Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: Valeriagp    17/02/2013    11 recensioni
Attenzione! Spoiler sulla 5a Stagione.
Merlin ha cercato Arthur ogni momento delle sue innumerevoli vite. Ormai rassegnato a non vederlo mai più, un viaggio in Metro gli cambierà la vita.
Primo capitolo ispirato ad una fic breve letta su Tumblr mesi fa, di cui purtroppo non ho mai più trovato l'autore.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Merlino, Parsifal, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Years and Back'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Morgana era molto soddisfatta di come era andato l’incontro con Nimueh. Era stato estremamente facile trovare ciò che voleva: tutto ciò che di più caro c’era nei cataloghi, lei l’aveva scelto. Questo non poteva che rallegrare Morgana. Alla fine le aveva staccato un assegno di un’enorme cifra, e piena di sorrisi e riverenze se n’era andata.


Avevano fissato la data del party per il sabato successivo, quindi Morgana aveva poco tempo per organizzare tutto. Doveva mettersi subito a lavoro.


Mordred si era alzato dalla sua sedia alla scrivania e stava raccogliendo i cataloghi scartati durante l’incontro, che erano finiti un po’ ovunque.

Chiese a Morgana: “Allora, che ne dici di lei?”

“Cosa posso dirne... E’ una persona interessante, ricca sfondata e molto viziata ma molto acuta e che sa esattamente cosa vuole. E c’è qualcosa in lei... non saprei descriverlo, ma ha qualcosa che me la fa sentire in qualche modo familiare...”


“Forse sarà la marca delle vostre scarpe firmate!!” rise Mordred. Poi aggiunse: “No, seriamente... ho notato anche io questo qualcosa di cui parli. Però sono sicuro di non averla mai vista prima. E’ più una sensazione... come se qualcosa dentro di lei fosse affine a me. Un richiamo. Non saprei descriverlo...”

“Ho capito cosa vuoi dire, e l’hai descritto perfettamente. Beh, nei prossimi giorni saremo molto a contatto con lei, magari riusciremo a capirci qualcosa in più!” concluse Morgana.


I due si misero a rianalizzare quanto deciso per il party di Nimueh, a cui mancavano solo 3 giorni. Era una festa di beneficienza di altissimo livello, in cui gli invitati per entrare pagavano un biglietto di 500 Sterline, che andavano in supporto di un’associazione caritatevole di Londra. Erano previste almeno 200 persone, fra cui dei grossi nomi dello spettacolo e della politica inglese.


Si erano fatte quasi le 20.00 nel frattempo. Morgana decise che aveva bisogno di riflettere su quello che avrebbe dovuto fare nei giorni successivi, quindi disse a Mordred: “Stasera non cenerò con te, Mordred... chiederò alla cuoca di portarmi un panino in camera e starò un po’ da sola. Ho bisogno di ragionare sulla festa, deve essere un evento assolutamente indimenticabile!”


Mordred rispose: “Ok sorellona, non ti preoccupare, mi arrangerò anche io come te. Tanto devo finire di studiare. Vai pure in camera tua, dirò io alla cuoca di portarti il panino e avviserò tutti che non ti disturbino!”

“Sei davvero un bravo ragazzo, Mordred, e sai che ti adoro no?”

Morgana abbracciò suo fratello e gli diede un bacio su una guancia, ringraziandolo.


Si diresse verso la sua stanza, attraversando i lunghi corridoi che percorrevano la casa.

O meglio la mansione... aveva decine di stanze, raramente usate in realtà. Quella casa era stata l’eredità dei suoi genitori, e per anni, finché Morgana non aveva ideato il business del catering, la maggior parte degli ambienti della casa erano rimasti inutilizzati.


Ora almeno due volte al mese, i saloni del piano terra venivano affittati per party ed eventi, per cui l’azienda di Morgana offriva tutti i servizi annessi, fra cui ristorazione, camerieri, e a volte anche vari tipi di animazione, dalla concertistica alla serata strip-tease. Quello che i clienti volevano, ottenevano.


Morgana era molto soddisfatta di essere riuscita a costruirsi un piccolo impero nel suo campo; la sua vita sarebbe stata completa se solo non avesse avuto il sospetto che qualcosa le sfuggiva... era una sensazione, molto impalpabile, di incompiutezza, simile alla sensazione di star dimenticando una cosa importante e non capire cosa sia. In certi giorni era molto lieve, ma quel giorno per esempio, era predominante nella sua testa.


Arrivò in camera sua, e come varcò la soglia, si tolse le scarpe buttandole in un angolo, e procedendo verso il bagno, tolse in rapida successione giacca, camicia, gonna, calze, reggiseno e slip. Aprì l’acqua della doccia e si buttò sotto il getto ancora freddo, lanciando un piccolo urlo in reazione alla sensazione sulla sua pelle. L’acqua si scaldò e godette del tepore, ed iniziò a lavarsi viso, corpo e capelli. Faceva sempre così alla fine di una giornata lunga ed impegnativa: l’acqua ghiacciata aveva il potere di schiarirle le idee, e la successione con quella calda le rilassava i muscoli tesi e stanchi.


Morgana concluse la sua doccia e, ancora avvolta nell’asciugamano, si appoggiò sul letto per riposare un attimo le gambe stanche dall’aver portato tutto il giorno i tacchi.


Si assopì...


Era in un salone di un enorme palazzo, seduta ad un tavolo lungo di legno massiccio. Sembrava essere ad un pranzo o una cena. Con lei c’erano due persone: un uomo di circa 50 anni, di bella presenza, con una  vecchia cicatrice che gli attraversava la fronte, e i capelli grigi. Un’aria di autorità lo pervadeva. Eppure guardava verso Morgana con dolcezza, con un grande affetto negli occhi.


L’altra persona che era con lei a tavola era un ragazzo biondo, apparentemente suo coetaneo, che le sorrideva in modo irriverente ma affettuoso. I due uomini stavano parlando di qualcosa che aveva a che fare con alleanze e  regni, e Morgana non capiva che cosa significasse ciò che dicevano.


Abbassò gli occhi e vide che indossava un abito di seta color indaco, con dei ricami dorati sulla profonda scollatura, ed uno strato superiore di tulle verde acqua unito alle maniche dell’abito stesso. Era bellissimo. Morgana rimase per qualche momento a fissare l’abito, sfiorando i tessuti che lo componevano, come ad ammirare quella meraviglia. Il ragazzo biondo disse: “Morgana, ti sei di nuovo addormentata in piedi?”


Morgana alzò la testa di scatto a occhi sbarrati al venir chiamata col suo nome: fino a quel momento infatti aveva avuto la sensazione di essere nel sogno di qualcun altro, visto che non era assolutamente familiare con quella gente e quei posti.


Cercando qualcosa da dire, la donna rimase per un secondo a fissare il biondo davanti a lei che la guardava sorridendo, fino a quando entrò trafelato un altro giovane: moro, dagli occhi chiari, e con delle ridicole orecchie a sventola, che iniziò a blaterare qualcosa sull’essere in ritardo, e che si scusava.... fin quando il giovane alzò gli occhi e fissò Morgana nei suoi.

In quel momento la donna ebbe una fortissima sensazione di familiarità, e contemporaneamente di odio...


“EMRYS!!!” Morgana si svegliò urlando quel nome che le era del tutto sconosciuto, e ansimando si rese conto che dentro di sé provava un odio viscerale nel confronti di quel giovane di cui non conosceva l’identità.

Non aveva idea di chi fossero le persone che aveva appena visto, ma qualcosa le diceva che non poteva essere un semplice sogno...


-----


Il pomeriggio era stato molto meno eccitante della mattinata. Qualcosa era scattato in Arthur, fra lo scherzo della frutta e la questione del quadro, per cui era diventato molto distante e distaccato. Merlin era depresso e soprattutto non riusciva a capire... era stato davvero così evidente, quanto fosse rimasto colpito dalla vicinanza di Arthur e dalla scoperta del dipinto, da giustificare il fatto che Arthur provasse repulsione nei suoi confronti? E il quadro in camera di Arthur cosa mai significava? Merlin aveva forse frainteso tutto?


Non poteva credere che lo avesse ritrovato da poche ore, si sentiva come se non si fossero mai allontanati dai tempi di Camelot. Eppure, ora erano di nuovo distanti... nella stessa stanza, ma non si guardavano mai negli occhi.


Il clima era cambiato drasticamente dopo il pranzo, anche per gli altri. Erano tutti molto silenziosi, Leon stava in disparte con Arthur, ma non parlavano. Gwaine era seduto accanto a Merlin, e Percival sul divano accanto, ma neanche loro parlavano.


Stavano guardando la televisione, c’era una partita di calcio che tutti fingevano di seguire, anche se in realtà a nessuno di loro interessava. Era un’ottima scusa per non dover fare conversazione però, ed evidentemente a nessuno di loro andava di aprire bocca. Fecero un altro ordine, stavolta al ristorante cinese, per cena, e mangiarono di nuovo tutti in silenzio.


Erano quasi le 21.00, quando Gwaine si alzò di scatto urlando “Cazzo! cazzo cazzo...”

Prese il suo telefono dalla tasca, e fece immediatamente una chiamata: “Sylvia? Si, sono io. Si, scusami, ho avuto un imprevisto, non riuscirò a venire alla cena. No, stai tranquilla, va tutto bene. Ci sentiamo domani. Scusami ancora.”


Chiuse la chiamata e aggiunse: “Avevo una cena con la mia agente questa sera... ma ho completamente dimenticato di avvisarla che non ci sarei andato...”

“Agente?” Disse Leon. “Perché scusa, che lavoro fai?”

Gwaine sfoderò uno dei suoi sorrisi patentati - anche se non raggiungeva i suoi occhi, che rimanevano tristi - e disse: “Sono un fotomodello. Ho appena vinto un contratto con una grande casa di cosmetici, e stasera dovevamo festeggiare, io, Sylvia la mia agente e.... oh cazzo! Elena!”


Riprese in mano il telefono che nel frattempo aveva rimesso in tasca, e fece un’altra chiamata.


“Tesoro! Si, ciao!” Gwaine fece una faccia infastidita e scostò il telefono dall’orecchio... dall’altoparlante si sentiva una voce femminile che urlava. Gwaine continuò: “Ti prego, scusami amore, è stata una giornata molto complicata! Si hai ragione... hai ragione” Scostò di nuovo il telefono dall’orecchio. “Avrei dovuto avvisarti! Si... è che stamattina ho incontrato alcuni vecchi amici... Ho detto amici, non amiche! No.. stai tranquilla... Ti ho detto STAI TRANQUILLA!”


Gwaine alzò la voce, evidentemente questa ragazza era molto gelosa di lui. In tutto ciò, Leon e Arthur guardavano Gwaine sorridendo sotto i baffi, probabilmente perché era strano vederlo in una situazione in cui dovesse rendere conto a qualcuno, lui che era sempre stato uno spirito libero.


La cosa strana era Percival: guardava fisso davanti a sé, ed evitava decisamente di guardare Gwaine. Ed era serissimo. Che strano...


-----


Percival era sottosopra a causa della chiacchierata sulla terrazza, e del bacio che si erano scambiati lui e Gwaine subito dopo. Avere fra le braccia il suo amico, sentire le sue braccia attorno a sé, la sensazione dei suoi capelli fra le dita e delle sue labbra sulle proprie, lo aveva inebriato: per tutti gli anni che erano seguiti alla sua morte, Percival aveva attraversato la vita come in transito.


Si era reso conto troppo tardi di cosa significasse per lui quell’uomo, di quanto imprescindibile dalla vita di Gwaine fosse la sua esistenza. Se ne era reso conto solo dopo averlo perso. In certi momenti aveva pensato di andarsene da Camelot, perché l’assenza dell’uomo che si era reso conto di amare era troppo pesante da sopportare, in quei corridoi e quelle sale in cui per lui ancora aleggiava la presenza di Gwaine.


Ma se rinnegava il giuramento fatto ad Arthur, e quindi la sua fedeltà alla Regina, non avrebbe avuto più nulla per cui vivere. Tanto valeva morire. Tanto valeva combattere per il Regno, e se fosse morto lottando, almeno la sua vita sarebbe servita a qualcosa.


Ora ricordava il momento in cui, nella battaglia contro i Sassoni fuori dalle mura della cittadella, era stato trafitto dalla spada del capitano avversario: il dolore fisico che provò si accompagnò, nei brevi istanti prima della sua morte, al sollievo di non dover più soffrire per l’assenza di Gwaine.


Il modo in cui il suo amico aveva ricambiato il suo bacio quella mattina, aveva convinto Percival che Gwaine provava quello che provava lui. Eppure era scappato, subito dopo, dicendo che non poteva, non così. Prima aveva parlato di una fidanzata, e Percival immaginava che si riferisse al fatto che non voleva lasciare questa Elena, o forse non riusciva a conciliare con le sue vite da donnaiolo l’idea di pensare ad un altro uomo in quel modo.


Nemmeno Percival aveva mai avuto relazioni con altri uomini. Donne si, ne aveva avute, ma nessuna era mai stata importante.

Eppure non pensava a Gwaine in termini di uomo... per lui era un’anima, l’anima che lo completava, e che lui amava più della sua vita stessa. Che fosse un uomo o una donna era irrilevante.


Sperava sinceramente che prima o poi Gwaine avrebbe cambiato idea su di lui, ma non lo avrebbe mai spinto a farlo. Se non poteva averlo come amante e compagno di vita, lo voleva comunque come amico. Non avrebbe permesso che i suoi sentimenti gli facessero perdere la loro amicizia.


Quindi, rispettava la scelta di Gwaine, e l’avrebbe rispettata sempre. Non avrebbe mai più imposto le sue intenzioni al suo amico, e avrebbe fatto di tutto per stargli comunque vicino. Ma vederlo parlare al telefono con lei... lo feriva. Era inutile negarlo. Lo faceva star male pensare che era lei, la sera, a dormire nel suo letto e a fare l’amore con lui. Era Elena, e non lui, a svegliarsi la mattina e a vedere i raggi del primo sole illuminare il viso di Gwaine, che quando si svegliava aveva quell’espressione buffa e vagamente sperduta che lo aveva sempre divertito.


Da come stava andando la telefonata, si evinceva che questa Elena era molto gelosa di Gwaine, e lui poteva capirla: si sentiva allo stesso modo. Solo che lui era dall’altra parte... era quello che lo vedeva andar via, e che da ora in poi avrebbe dovuto sopportare la sua mancanza quando si fossero allontanati.


Ma se ne sarebbe fatto una ragione, godendo della vicinanza di Gwaine quando si fossero visti da allora in poi, e sperando che, un giorno, lui cambiasse idea e decidesse di dargli una chance.


-----


Gwaine non ci poteva credere. Era al telefono con Elena, e lei stava facendogli una delle sue scenate. Era vero che non si faceva sentire da ore, e che praticamente non l’aveva avvisata che non sarebbe stato alla cena (in verità si era proprio dimenticato della cena, con tutto quello che era successo). Però non poteva credere che di tanti momenti, lei avesse scelto proprio quello per scatenare la sua ira su di lui.


Gwaine pensò a quello a cui stava rinunciando, per rimanere con lei, per il suo senso di lealtà nei confronti della sua fidanzata, e ne fu molto infastidito.

Aveva sempre odiato quelle scenate: era vero che nel suo passato c’erano state decine di donne, ma secondo lui, il fatto che con lei avesse deciso di rimanere, e di costruire una vita, avrebbe dovuto avere un significato. Lei sembrava non coglierlo.


Nel suo passato, anche in virtù del suo lavoro, c’era stata una miriade di donne bellissime che per lui avrebbero fatto di tutto. Ed era stata proprio Elena invece a colpirlo, al punto da farlo innamorare di lei. Era una donna indipendente, che era in grado di prendersi cura di sé stessa e che stava con un uomo perché lo voleva, e non per evitare di stare da sola.


Non era una modella, e sebbene bella, non si poteva dire che fosse esteticamente perfetta, come lo erano state certe sue ex. Eppure erano proprio i suoi piccoli difetti - fisici e non - che in un primo momento avevano colpito Gwaine.

Il problema è che i piccoli difetti, dopo anni di convivenza, erano cresciuti e diventati grossi difetti, specialmente quelli caratteriali. Per carità, Gwaine sapeva che anche lui era una persona difficile con cui vivere, però lei a volte lo faceva talmente infuriare con le sue scenate e i suoi scatti di ira, che più di una volta Gwaine aveva fatto le valigie ed era andato a dormire da qualche amico.


Avevano sempre fatto pace, visto che si volevano davvero bene, ma il dubbio sulla loro compatibilità rimaneva. Allora Gwaine aveva deciso di prendere il toro per le corna, e le aveva chiesto di sposarlo, sperando che la promessa di vivere con lei per il resto delle loro vite la convincesse finalmente che era con lei che Gwaine voleva stare. Peccato che non stesse funzionando.

Dopo qualche altro minuto di telefonata in cui Gwaine cercava di calmare le ire di Elena, e di non agitarsi troppo a sua volta, acconsentì controvoglia a raggiungerla a casa al più presto, come lei voleva.


Gli pesava moltissimo dover lasciare i suoi amici, ma sulla terrazza aveva preso una decisione, ed era convinto di continuare a mantenere la sua promessa. Nonostante il suo cuore dolesse quasi insopportabilmente.


Finalmente concluse la chiamata, e con un’aria da cane bastonato disse: “Ragazzi, mi dispiace molto ma devo andare. Sapete, Elena...”

Percival alzò lo sguardo per un istante - e Gwaine aveva notato che era tutta la sera che lo evitava - poi lo riabbassò con un’espressione sofferente.


-----


Arthur disse: “Devo confessarti, Gwaine, che vedere te che ti pieghi davanti alla volontà di una donna è quello che più mi ha sconvolto oggi!! Ed è tutto dire, visto quello che è successo in questa giornata...” Poi aggiunse: “Scusa, non volevo offenderti. Fai bene... Vai pure. Prima di separarci però, credo sarebbe il caso che ci scambiassimo tutti i nostri numeri di cellulare così da poter rimanere in contatto nei prossimi giorni. Appena avrò notizie di Mr.Williams...”


Giusto in quel momento, mentre Arthur estraeva il suo telefono dalla tasca dei jeans, questo squillò. Arthur sgranò gli occhi e disse: “E’ assolutamente uno stregone!” e poi rispose alla chiamata.

“Buonasera Williams. Si, mi dica... Ok ci saremo. Ah, grazie per gli operativi che mi ha mandato, sono assolutamente d’accordo con le sue scelte. D’accordo. Allora ci vedremo domani con il suo assistente alle 12.00. La ringrazio.”


Arthur attaccò e alzò gli occhi: “Domani alle 12.00 abbiamo tutti un appuntamento con l’assistente di Mr.Williams. Vi manderò per messaggio il luogo. Fate in modo di esserci, ok?”

I cinque ragazzi si scambiarono i numeri di telefono - Arthur pensò fra sé e sé che era emozionante avere il numero di telefono di Merlin - concordando che la tecnologia propria di questo secolo era sicuramente una gran comodità, rispetto ai messaggeri dei tempi antichi.


Gwaine allora prese la sua giacca e si avviò verso la porta, ma prima di uscire si girò per un istante e guardò ognuno di loro negli occhi. Ad Arthur sembrava che stesse davvero soffrendo a doversene andare, e che li guardasse come per imparare a memoria di nuovo i loro volti, e convincersi che non fosse stato tutto un sogno.


Leon e Percival chiesero ad Arthur se fosse un problema che rimanessero a dormire da lui, visto che comunque, su direttive di Williams, si sarebbero presto trasferiti lì al quartier generale, in modo da essere sempre pronti per ogni eventualità.


Arthur ovviamente acconsentì, il pensiero di avere vicini i suoi amici nonché fidi cavalieri lo rendeva molto felice.

Chissà se anche Merlin.... ma cosa pensava. Lui era sicuramente imbarazzatissimo per quanto era successo nel pomeriggio, e di certo avrebbe preferito non fermarsi lì.


In effetti, a quel punto Merlin iniziò a diventare irrequieto, guardandosi intorno come a cercare una via d’uscita. Fu allora che Arthur decise di tagliare la testa al toro e disse: “Merlin, tu che pensi di fare stasera?”

Merlin, evidentemente preso alla sprovvista dalla domanda, sgranò gli occhi e aprì e chiuse la bocca un paio di volte, come a voler dire qualcosa. Alla fine, quello che uscì dalla sua bocca fu solo: “Ehm... torno a casa, grazie. Devo... ho una cosa urgente da fare.”


Arthur incassò la cocente delusione con stile... fece finta di niente, e sorrise all’amico, dicendogli: “Bene, come preferisci. Allora ci vediamo domani alle 12.00”, di fatto incoraggiando Merlin ad andarsene il prima possibile. Ok che aveva sopportato la delusione con una notevole calma, ma in cuor suo stava davvero soffrendo. Se aveva bisogno di una conferma sullo stato d’animo di Merlin nei suoi confronti, beh, l’aveva appena avuta.


Merlin afferrò la sua giacca in fretta e furia, e di fatto scappò da casa di Arthur, salutando velocemente i tre amici rimasti.


Che situazione sgradevole, pensò Arthur.


-----


Merlin si perse per qualche minuto ad osservare Percival che guardava Gwaine mentre parlava al telefono: aveva un’aria davvero triste, ma nei suoi occhi si leggeva il grande affetto che provava per il loro amico. Forse era più che affetto fraterno? Non aveva coraggio di chiedergli nulla a riguardo, almeno non stasera. Non era evidentemente il momento.


Gwaine terminò la sua telefonata e disse che se ne sarebbe andato, e Percival sembrò diventare ancora più triste. Decisamente più che affetto fraterno, quindi. Ed evidentemente non ricambiato. Si ritrovò a compatire Percival, visto che era anche lui nella stessa situazione. Gli avrebbe parlato presto.


Mr. Williams telefonò, e diede loro appuntamento al giorno dopo. Gwaine andò via, con un’espressione che ricordava molto quella di Bambi, e Leon e Percival dissero ad Arthur che sarebbero rimasti a dormire lì.

Merlin si ritrovò a pensare a quanto sarebbe stato bello dormire di nuovo sotto lo stesso tetto con Arthur, e poi la sua mente fantasticò su come sarebbe stato dormire nel letto di Arthur, abbracciato a lui, pervaso dal suo odore e....


E a quel punto Arthur gli chiese cosa aveva intenzione di fare. Merlin si risvegliò dal suo sogno ad occhi aperti e non seppe rispondere, perché lui aveva tutte le intenzioni di prendere Arthur e portarlo a letto... ma forse non era quello il senso della domanda di Arthur.

Andò nel panico, e si difese nell’unico modo che conosceva: scappando dalla verità. Disse che aveva da fare e sarebbe tornato a casa. Prese la sua giacca e di fatto fuggì da lì, con la coda fra le gambe.


Scendendo incontrò l’agente di guardia, che non era lo stesso che era lì quella mattina. Lo salutò con un cenno, e lui annuì. Uscì dal portone, e trovarsi all’aria aperta schiarì i suoi pensieri: si convinse che non era possibile che avesse frainteso tutto. Arthur quella mattina gli aveva detto delle cose che non poteva dimenticare, alcune delle quali suonavano molto come una dichiarazione di affetto profondo nei suoi confronti.


Era sicuro che Arthur quel pomeriggio fosse solo frastornato da quello che era successo, ma che le cose fra loro si sarebbero sistemate, e con questa piccola speranza nel cuore andò a prendere la Metro.


-----


Arthur era a letto, ma non riusciva a chiudere occhio. Troppe cose a cui pensare, troppe sensazioni che aveva soppresso per tutta questa vita. Merlin... il suo pensiero continuava a tornare a lui, e al fatto che avrebbe potuto raggiungerlo in ogni momento, ora che aveva il suo numero. Un paio di volte prese anche il telefono, pronto a fare il suo numero e a chiamarlo, o almeno a mandargli un messaggio. Ma non lo fece, non riusciva a decidere cosa dirgli.


Proprio quando stava per alzarsi e mettersi a vedere un film, visto che tanto il sonno non arrivava, il suo telefonò suonò. Un messaggio. Arthur lo lasciò quasi cadere a terra quando vide il mittente: Merlin.


Tutto ok? - M


Il biondo guardò lo schermo per qualche secondo prima di decidere cosa rispondere. Era una domanda così generica ma in fondo era un gesto di apertura nei suoi confronti, quindi Arthur si impegnò per non sprecare l’occasione.


Certo, perché non dovrebbe essere ok? - A


Non so, oggi pomeriggio sei stato strano... o meglio, più strano del solito :) - M


Senti chi parla... Avrai detto sì e no 4 parole in 3 ore! - A


Quindi mi stavi osservando, e le hai contate? - M


Arthur arrossì furiosamente, aveva scoperto le sue carte troppo presto! Ora Merlin sarebbe di nuovo scappato.

Invece arrivò un altro suo messaggio.


E’ surreale mandare SMS al Re del Passato e del Futuro. - M


Arthur scoppiò a ridere, perché effettivamente era abbastanza assurdo pensare di scrivere SMS a Merlin!


Cosa dovrei dire io, che sto scrivendo SMS al più potente stregone che abbia mai camminato su questa Terra? - A


Arthur immaginò per un momento il sorriso di Merlin in risposta a quel messaggio, e il suo cuore si riempì di gioia a quel pensiero.

Scrisse lui un altro messaggio.


Sei arrivato a casa? Con il tuo senso dell’orientamento, non mi stupirei se fossi finito a Cardiff. - A


Ehi, ricorda che io ho il GPS incorporato! Come pensi che siamo usciti dalla Foresta Impenetrabile? - M


Ok, ok. Non ti offendere, vecchietto :D - A


Te lo faccio vedere io il vecchietto... aspetta solo che ti abbia sotto mano... - M


Arthur lesse il messaggio e deglutì sonoramente. Poteva essere letto come un doppio senso, e ovviamente il cervello di Arthur decise di vedere solo quel senso. E Arthur non potè fare a meno di immaginare Merlin qui, accanto a lui, che lo immobilizzava e faceva di lui quel che voleva...

Arrivò un altro messaggio.


Sono davvero felice che le cose fra noi siano ok. Oggi ho avuto paura di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato, e di aver messo a rischio la nostra amicizia. - M


Ho pensato la stessa cosa. E sono felice a mia volta di essermi sbagliato. - A


Sono a letto. Credo che mi metterò a dormire. Tu? - M


Sono a letto già da un po’ ma non avevo sonno. Ora sto meglio. - A


Allora buonanotte Arthur. A domani :) - M


Buonanotte, Merlin. - A


Beh, considerando gli eventi, la giornata era finita bene. Molto bene.


Arthur si addormentò come un sasso in pochi minuti.


-----


Gwaine arrivò a casa circa un’ora dopo aver lasciato palazzo Camelot, e ancora non riusciva a togliersi dalla testa il modo in cui Percival lo guardava quando se n’era andato.

Era stata davvero una sofferenza allontanarsi da tutti loro, da lui, proprio quando avrebbe voluto averli vicino. Ma il suo impegno con Elena lo obbligava a stare al suo gioco... in fondo la capiva, era ingiusto sparire come aveva fatto quel giorno.


Arrivò a casa, aprì la porta e la trovò seduta sul divano, con le gambe rannicchiate al petto, che guardava nel vuoto, gli occhi pieni di lacrime. Gli fece molta tenerezza. Era sempre così, dopo i suoi sfoghi diventava particolarmente fragile.


Le si avvicinò e l’abbracciò, dandole un bacio sulla testa. Lei si appoggiò a lui, abbandonandosi fra le sue braccia, e gli disse: “Scusami, Gwaine. Sono stata irragionevole al telefono. Non dovrei trattarti così.”

Lui le rispose: “E’ vero, sei stata irragionevole, ma so che sei fatta così. E poi anche io avrei dovuto telefonarti... Solo che è stata una giornata surreale, ho rivisto degli amici di vecchissima data, che non pensavo avrei mai reincontrato, e sono stato preso dal raccontarci le nostre rispettive vite. Sono stato distratto...” Quest’ultima parte era particolarmente vera, era stato distratto da Percival e dal suo bacio... ma non doveva pensarci ora.


Si scosse dai suoi pensieri e le disse: “Che ne dici di andare a letto? Un po’ di coccole non faranno male a nessuno dei due.”


Lei gli sorrise, gli occhi ancora rossi, e si alzarono. Si prepararono per la notte e si misero sotto le coperte. Elena lo abbracciò, ed iniziò a baciarlo, prima teneramente poi con più passione, e ad accarezzarlo più arditamente. Gwaine provò a lasciarsi andare, ma tutto quello a cui riusciva a pensare era a come sarebbe stato sentire la bocca di Percival contro la sua, e le sue mani grandi che lo sfioravano in posti fino a quel momento mai toccati, e a sentire il suo odore maschile nel naso mentre Gwaine gli mordeva il collo....


Gwaine prese le mani di Elena e le disse: “Tesoro scusami. Sono davvero stanco, non ce la faccio stasera.” Si sentiva troppo in colpa a fare l’amore con Elena mentre non poteva che pensare al suo migliore amico.

Sul volto di Elena passò un’ombra di delusione, ma sparì subito. Evidentemente il fatto di essere stata perdonata facilmente la rendeva più malleabile.


Gli disse: “Non preoccuparti tesoro, capisco. Rimandiamo ad un momento in cui stiamo meglio tutti e due.” Si accomodò fra le braccia di Gwaine, e in poco tempo si addormentò. Lui non fu altrettanto fortunato... i suoi pensieri tornavano alla terrazza, non riusciva ad evitare di pensarci.

E si ricordò che aveva il numero di telefono di Percival. Si scostò da Elena, e prese il cellulare dal comodino.

Lo guardò per qualche secondo, poi si decise.


Sveglio? - Gw


Aspettò qualche secondo guardando il display, sperando in cuor suo che Percival gli rispondesse.


Lo sono ora. Tutto bene? - P


Gli si riempì il cuore a leggere quelle poche parole. Il collegamento fra loro non era interrotto, e mai lo sarebbe stato... questo lo risollevò molto.


Sono a letto. Non riesco a dormire. - Gw


Pensieroso? - P


Lo puoi dire forte. - Gw


PENSIEROSO? :D - P


Simpatico... - Gw


Sai che mi vuoi bene anche per il mio senso dello humour. - P


E non solo per quello... - Gw


Stai flirtando con me? - P


Forse... - Gw


Attento... potrei stare al gioco. - P


Scusami per non averti più rivolto la parola dopo... Insomma dopo. E per essere scappato. - Gw


Scusato. Ma non farlo più. - P


Promesso. E’ solo mezzanotte. Quando arriva mezzogiorno di domani? - Gw


Hai impegni a colazione? - P


No. Mi stai invitando? - Gw


Pensavo fosse evidente. Devo essere un po’ arrugginito con queste cose. Ok, sarò più chiaro: vuoi raggiungermi in centro per colazione? - P


Mi farebbe piacere. - Gw


Ho visto un bar vicino casa di Arthur. Ci vediamo lì? Intorno alle 9.00? - P


Ok. ...E’ solo mezzanotte. Quando arrivano le 9.00 di domani? - Gw


:) scemo - P


Sempre, e tu mi adori per questo. - Gw


Verissimo. Allora a domattina? - P


A domattina. Buonanotte... Fai bei sogni - Gw


Ne farò di sicuro. Buonanotte. - P


Gwaine mentre si addormentava non poté fare a meno di sperare che Percival lo sognasse. E sperava che a lui succedesse lo stesso.


-----


Arthur si svegliò presto, subito dopo l’alba, come da sua abitudine. Si mise una tuta ed andò in cucina, pronto a scendere per la sua corsa mattutina. Trovò Leon e Percival in cucina, a sorseggiare un caffé, anche loro in tuta. Evidentemente anche loro erano abituati a fare esercizio fisico di prima mattina. Leon lo guardò, e gli disse: “Caffè? Poi andiamo a correre. Vedo che anche tu sei pronto.”


Arthur prese la tazza calda che Leon gli porgeva, e non poté fare a meno di notare che Percival era di umore molto migliore stamattina. Evidentemente durante la notte aveva fatto pace con Gwaine. Bene.


Bevvero il loro caffé, chiacchierando tranquillamente, poi scesero e iniziarono a correre.

La città era praticamente deserta, tranne pochi poveracci che stavano andando a lavoro alle 6 del mattino di un qualsiasi giovedì. Arthur amava questo momento della sua giornata: non era nessuno, mentre correva, non aveva responsabilità e poteva pensare solo a sé stesso. Percival e Leon correvano accanto a lui, tenendo facilmente il suo passo veloce, ma nessuno parlava. Perfetto e rilassante.


Alla fine del loro giro tornarono a casa e si fecero una doccia.  Arthur, ancora umido dalla doccia e coi capelli bagnati, si mise al lavoro, controllò le mail, le news, e se aveva ricevuto messaggi privati da Buckingham Palace. Non ce n’erano... beh era prevedibile visto che di lì a poche ore avrebbe visto l’assistente di Mr Williams.


Si vestì ed andò in salone. Trovò Leon con ancora addosso l’asciugamano, e Percival vestito di tutto punto pronto ad uscire.

Lo guardò e gli chiese: “Hai impegni Perce?”

Arthur avrebbe giurato di averlo visto arrossire leggermente, ma Percival rimase vago: “Sì, vedo una persona a colazione. Ci vediamo più tardi!” E scappò fuori dalla porta.


Leon e Arthur si guardarono perplessi, ma non commentarono.

“E’ incredibile quanto sia facile tornare a quel senso di familiarità fra tutti noi, vero Arthur?” disse Leon.

“Incredibile e bellissimo. Finalmente mi sento di nuovo a casa.” sorrise Arthur.

Leon sorrise e annuì. Poi aggiunse: “Hai parlato con Merlin?”

“Ci siamo scritti ieri sera.” disse vago Arthur.

“Tutto tranquillo fra di voi?”

“Si, per fortuna tutto ok. Sono sollevato, avevo paura di averlo spaventato ieri...”

“Caro mio, semmai lo avrai sconvolto, ma in senso positivo.” rispose Leon.


“Continui a dirmelo, ma io non ne sono sicuro. Non so davvero che pensare.”

“Allora non pensare e cerca di percepire. So che non sei mai stato molto intuitivo...” Arthur lanciò un pezzo di pane verso Leon, fingendo di essere offeso, e Leon continuò ridacchiando: “Ma qui le cose, secondo me, sono chiare. L’unico a non vederle sei tu.”

Arthur si aggrappò a quelle parole come se fossero una scialuppa di salvataggio, e concluse: “Chissà. Ad ogni modo, l’importante è che ci siamo più o meno chiariti.”


Leon disse: “Arthur, devo fare un paio di telefonate ai miei superiori, per confermare loro che sono in missione e quindi che non tornerò alla base, per ora. Lo sapranno già di sicuro, ma voglio confermare loro che va tutto bene.”

“Ok, io torno alle mie e-mail. Ci vediamo verso le 11 per andare all’appuntamento.”


Leon andò a vestirsi, prese la giacca, salutò Arthur e uscì. Arthur rimase da solo in salone, e si mise a fissare il quadro che raffigurava Merlin sulla riva del lago di Avalon. Era davvero successo, lui lo aveva aspettato davvero per tutti quei secoli, e quello doveva significare qualcosa... Proprio quando stava pensando che già gli mancava, il campanello della porta suonò e quando andò ad aprire, Arthur si trovò davanti Merlin, rosso in volto dal freddo, con le mani nelle tasche dei jeans neri e i capelli tutti sottosopra dal vento.


Non si era rasato, e la sua barbetta corta gli donava da morire. Arthur sentì lo stomaco sprofondare alla vista del ragazzo, e di quanto fosse adorabile. Lo salutò e lo fece entrare, dicendo: “Non ti aspettavo, che sorpresa”.

“Mi sono svegliato molto presto stamattina, ed ero molto in anticipo per il nostro appuntamento con Williams, quindi ho pensato che tanto valeva venire qui. Spero che non ti dispiaccia.”


“Assolutamente, hai fatto bene. Hai fatto colazione?”

“A dire il vero no. Hai qualcosa da offrirmi?”

Arthur sorrise sotto i baffi, pensando a cosa avrebbe davvero voluto “offrire” a Merlin, e disse: “Se ti accontenti di una spremuta d’arancia e un paio di fette di pane col burro d’arachidi, si.”

Merlin gli sorrise, uno di quei sorrisi solari che illuminavano la stanza, e disse: “Colazione perfetta. Adoro il burro d’arachidi!”


Arthur rispose al sorriso, e si mise al lavoro per preparare la colazione a tutti e due.

Merlin si era seduto all’isola al centro della cucina e stava lì, con il mento appoggiato alle mani, e fissava Arthur. Lui si sentiva lievemente osservato, ma la cosa non gli dispiaceva.


Posò i piatti e i bicchieri sul tavolo, e si sedette di fronte a Merlin, iniziando a mangiare. Non dissero una parola, ma si sorridevano quando i loro sguardi si incrociavano.

Merlin era davvero irresistibile e sembrava non accorgersene minimamente. Arthur pensò a quanto sarebbe stato facile allungare una mano, afferrare il braccio di Merlin e tirarlo a sé, poi baciarlo. Era tentato di verificare le teorie di Leon, ma non ne ebbe il coraggio.


Invece gli chiese: “Beh, Merlin, raccontami qualcosa di te. Insomma, del te che non conosco... delle tue vite precedenti.”

“Mah, c’è tanto e niente da raccontare... Sono state tante, troppe vite di ‘passaggio’... nel senso che ero comunque sempre in attesa di ritrovarti e portare a termine la nostra missione. Ho conosciuto tante persone e tanti posti, ma non mi sono mai legato. Sapevo che non potevo... Non quando ero perennemente in attesa di qualcosa, o per meglio dire qualcun altro.”


Arthur rischiò di strozzarsi con la spremuta, quelle parole lo colpirono nel profondo... e aggiunse: “Vuoi dirmi che hai sempre vissuto da solo, tutti questi anni?!?”

Merlin abbassò lo sguardo e rispose: “Non che non ci siano state persone intorno a me nelle mie vite, ma nessuna ha lasciato il segno. Forse ero io che non volevo essere segnato. Non mi interessava.”


Arthur cercò di capire cosa significasse, e aggiunse: “Non hai mai avuto una compagna?”

“Né compagne, né compagni. Sono praticamente un monaco di clausura!” rise Merlin, per sdrammatizzare la serietà di quell’affermazione.

Arthur cercò di nascondere il suo enorme stupore a quelle parole, ma fallì miseramente. Disse: “E io che pensavo di essere stato un campione di astinenza...”


Merlin alzò la testa di scatto, e fissò Arthur: “Vuoi dire che tu non hai... non hai avuto...?”

Arthur rispose: “Non ne ho mai avuto tempo. Prepararmi per la mia missione era la mia priorità... Le persone erano distrazioni. E poi onestamente non mi interessava.”

“E io che ti immaginavo circondato di decine di donne che cadevano ai tuoi piedi...”


“Beh, le donne che cadevano ai miei piedi c’erano, solo che io le ignoravo. A volte in qualche missione ho dovuto fingere di essere interessato, per guadagnare la loro fiducia, ma non mi è mai importato nulla. Era solo lavoro, e poi non mi sono mai dovuto spingere... troppo oltre. Diciamo che mi è bastato flirtare senza poi dover concludere...”


Merlin lo guardava con uno sguardo indecifrabile... con gli occhi sbarrati e quelle ridicole orecchie sembrava un cerbiatto di fronte ai fari di una macchina. Dopo qualche secondo abbassò lo sguardo, ma un sorriso fece capolino sul suo viso.

“Quindi siamo nella stessa barca, amico mio...”

Arthur rispose: “Evidentemente si.” e gli sorrise.


Il resto della colazione passò tranquillo, senza altre rivelazioni sconvolgenti, e dopo aver rassettato la cucina, decisero di uscire a fare due passi. Passeggiavano vicini, spalla a spalla, entrambi con le mani in tasca, e ad un certo punto passarono accanto ad un bar e Arthur si fermò improvvisamente.

Merlin si girò a guardarlo e disse: “Che succede?”


Arthur lo guardò e indicò l’interno del bar: da una delle vetrate si vedevano Percival e Gwaine ad un tavolino, uno di fronte all’altro, che parlavano animatamente ridendo, e casualmente le loro mani si sfiorarono per un istante, e poi l’istante si fecero due... e finirono per tenersi per mano.


Merlin cercò di nascondere un sorrisetto, ma non ci riuscì, e Arthur sbarrò gli occhi e gli disse: “Tu lo sapevi?!?”

Il moro lo guardò e rispose: “Non lo sapevo ma lo sospettavo... qualcosa nel loro comportamento di ieri pomeriggio. Sono felice che abbiano fatto pace.”

Arthur scosse la testa quasi incredulo e sorrise. “Anche io Merlin, anche io.”


Se ne andarono discretamente per non farsi notare dai ragazzi, e lasciare loro la loro privacy, e tornarono verso l’appartamento in attesa che arrivasse Leon.


-----


Gwaine era già al bar quando arrivò Percival. Era stato difficile spiegare a Elena che sarebbe stato impegnato tutto il giorno senza dirle esattamente cosa doveva fare, ma lei alla fine si era lasciata convincere e lui era scappato alle 8.00 per andare ad incontrare Percival.

Si sentiva come un adolescente alle prime armi, sprizzava felicità da tutti i pori, e anche se era ancora deciso a rispettare i suoi impegni con Elena, era sempre meno convinto che ci sarebbe riuscito.


Il solo pensiero di rivedere Percival lo eccitava e rendeva felice come non si era mai sentito in questa vita, e questo era evidentemente un segnale che il suo proposito di sposarsi era decisamente sbagliato. Avrebbe dovuto parlare con Elena, molto presto.


Percival arrivò puntuale alle 9.00, e cercò Gwaine con lo sguardo nel bar. Nel momento in cui lo vide, il suo volto si illuminò, e si diresse verso di lui con passo deciso.

Si sedette di fronte a lui, sorridendogli, e disse: “Sei arrivato in anticipo!”

Gwaine rispose: “Non si fanno aspettare le signore...”

Il biondo lo colpì su un braccio e disse, “Ehi, attento a chi chiami ‘signora’! Semmai la principessa della storia sei tu, nanerottolo!”


“Si certo, tu continua ad esserne convinto...”

“Provami il contrario allora...” disse Percival con uno sguardo malizioso che fece cose indicibili allo stomaco - ed altre parti anatomiche un po’ più giù - di Gwaine.

Gwaine abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzato... e Percival, senza pietà, insistette: “Allora, signor macho? Arrossire come una principessa è il meglio che sai fare?”


Gwaine preparò il suo migliore sguardo seducente, lasciò cadere i capelli sul viso come faceva sempre quando andava all’attacco, e alzò gli occhi. Nella sua voce più suadente disse: “Stai giocando col fuoco, Perce. Non sai di cosa posso essere capace. Ho avuto decine di donne, e nessuna di loro si è mai lamentata della mia mascolinità. Potrei farti scoprire nuovi aspetti di te che ti sconvolgerebbero... mi pregheresti di smettere, o forse di continuare, ma saresti così fuori di te che non capiresti più nulla e l’unica cosa che riusciresti a pensare è che faresti di tutto per avermi.”


Percival rimase lì con una faccia da pesce lesso a bocca semiaperta, e Gwaine seppe che aveva vinto quel round. E la cosa bella è che non aveva nemmeno dovuto recitare... tutto quello che aveva detto a Percival, l’avrebbe fatto subito se solo avesse potuto.


Percival chiuse la bocca e deglutì, e sembrò ritrovare il controllo di sé. Guardò Gwaine a lungo e poi disse: “Questo gioco non mi piace. Non mi illudere.”

Il moro rispose: “E chi ti dice che io ti stia illudendo?...”

Si fissarono a lungo, immobili, poi Gwaine sospirò e disse: “Cosa prendi per colazione?” e la tensione fra i due si dissipò.


Il resto della loro colazione fu tranquilla, ma nell’aria c’era un’elettricità che rischiava di infuocare tutto quello che li circondava. Gwaine pensò che loro due erano una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, e che era sempre più urgente che parlasse con Elena. Non pensava che la sua decisione di andare avanti con lei avrebbe retto a lungo.


Ad un certo punto, mentre parlavano animatamente dei vantaggi dell’allenamento con la spada rispetto all’andare in palestra, Gwaine e Percival allungarono entrambi la mano allo stesso momento per afferrare lo zucchero. Le loro dita si sfiorarono, e nessuno dei due ritirava la mano. Gwaine pensò “Ma si, tanto vale...” e prese la mano di Percival nella sua. Pensò che era un gesto curioso da fare con un uomo, ma che in fondo gli sembrava assolutamente naturale. Non si sarebbe mai più allontanato dal suo amico, non riusciva nemmeno ad immaginarlo.


Dopo qualche minuto in cui parlavano mano nella mano, Percival disse: “Oddio, sono le 11.00! Arthur ci aspetta per andare all’appuntamento!”

Si alzarono, ancora mano nella mano, per andare a pagare. Poi si resero conto e si lasciarono, non prima di aver indugiato qualche secondo in più, giusto per ricordare meglio la sensazione.

Uscirono dal bar di ottimo umore e pronti a sapere di più su quanto avrebbero dovuto fare di lì a poco.


-----


“Dove cavolo sono quei due?” disse Arthur, leggermente infastidito dal ritardo di Percival e Gwaine.

Merlin, che non riusciva a togliersi dalla testa la felicità che aveva provato a vedere i suoi due amici riappacificati, e per giunta mano nella mano, guardò Arthur con uno sguardo assassino e gli disse: “Dagli tregua. Arriveranno.”


Arthur guardò Merlin e si rese conto che aveva ragione, e tornò a chiacchierare con Leon.

I due mancanti arrivarono trafelati qualche minuto dopo, scusandosi per il ritardo. Un minivan già li stava aspettando per portarli al ristorante dove si sarebbero incontrati con l’assistente di Williams. Una volta che furono seduti, Gwaine disse: “Allora, Arthur, chi incontreremo oggi? Chi è questo assistente di Williams?”


Arthur rispose: “Un uomo molto anonimo, sulla quarantina, che si chiama James. Lo definirei il classico maggiordomo inglese. Si vede che sa quello che gli viene detto, ma non è assolutamente addentro alle dinamiche del Palazzo. E’ un messaggero. Williams lo usa perché vuole mantenere nascosta la sua identità.”


“Chissà perché...” disse Merlin.

“Ormai ho perso le speranza di scoprirlo, onestamente. Ma l’importante è che faccia il suo lavoro... e visto che siete qui con me direi che lo fa piuttosto bene.”


Il viaggio fu tranquillo e senza imprevisti, e di fatto arrivarono al ristorante con un ampio anticipo. Arthur localizzò il tavolo che era stato prenotato per loro, e si sedettero tutti, in attesa del loro contatto.

Dopo circa 5 minuti, videro avvicinarsi al loro tavolo un uomo piuttosto anziano, in un completo grigio molto elegante, una cravatta bordeaux , capelli cortissimi completamente bianchi e dei lineamenti familiari.


I cinque ragazzi rimasero interdetti per un istante, nessuno si muoveva o diceva nulla.

Merlin fissò l’uomo, e nell’istante in cui il suo cervello fece il collegamento, Mr. Williams disse: “Beh? E’ così che accogliete un vecchio amico?”, condendo la frase con un inconfondibile movimento del suo sopracciglio destro.


Merlin scattò in piedi urlando “GAIUS!!!” e gli buttò le braccia al collo.

  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Valeriagp