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Autore: Gaia Bessie    20/02/2013    3 recensioni
E' solo un gioco, Mary, solo un gioco.
[Seconda classificata al "Drabble che mania" indetto da saramichy sul forum di Efp]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Avery, Mary MacDonald
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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I versi prima della storia sono presi da "Piccola stella senza cielo" di Ligabue. Pairing inusuale, lo so, ma spero che vi piaccia :)

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Cosa ci fai
In mezzo a tutta questa gente

 
“Cosa ci faccio qui” si era domandata Mary, mentre si stringeva nel mantello infeltrito e vagava con fare annoiato per le strade di Hogsmeade, ascoltando l’eloquio eccitato delle sue compagne di Casa. Cosa ci faccio qui?
Camminava e sorrideva a un volto che a malapena vedeva. Si sentiva sola, alla fine, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo, lei che si era proclamata una sostenitrice della solitudine degli eremiti.
Eppure, continuava a guardarsi attorno, quasi come se stesse cercando qualcuno. E vedeva solo neve, neve che non si scioglieva e pesava sul suo cuore appena tiepido.
Temeva di essere invisibile, in tutta quella neve, lei che era di un grigiore simile a quel bianco splendente e doloroso.
Ma lui, lui l’aveva notata.Se si voltava, Mary lo vedeva: aveva gli occhi socchiusi e ostinatamente puntati sulla sua figura, ma lei non aveva ricambiato lo sguardo nemmeno una volta. Camminava ostinatamente e aveva deciso di voltarsi solo quando il sospetto che lui se ne fosse andato aveva iniziato a solleticarle la nuca.
Si era voltata esitante, certa di scorgere il biancore monotono della neve.
Invece, lo sguardo di Avery la bruciava.
 

 

 

 
Ti mostrerai
Ci incanteremo mentre scoppi in volo

 
Ballava da sola, nel giardino curato da sua madre, calpestando i petalo secchi. Le piaceva, l’estate. Le piaceva da morire.
Ma quell’estate, Mary l’aveva odiata con tutto il cuore: il tempo non voleva saperne di passare velocemente e lei se ne trovava piene le mani, di tempo inutili, e non sapeva come ucciderlo, come lasciare che non fosse lui a fagocitarla con quella lentezza estenuante.
Volteggiava come una di quelle trottole con cui giocava suo fratello, da bambino. Quelle trottole che si rompevano, quando passava troppo tempo, anche se la motivazione non era quella: si rompevano e basta, quando il tempo diventava una forza troppo dura e oppressiva per loro.
Anche Mary si sarebbe rotta, prima o poi, lei che voleva solo essere libera.

 

 

Ti staccherai
Perché ti tiene su soltanto un filo, sai

 
Viveva appesa a un filo, sotto di lei quel vuoto opprimente, e nessuno che le insegnasse  com’era che si spiccava il volo. Viveva con il terrore di cadere, in quel vuoto, di doverlo abbracciare e amare e, conseguentemente, di doverci convivere per l’eternità.
E, un giorno, era caduta. Perché non importa quanto attenzione tu faccia, alla fine c’è sempre il momento in cui tocca a te, cadere. E lei era caduta prima di volare davvero, lo sguardo di Marcus Avery che voleva schiacciarla con un fastidioso insetto. Non l’aveva aiutata.
La guardava rialzarsi e cadere di nuovo. E forse era lui che pregava divinità ignote perché continuasse così, lei che non meritava il suo aiuto.
– Aiutami – aveva mormorato una volta, convinta che lui non l’avrebbe mai sentita.
Solo che lui, l’aveva udita fin troppo bene. E la risposta, nella sua infinita inclemenza, l’aveva urlata.
– Non aiuto le Mezzosangue.
E Mary era crollata, con lacrime da ingoiare fino a soffocare e un nuovo peso nel cuore.
Non lo amava. Lei non lo amava.
Ma quello sguardo non la lasciava mai.


 

 

Vorrebbero tenerti nel loro buio

 
Il dolore le scuote ogni fibra nervosa, facendola tremare. Ma il dolore più grande era quello che le frantumava il cuore, era vedere Avery sorriderle per la prima volta. E parlarle dolcemente, per dire solo quella parola maledetta.
Crucio.
E lo vedeva, il sangue, il suo sangue lurido – aveva detto così, lui, prima di gettarla a terra – che macchiava il pavimento. Aveva temuto che lui violasse quel sentimento che lei aveva provato, prima di vederlo sorridere – quel ghigno avrebbe popolato i suoi incubi – e parlarle dolcemente.
L’ha trascinata nel buio e ha lottato per farcela rimanere, per non farla volare via.
E lei urla, piange e gli chiede di smetterla.
Perché dovrei smetterla? È solo un gioco, Mary, solo un gioco.
E ride nel buio, Avery, e le asciuga le lacrime e non bada a quel sangue che gli rimane addosso. Sporco, sangue sporco, sangue da lavare via. Sangue e lacrime.
Non piangere, Mary, non piangere.
Ma lei non smette.
Perché piangi?
Lei non risponde: la verità l’ha scolpita la sua arrendevolezza, sulla pelle alabastrina che Avery aveva voluto sfregiare.
Forse l'ho amato.

   
 
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