CAPITOLO TERZO: UN NUOVO INIZIO.
Pegasus
e Phoenix correvano verso la battaglia, seguiti da Jonathan, Reis e Matthew. Li guidava Shen
Gado dell’Ippogrifo, che ben conosceva i passaggi più celeri per il Primo
Cerchio.
Il
Capitano della Guardia aveva spiegato ai suoi improvvisati compagni d’arme la
struttura del reame della Luna, suddiviso in nove anelli concentrici che si
allargavano attorno a un nucleo centrale, dal primo, più interno, al nono, il
più esterno, nonché quello in cui iniziava la Via Maestra attraverso il regno.
Nove cerchi separati da alte e robuste mura di sabbia lunare, pervasa dal cosmo
degli Dei fondatori. Nove cerchi che prendevano il nome dai pianeti del sistema
solare, il cui schema volevano idealmente ricreare, ponendo la residenza di
Selene e Endimione al centro, il sole del loro regno.
“Eccoci
al primo, difeso da Igaluk, Selenite di Mercurio e
Divinità lunare presso i popoli inuit!” –Incalzò Shen Gado, varcando la soglia con un agile balzo.
Pegasus
e gli altri lo seguirono, stupendosi al qual tempo del paesaggio in cui si
ritrovarono, una landa glaciale costellata da rozzi speroni di ghiaccio che
sgorgavano dal terreno. Non molto
dissimile dalla Siberia in cui Cristal ha vissuto,
pensò il ragazzo, ricordando quand’era corso in aiuto dell’amico, anni
addietro.
“Ogni
Selenite personalizza la propria parte di regno a modo suo, ricreandovi le
bellezze della terra natia, formandole con il proprio cosmo divino.” –Commentò Reis, intuendo i pensieri del Cavaliere.
“Ariunngaipaa!”
–Esclamò un uomo, facendosi loro
incontro. –“Benvenuti al Primo Cerchio! Non abbiamo mai avuto così numerose
visite come quest’oggi! Ma non tutte piacevoli!” –Dai tratti somatici tipici
degli abitanti delle terre artiche, Igaluk era
piuttosto basso, dieci centimetri meno di Pegasus e Phoenix, sebbene di
corporatura apparisse ben piazzato, da ciò che la sua singolare corazza
lasciava trasparire. Era un’armatura bianca e azzurra molto coprente, che ben
si intonava al paesaggio circostante, con cui, a seconda dei riflessi di luce,
riusciva persino a confondersi. Sulle spalle, sulle braccia e sulle ginocchia
portava delle smussate lastre circolari che a Pegasus parvero degli scudi un
po’ grezzi, e forse assai ingombranti in battaglia. Ma poi ricordò le parole di
Selene e di Shen Gado sul ruolo avuto dai Seleniti
fin da quando il reame della Luna era stato fondato. Un ruolo puramente
difensivo, di protettori dell’ultimo paradiso perduto, e riconobbe che lo scudo
era in tal caso l’arma più adatta.
“Igaluk! Com’è la situazione? Sento cosmi maligni saturare
l’aria!” –Chiese subito Shen Gado, ricevendo in
cambio uno sguardo preoccupato.
“Bil e Hjúki stanno facendo la
spola tra i nove cerchi per darci tutte le notizie! Non che ce ne sia effettivo
bisogno, essendo tutti coscienti dello spegnersi del cosmo di un compagno. Ma è
un modo, per i giovani apprendisti, di sentirsi utili e dare il loro
contributo!” –Rispose il Selenite di Mercurio. –“I nostri invasori stanno per
varcare la soglia del Settimo Cerchio e non so quanto il vecchio Tecciztecatl
potrà resistere contro quelle furie! Mai percepito cosmi così bellicosi!”
“È
là che andremo, allora! A portare aiuto!” –Esclamò il Capitano della Guardia, e
anche Pegasus e gli altri annuirono, prima di salutare Igaluk
e sfrecciare lungo la piana ghiacciata.
Subito
i Cavalieri di Atena notarono che Shen Gado non
procedette in linea retta, bensì virò verso destra, scivolando tra le grezze
stalagmiti con l’agilità e la sicurezza di chi quella strada aveva percorso più
volte. Dopo una corsa di pochi minuti si fermò di fronte a un varco incassato
nel muro di ghiaccio che separava il Primo Cerchio dal Secondo, un pertugio
così stretto che, se non lo avesse indicato loro, non lo avrebbero notato.
“Dunque
le uscite non sono tutte lungo la stessa direzione...” –Commentò Pegasus. Al
che Shen Gado annuì, spiegando che la sinuosità della
Via Maestra era un ulteriore strumento di precauzione che i Seleniti avevano
adottato millenni addietro, quando edificarono il loro regno.
“Solo
chi conosce la strada sa dove andare, gli altri devono procedere per tentativi,
costretti anche a girare in tondo.”
“Oppure
possono semplicemente sfondare il muro!” –Ironizzò Pegasus, ricevendo
un’occhiata stizzita da parte di Reis e Jonathan.
“Non
è così semplice. Dovrebbero avere forza sufficiente per vincere la resistenza
offerta dal cosmo di Selene e della Divinità preposta alla difesa di quel cerchio…” –Disse Shen Gado, ma la
sua spiegazione fu interrotta da un improvviso scuotersi del suolo lunare, che
zittì per un momento tutti i presenti, facendoli trasalire.
“Voi
non lo conoscete… ma Ares è un tipo che va per le
spicce!” –Esclamò Pegasus sarcastico, prima di fare cenno agli altri di
infilarsi nello stretto passaggio tra i due anelli, aumentando la loro velocità.
Matthew,
l’ultimo ad entrare, si fermò dopo pochi passi, guardandosi alle spalle
perplesso e concentrando i propri sensi.
“Tutto
bene?” –Gli chiese Reis, fermatasi ad aspettarlo.
“Sì.”
–Commentò il ragazzo. –“Mi era sembrato di percepire qualcosa…
o qualcuno…” –Non disse altro e riprese a correre
assieme al Cavaliere di Luce, lasciandosi alle spalle il Cerchio di Mercurio e
la figura ignota che, da dietro un rilievo ghiacciato, li osservava attenta.
***
Flare era
magnifica, quel giorno. Scivolava leggiadra tra la folla festosa, in un abito
bianco che sua madre aveva cucito per lei molti inverni addietro, per
un’occasione importante, magari il suo sposalizio. Dispensava sorrisi agli
abitanti di Midgard, riuniti per celebrare la fine di
un’era e l’inizio di una nuova, intrattenendosi a parlare con loro e ricevendo
carezze e benedizioni.
Il
Salone del Fuoco della fortezza era gremito di gente, non solo residenti nella
cittadella ma anche taglialegna, arcieri e gente comune, a lungo vissuta nei
boschi del regno, che aveva scelto di abbandonare il proprio silenzioso
isolamento per radunarsi a palazzo in quell’occasione solenne. Triste e al
tempo stesso fonte di speranza. Non capitava tutti i giorni, infatti, di
assistere all’incoronazione della nuova Regina di Midgard.
Flare
avrebbe voluto che la cerimonia avesse luogo all’esterno, nel piazzale
retrostante la rocca, sia per accogliere un maggior numero di persone, sia per
rendere onore alla sorella, che là amava pregare Odino, circondata da tutti i
fedeli. Ma lo spazio era ancora inagibile, a causa degli scontri con i Giganti
di Fuoco, per quanto i suoi consiglieri avessero già provveduto a organizzare i
lavori di rifacimento. Molti volontari stavano arrivando da tutte le terre del
nord, per dare il loro contributo alla ricostruzione del piazzale, sgombrandolo
dalla macerie e dalla neve, e all’edificazione di una nuova statua di Odino,
un’impresa titanica pari a quella di cui avevano sentito parlare nei racconti
degli avi. A Flare si strinse il cuore dalla gioia
nell’apprendere con quanta sincera devozione il popolo di Midgard
credesse negli antichi Dei e nei loro rappresentanti in terra, anche dopo
quanto era accaduto, anche dopo le violenze subite, e le parole di Enji le diedero ulteriore conferma.
“Ho
servito il casato di Polaris fin dalla fanciullezza e
posso dirvi, mia Signora, che nessuna Celebrante di Odino è stata amata come
vostra sorella. Lei era proprio come la cittadella, che si erge a picco sul
Mare Artico, sfidando fiera le intemperie del mondo. E voi rischiate di esserlo
ancora di più!”
La
nuova regnante non disse niente, limitandosi a sorridere al devoto consigliere,
che la accompagnava lungo il salone, seguiti a breve distanza da un gruppo di
Guardie della Cittadella, una porzione del poderoso servizio di sicurezza che
Bard, d’accordo anche con Cristal, aveva allestito
quel giorno, a protezione di Flare e del popolo. Per
quanto entrambi non temessero attacchi specifici, dopo quanto era successo con Loki giorni addietro avevano deciso di non correre rischi.
Proprio
il giovane allievo di Orion la attendeva ai piedi
della scalinata che conduceva al trono, splendido nella sua uniforme di
servizio, con il Cavaliere del Cigno al suo fianco. Dismessi i panni del
combattente, Cristal indossava abiti prettamente
nordici, che Flare gli aveva fornito prendendoli dal
guardaroba di famiglia. Anche Kiki era presente,
rimasto a Midgard assieme all’amico per sostenere Flare, in un completo così elegante quanto barocco che lo
faceva assomigliare ad un valletto di corte.
“Rivoglio
i miei vestiti!” –Bofonchiò il ragazzino, grattandosi il fondo schiena.
–“Questi mi danno il prurito!”
Cristal
non poté trattenere una risata genuina, prima di rimanere a bocca aperta quando
la nuova Celebrante di Odino gli si parò di fronte, con i voluminosi capelli
biondi che le ricadevano liberi sulla veste. Flare
sorrise ai giovani, fermandosi di fronte al nuovo Comandante della Guardia e
baciandolo in fronte, ringraziandolo per tutto quello che aveva fatto per
Asgard e per il casato di Polaris.
“Orion non avrebbe potuto istruire allievo migliore! Sono
sicuro che è fiero di te, come tutti noi!” –Gli disse, sorridendo, prima di
salire i pochi scalini del palco e voltarsi verso il popolo riunito. Il suo
popolo. Quello che era chiamata a difendere e confortare.
“Wotan, vernda oss!” –Esordì, invocando la protezione del Signore
degli Asi. –“Genti di Asgard! Genti di Midgard! La vostra presenza qua mi onora, la vostra fiducia
mi rasserena, la vostra speranza mi darà la forza per muovermi lungo nuovi
sentieri, che mai avrei immaginato di percorrere così presto! Mia sorella, la
mia adorata sorella, amava questa terra, ricca di insidie e misteri, di fascino
e nascosto calore, e per questa terra ha dato la vita, affrontando l’ombra e le
fiamme! Da sola, ha scelto di uscire dal mondo affinché il mondo potesse
continuare a esistere, convinta nel profondo che dopo un’epoca oscura sarebbe
succeduta la luce, come le due essenze si rincorrono dai giorni della
creazione!” –Parlò la ragazza, con voce calma, sostenuta dal ricordo di Ilda e
dallo sguardo fermo di colui che amava, tutto ciò che ancora le restava di quel
sogno di felicità inseguito da bambina.
“Leggo
la paura nei vostri occhi, il timore per il futuro, soprattutto adesso che il
nostro suolo è stato violato, il nostro santuario incendiato, la statua del
Signore degli Asi sfregiata. Ma leggo anche, nei
vostri cuori come nel mio, la voglia di ricostruire, di andare avanti, di non
cedere, forti e solidi come le rocce con cui la cittadella è stata issata, come
le radici del possente Yggdrasill, che da solo poteva
sostenere nove mondi. Noi non siamo chiamati a così estenuante impresa, poiché
solo di un mondo dovremo sobbarcarci il peso. Il nostro! Il recinto di mezzo
cui siamo confinati a vivere! Sentiamoci lieti di ciò, perché un peso non è, né
deve esserlo. Deve essere un’opportunità! Per tutti noi. Così dobbiamo viverla,
e io la vivrò con voi!” –Quindi, alzando una mano per sopire la moltitudine di
applausi scatenatisi dalla folla, fece un gesto che stupì la maggioranza dei
presenti, ma non Cristal. Si inginocchiò, giunse le
mani e pregò. –“Odino non è morto! Non ancora! Egli continuerà a vivere
fintantoché noi crederemo in lui! E un giorno, tra molti misseri, quando i lupi
mangeranno il sole e la luna e un nuovo inverno scenderà, Odino ritornerà per
lottare al nostro fianco! Odino è con noi! Wotan sjálfr er
með oss!”
La
stessa frase fu ripetuta da Cristal, Enji, Bard e, bocca dopo bocca, da tutti i presenti, in un
mormorio sommesso che aumentò d’intensità divenendo una vera e propria
invocazione. Una speranza cui aggrapparsi in un momento di passaggio.
“Odino
è con noi!”
“Che
sia davvero così?” –Non poté evitare di chiedersi una delle tre figure che,
dall’alta balconata del Salone del Fuoco, osservavano la cerimonia riparati
dietro le colonne.
“Nessuno
conosce i destini del mondo!” –Commentò una voce di donna. –“Avì! Persa è
l’antica sapienza di Mimir, esaurita la fonte, nessun
oracolo li rivelerà più.”
“Fate attenzione a non rivelare i vostri cosmi! Il
giovane comandante è un ragazzino, ma il Cavaliere di Atena è combattente
esperto e non faticherebbe a percepirne traccia!” –Redarguì l’uomo che per
primo aveva parlato.
“Cosa
ne pensi della nuova sovrana di Midgard?” –Intervenne
allora una terza voce, poggiando la mano sulla sua spalla. –“Non ha la flemma
della sorella!”
“Questo è vero. Pur tuttavia possiede un cuore grande e misericordioso, colmo
d’amore. Di nient’altro questa terra ha bisogno!”
***
Il
Selenite di Saturno ricordò a Pegasus un nobile Dio conosciuto di recente, lo
splendente Balder, figlio di Odino, al cui stesso
pantheon il custode del Sesto Cerchio apparteneva. Il suo nome era Mani ed era
alto e ben piazzato, imponente nella sua armatura di foggia nordica, in grado di
combinare una rara bellezza con un’indiscussa attitudine guerriera, dote assai
rara tra i Seleniti. Salutò con trasporto Pegasus e Phoenix, di cui sembrava
conoscere molto bene la vita e le avventure.
“Heilir, Cavalieri
di Atena! Vi ho osservato a lungo, seguendo le vostre vicende nelle acque del
secchio Sǿgr,
l’unico specchio che mi è rimasto sul vecchio mondo!” –Esclamò l’uomo, con voce distinta e vellutata.
–“Percepisco il vostro buon cuore e non mi stupisce che il figlio di Odino
abbia ceduto la sua luce a uno di voi! Fanne tesoro, Cavaliere di Pegasus,
perché, avì,
temo che tutti i mondi stiano precipitando in un abisso di tenebra che neppure
il Sole di Asgard potrebbe rischiarare!”
“È
stato un onore per me, per tutti noi, guerreggiare a fianco di Balder e di Odino, nobile Mani! Possano aver trovato pace,
qualunque mondo li abbia accolti dopo la morte!” –Rispose Pegasus, e anche
Phoenix e i Cavalieri delle Stelle annuirono con rispetto, ma prima che
potessero aggiungere alcunché furono distratti dalle grida di due ragazzi, di
una dozzina d’anni non di più, che arrivarono correndo, anticipando un
fragoroso boato e il sollevarsi di una nube di polvere alle loro spalle.
“Il
Settimo Cerchio…” –Commentò Mani, vedendo vampe
rossastre lampeggiare tra le rovine del muro crollato.
“Sono
qua! Gli invasori hanno conquistato il Cerchio di Urano!” –Gridarono Bil e Hjúki, gli apprendisti di
Mani.
“Andiamo!”
–Esclamò Pegasus, stringendo i pugni e lanciandosi avanti, seguito da Phoenix, Reis e Jonathan. Il Capitano della Guardia rimase assieme a
Mani, avendo concordato in precedenza, assieme ai Cavalieri di Atena, la
strategia da adottare: loro sarebbero stati la testa dell’ariete, decisi a
sfondare le linee nemiche, mentre Shen Gado e i
Seleniti avrebbero costituito la retroguardia, proteggendo i passaggi tra i cerchi.
–“L’ultima difesa prima di giungere da Isabel.” –Chiosò il Primo Cavaliere
della Dea Atena, lanciandosi verso il varco aperto nel muro del Settimo
Cerchio, ove, in mezzo al fumo e alle fiamme, alcune figure corazzate avevano
iniziato ad apparire. –“Dove sei, Aresss?!”
Una
moltitudine di uomini e donne, rivestiti dalle stesse corazze violacee e
scarlatte, e armati di tutto punto, si fece loro incontro, vociando
all’impazzata, generando un gran frastuono con le grida e il loro confuso
avanzare. Osservandoli meglio, i Cavalieri di Atena notarono che i componenti
dell’esercito nemico erano tutti molto simili tra loro, divisi perfettamente in
uguale numero di maschi e di femmine, giovani e forti, come fossero nati per la
guerra.
“Non
fatevi ingannare dal loro aspetto adolescenziale! È un inganno tessuto ad arte
per impietosire gli avversari!” –Commentò allora Reis.
–“Gli uomini che vedete sono i Phonoi, diabolici
figli di Discordia, gli inarrestabili guerrieri dell’omicidio, e non si
fermeranno finché non avranno reciso la testa dell’ultimo abitante della Luna!”
“Mentre
le armigere dalle belle fattezze ma dal volto pallido, quasi spettrale, sono le
Androctasie, spiriti della battaglia e del macello!”
–Intervenne Jonathan, che aveva iniziato ad espandere il proprio cosmo dorato.
–“Appartengono alla grande famiglia degli Dei della Guerra, rampolli di Eris e di chissà quale abominio! Ci occuperemo noi di loro,
siamo avvezzi ai combattimenti di massa e ci piace fare a gara tra chi abbatte
più nemici!”
“Ricordi
nell’Inferno? Di quanti Spectre ti ho battuto, bel
biondino?” –Ironizzò Reis, sfoderando la lama di cui
era custode.
“Spectre?! Vuoi forse dirmi che eravate scesi in Ade con
noi?!” –Balbettò Pegasus.
“Naturalmente.
Non vi era venuto il dubbio di non essere soli?! Quanti Spectre
avete sconfitto voi Cavalieri di Atena? Una cinquantina? Beh, ora sapete chi ha
fatto fuori l’altra metà!”
“Saremmo
venuti anche nell’Elisio a prestarvi aiuto, ma le nostre corazze non avevano
ricevuto sangue divino!” –Concluse Jonathan, proprio mentre un gruppo di Phonoi si faceva loro incontro, le armi sfoderate e pronte
al massacro. –“Qua invece possiamo combattere tutti insieme! Andate!!!” –Li
incitò, concentrando una sfera di energia nella mano e scagliandola in mezzo al
gruppo di nemici. –“Cometa d’oro,
apri la via!!!”
L’esplosione
disintegrò numerosi Phonoi, scagliandone altri
tutt’intorno ed esponendoli al rapido assalto di Reis,
piombata su di loro a spada tesa, determinata a non offrire al nemico neanche
un pertugio per invadere il Cerchio di Saturno.
“Ora!!!”
–Ripeté concitatamente la ragazza, mentre Pegasus e Phoenix sfrecciavano nel
varco, protetti dai fendenti scagliati dai Cavalieri delle Stelle. –“Buona
fortuna, amici! A tutti noi!” –Aggiunse, prima di travolgere alcuni avversari
con un vortice di energia dorata. Solo allora, in quell’istante in cui riuscì a
rifiatare, realizzò che Matthew non era più con loro.
***
Il
Cavaliere dell’Arcobaleno era rimasto indietro. Volutamente.
Appena
entrato nel Quinto Cerchio, custodito dal Selenite di Giove, aveva deciso di
staccarsi dal gruppo e verificare un’intuizione che lo aveva invaso fin da
quando avevano lasciato il palazzo. La sensazione che qualcuno li stesse
seguendo.
Ne
aveva avuto sentore nella piana di ghiaccio del Primo Cerchio e poi in seguito,
fino a divenire un timore costante nel varco che conduceva all’anello di Thot, che, per omaggiare le calde terre ove era stato a
lungo venerato, aveva ricreato una versione ridotta del deserto egiziano,
completa pure di piccole piramidi utilizzate come alloggi. Proprio dietro una
di queste costruzioni Matthew si era nascosto, poco distante dal tunnel scavato
nel muro con cui si accedeva al Cerchio di Giove, mentre Reis
e gli altri sparivano nel desertico orizzonte.
Non
dovette attendere molto per avere risposta ai suoi dubbi, poiché una snella
figura avvolta in un mantello si affacciò cauta dal varco, guardandosi intorno
fugacemente prima di individuare le tracce sulla sabbia. Dal suo punto
riparato, Matthew ne ammirò l’astuzia con cui aveva cura di procedere proprio
laddove Pegasus e gli altri erano passati, calpestando le loro stesse impronte
per non lasciarne altre sul terreno.
“Basta
così! Rivelati ora!” –Disse il Cavaliere dell’Arcobaleno, balzando fuori dal
nascondiglio e lanciandosi contro la sconosciuta figura, che, sorpresa
dall’improvvisa aggressione, non riuscì a difendersi, ruzzolando a terra
assieme al ragazzo. –“Uh?!” –Mormorò Matthew, che aveva udito la voce
dell’inseguitore lamentarsi per la caduta.
Forse dovrei dire inseguitrice. Rifletté, osservando il grazioso corpo palesatosi
dopo la perdita del mantello.
Era
una ragazza alta e snella, con lunghi capelli castani striati d’oro e il volto
delicato su cui rifulgevano due occhi verdi. Era vestita con abiti semplici e
pezzi di armatura di varie forme e dimensioni, come se fossero stati presi alla
rinfusa da corazze diverse. Sembrava seccata da quell’imprevisto, ma
nient’affatto ostile alla causa per cui Matthew e i suoi compagni stavano
combattendo.
“E
tu chi sei?!” –Domandò il ragazzo, sgranando gli occhi.
“Umpf, chi vuoi che sia? Non ci sono molti abitanti in
questo paradiso imperfetto!” –Commentò lei, scuotendosi la sabbia di dosso.
–“Una famiglia reale e dieci cani da guardia!”
Matthew
rimase attonito per qualche secondo, riflettendo sulle sue parole, prima di
ricordarsi dove l’aveva vista. Poco prima di entrare nell’Occhio, neanche due
ore addietro. Assieme alle sue sorelle.
“Sei
una delle figlie di Selene!!!” –Esclamò, ottenendo in risposta un sospiro
stanco.
“Elanor!”
–Ammise lei. –“La primogenita, per l’esattezza.”
“Cosa
fai qua? Tua madre ti starà cercando! Dovresti essere a palazzo con la tua
famiglia!”
“Proprio
dove non voglio stare!” –Commentò lei, schiva. –“Non ho intenzione di
nascondermi e lasciare ad altri l’onere della difesa. No, io voglio
combattere!”
“Stai
scherzando?! Sei una ragazzina!!! Quanti anni hai? Sedici?”
A
quelle parole Elanor ammutolì, imbronciata, prima di fissare Matthew con
sguardo sprezzante e osservare lo stupore dipingersi sul suo volto quando si
sentì sollevare da terra e spingere contro il muro di confine.
“Tele… cinesi?!” –Balbettò il Cavaliere delle Stelle.
“Non
prendermi per una sprovveduta! Sono pur sempre la figlia di una Divinità! E non
è forse una donna colei che impugna la fulgida lama? L’ho vista, poc’anzi
nell’Occhio! Fiera e pronta alla battaglia! Come una vera Amazzone! Io voglio
essere come lei, voglio lottare! Voglio vivere e morire per qualcosa, non
conservarmi in eterno sotto un guscio di vetro!”
“Per
questa ragione ti sei fatta un’armatura da sola?!”
Elanor
annuì, per poi liberare il ragazzo dalla sua morsa mentale e farlo scivolare a
terra. –“Non è il massimo, lo so, ma protegge il cuore e altri punti vitali.
Del resto, con gli scarti delle corazze dei Seleniti non avrei potuto creare di
meglio. Quanto meno se mia madre non mi avesse tarpato le ali e non fossi stata
costretta ad allenarmi di nascosto!”
“Che
vuoi dire?!”
“La divina Selene ha
rinunciato a combattere quando ha lasciato la Terra, disinteressandosi dei suoi
problemi e delle vicende di uomini e Dei, uscendo di fatto dalla storia. Tutto
quel che le è interessato è stato l’amore di Endimione
e il benessere delle sue figlie, che per secoli ha tenuto sotto una campana di
cristallo, letteralmente, per paura che ci accadesse qualcosa. Non sono neppure
mai potuta uscire da palazzo, per percorrere da sola la Via Maestra!!!”
“Ecco perché ci hai seguito, perché sapevi che Shen Gado avrebbe fatto strada!”
“La guerra che mia madre ha tanto voluto evitarci è
arrivata e per colpa sua non siamo pronti ad affrontarla! Per colpa della sua
negligenza tattica abbiamo dovuto chiamare rinforzi, perché i nostri custodi
sono Divinità ammuffite e non guerrieri in forze! È umiliante, non trovi? Se
mia madre ci avesse insegnato a combattere, avremmo potuto occuparcene da
soli!”
“Non vi è vergogna nel chiedere aiuto, Elanor! Io
stesso, per molti anni, ho rinunciato a combattere e a proseguire nei miei
studi, temendo il passato e forse il futuro, finché non ho perso colei che
amavo. Da allora ho imparato l’umiltà e la necessità di agire in gruppo, per
contrastare un nemico comune, un nemico che a volte siamo troppo deboli per
affrontare da soli!” –Sospirò Matthew. –“Non ti fermerò, se vuoi combattere.
Non spetta a me farlo. ma assicurati di essere sicura delle tue scelte, poiché
non potrai tornare indietro una volta scesa sul campo di battaglia!”
Elanor accennò un sorriso, assentendo alle parole
del ragazzo, che non fecero altro che confermare la sua decisione. Quando fece
per chiedergli se avessero potuto procedere assieme, vide l’ombra del braccio
di Matthew sul terreno sabbioso. La colpì alla nuca, facendola cadere al suolo,
priva di sensi.
“Perdonami, Principessa della Luna! Il battesimo
della guerra è un rito che non dovrai affrontare quest’oggi!” –Mormorò, prima
di avvolgerla nel mantello e muoversi per depositarla dentro una piramide, ove
avrebbe potuto riposare.
Fu allora che un turbine di sabbia lo sollevò in
malo modo, schiantandolo contro il muro di confine e facendolo ruzzolare a
terra, assieme al corpo inerte di Elanor. Mentre Matthew si rimetteva in piedi,
tossendo e con la vista arrossata dai granelli di rena, vide un uomo
avvicinarsi ad ampie falcate e capì che sarebbero sorti problemi.
Alto e slanciato, con un’armatura dalle diverse
tonalità di marrone e due ali scure ripiegate sulla schiena, che simboleggiava
l’ibis sacro agli egizi, aveva un aspetto nient’affatto amichevole e subito lo
apostrofò, chiedendogli chi fosse e perché avesse colpito quella ragazza.
“Matthew è il mio nome, sono un Cavaliere di
Avalon!” –Si premurò subito di chiarire il ragazzo, incalzato dalle domande
dell’uomo.
“Perché non sei passato con il resto dei tuoi
compagni? Cosa facevi nascosto nelle mie terre con questa…
chi è questa ragazzina?” –Esclamò, per poi riconoscere la figlia primogenita di
Selene. –“Che cosa le hai fatto? L’hai ferita?”
“No, affatto, lei voleva combattere, io le ho detto
di tornare all’Occhio!” –Ma le parole del Cavaliere delle Stelle caddero nel
vento, lo stesso furioso turbine di sabbia che il Selenite di Giove aveva
appena sollevato.
“Thot, Custode del Quinto
Cerchio, non ama le menzogne!” –Chiarì l’uomo, preparandosi alla battaglia.