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Autore: kannuki    21/02/2013    1 recensioni
Se Google non riesce a rintracciarti, per il mondo, tu non esisti.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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>Stiamo uscendo<

L'uomo con la valigetta ha un'età stimata sulla trentina, altezza media, caucasico. Occhi e capelli scuri, dal taglio ordinato e pulito. Si intravede un cenno di stanchezza sul viso. La mano destra continua a stringere la cinghia della borsa che scava la sottile imbottitura della spallina sotto la giacca. I suoi occhi sono vacui, assenti. Compie lo stesso tragitto quasi tutti i giorni, sempre accompagnato dalla donna.

La donna che cammina con passo felpato e svelto, indossa un completo fatto su misura, scarpe basse, chiuse, adatte a correre. La camicetta manca del secondo revers ma i lembi corrono chiusi lungo il torace fino al primo bottoncino bianco. Fisico asciutto e snello. Ha dimenticato di indossare la cintura, quella mattina. L'umidità è insopportabile, le arriccia i capelli naturalmente ondulati e corti che cerca in tutti i modi di tenere a bada con le classiche forcine invisibili. La sua espressione è vigile e scandaglia ogni persona che si frappone sul loro cammino. Sembra tenere molto alla sicurezza dell'uomo che la distanzia di pochi passi.

> Rich, aggiornami<

>La strada è libera<

Debra Sept pensa 'perfetto' e quando le porte scorrevoli della Borsa si aprono, Messina spalanca la portiera della limousine. L'uomo entra e Debra gira attorno alla macchina, lanciando occhiate furtive attorno a se. L'autista riparte dolcemente, immettendosi nel traffico impazzito della mattina. E' facile, il suo lavoro. Deve solo far restare in vita quei ricchi paperoni fissati con la sicurezza.

La cintura.”

Debra sposta lo sguardo dal finestrino e lo posa cautamente sull'uomo e poi su se stessa. Lei è il capo della sicurezza, dovrebbe dare il buon esempio. La pagano fior di quattrini per presentarsi a lavoro in anticipo e in ordine. “L'ho dimenticata. Mi scusi, signore.”

L'uomo richiude la brossure che deve ancora leggere, la valigetta aperta sulle ginocchia. La solita telefonata che resta senza risposta. La stanchezza si accentua, il cliente allunga le gambe avanti e guarda le macchine ferme al semaforo. “Sta per piovere... avete un ombrello, Sept? Non deve prendere un malanno per colpa mia.”

La donna siede sul sedile anteriore e, senza farsi notare, lo sottopone al solito esame di fine giornata. La telefonata è andata a vuoto anche stavolta. Debra non ha capito molto bene che lavoro fa, ma non la pagano per fare domande. Il suo cliente conosce cose che gli altri non conoscono ed è sempre un passo avanti a tutti. C'entra il mercato della compravendita, ma per il resto è un fantasma: se Google non riesce a rintracciarti, per il mondo, tu non esisti. Il lavoro la costringe anche a parlare con quei ricchi paperoni, ma non se la cava mai molto bene. Deve lavorare il doppio di un uomo, per dimostrare di essere migliore. E' timida e non stringe facilmente amicizia. Però è bravissima a leggere le persone, e più di una volta si è accorta che il cortese interesse di alcuni clienti nascondeva altro. Il giorno in cui Mark Framboise non necessiterà più dei suoi servigi, sarà il giorno in cui aprirà una pasticceria. Questo le fa ricordare che il contratto sta per scadere e DeBurgh non l'ha ancora chiamata. “Avete bisogno di qualcuno all'interno, signore.”

Interno? Ah, la festa. Mark Framboise chiude gli occhi e annuisce. Odia le feste, quelle feste. Odia dover parlare del suo lavoro dopo l'orario di lavoro, e odia presentarsi sempre solo.

Rich si occuperà di voi.”

Di quante guardie del corpo ha bisogno un uomo qualunque? “Sì, signora.”

Ha ristrutturato l'appartamento e cambiato macchina e guardaroba, da quando ha accettato di proteggere quell'uomo che non sembra volerne sapere nulla dello spiegamento di forze in suo onore.

Ma se preferite, sarò la vostra ombra. A che ora vuole uscire?”

Possiamo pensarci domani?”

E' stato educato, ma è evidente che ne ha abbastanza di tutti. “Sì, signore.”

Grazie, Sept...”

Dovere, signore.”

***

Il contratto non è stato ancora rinnovato. Debra vede l'insegna della pasticceria avvicinarsi sempre di più. Avrà una scritta elegante e raffinata, pareti pastello... e un telefono che squilla. “DeBurgh, dammi buone notizie” esclama lanciandosi sul cordless. Le seccherebbe perdere quel cliente, però. E' uno dei migliori. “Un altro lavoro?” Debra guarda il microonde aperto, ci infila la pizza surgelata e imposta temperatura e orario. I capelli ricci e corti sgocciolano acqua ma l'asciugamano rosa che tiene attorno al collo le impedisce di avere le spalle bagnate. Posa i gomiti sul tavolo, il planning del mese completo di incombenze lavorative, cene con le amiche e appuntamenti dall'estetista. Picchietta la penna sull'oroscopo del mese e quando il suo cacciatore di teste personale le comunica il nome del nuovo cliente, Debra smette di tormentare la ciocca che le cade sugli occhi. Il nome non le dice nulla. “E' un ragazzino?”

>Uno di quei geniacci che lavorano nell'ombra. Il governo li usa per hackerare i sistemi informatici dei Paesi nemici<

Mh... un nerd... non li sopporto...”

>Questo perché sai a malapena usare il bluetooth e la connessione wifi, bellezza<

Gente stramba che vive in un mondo a parte...” soffia trasferendo la pizza dal microonde al piatto. “Parliamo delle faccende serie. Quanto paga, il genio, per le mie prestazioni?”

>Il solito, nulla di più<

Già, il compenso pazzesco di Framboise può scordarselo.

>Scusa tesoro, non ha ancora chiamato<

Debra sgranocchia la crosta che il microonde non ha reso molliccia come il resto e alza le spalle. “Mi piaceva la sua gratifica natalizia.”

***

Sta bevendo troppo. In due anni di lavoro, non ha mai visto il suo cliente alterato dall'alcool. Aveva una brutta faccia quando è salito sulla limousine. Debra non crede ad un lutto in famiglia, quanto ad un crollo del mercato invisibile per cui lavora. Scivola come un fantasma fra gli invitati e di gorilla ne vede parecchi. Le escort sono ancora più accorte di loro. Quasi nessuno porta la moglie o la fidanzata a quelle feste. Framboise si presenta sempre solo, ma Debra sa che ha una fidanzata da qualche parte. Una poetessa o una scrittrice, non ricorda bene. La sua telefonata senza risposta delle 19 di sera. Il contratto non è stato ancora rinnovato e anche se ha un rimpiazzo pronto, l'idea di non gestire più la sua sicurezza personale la disorienta. Si avvicina all'uomo e lo saluta educatamente.

Vuole bere qualcosa, Sept? Ah, già... è in servizio...”

Lo dice come se fosse molto seccato della sua sobrietà. “Sono astemia, signore.”

Si diverte, qualche volta?”

Il suo cliente deve odiare il mondo intero, quella sera. “Sì, signore.”

Ha un fidanzato?”

No, signore.”

Mark Framboise annuisce, prende atto e indugia lo sguardo nel bicchiere di champagne. “Lei non ride, lei non beve, lei non ha il fidanzato...”

Lo dice come se la detestasse, ma Debra è abituata ai clienti difficili, ed è la prima volta che le pone tutte quelle domande. La conversazione con gli alti papaveri deve essere stata inconcludente e noiosa. “Posso parlare liberamente, signore?” mormora girando lo sguardo intorno. “Il mio contratto non è stato rinnovato e l'agenzia ha provveduto ad affidarmi un nuovo cliente.”

Mark Framboise smette di guardare le bollicine formate sul bicchiere e sposta lo sguardo sulla donna.

Debra pensa che è un bell'uomo ma non è entrato in nessuna classifica perché lui, tecnicamente, non esiste. “E' l'ultimo mese che ho l'onore di riportarla a casa sano e salvo” annuncia togliendogli il bicchiere dalla mano e posandolo sul primo vassoio vuoto. “Vuole seguirmi, signore?”

La festa non è finita, Sept...”

La festa è finita, signore.”

E a volte, deve usare le maniere forti.

Mark Framboise sa che potrebbe stenderlo con una mano. Non ha mai avuto dubbi sulle sue capacità, anche se è la metà di un uomo.

Non mi costringa ad usare la forza.”

E gli ricorda la maestrina del primo anno di liceo che lo caricava di compiti. Si era preso una mezza cotta per lei. Mark Framboise tace e la segue fuori, mentre Debra chiama la macchina e lo piantona, neppure fosse un carcerato in attesa di essere trasportato nel braccio della morte. Lo infila nella limousine e sale davanti con l'autista. Il silenzio dell'abitacolo è fastidioso, dopo il chiacchiericcio e la musica della serata. Il capo della sicurezza non lo lascia mai solo ma stavolta ha scelto di sedere sul sedile anteriore.

Quando Debra apre la portiera, lo trova mezzo addormentato. “Siamo arrivati, signore.” La sua residenza è in uno di quei grattacieli che salgono fino a bucare le stelle. Debra non è mai stata dentro l'appartamento e non ha mai oltrepassato il custode in livrea. Ci sono diversi ascensori, Mark Framboise le indica quale prendere e Debra sospira e si chiede se dovrà anche spogliarlo e metterlo a letto. Sta in piedi da solo ma non si fida a lasciarlo andare. Non le piacciono quegli ascensori che si aprono direttamente all'interno delle abitazioni, fanno tanto centro commerciale e azzerano il concetto di privacy. Il suo cliente è ben strano: tiene alla sicurezza ma i vetri alle finestre non sono neppure antiproiettile. Chi ucciderebbe un uomo che non esiste? “Siamo arrivati, signore. Mi dia la giacca.”

Posso farlo da solo...”

Non voglio trovarla a dormire sul pavimento, signore” annuncia chinandosi a slacciare le stringhe delle scarpe.

Non siete la mia cameriera personale, non ne ho mai avuta una e non comincerò ora...” si oppone ricevendo un'occhiata perplessa.

Bene, signore. Mi faccia vedere.”

Debra si rialza e incrocia le braccia. Lo sfida a chinarsi in avanti senza vomitare o cadere lungo disteso. Resta fregata quando lo vede sedersi sulla poltroncina, sollevare il ginocchio e slacciare l'altra scarpa con aria soddisfatta. Sorride, per la prima volta in due anni. “Molto bene, signore. Molto, molto bene.” Con estrema delicatezza, la donna fa scivolare lo smoking dalle spalle.

Mark Framboise chiude gli occhi e li riapre immediatamente. Quella sensazione non la provava più da molto tempo. “Quante volte le è capitato... di dover mettere in riga... un cliente?”

Molte volte, signore.”

Debra passa il suo braccio sopra la spalle e lo costringe a rialzarsi dalla poltrona. “Sono in molti a credere di comprare la persona, oltre i suoi servigi.”

E' il mercato...”

Col dovuto rispetto, signore...” sussurra entrando in quella che crede sia la camera privata “... è una cazzata.”

In due anni, Mark Framboise non ha mai udito il capo della sicurezza esprimersi in certi termini. In quei due anni, Debra Sept non ha mai sentito il suo cliente ridere. Inspira e lo scarica sul letto. “Tolga il resto dei vestiti e si corichi.”

Agli ordini...”

Debra resta discosta e ne osserva i patetici tentativi di slacciare la camicia. Ha messo a dormire molte amiche e un numero infinito di compagni, al college. Non fa alcuna differenza. Gli allontana le mani e slaccia i bottoncini. Il suo cliente ha un buon profumo e la pelle scura da lettino abbronzante. E' una persona molto curata. Le viene voglia di vedere cosa contiene l'armadietto del bagno. Tira la cintura dai passanti, sente il suo sguardo scuro addosso e crede, ma non è certa, che sia eccitato. “Il resto non spetta a me” dichiara a bassa voce. “Posso sapere perché il contratto non è stato rinnovato? Ho gestito male il mio lavoro?” sussurra, ben sapendo che è inutile parlare con un uomo ubriaco che l'indomani mattina ricorderà meno della metà di quel che è successo.

Anche se è ottenebrato dall'alcool - ed ora eccitato da tutto quel movimento di mani femminili – Mark Framboise può sentire la sua voce passare dalla sicurezza alla timidezza. “Le dispiacerebbe... non lavorare più per me... Sept?”

Sì, signore.”

Perché?”

La verità? Si affeziona ai clienti e lui non le ha mai dato problemi. “Per la sua gratifica natalizia, signore.”

Mark Framboise sorride e tira la camicia dai pantaloni eleganti. E' un bello sforzo ma una volta libero, è felice di averlo fatto. Debra Sept ha gli occhi grandi e di color nocciola. Anche quella sera i ricciolini le sfuggono dalle mollette invisibili. Anche quella sera, ha addosso un tailleur pantalone elegante e le scarpe basse. Confondersi come un'ombra non le è riuscito molto bene. Spiccava fra tutte le donne ingioiellate e in abito da sera. Mark Framboise risistema un ricciolino e la fissa, con lo sguardo tipico dell'ubriaco che cerca di riprendere il controllo. I suoi capelli sono morbidi e setosi e si infilano fra le dita che è una bellezza. Ora i suoi occhi sono di due taglie più grandi del normale e le labbra socchiuse si serrano dopo un istante di incredulità.

Le è arrivato il cuore in gola. La gratifica natalizia non è l'unico motivo per temere la perdita del lavoro. “Potrebbe prendere la sua decisione e comunicarla a DeBurgh?”

Sì, signora...” sussurra puntando di colpo le mani sul letto. Troppo alcool. Decisamente troppo alcool per un mezzo astemio come lui. “Domattina... sveglia alle sei...”

Sì, signore.”

Potrebbe prendere le aspirine nell'armadietto del bagno?”

Certo, signore.”

Mark Framboise strizza gli occhi cercando di metterla a fuoco. “Grazie...”

Debra si allontana verso il bagno, le gambe le fremono e ha una gran voglia di scappare. Non si sofferma a spiare il contenuto del locale, afferra quel che le è stato chiesto, riempie un bicchiere d'acqua e lascia tutto sul comodino. Il suo cliente sta dormendo alla grande sopra la coperta. Debra spegne la luce, sospira e si infila nell'ascensore, tirando le falde della giacca verso il basso. La musica delicata di Chopin l'accompagna nella discesa. Non se la toglierà più dalla mente.

  
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