata tu a prendere il sangue di Klaus?», le chiese quindi con voce calma, continuando a fissarla con una serietà che non gli apparteneva. «Intendo... dopo che mi hai “delicatamente” spezzato il collo...»
Summer fu scossa da uno strano fremito di disagio ed emozione, e mentre si chiedeva cosa fosse stato a provocarlo – se la sua aria quasi severa o la sua voce più limpida e sensuale del solito –, eluse il suo sguardo, portando la propria attenzione su una ciocca di capelli; e la serrò facendola scorrere tra l'indice e il medio, per poi ispezionarne la punta con meticolosa e inutile accuratezza.
«È stata Lily. Mi stava cercando e ha pensato di portarlo con sé in vista del peggio.» E una volta chiuse le labbra, cercò di combattere il potere che esercitava su di lei, guardandolo nuovamente.
«Beh, ti assicuro che il peggio è stata proprio la parte in cui non l'ho trovato.»
Ma il bagliore azzurro dei suoi occhi e quella risposta repentina le annientarono il respiro, facendole capire che Damon, fin quando non le avesse parlato espressamente, mettendo in chiaro i propri sentimenti, l'avrebbe fatta sentire sempre in quel modo: col cuore pronto a cessare di battere da un momento all'altro.
«In verità... pensavo che mi avessi dato il tuo sangue... perché te ne fossi dimenticato...», pronunciò con voce incerta, con lo sguardo nuovamente basso e le mani che adesso giocavano col nodo della cintura.
«Non dimentico le cose importanti», ma Damon ricatturò i suoi occhi e la guardò con un'intensità che la fece sentire spogliata della carne. «E il sangue di Klaus che circolava nel mio... era la classica... ultima speranza.»
Le fece un mezzo sorriso e Summer annuì quasi impercettibilmente, deglutendo forte. Si avvicinò alla finestra e focalizzò la sua attenzione sul paesaggio: il tramonto rendeva quella distesa di pini un'unica macchia scura, che si opponeva con prepotenza ai suoi toni caldi e quasi abbaglianti.
«Sai, in verità non avevo mai creduto alle parole di Lily. Pensavo fosse solo una delle sue fantasiose supposizioni, dettata per lo più dal suo ottimismo. Non la conosci, ma ti posso assicurare che la sua vena ottimista è come la fantasia di un bambino: totalmente priva di limiti!» Per smorzare quella strana tensione, Summer aveva cercato di dare alla sua voce una cadenza allegra e giocosa, ma l'attimo di silenzio che seguì la rese ancora più agitata, costringendola a tenere lo sguardo fisso di fronte a sé; e quando Damon le disse: «E invece... è vero. Il sangue di Klaus ti ha guarita e questo significa che forse... potresti diventare un vampiro... se lo volessi...», si sentì quasi grata verso se stessa per non aver visto il suo volto e, soprattutto, per non avergli dato modo di vedere il rapido cambiamento del proprio.
«Già...», sibilò con una malinconia che non riusciva a spiegarsi e con lo sguardo ancora fisso su quella natura dominata dalle sfumature di rosso. Senza capirne il motivo, aveva sempre odiato quel discorso; eppure, pochi secondi dopo, sentì inevitabile chiedergli: «Hai mai pensato di trasformarmi?» E quella voce corrotta dall'imbarazzo e da un vago senso di paura ammorbidì i lineamenti del vampiro, riempiendo i suoi occhi di una ritrovata dolcezza, che subito andò a discapito di quella strana serietà. Non gli era sfuggito l'attimo in cui le proprie parole avevano avuto il potere di irrigidire le sue spalle. Damon sapeva bene che per lei quello era un argomento delicato – un argomento che era preferibile non affrontare – ma, in quel momento, senza comprendere cosa lo spingesse a farlo, desiderava cogliere ogni indizio che gli permettesse di capire il suo volere a riguardo. Vampira o cacciatrice, sentiva che l'avrebbe amata allo stesso modo; ma ora che il sangue di Klaus circolava anche nel suo corpo, rendendo possibile quella scelta, riteneva giusto ricordargliela, sebbene lei, in passato, gli avesse già ribadito che non era sua intenzione voltare le spalle al suo ruolo di cacciatrice e lui ne avesse ascoltato con attenzione ogni parola: da quelle più chiare a quelle omesse, che forse risultavano oscure anche a lei stessa. «Qualche volta...», confessò poco dopo, con un tono dolce e un sorrisetto obliquo appena accennato: erano state fin troppe le volte in cui aveva fantasticato su quello scenario.
Tenendo lo sguardo basso, Summer girò il collo verso di lui, e quel flebile «Davvero?» suonò la nota dolce e infantile di quando qualcosa la sorprendeva, riempiendo il suo cuore di quella gioia timorosa, che prima di esplodere richiedeva certezze preventive.


** Bloodstream (Quartet Session) **

Words can relay nice
They can cut you open
And then the silence surrounds you
and haunts you



Nella stanza ogni cosa era calata nell'ombra e Damon osservava il corpo di Summer, che appariva come una sagoma scura, contornata da un riverbero ramato quasi accecante, i cui raggi filtravano attraverso i suoi capelli come bagliori che si stagliano nel buio ascetico di una cattedrale.
«Sì...», rispose, riportando lo sguardo di fronte a sé e mettendo le mani nelle tasche. «Anche se l'immagine era più o meno sempre la stessa...» Poi si voltò nuovamente verso di lei, che teneva ancora il collo abbassato e girato di lato e, mentre ascoltava il mormorio dolce e titubante della sua voce, ne osservò attentamente il profilo, rapito dai movimenti incerti e sensuali delle sue labbra.
«E... sarebbe?»
Damon non le rispose e Summer, le unghie che si torturavano e lo sguardo ora fisso su di esse, capì di dover insistere: «Andiamo, voglio saperlo...», ma parlava a voce bassa e controllata, per evitare che l'emozione desse picchi acuti al tremito delle sue parole. «Come lo faresti?»
Il vampiro sorrise a mezze labbra, si alzò e si avvicinò a lei, dando a tutti i suoi movimenti una voluta cadenza flemmatica; e quando si ritrovò alle sue spalle, le mani ancora nelle tasche, indugiò per un altro, lungo istante. Poi, con voce pacata e sicura, decise di descriverle la sua fantasia: «Ti farei indossare una vestaglia di seta, simile a questa, ma di un colore scuro e lunga fino al pavimento...» E, sebbene sapesse che quelle parole avrebbero innescato emozioni violente e difficili da controllare, si rendeva conto che adesso, anche volendo, non sarebbe riuscito a fermarsi... «Sotto ti vorrei con quel babydoll nero velato sui fianchi e con i laccetti rosa che si slacciano al centro del petto: l'unico che ti ho sempre tolto con delicatezza, appunto perché mi piace.» E i loro occhi s'incrociarono attraverso il vetro, in un riflesso che scomparve rapidamente, senza riuscire ad imprimere anche quei sorrisi di complicità, causati dal ricordo di tutte quelle volte in cui il piccolo indumento aveva fatto impazzire quel vampiro che adesso liberava una mano dalla tasca per raccoglierle i capelli e sfiorarle il collo con falsa casualità.
«Ti sistemerei i capelli su una sola spalla e poi libererei l'altra dalla vestaglia», pronunciò quelle parole lasciando che l'altra mano scorresse sulla sua spalla per far scivolare la stoffa leggera del suo kimono; e, corteggiando la sua pelle con le labbra, si fece tentare dal dolce profumo che emanava e da quel fremito di eccitazione che l'aveva scossa visibilmente, ma, voglioso di giocare ancora, s'impose di prevalere sul viscerale bisogno di assaporarla.
«Ti stringerei a me...», fece scivolare la mano sotto il suo seno e in un attimo, in uno scatto deciso, il suo avambraccio si trasformò in una morsa che la intrappolò a lui. E Summer si sentì travolta da brividi troppo forti, quando il suo bacino premuto sul proprio fondo-schiena le rivelò l'eccitazione che Damon non si curava di celare e che, un attimo dopo, con un sorrisetto ironico, fu lui stesso a rimarcare: «E ammetto... che mi sarebbe difficile nascondere... che il solo pensiero di farlo... di possederti totalmente...» E adesso le dita del vampiro le scorrevano sul basso ventre, scostando la vestaglia e intrufolandosi sotto l'elastico del tanga, per seguirne la linea con crudele lentezza, «mi fa impazzire come quegli attimi in cui a separarmi dal piacere c'è solo del pizzo colorato e fin troppo sottile...»
E, sebbene lei facesse di tutto per non farglielo notare, Damon godeva della vista del suo profilo corrotto dall'insostenibile attesa del piacere e del suo corpo scosso da quei tremiti che non poteva evitare. Quel dolce tormento a cui lei resisteva a fatica rappresentava la sua piccola vittoria, la sua angelica vendetta: in fondo, era stata lei la prima a provocare, si disse, compiaciuto del suo dispettoso operato, ma consapevole di essersi imbattuto in una strana occasione per confessarle cose che pensava e sognava da tempo, proprio come la sua voglia di vivere quel singolare tipo di emozioni e di farla sua, tramutando il loro amore in qualcosa di eterno; e ciò era incentivato da quel momento quasi surreale, che annientava preoccupazioni di ogni genere. Tutte le angosce di Damon sul futuro, su Klaus, su quel cuore che batteva, su quei dolori incessanti, erano state frantumate da quella fantasia, che adesso sembrava la meta della sua intera vita.
«Ritarderei il momento...», continuò, «baciandoti il collo con lentezza.» E posò le labbra sul suo collo per un primo bacio, «per sentirti sempre più tesa», poi un altro, «eccitata», un altro ancora, «impaziente», e infine portò le labbra al suo orecchio, «ansiosa di essere mia...»
E il forte fremito che scosse la pelle di Summer vibrò sulla sua, trasmettendogli le stesse, intense emozioni, che per un istante gli fecero temere di perdere il controllo, ma non nella misura necessaria a farlo smettere: «Ti scoprirei il seno... perché non potrei farne a meno...», e le sue dita continuarono a spogliare la spalla già libera dalla vestaglia, fino a mostrargli il seno e a costringerlo a deglutire con forza la voglia di tenerlo tra le labbra. «L'accarezzerei piano...», e continuando a concretizzare quella fantasia sotto il tocco delle sue dita, ne accarezzò le morbide curve, per poi sfiorarne più volte la punta con una lenta oscillazione del pollice; e il gemito che lei soffocò repentinamente lo istigò a sussurare: «Sentendomi soddisfatto ad ogni sospiro che faticheresti a trattenere...», poiché non poté fare a meno di sorridere compiaciuto, nel sentirla completamente preda della sua voce e delle sue mani; e si chiese per quanto ancora avrebbe resistito, cercando inutilmente di nasconderglielo. Ma, anche se avesse voluto, Summer non avrebbe potuto reagire in alcun modo. Si concedeva passivamente perché ciò era l'unica opzione che Damon le offriva. Sconvolta dai caldi fremiti che le procuravano la sua voce e le sue carezze, non poteva fare altro che starsene immobile: completamente imprigionata in quella dimensione irreale, creata da quella sensualità oscura e predominante, che il vampiro sprigionava quando il suo preciso scopo era farla impazzire. Ma in quel flusso di parole suadenti si nascondevano anche verità compromettenti, e Summer capiva che la sua inerzia dipendeva soprattutto dalla flebile speranza che lui continuasse a parlare... che le permettesse di cogliere parole che avrebbero curato le infinite ferite del suo cuore, attenuando sia le sue remote insicurezze che il recente dolore per quel “Ti amo”, che non le era stato concesso.
Era fortemente intenzionata a resistergli, ma in quel momento Damon la strinse a sé con maggiore veemenza, corrompendo il tono della sua voce con note esasperate e passionali: «Ma poi ti mostrerei che la mia esitazione ha comunque un limite. Che l'attesa consuma entrambi con lo stesso desiderio, con la stessa voglia di perdere il controllo...», e questa volta il seno glielo strinse con prepotenza, constatando soddisfatto che adesso lei respirava in maniera convulsa, totalmente sciolta nelle sue mani. Ma poi, allarmato dalla sua stessa tensione, da quella voglia di lei che ormai lo incendiava, decise di intimorirla, nella speranza di allontanarla sia da quella pericolosa idea che da se stesso, per evitare l'irreparabile: «E allora non riuscirei a trattenermi oltre: i miei canini affonderebbero nella tua carne con una forza che faticherei a gestire; il tuo sangue mi riscalderebbe la gola, per poi invadere il mio corpo con lo stesso calore; mentre tu... sentiresti il tuo farsi sempre più freddo e debole... e in quel momento ti accorgeresti di essere completamente in balia delle mie mani... di ogni mio volere...» E le sottili venature intorno ai suoi occhi comparvero rapidamente, per poi scomparire altrettanto velocemente, sotto il controllo di una volontà che adesso faticava a gestirle. Le braccia continuavano a stingere Summer con forza, mentre la voce gli diveniva sempre più oscura e quasi minacciosa: «Gli ultimi battiti del tuo cuore palpiterebbero sotto la mia pelle; la tua vita scivolerebbe via dai miei respiri; e, nonostante il tuo coraggio, ti sarebbe inevitabile farti sopraffare dalla paura della morte, che ti stringerebbe il petto fino a impedirti di respirare...» Chiuse gli occhi e respirò profondamente: doveva controllarsi e combattere quella violenta voglia del suo sangue, che ora gli pulsava nelle tempie, stordendolo. I suoi dolori si accentuarono di colpo, così come gli esordi di quelle trasformazioni incontrollate, ma si appellò a tutte le sue forze e alla fine riuscì nuovamente a dominarsi. E lentamente Summer sentì la sua stretta che si ammorbidiva quasi fino a cullarla, proprio come la sua voce che adesso si scioglieva nel sussurro intriso di dolcezza di un uomo innamorato che, nonostante i propositi contrastanti, non riusciva a nasconderle la verità: «Ma, in quell'istante, i tuoi ultimi pensieri s'imprimerebbero nei miei occhi senza segreti... e si trasformerebbero in tutto ciò che vorresti... perché controllerei il tuo ultimo sogno, liberandoti da ogni paura, creando qualunque fantasia ti piacerebbe vivere realmente. E alla fine moriresti tra le mie braccia», e riprese a baciarle la pelle, questa volta a labbra dischiuse per godere appieno del suo sapore, «sentendoti calma», e dalla spalla arrivò alla base del collo, «al sicuro», per poi continuare fino all'orecchio, «mia per sempre...»
E con gli occhi chiusi, posò la fronte sulla sua nuca, inspirando profondamente il profumo dei suoi capelli e sentendo una sensazione simile alla stanchezza.
In quel momento si sentì quasi sollevato: stava riuscendo a tenere a bada quell'eccitazione che gli contraeva l'addome e gli tormentava l'inguine, proprio come stava riuscendo a dominare quelle trasformazioni involontarie che gli facevano scoppiare la testa e calare la vista; ma poi Summer, gli occhi lucidi e il respiro corrotto dall'emozione, inclinò maggiormente il collo, offrendoglielo come un chiaro pegno d'amore. E per un attimo entrambi si sentirono rigidi e immobilizzati: tesi come corde di un violino che avrebbe suonato quel requiem al primo soffio di vento.
Ma il vampiro ritornò subito in sé, scuotendo flebilmente il capo, in segno di un rifiuto che l'eccitazione gli impediva di esprimere a voce. Era forse impazzita?, si chiese incredulo. Damon pensava fosse fin troppo chiaro che non potesse farlo realmente... Con quei presupposti il rischio era troppo elevato. In fondo, non vi era nessuna certezza che il sangue di Klaus avrebbe funzionato, anzi: in realtà ad esso non vi si poteva attribuire neanche la certezza di quella miracolosa guarigione. Era stato davvero il sangue di Klaus l'elemento determinante? Si chiese, in quel particolare momento in cui la ragione avrebbe messo in dubbio anche le verità più universali. E poi, se anche avesse voluto bere il suo sangue senza quel fine, in quelle condizioni fisiche precarie non era certo che sarebbe riuscito a fermarsi; ma si rendeva conto che ciò faceva parte di quell'assurdo segreto custodito con ostinazione, che rendeva impossibile a Summer immaginare il grosso rischio a cui andava in contro offrendosi a lui. Per Damon, la cosa più giusta da fare era rimandare quel discorso a pugnale recuperato; eppure... la vista che quasi gli si offuscava; il suo profumo; il modo sensuale con cui muoveva il suo corpo e il bisogno viscerale di sentire la sua essenza scorrere nel proprio; le sue dita tra i capelli, come spinta subliminale verso il suo collo; il proprio nome sussurrato dalle sue labbra con un desiderio disperato e lancinante; il pensiero che lei gli si stesse offrendo totalmente, che lo amasse fino a volergli donare la sua vita... E in un attimo di prevalenza dei sensi su ogni possibilità di controllo, i canini del vampiro penetrarono nella sua carne, sprigionando quel sangue che l'avrebbe fatto impazzire.



I think I might've inhaled you
I could feel you behind my eyes
You've gotten into my bloodstream
I could feel you floating in me


E nel gemito di Summer quel crescendo di emozioni – divenuto insostenibile per entrambi – si concretizzò con forza, portando con sé un inevitabile senso di realtà su ciò che stava accadendo e su ciò che avrebbe comportato.
Pur non sapendosi spiegare il perché, Summer non aveva mai desiderato essere un vampiro: quel pensiero la pervadeva di una strana angoscia che la portava a sopprimerlo a priori, senza mai darle l'occasione di rifletterci davvero. Eppure, in quel momento, Damon voleva che fosse sua per sempre, e sembrava che per lei nient'altro avesse importanza. Nella sua anima non esisteva alcun tipo di timore, perché tra le sue braccia Summer sentiva che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Era sicura di ciò che provava per lui... e adesso anche di ciò che lui provava per lei. Le parole di Damon le avevano attraversato la pelle, scivolando nel suo petto con un'intensità crescente, divampata nel bruciante desiderio di essere eternamente sua... a qualunque costo! Quelle parole l'avevano colmata della felicità che attendeva da tempo. E adesso, per quei canini acuminati che le erano entrati nella carne con l'impeto urgente del bisogno, Summer non riusciva a sentire neanche il più insignificante dolore: le emozioni che provava le trasmettevano un piacere così primordiale e feroce da sovrastare ogni altra percezione. In quel momento, nel desiderio che li univa regnava qualcosa di sacro e profano. L'amore che si glorificava nella morte. Ma ciò non la spaventava – non dopo tutto quello che Damon le aveva confessato. Voleva essere sua. Nient'altro. E adesso il vampiro si nutriva di lei con una foga che le toglieva il respiro e le infiammava la pelle, concretizzando quel bisogno improvviso, sorretto da un desiderio trascendentale e remoto. Sentiva le sue braccia che le comprimevano e le avvolgevano il corpo con una passione avida di possesso... avida di lei; e Summer pressò le mani sulle sue – su quella che premeva sul seno e quella che stringeva il fianco – per dimostrargli che quella forza – così impetuosa da sembrare violenta – non le faceva alcun male... che avrebbe sopportato qualunque cosa...
Damon allontanò le labbra dal suo collo, respirando profondamente e tenendo gli occhi chiusi per qualche secondo; poi il suo abbraccio si trasformò in una presa che la voltò verso di sé; e quando se la ritrovò di fronte e si accorse del modo in cui lo guardava – quegli occhi carichi di desiderio e amore – non poté fare altro che baciarla profondamente, sperando che lei capisse che era principalmente l'amore il sentimento che lo stava facendo impazzire. E alla fine di quel contatto, il vampiro incenerì con lo sguardo quella vestaglia che continuava a nascondere lembi di pelle a cui non poteva rinunciare e, con una veemenza fin troppo impetuosa per della stoffa che si sarebbe arresa a poco più di un suo soffio, ne sciolse rapidamente il nodo, ma senza poi curarsi di farla cadere: le mani si erano stazionate con fermezza sulle rotondità dei fianchi, immobilizzate dai troppi desideri che si contendevano il primato sull'azione successiva; e le curve morbide dei seni e di quelle che delineavano la vita e il basso ventre, enfatizzate da un sensuale gioco di luci ed ombre, si erano riflesse nei suoi occhi azzurri, colmandoli di meraviglia e ipnotizzandoli all'istante. Ma quello sguardo innamorato si fece ben presto anche famelico e demoniaco, un fedele manifesto di schiavitù verso ogni sensazione che provava; e, con l'ultimo residuo di lucidità, alzò una mano, passò le dita tra i suoi capelli e avvicinò la fronte alla sua. «Devi fermarmi...», soffiò sulle sue labbra, con voce preoccupata, ma con gli occhi di un demone che si redime solo perché troppo stanco per combattere ancora. Ma Summer, un brivido caldo che le attraversava il ventre, accarezzò il suo viso, posò un bacio delicato sulle sue labbra, vissuto con estrema pienezza da entrambi, e infine inclinò lateralmente il capo, in segno di un ennesimo e chiaro consenso.
E il vampiro le avrebbe sorriso di gioia, se qualcosa d'indecifrato non glie lo avesse impedito, costringendolo a cercare nelle profondità del suo stato d'animo il verdetto dei suoi reali sentimenti a riguardo; ma quando si accorse di una goccia di sangue che scivolava lenta sul petto di Summer, preparandosi a macchiare di rosso il candore del suo seno, sentì di esplodere e bruciare per una seconda volta, portando nel rogo ogni possibile chance d'introspezione. E in quegli attimi che gli divorarono la ragione, le uniche preoccupazioni furono cingere i suoi glutei con un braccio, sollevarla da terra, incastrarla al muro, lasciarsi avvinghiare dalle sue gambe e unire le labbra alle sue; e vi era qualcosa nei gemiti che Summer si lasciava sfuggire tra un bacio e un altro, che gli faceva intuire con chiarezza quanto lei trovasse rovente il tocco di quella mano libera, le cui dita affondavano nella sua carne, scorrendo lente e conquistatrici dalla schiena alla coscia. La sollevò ancora e finalmente poté schiudere le labbra sul suo seno, schiacciarlo sotto la propria voracità e impadronirsi di quella punta inturgidita che, sottomessa ad una lingua instancabile, creava fremiti di desideri spinti, che vibravano nel corpo di entrambi, forti e incessanti; ma poi la bocca del vampiro proseguì verso l'alto per purificare la sua pelle da quella provocatoria scia di sangue ed appropriarsi nuovamente del suo collo, e in quel momento Damon si sentì travolgere da un'emozione ancora più estasiante e violenta: una forza spinta dalle tenebre, che si nutriva del proprio autocontrollo con la stessa implacabilità con cui lui si nutriva del suo sangue. E il vampiro era insaziabile. Inarrestabile. Preda di un'estasi fatta di luce e oscurità. E come quei canini appuntiti, anche il basso ventre rivendicava il proprio ruolo, anelando la carne di lei con bramosa urgenza e costringendolo a combattere una difficile lotta contro boxer e pantaloni divenuti troppo stretti. Quell'erezione impossibile da governare sporcava la loro unione spirituale di un desiderio puramente fisico; ed era questo – anche più di quei dolori insistenti – che lo dilaniava senza tregua: che la sua già incontrollabile eccitazione fosse dannatamente amplificata; che volesse fare l'amore con lei e che quel languore gli pulsasse incessantemente nell'inguine, tormentandolo con voglie che non poteva soddisfare. Ma lei era la donna che amava, e Damon non poteva mischiare il bisogno di sangue e di carne quando il fine ultimo era la sua morte, neanche quando questo si traduceva in una sorta di avvilente tortura. Summer ansimava, dimenava i glutei, intrufolava la mano sotto la sua camicia e gli graffiava la schiena; faceva scorrere le dita dell'altra nei suoi capelli corvini e lo pressava su di sé, sul proprio collo; si donava completamente, dandogli l'impagabile sensazione di non avere alcun limite su ciò che poteva farle... E ormai Damon sentiva chiaramente il gelo inesorabile della morte, che si faceva strada sulla pelle della donna che gli aveva ridato la vita: il cuore che le batteva lentamente; gli ultimi suoi pensieri dietro i propri occhi : ricordi di loro due insieme, felici. La stava uccidendo e non riusciva a fermarsi. E, contro ogni tenebrosa aspettativa, non vi era neanche un briciolo di paura nel suo cuore a cui lui potesse appigliarsi per frenarsi. In quel vortice di frenesia, in cui l'amore più puro si scontrava con la passione più oscura, tutto sarebbe finito e ricominciato. E lui avrebbe aspettato il suo ritorno dal regno dei morti, tenendola stretta e al sicuro nel calore di un abbraccio colmo d'amore. Ma poi, in un attimo in cui un altro suo ricordo gli si palesava nella mente, Damon sentì la propria voce, nella mattina seguente la notte d'amore più intensa della sua lunga vita, che pronunciava: “Quindi sei cresciuta in un orfanotrofio... Questo spiega la tua eccessiva devozione alla carica di cacciatrice.”; e poi la voce di lei, in un altro dei loro tanti momenti d'intimità: “Essere una cacciatrice mi ha dato tanto, anzi: mi ha dato tutto; non avevo niente prima di questo.”
E quel cuore che gli batteva frenetico nel petto si arrestò di colpo, gelandogli l'intero corpo. Come poteva ignorare tutto ciò che aveva compreso di lei? Come poteva fare qualcosa di cui si sarebbe pentita? No. Non poteva farlo. Non poteva trasformarla. Non ancora, almeno. E poi... se il sangue di Klaus non avesse funzionato? Se quel poco in circolo nel proprio corpo fosse bastato solo a guarirla, ma non fosse abbastanza per trasformarla? Cosa diavolo stava facendo?, si rimproverò, allontanando le labbra dal suo collo con un gemito che gli fece contrarre l'addome, fino a spezzargli il respiro. E inducendola a rimettere i piedi a terra, sciolse la presa intorno ai suoi fianchi per poi guardarla con occhi umidi di un misto di spavento e pentimento; ma Summer, le palpebre che le si chiudevano stancamente, era troppo debole per accorgersene, e a stento riusciva a capire cosa le stesse accadendo. Il vampiro si morse il polso e – invertendo le loro posizioni – si mise spalle al muro, lasciando che lei posasse il capo sul proprio petto; poi si apprestò a portare il polso alle sue labbra, accarezzandole dolcemente la nuca con l'altra mano, nella speranza che quelle premure avessero il potere di attenuare sia il dolore della sua ferita che il proprio senso di colpa.
E per smaltire rapidamente quel piacere residuo – in una sorta di autopunizione – si appellava ad ogni granello del suo autocontrollo, ma Summer, anche ora che aveva riacquistato le forze, continuava a bere dalla sua carne con una strana voracità, che glielo rendeva ancora più difficile. Soltanto adesso lei si accorgeva che il sangue di Damon aveva qualcosa di diverso, rispetto alla prima volta in cui l'aveva assaggiato. Le sensazioni che le donava erano cambiate nettamente: non più un senso di debolezza e stordimento, ma un vero e proprio piacere che dilagava nel proprio corpo, riscaldandolo in ogni sua fibra. Ed entrambi si sentivano come sostanze fluide che si mescolavano in continuazione... Un piacere dolce e avvolgente che continuava a mettere a dura prova la resistenza del vampiro, che adesso aveva ripreso a boccheggiare, sopraffatto dal nuovo livello di calore che gli lambiva i boxer; ma, quando Summer allontanò il polso dalle labbra, chiudendo gli occhi e affondando maggiormente il volto nel suo petto, lui posò lo sguardo sul suo corpo seminudo – coperto solo da quel minuscolo tanga e da quel kimono che aveva resistito all'impeto, arricciandosi nelle pieghe dei gomiti – e si sentì schiacciato sia dal dolce desiderio di fare l'amore con lei che dall'amara e assoluta certezza che non sarebbe riuscito a trattenersi per l'ennesima volta. Quindi, con mani che faticavano a non tremare, afferrò quella stoffa leggera e la ricoprì quasi fino al collo; poi, con uno sguardo in cui la somma di amore e preoccupazione equivale a una profonda tenerezza, nascose il mento nei suoi capelli e la avvolse in un abbraccio traboccante di dolcezza. Doveva proteggerla da se stesso, e quella di spegnere il fuoco della passione era una soluzione giusta quanto sofferta. Così, normalizzando piano i loro respiri, restarono a lungo fermi in quella posizione.
A tratti, il vampiro temeva che lei potesse sentire il battito del proprio cuore, e lo manifestava con profondi respiri colmi di ansietà; ma, fortunatamente per lui, adesso Summer teneva la nuca poggiata nell'incavo della sua spalla e, soprattutto, era totalmente focalizzata su una serie di pensieri, che però ruotavano intorno ad un'unica domanda: perché Damon non l'aveva trasformata?

«Perché ti sei fermato?», sibilò poco dopo, quasi spaventata dalla propria voce.
E ancora lievemente ansante, il vampiro scosse il capo, guardando fisso di fronte a sé. «Non posso. Non posso farlo senza la certezza di vederti riaprire gli occhi e poi... non è quello che voglio.» E a Summer si gelò il sangue nelle vene, mentre Damon afferrava le sue spalle per guardarla negli occhi e aggiungere: «Non posso essere egoista. Non su questo. Non con te. Se vuoi cambiare ciò che sei... devi farlo solo per te stessa, e in questo momento...», inclinò lievemente il capo, guardandola con dolcezza, «non sarebbe così.»
«Che vuoi dire?», chiese Summer, senza la forza d'incrociare i suoi occhi e col cuore stretto in una morsa di paura.
Le mani del vampiro raggiunsero le sue guance e con delicati movimenti dei pollici vi disegnarono piccoli archi. «Voglio dire... che questa è una scelta da cui non si torna indietro, ed è troppo grande... troppo grande perché io possa portarne il peso da solo...», confessò infine, come se le stesse chiedendo scusa.
E lo sguardo di Summer si spense di colpo, sintomo di una felicità sfumata troppo rapidamente. Afferrò i suoi polsi e li abbassò lentamente, ponendo fine al quel dolce contatto; poi, con un filo di voce che cercava di non tradire il suo turbamento, replicò: «Vuoi dirmi... che non hai mai trasformato nessun altra donna?» E si strinse nella sua vestaglia e si allontanò di qualche passo, perché la tensione non le permetteva di reggere la sua vicinanza.
Il vampiro mise le mani nelle tasche e, con la cadenza veloce e un po' agitata di chi è consapevole di essere stato frainteso, disse: «Certo! Donne di cui non mi importava niente! E neanche per un secondo mi sono chiesto se se ne siano pentite, se abbiano finito con l'odiarmi, se per loro sia stato un dono o una dannazione! Perché non mi interessa e per me non sarà mai un problema!» Poi la guardò con intensità, addolcendo il tono della sua voce: «Ma... credi davvero che possa fare lo stesso anche con te?»
E a Damon venne in mente Katherine. Si chiese se la vampira avesse mai pensato a ciò che gli aveva fatto, ciò di cui l'aveva privato; se avesse mai preso in considerazione i suoi sentimenti o per lei non fosse stato altro che un giocattolo da rendere indistruttibile... eterno. Ma non poteva illudersi di non conoscere quell'avvilente risposta. Vi erano stati momenti in cui aveva desiderato sentirsi nuovamente umano con la nostalgia forte e dilaniante delle possibilità che vengono negate per sempre, ma sotto la schiacciante consapevolezza di essere cambiato troppo anche per poterlo solo immaginare; adesso voleva soltanto che Summer non provasse mai emozioni simili. Ormai conosceva bene i tormenti della sua anima di cacciatrice, e voleva solo che lei desiderasse quella vita esclusivamente per se stessa, così da non potersene mai pentire, qualunque cosa fosse accaduta in seguito; perché Damon stava morendo: adesso finalmente se ne rendeva conto. La fine di quell'idillio aveva portato con sé delle angoscianti consapevolezze. Il pugnale non poteva averlo risparmiato: lo stava uccidendo lentamente. Quella condizione fisica che peggiorava di minuto in minuto non poteva avere altro esito. E se lei si fosse trasformata solo per amore e lui fosse morto poco dopo, l'avrebbe condannata ad una dannazione eterna. Una dannazione che lui conosceva bene. E l'amava troppo per non pensare alle conseguenze delle proprie azioni.
Ma per Summer, troppo tormentata dalle sue insicurezze, quel discorso suonava come un: “Fallo per te stessa perché, quando avrò Elena e non ci sarà più nulla tra di noi, tu continuerai ad essere un vampiro!”. Damon continuava a non essere esplicito e lei continuava a sentirsi seconda; ed ogni cosa aveva il potere di demolire le poche certezze che riusciva faticosamente a conquistare. Adesso tutta la felicità provata si era trasformata nella sua dilaniante controparte. Un dolore che la stava consumando rapidamente. Ed ogni volta che il vampiro le dava una speranza per poi ritrattarla, Summer sentiva che di lei non rimanevano neanche delle misere briciole.
Ciò che le faceva più male era che il vampiro adesso sapesse bene quali erano i suoi sentimenti, eppure sembrava ignorarli ed aggirarli senza curarsi di chiarirli; e proprio per questo, nonostante la sua indole fosse quella di assorbire e soffrire in silenzio, con voce bassa ma soffocata dal risentimento, le fu inevitabile dirgli: «Beh, Damon, per quanto mi riguarda c'è solo una cosa che potrebbe farmela sembrare una dannazione! Ma evidentemente la conosci già! Ed è solo questo a frenarti, nient'altro!», perché dava per scontato che nella sua mente fosse sempre presente Elena, e che fosse stato il pensiero di quest'ultima a frenarlo in tempo, salvandolo da quel “peso che non avrebbe potuto portare”. E tutte le dolci parole che Damon aveva pronunciato prima di morderla adesso non le risultavano altro che una spudorata presa in giro, che infiammava ogni cellula del suo corpo. Ma nella realtà oggettiva – non in quella distorta dalle sue paure – Damon era persino troppo concentrato su di lei, per capire chi fosse il reale destinatario di quell'accusa.
«Si può sapere di che diavolo stai parlando?», domandò quindi, scrutandola con attenzione. Ma Summer, ignorandolo, si diresse verso l'armadio per recuperare dei vestiti; e con mani quasi tremanti di rabbia afferrò un jeans e un maglione, senza neanche guardarli.
«Rispondi», scandì Damon, raggiungendola e afferrando il suo braccio.
«Lasciami, non voglio più parlarne. Hai perfettamente ragione, Damon. Non voglio diventare un vampiro», lo guardò negli occhi, cercando di tramutare il suo dolore in odio, «non ho ragioni per volerlo diventare!», e sperò con tutte le sue forze nel risultato di quello sguardo; ma adesso non ce la faceva più a reggere la sua vicinanza e desiderava solo scappare da lui, quindi scandì un autoritario: «Lasciami!», dal momento che il vampiro non mollava la sua presa. Poi cercò di divincolarsi, ma invano: Damon era troppo forte e troppo ostinato a voler chiarire, per permetterle di allontanarsi.
«No», rispose quindi, con un tono risoluto. «Dovremmo continuare a parlarne invece, perché credo che tu abbia capito ben poco di quello che ho detto», lasciò la presa sul suo braccio, guardandola con serietà, «altrimenti non avresti reagito così...»
Summer contrasse l'addome fino ad emettere un flebile soffio d'aria dalla bocca. Voleva continuare a prenderla in giro? «E come avrei dovuto reagire?», chiese, con una luce di sfida che le brillava negli occhi. «Sentiamo.»
Ma combattere non era nelle intenzioni del vampiro, anzi: voleva soltanto che lei si calmasse; così si armò del suo fascino adorabile e disse: «Beh, se tu avessi capito ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi avresti sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore. E, tanto per la cronaca, dubito che sarei riuscito ad opporre resistenza!». E alla sua conclusione seguì un'occhiata che fece sentire Summer spogliata di ogni indumento come di tutta la sua rabbia, tanto da farle odiare soltanto il fatto di non potergli resistere.
«Bene», appallottolò i suoi abiti e li abbracciò, come se fossero stati l'orsetto di una bambina imbronciata; poi si sedette sul letto e gli dedicò lo sguardo attento di chi davanti ha un avversario a cui tocca la prima mossa. «Ti ascolto...»
Damon si voltò verso la finestra per lasciarsi distrarre dal paesaggio. Mentre lei stava visibilmente ribollendo, lui si sentiva solo divertito e intenerito, e avrebbe voluto sorridere e scuotere la testa, per dimostrarglielo apertamente; ma alla fine tutto si era ridotto ad una mezza increspatura delle sue labbra, per ridare serietà ad un momento che presto ne avrebbe richiesta fin troppa. Così le si avvicinò e, sotto il suo sguardo sorpreso e incerto, le si accovacciò di fronte.
«Tu non vuoi diventare un vampiro...», iniziò, con voce profonda e dolce.
E Summer, in un gesto spazientito, che serviva a placare almeno parte del suo nervosismo, sistemò sul materasso gli abiti che teneva tra l'addome e gli avambracci ed eluse volutamente il suo sguardo. «Eppure non mi sembra di averti fermato», disse, sfregando nervosamente le mani sulle cosce, dall'inguine alle ginocchia, e continuando a guardare ogni cosa fuorché lui.
Ma Damon afferrò le sue mani, con un tocco delicato che le provocò un brivido e che, soprattutto, la obbligò a fare i conti con quegli occhi traboccanti di dolcezza.
«Lasciami finire», ordinò poi, con una risolutezza bonaria, che privò Summer della forza di dire altro. «Tu non vuoi diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il posto di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi.» E Damon si accorse con dispiacere che qualcosa, nell'atteggiamento di Summer, era cambiato all'istante. La cacciatrice aveva irrigidito la sua postura e aveva iniziato a respirare con una cadenza placida e fin troppo controllata. Ma, nonostante questo, Damon continuò con quel discorso che adesso non poteva più interrompere: «Il solo pensiero di non essere più la cacciatrice, di non avere più una missione, un ruolo prestabilito, un'identità di riferimento... ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover ridefinire te stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei adesso e tutto ciò che eri prima di diventarlo...», e il vampiro sperò che quel discorso avesse a che fare solo con lei, e che non toccasse anche se stesso, riferendosi a quel cuore che aveva ripreso a battergli nel petto, «e senti di non esserne pronta.» Inclinò lievemente il capo con uno sguardo al contempo dolce e amareggiato: Summer si era irrigidita maggiormente, il suo volto era così spento da sembrare finto. E Damon sapeva bene che ciò dipendeva dal muro di ostilità che lei stava erigendo prontamente, per proteggersi da quelle parole troppo vere per essere pronunciate; così, continuando ad accarezzare il dorso delle sue mani con dei lenti movimenti dei pollici, cercò di addolcire maggiormente il tono della sua voce: «E questo perché sei piena di stupide insicurezze... che io trovo adorabili», diede un veloce bacio alle sue dita, «ma che prima o poi dovrai affrontare... E io voglio solo che tu lo faccia quando ti sentirai pronta a farlo. Non potrei mai trasformarti in un vampiro, sapendo che non è ciò che realmente vuoi, sapendo che lo fai solo...», e cercò i suoi occhi, sperando inutilmente che lei ricambiasse il suo sguardo, «per quello che provi per me...» E vi fu un attimo di silenzio lungo per lui e insostenibile per lei, che poi venne spezzato dalla conclusione di quel discorso: «Non potrei sopportare di vederti infelice, e soprattutto non potrei sopportare di esserne la causa.»
Damon aspettava una risposta, ma Summer sembrava essersi congelata: la sua era un'espressione priva di ogni emozione, se non addirittura priva della vita stessa.
Erano scuse. Quelle di Damon erano solo scuse, bugie, fantasiose invenzioni, tutto fuorché la verità, pensò. Ed era convinta di ciò in cui credeva, perché era sicura di non avergli mostrato neanche l'ombra di una remota esitazione. Si era concessa a lui senza paura e senza incertezze. Ne era sicura. E adesso Damon si stava solo arrampicando sugli specchi per non dirle la verità: che non era lei la donna che voleva per sempre al suo fianco. Sapeva bene che Damon era consapevole del proprio amore, ma acquisire pienamente quella certezza, sentendola dalle sue labbra, l'aveva ferita con una crudeltà sottile e degradante. “Per quello che provi per me...”, questa frase le riecheggiava nella testa in modo spietato. Aveva suonato una nota unilaterale e umiliante. E l'aveva privata delle ultime forze residue, che le permettevano di reggere quella dolorosa situazione.
«Il tuo discorso è finito?», chiese quindi, con un tono pacato e freddo.
E Damon la guardò con apprensione, contrito per via dell'esito che avevano avuto le sue parole. «Summer...», sussurrò flebilmente. Quel discorso aveva toccato i suoi nervi scoperti, ne era certo, e Damon si sentì tremendamente in colpa per aver portato a galla ciò che evidentemente lei non era ancora in grado di affrontare.
«Bene», Summer si alzò, afferrando nuovamente i suoi vestiti, «perché ne ho abbastanza.»
E il vampiro si rimise in posizione eretta, seguendola con lo sguardo e pronunciando nuovamente il suo nome, questa volta in maniera più udibile e come una sorta d'incitamento a restare. Ma questo non fece altro che innescare la rabbia di Summer, inducendola a voltarsi verso di lui per dirgli: «Complimenti, Damon. Sei stato davvero bravo a improvvisare queste massime di psicologia spicciola per girare intorno al vero problema, i miei complimenti! Ci vuole davvero molta fantasia per riuscirci!» E sebbene non avesse urlato, la potenza mancata di quelle parole le era scoppiata nel petto, costringendola ad un respiro affannato.
Damon le si avvicinò, afferrando nuovamente il suo braccio. «Ok, allora ripetilo, dimmi che sbaglio. Ma questa volta guardami», suggerì con serietà, visto che lei continuava a non degnarlo di uno sguardo. Ma per Summer tutto ciò che lui diceva non era altro che un'invenzione, un agglomerato di patetiche scuse, col vile intento di scaricare la colpa su di lei. Non poteva esserci nulla di vero! Cosa poteva saperne lui di cosa rappresentava per lei essere la cacciatrice, quando neanche lei stessa lo sapeva? E se non riusciva a guardarlo negli occhi per più di un istante era solo per evitare che delle lacrime la tradissero. Ma questo aveva a che fare solo con i suoi sentimenti per lui. Sentimenti che a lui non importava di calpestare. Nient'altro! E in quel momento, un ricordo le abbagliò la mente, portando con sé altro, intollerabile dolore.
Il fuoco del camino che illuminava il salotto. Damon seduto sul tappeto, la sua schiena poggiata al divano. Lei inginocchiata tra le sue gambe.
“Le hai mai detto quello che provi per lei?”
“Due volte...”
Troppi secondi di silenzio.
“Sto aspettando maggiori dettagli...”
Lui che respirava profondamente, l'amarezza ad adombrare il suo volto.
“La prima volta gliel'ho fatta dimenticare e la seconda... è stata la classica confessione sul letto di morte.”

E quando la mente di Summer ritornò al presente, tutto era divenuto ancora più oscuro ed opprimente. Due volte. Le aveva detto che l'amava due volte. Adesso capiva ogni cosa. Damon voleva rendere chiaro che Elena sarebbe stata sempre la prima: era per questo che, quando si trattava di lei, a quel “ti amo” poteva soltanto girarci intorno, senza mai poterlo pronunciare apertamente, pensò, preda di una visione contorta delle cose e mentre il petto le si stringeva dolorosamente, impedendole di respirare.
«Lascia che te lo chieda di nuovo», disse con calma, sfidando i suoi occhi con la forza vuota della rassegnazione e il triste scudo dell'ironia, «il tuo illuminante discorso è finito?» E si sentiva stanca, sfibrata, priva di ogni goccia di vita. L'unica cosa in cui sperava era un'acida risposta conclusiva, che ponesse fine a tutto. Voleva allontanarlo per poter riprendere a respirare regolarmente e pensare a tutto meno che a lui. Ma la reazione del vampiro fu anche peggiore di quella che immaginava, perché, lasciando la presa sul suo braccio e allargando le proprie, questi sbottò un: «Cos'altro dovrei dirti?!», con un tono sfinito, che risuonò inevitabilmente brutale.
Damon non riusciva a capire dove sbagliava, ma quando ascoltò il suo flebile «Niente» di risposta, seguito dagli occhi che le diventavano lucidi e il labbro inferiore che le tremava lievemente, capì ogni cosa... e si sentì uno stupido.
«Non devi dirmi niente», aggiunse subito dopo, sorridendogli per non piangere, e mentre il petto del vampiro si stringeva fino a fargli male. Poi si congedò rapidamente, chiudendosi in bagno, sotto lo sguardo smarrito di lui, che in quell'attimo non era riuscito a reagire. Come aveva fatto a non capire che tutto si riduceva a quelle tre parole? Come aveva fatto a non capirla? Come diavolo faceva a farla soffrire anche quando ce la metteva tutta per essere una persona migliore? Eppure, Damon era certo di ciò che le aveva detto. Non poteva essersi sbagliato: il suo astio derivava soprattutto dal non riuscire ad accettare quella verità, ne era sicuro... Si avvicinò alla porta del bagno, l'avambraccio destro sullo stipite, la fronte su di esso, e la mano sinistra sulla maniglia. Doveva solo fare una leggera pressione ed entrare. Dirle che l'amava. Dirle che era una stupida insicura. Dirle che aveva dovuto combattere con tutte le sue forze per non essere egoista e non farla sua per sempre. E poi? La mano che stazionava sulla maniglia aveva iniziato a tremare visibilmente e la vista gli si era ridotta ad un ammasso di puntini colorati, che gli ronzavano davanti agli occhi, fastidiosi ed insistenti. Se avesse aperto la porta in quel momento, probabilmente non sarebbe riuscito neanche a vederla. Cosa avrebbe dovuto dirle? Ti amo, ma non esserne troppo felice perché sto morendo?
E, mentre la mano scivolava via dalla maniglia, arrendendosi alle sue paure, si rendeva conto che infliggerle quel silenzio non era corretto, alla pari di quanto sentiva di non poter fare nulla di diverso: per adesso la preferiva chiusa in quel bagno a piangere perché lo considerava uno stronzo, piuttosto che tra le sue braccia a piangere perché era prossimo alla morte. Non era ancora pronto per quello... E il rumore della porta d'ingresso lo liberò almeno in parte dai sensi di colpa, inducendolo ad uscire da quella stanza, resasi testimone di come un amore come il loro può sfiorare le vette del paradiso e sprofondare nell'inferno, nel lasso di un semplice tramonto.
Pochi passi fuori, Damon vi trovò la strega, col suo sguardo attento e indagatore, ma la solita aria perennemente serena.
«Allora? Trovato un modo per localizzare Klaus?», le chiese, col tono seccato di chi parla invogliato dalla sola circostanza.
Lily fece una leggera smorfia con la bocca, poi disse: «A dire il vero no...»
«Beh, togliti pure quel muso lungo dalla faccia. Per quanto mi riguarda non ci speravo più di tanto nella tua utilità.» E detto questo il vampiro, le mani nelle tasche, la oltrepassò dandole le spalle.
Lily si voltò per guardarlo e chiedersi cosa ci trovasse Summer in un tipo così arrogante, soprattutto dopo aver avuto un fidanzato come J.D., che impersonava cordialità e solarità come nessun altro. Ma poi ingoiò quel boccone di scortesia e lo chiamò, fermando la sua avanzata verso la rampa e facendolo girare. «Volevo chiederti scusa», gli si avvicinò, estraendo dalla borsa la bottiglietta contenente il sangue di Klaus, «sono stata io a prenderla. E mi dispiace. Devo averti fatto vivere dei momenti terribili.» Nonostante la sincera gentilezza, alimentata dalla gratitudine per aver salvato Summer, Lily gli porse quella boccetta, sperando unicamente che lui la afferrasse, sfiorando la sua mano: i suoi dubbi su di lui erano ancora forti, ma visto che la calma era la sua principale virtù, avrebbe tentato un paio di volte con le buone, prima di immobilizzarlo con i suoi poteri e distruggere il suo snervante ego una volta per tutte.
Ma il vampiro, infastidito soprattutto da quella parlantina smielata, che aveva rievocato il momento più angoscioso della sua vita con una semplicità imperdonabile, la scrutò di sbieco, dicendo: «Il tempismo non è il tuo forte, messaggio ricevuto.» Poi il suo sguardo cadde sulla boccetta e aggiunse: «E quella puoi rimetterla dove l'hai trovata.» Se la strega pensava di fregarlo, sbagliava di grosso! Toccarla era l'ultima cosa che avrebbe fatto al mondo, ora più che mai. E si voltò, dandole nuovamente le spalle, per poi sentire con sollievo il rumore dei suoi passi arrendevoli, che si dirigevano verso la stanza di Summer. E quando udì anche il rumore della porta, Damon si sentì finalmente libero di poggiarsi alla parete: la testa aveva iniziato a girargli vorticosamente, rendendo la sua discesa al piano terra qualcosa di arduo e faticoso.
Si diresse verso il salotto quasi barcollando, e lì si sedette sul divano, passandosi ripetutamente le dita tra i capelli. Comprimere le tempie gli donava brevi attimi di sollievo a cui non poteva rinunciare. E solo parecchi minuti dopo riacquistò quel minimo di forze necessario a farlo rialzare e fargli versare dello scotch nel bicchiere. Ma nell'attimo dopo aver sollevato la bottiglia, questa finì fragorosamente a terra, e Damon ebbe giusto un altro istante di tempo per raggiungere la cucina, prima di vomitare sangue nel lavello e sentirsi morire. Si sentì gelare, iniziò a tremare ed ogni cosa si perse nel buio...





Nota Finale:
*Battuta di Damon, di non so quale episodio xD
OK, come sempre può sembrare che Damon non ci abbia capito una mazza, ed invece vi assicuro che è proprio il contrario: il suo problema è che capisce anche troppo.
E sono felice che il prossimo (ultimo) capitolo lo riscatti pienamente.
Spero di non essere stata volgare, ma so di aver calcato un po' la mano e quindi metto in conto possibili lamentele xD Tutta colpa di Alice, non mia ù.ù È stata lei a provocarmi xD E sono felice che l'abbia fatto perché queste due teste di provola mi mancheranno da morire, e sono felice di aver fatto il pieno di loro in questo capitolo^^ ***Alice In The Heart!!!***
Per il resto, Lily sarà il personaggio chiave del prossimo capitolo. E la nostra stracazzutissima strega ci mostrerà di che pasta è fatta!!! ù.ù Oh yeah!!!
Già so che questo mio blocco del Fanwriter mi darà la morte, ma ce la metterò tutta per pubblicarlo quanto prima. È una promessa.
Ringrazio le poche lettrici volenterose arrivate fin qui^^ e spero che il solito capiro non vi abbia annoiate.^^
Una raffica di baci!!!!
Alla prossima!!!:*:*:*






  
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