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Autore: AxXx    19/02/2013    1 recensioni
Anno 1918. Dopo la fine della prima guerra mondiale le forze Bolschviche di Lenin stanno affrontando una guerra incredibilmente violenta per affermare la loro ideologia.
Gli assassini hanno una missione da compiere in questo pericoloso territorio.
Con i templari da una parte e un gruppo di assassini traditori dall'altra, un giovane assassino discendente di Ezio Auditore si dovrà confrontare con le forze in campo e soprattutto con il suo stesso credo per portare in salvo l'ultima discendente dei Romanov.
Questa è la mia prima storia unicamente di Assassin's creed. Non mi aspetto un capolavoro, ma vorrei davvero avere delle recensioni che mi permettano di migliorare, grazie a chi leggerà e dirà la sua anche se è una rcensione negativa.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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                             Patto di tradimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una volta fuori Anastasia ed io fummo condotti dalla donna di nuovo nella sala dove avevamo parlato con Rasputin che ci stava aspettando vestito con un pesante giaccone e armato di una carabina.

"Vedo che ci accompagnerà..." Osservai io ben poco rassicurato.

"Non sono qui per scortare te, ma per sincerarmi che sua maestà esca sana e salva dalla città." Rispose, mentre venivamo attorniati da altri tre uomini armati di pistole.

 

Uscimmo praticamente subito senza dire una parola, coperti dalla notte e dalle nuvole che oscuravano la luce lunare, muovendoci tra gli stretti vicoli della città il più silenziosamente possibile.

La città era deserta se non qualche pattuglia che ogni tanto incrociavamo senza mai allarmarla, tuttavia, in lontananza, si sentivano voci, urla e schiamazzi, segno che in altre parti della città la vita era ancora attva.

Eravamo sette in tutto e quindi un gruppo abbastanza piccolo, ma non dovevamo abbassare la guardia: è probabile che se le guardie ci avessero visti avrebbero sparato, inoltre Rasputin aveva detto che Jacob il traditore, non era stato visto in giro, ma erapossibile che si stesse nascondendo per colpire al momento più opportuno.

"...Almeno questa volta non sarò da solo ad affrontarlo..." Sussurrai appena mi fu data la notizia.

"Forse, ma ho visto cosa sanno fare i più potenti assassini: un paio di spade in più non ti serviranno." Rispose Rasputin mentre scrutava furtivamente dietro un angolo per assicurarsi che non ci fosse nessuno.

 

Per mezz'ora ci muovemmo silenziosi come ombre tra le stradine della città, incrociando diverse pattuglie, ma senza mai allarmarnenemmeno una.

Arrivammo ad un molo che dava sul fiume dove ci stava attendendo una imbarcazione di medie dimensioni.

"Il capitano Karanov è un amico e contrabbanda armi con le forze dei rossi. Dirà che deve uscire per fare rifornimento di merci. Voi starete sottocoperta e aspetterete fino al segnale." Spiegò Rasputin senza mezzi termini mentre ci esortava a gesti a salire a bordo.

"Se ci tradisci, ti troverò e ti ucciderò..." Lo minacciai io sottovoce, mentre Anastasia saliva a bordo.

"Io non ho interesse a tradirti: tu piuttosto, ragazzo, vedi di fare il tuo dovere che è interesse di entrambi." Rispose lui altrettanto brusco, mentre controllava i suoi uomini che si trovavano all'inizio del pontile e sorvegliavano le stradine adiacenti per evitare pattuglie.

"Mi chiedo se il tuo interesse non sia duplice..." Feci io alzando un sopracciglio lasciando intendere che io sapevo qualcosa di troppo.

Lui inarcò le sopracciglia in un espressione a metà tra lo stupito e il furibondo, ma quando parlò, il uo tono era piatto e formale: "appena all'esterno incontrerete il vostro contatto e scorta: è tedesco e risponde al nome di Adolf Schiklguber, anche se a me si è presentato con il nome di Adolf Hitler. È un giovane templare: state attenti anche se è dei nostri, durante la guerra ha subito dei traumi ed è un po' matto, se così si può dire."

Qualunque cosa volesse da me, era sicuro che l'avrebbe ottenuta.

A quel punto ero più preoccupato per il nostro 'accompagnatore' che sicuramente aveva ricevuto istruzioni particolari su di me e dovevo stare attento che non mi pugnalasse alle spalle.

La donna che ci aveva chiamati mi fece cenno di muovermi e mi sussurrò: "Buona fortuna."

'Spero che non sia anche della vostra...' Pensai, mentre le rispondevo con un cenno del capo.

Una volta salito il capitano accese il motore a vapore e, con un rumore fastidioso, ma non particolarmente forte, la barca si mise in moto.

"Sembri preoccupato..." Mi disse Anastasia, mentre la barca solcava le acque del fiume.

"Solo che non mi fido di loro, hanno in mente qualcosa e vogliono che passiamo per Mosca per avere qualcosa." Spiegai io preoccupato.

"Meglio se vi ripariate: tra pochi minuti ci saranno i controlli." Ci informò il capitano.

Sottocoperta c'era un orribile odore di pesce marcio e di muffa che dovetti fare uno sforzo per non uscire di nuovo: dovevo immaginare che la sotto dovevano di solito nascondersi le 'merci' non propriamente ufficiali.

"...Oh Dio! Che puzza!" Disse Anastasia, riassumendo in maniera particoarmente precisa i miei pensieri.

"Non abbiamo altra scelta... se vogliamo uscire dobbiamo stare quaggiù." 'Sperando che non ci rimanga l'odore attaccato a dosso' Aggiunsi mentalmente, perché anche io non capivo come avremmo fatto a resistere per più di un ora la sotto.

Quella specie di stiva era praticamente senza luce, fatta eccezione per una piccola lanterna che pendeva dal soffitto.

Il pavimento era pieno di muffa ed altra sporcizia non meglio identificabile e che era meglio non identificare.

Io e Anastasia ci accucciammo in un angolo un po' meno sudicio ed aspettammo trattenendo il fiato (sia per una certa dose di paura che per la puzza) di superare i controlli fluviali.

Non dovemmo aspettare molto, però: dopo un quarto d'ora sentimmo delle voci.

'Speriamo che quell'uomo non si tradisca, altrimenti saremo nei guai.' Pensai, mentre mi pareva di sentire una contrattazione.

Non mi fidavo: i templari avevano le mani in pasta ovunque e poteva benissimo tradirci per consegnarci ai sovietici.

Dopo pochi attimi le voci si spensero, anche se il mio udito mi permise di percepire uno strano suono simile ad un tintinnio, e la barca ripartì.

'Cosa gli ha dato? Il denaro non ha più valore, non circola nemmeno più...' Mi chiesi perplesso. Poi mi diedi mentalmente dell'ingenuo: sul mercato nero la moneta circolava ancora e le merci venivano a costare: era ovvio che anche i membri della polizia segreta si rifornissero nei bassifondi.

Passarono ancora pochi minuti prima che il capitano scendesse sottocoperta.

"Venite fuori, presto." Ci esortò a bassavoce.

Eravamo abbastanza lontani dalla città per non essere visti e le nuvole coprivano le nostre sagome tanto che la riva, seppur molto vicina, si distingueva a fatica.

"Non posso fermarmi, altrimenti mi incaglerei, mi avvicinerò il più possibile, voi saltate sulla riva appena potete." Ci disse il capitano Karanov prendendo il timone.

Poco a poco la riva si faceva più vicina:

tre metri...

due metri...

un metro e mezzo...

 

Appena arrivammo ad un metro io presi Anastasia per mano e con lei saltai sula riva.

Il terreno, però, era molto friabile e, mentre io riuscii a superare la distanza senza problemi, lei atterrò su una sporgenza fangosa molto instabile e per poco non cadde in acqua.

"Tutto bene?" Chiesi voltandomi preoccupato.

"Sì, sto bene..." Rispose avvicinandosi a me.

Eravamo vicina ad una strada sterrata e quasi coperta dalla neve, ma non c'era traccia della persona che dovevamo incontrare.

"Aspetta qui..." Sussurrai ad Anastasia mentre mi avvicinavo ad un albero abbastanza alto.

Con agilità mi arrampicai su di esso usando i rami come appigli raggiungendo la cima per poter osservare la zona circostante e prendere anche qualche punto di riferimento per il viaggio.

Poco più ad est, cinquanta metri al massimo intravidi un fioco bagliore simile ad un fuoco.

'Dovrebbe essere lui...' Pensai, mentre scendevo. 'Se non è lì, ce ne andremo comunque.'

Appena scesi, raggiunsi Anastasia che si era nascosta dietro alcuni cespugli.

"È appena passata una pattuglia:andava di là." Disse indicando l'ovest.

"Andiamo dall'altra parte, allora." Risposi preoccupato, sperand che non l'avessero scoperto.

 

Camminammo pochi minuti, prima di uscire dalla strada per raggiungere il luogo che avevo visto.

Era una piccolo avvallamento molto riparato molto difficile da vedere con un piccolo fuoco quasi spento vicino al quale c'erano tre cavalli ed un ragazzo di circa ventitre anni vestito con abiti pesanti, una sciabola al fianco, il viso squadrato, labbra sottili e dei baffetti corti.

Io estrassi la pistola e mi avvicinai di soppiatto, seguito a poca distanza da Anastasia.

Mentre mi avvicinavo mi sembrò che lui si fosse mosso, ma non esitai e, quando fui più vicino gli puntai la pistola tra capo e collo.

"Fermo, alza le mani." Intimai brusco.

Lui si irrigidì, ma non fece una piega e lo ubbidì.

"Adolf Hitler?" Chiesi.

"Sì, tu chi sei?" Rispose lui, senza troppi preamboli.

"Il nemico del tuo nemico." Dissi evitando di considerarlo un amico: non ero certo pronto a fidarmi di un templare.

In quel momento, con un rapido movimento, lui si girò e mi afferrò il polso disarmandomi.

Io risposi rifilandogli un pogno costringendolo a lasciarmi, dopodiché rotolai ed afferrai la mia pistola puntandogliela contro.

Anche lui mi stava puntando contro un revolver, me nessuno dei due era intenzionato a perdere di vista l'altro.

Anastasia si era spostata alle sue spalle e teneva in mano il pugnale facendomi cenni verso i templare per farmi capire che era pronta ad attaccarlo.

"Vedo che non ti fidi di me, ma potremmo almeno abbassare le armi e ragionare in maniera civile." Disse lui abbassando l'arma alzando l'altra mano aperta per mostrare che era disarmato.

'Almeno è bravo a parlare...' Pensai mentre rinfoderavo la pistola.

Una volta che ci fummo seduti tutti e tre intorno al fuoco l'aria iniziò a distendersi, nonostante la mia costante vigilanza.

"Io sono Adolf, chiamatemi pure per nome, non credo che abbia importanza come mi chiamate, se siete con me non vi capiterà nulla." Disse ben disinteressato stendendosi su un mantello pesante usato come un sacco a pelo.

"Sembri molto sicuro di te..." Disse Anastasia guardandolo storto: era ovvio che nemmeno lei si fidava molto.

Lui sorrise in maniera strana, quasi estatica, cosa che mi mise in allarme: ero pronto a tutto.

"Perché io sono protetto da Dio... io sono sfuggito alla morte molte volte!" Disse con una sicurezza allarmante, mentre io mi rilassai: era sicuramente pazzo, ma non dovevo dimenticare di stare attento.

"Tu sei matto! Dio non protegge nessuno, almeno che tu non abbia dimostrato la tua fede!" Rispose stizzita Anastasia strabuzzando gli occhi.

"Forse, ma tutti i profeti erano considerati pazzi?" Chiese senza scomporsi.

'Voglio vedere quanto sarai miracolato quando ti avrò sparato...' Pensai io con un sorriso: questotizio era pazzo, ma se ci faceva volontariamente da scudo contro il fuoco nemico avrei risparmiato un proiettile.

"Lasciamo perdere i miracolati, dobbiamo raggiungere mosca, hai un piano?" Chiesi spazientito.

"Prima ti devo informare che i tuoi amici Assassini ti hanno abbandonato: le loro forze si sono allontanate da Rostov ieri sera, tuttavia, tengono ancora una base a San Pietroburgo, forse dovresti andare là, anche se non so se ti stiano aspettando." Disse lui con un vago cenno della mano.

Io sbuffai irritato consapevole che questo avrebbe complicato le cose, ma non era ancora detta l'ultima parola.

"Forse, vostra altezza, dovreste rivalutare la proposta dei Templari: riunendo le forze contro i ribelli li schiaccereste ed una volta che avrò preso il potere, il Reich potrebbe dare pieno supporto alla vostra monarchia." Disse, rivolgendosi direttamente ad Anastasia.

Lei si voltò un attimo verso di me e mi osservò per un attimo, prima di scuotere la testa in segno di negazione.

"No, ho già deciso..." Rispose sospettosa.

"Questa è una vostra scelta, io stavo solo consigliando." Rispose con uno sguardo sospettoso.

"Consigliavi male... allora, hai un piano per farci raggiungere San Pietroburgo?"Chiesi spazientito: non sapevo perché, ma c'era qualcosa di inquientante in quel ragazzo.

Lui prese una mappa della Russia.

"Ci troviamo ad ovest di Perm, quindi è meglio procedere veloci: domani partiremo a cavallo Kirov, da lì prenderemo un treno per Mosca e, una volta là, potremmo dirigerci verso San Pietroburgo, dove ci dovrebbero aspettare gli Assassini... sempre che ci stiano ancora aspettando." Spiegò lui scettico.

"Oggi, immagino, rimarremo qui..." Sussurrai io poco convinto.

"Precisamente." Rispose lui sdraiandosi di nuovo.

 

Ci volle poco per sistemarci, anche perché non avevamo molto da fare, semplicemente, gettavamo due coperte sulla neve, tuttavia, mentre il nostro compagno si rigirava, Anastasia mi prese da parte.

"Siamo sicuri di poter riporre fiducia in quell'individuo è... non so come spiegarlo... ma è... inquietante..." Mi disse agitata.

"Anche a me non inquieta, ma avremmo bisogno di alleati perraggiungere San Pietroburgo e se i Templari ci aiutano, avremmo qualche possibilità in più di sopravvivere." Risposi, anche se poco convinto: mi sembrava pronto a pugnalarci alle spalle alla prima occasione.

 

Dopo esserci stesi, aspettai, rimanendo nella mia dormiveglia vigile, per assicurarmi che nulla mi sfuggisse niente.

Dovetti aspettare per diversi minuti, perché anche il caro templare sembrava intenzionato a rimanere sveglio, tuttavia dopo un po' di tempo, si addormentò.

Io mi alzai e, silenziosamente, mi allontanai di qualche metro dal nostro campo.

Raggiunsi una piccola valle in mezzo alla foresta, dopo essermi guardato di nuovo intorno, mi misi le mani davanti alla bocca e lanciai un urlo particolare: simile al richiamo di un aquila.

Era un metodo particolare per richiamare un nostro messaggero particolare.

Negli anni gli Assassini avevano sviluppato vari metodi per comunicare a distanza, ma io e mio fratello avevamo preferito quello più tradizionale di tutti.

Infatti dal cielo planò con grazia un possente rapace lungo quasi un metro: un Aquila Reale di novanta centimetri di lunghezza, con un apertura alare di ben due metri, con un candido piumaggio marrone e bianco.

"Ciao, Altair." Dissi accarezzandogli la testa con dolcezza.

Fin dal primo secolo dopo cristo, gli assassini si davano spesso all'allevamento e l'addestramento di falchi e aquile per usarli come messaggeri, era una pratica molto difficile e impegnativa, ma, da quando avevo otto anni mi ero messo anima e corpo nell'addestramento di un aquila.

Altair era un rapace senza nome ferito e debole tra i tanti forti uccelli che potevo scegliere, ma lui era giovane e leggevo nei suoi occhi la determinazione di chi vuole tornare in azione.

Dopo cinque anni riuscii ad ammaestrarlo e divenne un fedele compagno ed un amico: l'avevo chiamato Altair, come il leggendario Assassino che per primo scoprì il potere dei frutti dell'Eden.

"Come stai?" Chiesi sedendomi accanto a lui.

Altair gracchiò sonoramente, scrutandomi con i suoi occhi astuti e profondi.

Improvisamente fui attirato da un movimento tra gli alberi e mi accorsi del secondo volatile atterrato su un ramo vicino.

Era un falco viaggiatore marrone, nonostante fosse smagrito dalla fame lo riconobbi: Ezio, il falco di mio fratello.

Era orribilmente magra e si vedeva che stava morendo: era una cosa di cui avevamo notizia, l'addestramento che questi animali ricevevano era tale che spesso si legavano indissolubilmente al loro padrone e, se moriva, loro si lasciavano morire con lui.

Tuttavia, io, mio fratello, Ezio ed Altair avevamo formato un forte legame, era probabile che il falco avesse seguito l'aquila per abitudine e per istinto.

Forse sperava che con me ci fosse anche mio fratello o forse in me vedeva una parte di lui.

Mi si vedeva che gli rimaneva poco tempo: era magro debole e aveva un ala ferita, mi stupii che fosse riuscito a seguirci da Ekaterimburg.

"Mi dispiace, Ezio, ma lui è morto, non tornerà..." Risposi con un groppo alla gola.

Ezio mi guardò con i suoi occhi grandi e, quasi come se mi avesse capito, si rannicchiò su quel ramo stringendosi il muso al petto emettendo uno strano verso che sarebbe stato simile ad un pianto per poi rimanere immobile come una statua: se fosse stato un uomo avrei detto che stava pregando durante i suoi ultimi momenti.

Io rimasi ad osservarlo triste, sapendo quello che provava perché lo provavo anche io.

"Altair, vai dal Gran Maestro d'Inghilterra e portagli questa." Dissi alla mia aquila legandogli alla zampa un foglietto che avevo preparato in precedenza.

Avevo usato un limone mezzo secco dal quale avevo estratto tutto ciò che era rimasto per scrivere un messaggio invisibile in cui spiegavo l'accaduto.

"Vai e torna presto!" Spiegai dandogli un po' di carne secca.

Altair recepì il messaggio e sfrecciò via, decollando come un aereo.+

Io lo osservai un attimo prima di rivolgermi ad Ezio: "Vieni, ho un po' di carne anche per te."

Lui alzò un attimo il muso, osservando il pezzo di carne, ma subito lo abbassò di nuovo.

"Mi dispiace... addio Ezio." Dissi, lasciando il pezzo di carne per terra, mentre tornavo al campo per dormire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autore.

Chi si aspettava proprio LUI eh?

Lo so, vi sembrerà strano di vedere proprio il dittatore più sanguinoso della storia in questa storia: tutavia, facendo delle ricerche non ho trovato informazioni tra la resa di dei tedeschi e il 1919 quindi ho pensato che potesse fare un 'viaggio' in Russia, inoltre l'ho sempre visto troppo sanguinario perché si potesse attribuire tutto alla sua sola follia: in questa storia questo viaggio in Russia ci sarà una spiegazione alternativa a tutto il suo operato.

Nonostante tutto ho voluto dargli già una personalità dispotica fin dall'inizio ed una sua personale follia. (Il fatto che dicesse di essere un miracolato era già in giro pria del 1918).

Volevo anche spiegare che l'Aquila può essere addestrata e mi piaceva il fatto che Nathan usasse Altair come 'modello di riferimento'.

Spero che vi piaccia e mi scuso per il ritardo.

AxXx 

  
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