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Autore: Ily Briarroot    20/02/2013    2 recensioni
"Percepì i lampi e, subito dopo, i tuoni in lontananza che si avvicinavano piano. Un urlo, degli uomini in fondo alla strada.
Una voce femminile urlava il suo nome, le ordinava di scappare. Occhi che non riusciva a intravedere, nascosti da un berretto nero. La pioggia che picchiettava forte, la confusione nella testa.
Il battito accelerato del proprio cuore. Due battiti che si univano in una sola persona, quello della piccola che era lì, in carne e ossa, e quello della ragazza che non poteva fare nulla, se non guardare".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ash, Brock, Misty | Coppie: Ash/Misty
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Anime
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Capitolo 1


Stavolta riuscì a rendersi conto del sudore della propria fronte, mentre si rigirava nel sacco a pelo. La pelle delle braccia nude sfregare sul tessuto morbido, i denti digrignare, le palpebre sigillate che si muovevano appena, impercettibilmente, senza sollevarsi di un millimetro.
Non voleva perdere quel contatto con la realtà, nonostante lo sentisse poco. Ma c'era e lo sapeva nonostante quel dormiveglia agitato.
E poi, ancora.
Il cielo scuro, un tonfo sordo. L'immagine sfocata dell'uomo e della donna che aveva davanti oscurata di colpo. All'improvviso, non poteva più vedere niente.
Braccia estranee che la stringevano, con cura e, nello stesso momento, in modo così brutale. E poi, un ambiente illuminato, delle grida, dei pianti. Percepì di nuovo un altro tipo di braccia, calde e familiari, che le sembrava di conoscere da tanto tempo.

No... cosa succede?

Riconobbe la pelle bianca, i capelli biondi di qualcuno che le impediva di muoversi. L'odore amaro delle lacrime, un corpo più grande che sussultava contro il suo. Il viso premuto contro un'altra spalla.

Di nuovo... perché?

Rosso. Qualcosa di rosso che non riusciva a ricordare.
Scattò seduta di colpo, il cuore che sussultava a ogni battito, il respiro affannoso, i polmoni che reclamavano aria. Inspirò a lungo nel tentativo di concedere loro un po' di ossigeno e buttò fuori quel poco che le era rimasto in corpo.
Soltanto in quel momento notò il cielo scuro, sopra di se', illuminato appena dalle scarse stelle che riusciva a intravedere.
Abbozzò un sorriso, ancora leggermente confusa. Anzi, forse lo era del tutto.
Lei era lì, in carne e ossa. Non la bambina del sogno, nonostante avesse creduto di esserlo, per qualche attimo. Quello sguardo paffuto e le guance rosee era così simile al suo alla stessa età; le sembrava di essere stata risucchiata in una vecchia foto. Una di quelle che Daisy custodiva gelosamente in soffitta, al piano di sopra.
Già, la soffitta. Ricordò i divieti da parte della sorella maggiore quando lei, di appena cinque o sei anni, faceva di tutto pur di entrarvi. Glielo aveva permesso poche volte e il motivo lo aveva intuito da sola, crescendo.

Troppi ricordi che fanno male.

Il suo sguardo si posò sullo zaino rosso accanto a se'. Quel foglietto era stata l'unica cosa che era riuscita a recuperare, tra vecchie scatole coperte di polvere e cornici di quadri abbandonate su mobili antichi.
Appena un attimo dopo, Daisy l'aveva presa per mano e trascinata a forza al piano di sotto, arrabbiandosi come mai aveva fatto. Se lo ricordava benissimo.
Tuttavia, quella piccola parte della sua vita che era riuscita a scovare tra tutto il resto, quel pezzetto di carta fragile, stropicciato e ingiallito fu un fulmine a ciel sereno. Perché era come se dovesse essere trovato a tutti i costi. Da lei. Da Misty. E ora che ce l'aveva in mano da ben sette anni, non l'avrebbe lasciato andare così facilmente. Sapeva soltanto questo.
Ripensò al sogno, ancora una volta. Sensazioni che credeva di aver già visto, sentimenti provati allo stesso modo.
Notò le proprie mani strette a pugno sulla stoffa del piumone. Sollevò la destra, aprendola lentamente davanti agli occhi.
Nessuna traccia di rosso, di quel rosso nitido per niente sconosciuto.
“E' stato... soltanto un incubo”.
Lo disse sul serio, sussurrando, pur di autoconvincersene.

Posò il viso sul palmo della mano, tentando di riprendere a respirare.
Era tutto finto. Tutto. Allora si chiedeva il motivo per il quale quelle sagome avevano qualcosa di familiare.
I capelli biondi, un abbraccio che conosceva. La voce di una donna che le aveva risvegliato qualcosa in fondo al cuore.
“Perché... ?”.
Si guardò intorno, nel vano tentativo di tranquillizzarsi.
Brock dormiva profondamente, poco più in là, e Ash lo faceva ancora più pacificamente rispetto al normale, senza russare e in una posizione più consona del solito. Non c'erano braccia e gambe che spuntavano dal sacco a pelo blu. Era una serata strana. Decisamente strana.
Pensò di rimettersi a dormire e, soltanto quando si accovacciò di nuovo, Ash aprì gli occhi, certo che non avrebbe più corso il rischio di farsi scoprire sveglio da lei.
Rimase serio a osservarla mentre si sdraiava, insospettito. Restòche in attesa di qualche altro movimento, le orecchie tese e le sopracciglia inarcate, finché il sonno non lo costrinse a chiudere gli occhi.

“Lo sapevo, ci siamo persi di nuovo”.
Misty sbuffò, ma non si scompose più di tanto. Non poteva che essere abituata a certe cose, viaggiando con Ash. Si era arrabbiata così tante volte per lo stesso motivo, che si convinse a non farlo per l'ennesima volta, perché sapeva che sarebbe stato fiato sprecato.
Brock assistette impotente alla scena, senza fiatare, volgendo lo sguardo preoccupato prima sull'amico che li precedeva con la cartina in mano e poi sulla ragazza alla sua sinistra che, stranamente, era tranquilla.
“Non ci siamo persi! Non puoi dire di esserti persa se stiamo ancora seguendo il sentiero”.
Ash rigirò tra le dita il foglio che aveva in mano, riflettendo.
“Pikapi... “.
Pikachu sospirò, notando perplesso il modo in cui l'allenatore stesse cercando di trovare la direzione giusta.
“Ash, stiamo camminando da ore. Direi che ci siamo persi, ti pare?”.
Crollò esausta sulle ginocchia, mentre Brock aveva lo sguardo di qualcuno che non sa se sia meglio ridere o piangere. Oppure darsela a gambe levate, se avesse potuto.
“Ha ragione Misty. Prendiamoci una pausa, intanto vi preparo qualcosa di buono da mangiare”.
Ash lanciò un'occhiata eloquente alla ragazza seduta a terra, che posò lo zaino accanto a se'.
“Oh, insomma! Non manca tanto, non capisco come possiate-”.
La sua frase fu interrotta da un forte rumore di stomaco. Il ragazzo rise, imbarazzato, appoggiandosi una mano sulla pancia.
“- beh... non c'è niente di male a fermarsi qualche minuto per mettere qualcosa sotto ai denti. Dopotutto non abbiamo fatto colazione. Sei d'accordo, Pikachu?”.
Il piccolo pokémon saltò dalla sua spalla e si accovacciò tra le gambe di Misty.
“Ash, sei il solito”.
Non c'era rimprovero come le altre volte, nella sua voce. Era calma, come se non stesse assistendo sul serio alla scena. Come se le sue parole fossero automatiche, preparate, come se avesse dovuto pronunciarle, ma fosse per lei sarebbe rimasta zitta. Non vi era enfasi, né la voglia di inseguirlo riempiendolo di insulti. Le frecciatine erano vuote, quasi come fosse obbligata. Una catena di montaggio, monotona e apatica.
Lui se ne accorse.
La guardò per qualche attimo, finché lei era occupata a scrutare i sassolini dell'asfalto polveroso. Quando sollevò la testa, Ash si voltò prontamente, senza dire una parola.
“Era tutto buonissimo, Brock!”.
Ash si massaggiò lo stomaco, sdraiandosi sull'erba alta.
“Sì, hai proprio ragione”.
Misty sorrise, cedendo il proprio piatto vuoto all'amico più grande. Non erano lì neanche da venti minuti, ma il tempo cominciò a cambiare velocemente.
“Uhm?”.
Brock si accorse del venticello che gli fece venire la pelle d'oca. Sollevò lo sguardo, scrutando il cielo che pian piano si oscurava.
“Fa fresco, adesso. Credo che stia per arrivare il temporale”.
Ash si tirò a sedere, imitandolo.
“Ci conviene trovare un posto dove poterci riparare, allora”.
Misty si alzò in piedi e Pikachu salì di corsa sulla spalla del suo allenatore, attento. Qualche breve fulmine apparve dalle sue gote.
“Pikachu avverte che c'è qualcosa che non va” realizzò la ragazza, riflettendo a voce alta.
Scrutò ogni angolo intorno a loro: non c'era anima viva, a parte il sentiero che avevano appena percorso e gli alberi che aprivano la via.
“Andiamo, è pericoloso stare qui”.
Un attimo.
Fu un attimo.
Il tuono in lontananza. Il cielo buio. Un altro fragore più vicino.

No!

Mamma!

Mamma dove sei?!

Rimase immobile, paralizzata per parecchi istanti. Le gambe non si muovevano, la testa divenne un macigno difficile da sopportare.
Non era più con Ash e Brock. Non c'erano da nessuna parte. Si voltò sconvolta quando si rese conto che il buio inglobava ogni cosa.
Si ritrovò da sola. Un edificio grigio, tetro, oltre la strada. Le gocce sulla propria pelle.
Una mano che la lasciava andare controvoglia.

Non farlo!

Vattene! Corri!

Misty, vieni via!

L'enorme fragore del tuono. Un lampo squarciò il cielo.
“No, per favore... “.
Stavolta era stata lei a parlare. Era riuscita a percepire la propria voce.
“Non posso... NO!”.
“Misty!”
Quando riaprì gli occhi, era in piedi, le mani premute contro le orecchie, con Ash che le aveva afferrato il braccio cercando di trascinarla via.
La guardava incredulo, adesso, senza mai mollare la presa su di lei.
Le gocce di pioggia fredde c'erano sul serio, non era soltanto un'allucinazione o un sogno a occhi aperti.
Un altro tuono.
Misty sobbalzò, poggiando il fianco contro di lui. Si mise di nuovo le mani sulle orecchie istintivamente, senza capire.
“Misty, cosa... -”
“-Ash andiamo via, ti prego”.
Stava tremando impercettibilmente e non se ne rese neanche conto. Ash sì, perché il suo corpo era premuto contro il proprio. Fece scivolare la mano dal braccio di lei al polso, sgranando gli occhi.
“Sì, Brock è più avanti, ci sta aspettando... muoviamoci”.
E Misty iniziò a correre, nonostante percepisse appena le gambe, nonostante non riuscisse a capacitarsi di ciò che fosse appena accaduto.

  
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