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Autore: Preussen Gloria    23/02/2013    7 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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IX
Sangue

[Midgard, Tønsberg-Norvegia, oggi.]

“Quindi voi due siete i giovani Odinson?”
La giovane sorrise e a Loki non piacque quel sorriso: era lo stesso che aveva visto per secoli sul viso delle fanciulle che sperano d’infilarsi nel letto di suo fratello.
“S-Sì…” Rispose Thor con una timidezza che non gli apparteneva. La giovane annuì e fissò suo fratello con un’intensità che sfiorava il volgare, peccato che Thor fosse troppo occupato a guardarsi intorno per concederle la ben che minima attenzione, “questa casa è di nostro padre?”
“Certo!” La giovane mortale fece una risatina stridula, forse per sembrare adorabile. Fu abbastanza per strappare a Loki una smorfia annoiata.
“L’agenzia per cui lavoro si occupa di tenerla perfettamente in ordine, nel caso suo padre o altri decidano di risiedervi improvvisamente.”
Loki lanciò uno sguardo ai pavimenti perfettamente lucidi e pensò che, sì, i mortali erano particolarmente bravi in quel tipo di compiti.
“Assomigliate molto a vostro padre, signor Odinson,” commentò la mortale con un sorriso incantato, “siete entrambi due bellissimi uomini, considerando la differenza d’età, s’intende.”
Fu allora che Loki alzò gli nuovo gli occhi e la ragazza incrociò il suo sguardo con casualità, come se non si fosse accorta della sua presenza nella stanza: il sorriso beato che le illuminava il volto sparì nel giro di un istante.
Non era un granché bella: un po’ in carne, decisamente sgraziata sia per fisico che per lineamenti e, probabilmente, tutta la disponibilità che dimostrava era la prova che non riuscisse ad ottenere altro che avventure fugaci dagli uomini. La cosa peggiore fu che Thor arrossì.
Arrossì come non aveva mai fatto nemmeno da adolescente di fronte a fanciulle ben più grandi ed esperte di lui e Loki non poté evitare di sbuffare.
Quel poco bastò per riportare l’attenzione di Thor su di lui ed immediatamente riprese il controllo della situazione, “la ringrazio per l’ottimo lavoro, signorina. Posso avere le chiavi?”
“Oh, certamente!” La ragazza trafficò per breve tempo nella borsetta nera, per poi porgere a Thor due mazzi di chiavi, “ecco a voi! Uno per lei ed uno per vostro… fratello?”
Thor si voltò verso Loki e sorrise, “sì, è mio fratello.”
“Oh…” La ragazza lo squadrò da capo a piedi e Loki si astenne dall’istinto di tirarle il pesante vaso di fiori alla sua destra, “non vi somigliate per niente, devo dire.”
Il giovane Jotun vide chiaramente Thor irrigidirsi di fronte a quel commento così sfacciato, ma l’altro non vi diede particolare peso. No, non si assomigliavano. Non c’era mai stato nulla di simile tra loro, nemmeno da bambini. Era un fatto che Loki aveva imparato ad accettare molto tempo prima di sapere della sua adozione.
“Mi perdoni se sono brusco, ma noi avremmo molte cose da fare e…”
“Oh certo! Certo!” Esclamò la signorina dirigendosi velocemente verso la porta d’ingresso, “non è mia intenzione disturbarvi ulteriormente. Per qualsiasi cosa non esitate a chiamare l’agenzia!”
Loki non le tolse gli occhi di dosso fino a che non fu scomparsa dietro la porta d’ingresso.
Thor sospirò pesantemente, “è andata…”
È più idiota di te, poteva solo andare, pensò Loki concedendosi il tempo per guardarsi intorno a sua volta. La casa era grande, su due piani e con una moltitudine di alte finestre che permettevano alla luce naturale del sole d’illuminarla completamente.
“Tu ne sapevi nulla?” Domandò Thor avvicinandosi a lui, “di tutto questo, intendo?”
Loki scosse la testa e salì i pochi gradini di legno che dividevano l’entrata dal salotto luminoso riscaldato da un camino scoppiettante.
“Perché i nostri genitori non ci hanno mai detto di avere una casa su Midgard?” Domandò Thor seguendolo. Loki non disse nulla: non aveva risposte per tutte le curiosità di Thor e non aveva voglia di formulare ipotesi. Quelle che gli venivano più naturali non erano molto lusinghiere nei confronti di Odino.
Considerando il principe frivolo che è stato in gioventù, probabilmente questo è stato il suo bordello privato dopo essere asceso al trono.
In realtà non voleva pensare fosse vero. Non voleva dover pensare a quello che aveva subito sua madre nei secoli, se fosse stato vero.
Guardò Thor e si chiese cosa sarebbe diventato, se non avesse mai conosciuto il dolore e l’umiliazione. Thor che si comportava così gentilmente con lui, che un anno prima aveva dimenticato tutti gli inganni subiti chiedendogli di tornare a casa, nonostante sapesse chi era, nonostante sapesse cos’era.
Diceva di amarlo comunque, Thor.
Thor che, se solo avesse scoperto la sua vera identità in un altro modo, si sarebbe vergognato al punto di avere uno Jotun per fratello che, nel migliore dei casi, si sarebbe limitato a cancellarlo dalla sua vita. A fingere che non esistesse, riuscendo a dimenticarsene persino, come tendeva a fare da ragazzino.
“Sei troppo piccolo… Sei troppo debole… Sei noioso… Sei diverso… Strano… Sbagliato.”
Su Asgard nessuno accettava la diversità.
Loki non era un figlio maschio capace d’impugnare un’arma e guidare un esercito.
Poteva studiare una strategia d’attacco migliore di quella di molti generali rozzi e assetati di sangue, poteva salvare delle vite con un trattato che avrebbe risparmiato sacrifici inutili, ma questo non aveva importanza.
Loki non era potuto scendere nell’arena ad allenarsi come tutti i fanciulli nobili e questo lo rendeva un debole, un diverso, uno sbaglio. Un oggetto da deridere nel qual caso avesse deciso di far vedere la sua faccia in pubblico.
E Thor l’aveva deriso molte volte. Lui e i suoi maledetti amici.
Aveva imparato a giocare da solo, Loki, quando Thor aveva detto che non poteva portarlo con sé perché non era capace di fare i giochi da grandi. Sua madre era stata benevola con lui, non l’aveva cacciato dalle sue stanze, sebbene i bambini della sua età fossero soliti giocare all’aperto, senza adulti.
Gli aveva detto che avrebbe parlato con Thor, che avrebbe dovuto imparare ad essere meno egoista.
Loki aveva detto di no, perché non voleva nessun amore elemosinato per cui poi avrebbe pagato comunque. Poteva trovarlo da solo un modo per farsi accettare, doveva solo impegnarsi.
Secoli dopo, in fin dei conti, lo stava ancora cercando.
Thor, a modo suo, continuava a ripetergli che non c’era nulla da cercare.
Loki aveva smesso di dar credito alle sue parole da troppo tempo per ascoltarlo.
“Loki?”
Suo fratello non si voltò, troppo assorto nei suoi pensieri. Thor decise di non disturbarlo, di lasciare che si prendesse il suo tempo, ma non per questo gli tolse gli occhi di dosso. Era strano vedere Loki così.
Sua madre gli aveva tagliato i capelli, ma non erano perfettamente pettinati all’indietro come solevano essere prima che quell’incubo cominciasse. Veniva voglia di accarezzarli, ora, liberi da qualsiasi costrizione, un po’ arricciati sulle punte.
Sembrava un bambino, Loki, con quei jeans e quella felpa forse un po’ troppo grandi per lui. Se non avesse avuto quel velo opaco a celare il verde intenso dei suoi occhi, nessuno avrebbe saputo dire che era più vecchio di qualsiasi altro mortale vivente.
Era diverso Loki in quella luce così umana, così naturale.
Thor sorrise e decise che gli piaceva.

Il sogno non era mai uguale ma era sempre lo stesso.
Il balcone era ricoperto da un soffice strato di neve. Al bambino piaceva, perché non poteva sentire il freddo sotto ai piccoli piedini scalzi.
Non aveva motivo di tremare, sebbene indossasse solo una leggere tunichetta bianca. Odino seguiva i suoi movimenti con occhio vigile, un sorriso gli illuminava il viso, mentre il piccolo muoveva alcuni passetti incerti sul manto bianco.
Loki aveva cominciato a camminare tardi, questo lo ricordava.
“Papà…”
Parlare gli era sembrato molto più facile.
Il bambino avvolse le piccole braccia intorno alla sua gamba ed Odino gli accarezzò i capelli dolcemente, “cosa c’è, piccolo?”
Loki indicò la neve ai suoi piedi, poi guardò il genitore con un’espressione interrogativa.
“È neve, tesoro.”
Il bambino stropicciò l’orlo della tunica riflettendo, “Thor…”
“No, Loki, Thor non può venire a giocare con te sulla neve?”
Il bambino non sembrava capire il perché ed Odino non credeva di essere in grado di spiegarlo.
“Vedi, a Thor la neve potrebbe fare male.”
Loki sgranò gli occhi verdi spaventato.
“No, no, a te non può fare alcun male, perché tu sei speciale.”
Loki reclinò la testa da un lato, non era stata un gran spiegazione, ma Odino fu felice di vedere che gli fu più che sufficiente per tornare a giocare. In tutta onestà, Odino si prendeva un colpo ogni volta che vedeva il più piccolo dei suoi figli giocare al freddo e al gelo con solo un misero strato di stoffa addosso, ma sua madre voleva così. Doveva abituarsi, diceva. Doveva imparare a conoscere tutto della propria natura.
Era giusto, senza ombra di dubbio ma questo non bastava a convincere Odino che il suo bambino non poteva prendere un malanno giocando quasi senza indumenti, mentre lui stesso non riusciva a smettere di tremare.
Un tonfo sordo gli fece perdere qualsiasi percezione del freddo o del caldo. Correndo e saltellando, Loki era scivolato ed era atterrato dritto dritto sul piccolo di dietro. Non sembrava versare in brutte condizioni, ma ciò non gli impedì di voltarsi verso suo padre con gli occhi verdi pieni di lacrime.
“No, tesoro, non è successo niente,” mormorò Odino sollevando il piccolino tra le sue braccia e Loki prontamente nascose il faccino contro la spalla singhiozzando disperatamente, “facciamola finita per stasera.”
Riportò il bambino nella grande camera da letto, lo cambiò e lo portò con sè al centro del grande letto, dove Thor li accolse con uno sguardo confuso, “tuo fratello è caduto,” spiegò Odino sedendosi contro i cuscini e il suo primogenito gli si accoccolò subito accanto, mentre Loki aveva smesso di singhiozzare ma non ne voleva sapere di staccarsi da lui.
Odino appoggiò il piccolo Jotun sulle sue ginocchia per poterlo guardare negli occhi. Loki teneva lo sguardo basso ed un pollice in bocca, “che devo fare, con te?” Mormorò il genitore tirando indietro la frangia di capelli corvini, “che devo fare?”

“È troppo tardi per chiederselo…”
Odino chiuse gli occhi sospirando profondamente, prima di rispondere, “a che gioco stai giocando?”
“Nessuno,” mormorò il giovane con i capelli corvini avvicinandosi al letto, “sto solo facendo il mio dovere.”
“Loki non è più qui,” rispose l’Aesir stringendo di nuovo il bambino più piccolo tra le sue braccia e voltandosi in direzione dell’intruso.
“Lo so…”
“Che cosa vuoi?”
Laufey gli rivolse un sorrisetto sarcastico, “hai idea della volte che ho interferito con la tua mente da quando il tuo piccolo bastardo mi ha… Per così dire… Ucciso?”
“Ho cominciato a contarle dopo quel che è successo la notte scorsa.”
“Ma che bravo, allora non ti sei del tutto rimbambito, Odino,” Laufey si sedette sul bordo del letto allungando una mano per accarezzare i capelli di Loki, ma l’altro gli afferrò il polso prima che potesse anche solo sfiorarlo.
“Ti conviene cominciare ad essere sincero.”
“Altrimenti?” Il tono dello Jotun era derisorio, “non puoi raggiungere Jotunheim, è troppo lontana e comunque non saresti in grado di andare e venire indisturbato come nel mondo in cui hai spedito i tuoi mocciosi.”
“Se Jotunheim è troppo lontana per me. Midgard è troppo lontana per te.”
“Te l’ho già detto, Odino. Non provo interesse per Loki fin tanto che se ne sta lontano da me.”
“Perché? Hai paura di quello che potrebbe farti se scoprisse che hai ancora il potere di giocare con me e con lui anche dal regno dei morti?”
Laufey rise, “chi lo dice che sono morto?”
Odino aprì la bocca ma non replicò.
“Cosa?” Lo Jotun scosse la testa, “sono stato figlio di un padre crudele, prima che Loki nascesse, Odino.”
“No, no, no… Io c’ero… Io…”
“Sembri confuso…”
“Ti hai disintegrato proprio accanto a questo letto, maledizione!”
“Allora non mi stai ascoltando,” Laufey allungò le braccia per afferrare Loki e, questa volta, Odino non glielo impedì. Il sorriso dolce che lo Jotun rivolse al suo bambino  fu come veleno.
“Tuo padre ha ragione,” mormorò Laufey accarezzando i capelli corvini di Loki, “mi assomigli davvero molto, lo sai?”
Loki lo guardò timidamente, “papà?”
“Oh no, amore mio, io non sono il tuo papà e non lo è nemmeno il bugiardo qui accanto.”
“Falla finita, Laufey…”
“Tu non li hai dei genitori, Loki.”
“Smettila immediatamente!”
“I bambini morti non ne hanno…”

[Asgard, secoli fa.]

“Non devi rimanere qui...”
“Stai zitto,” sebbene la risposta fosse brusca, Loki gli passò una mano tra i capelli con fare amichevole.
“Odino starà male,” lo informò Nàl continuando a fissare il muro scuro della cella, “starà molto male e tu non sarai lì. Chiederà di te e lo sai.”
“C’è Frigga con lui,” rispose l’altro Jotun continuando a fissare il vuoto di fronte a sé, “ci sono i curatori, Eir saprà cosa fare. È il principe ereditario, sanno tutti cosa fare.”
“Anche io sono un principe ereditario,” mormorò Nàl accovacciandosi ancora di più sul giaciglio di paglia che era il suo nuovo letto, “scommetto che il re sa bene cosa fare di me.”
Loki era seduto dietro di lui da ore, non lo aveva lasciato solo nemmeno per un istante.
Da cosa gli venisse tutta quella gentilezza, Nàl non lo capiva.
Erano complici ed era nato una sorta di cameratismo tra loro, ma, a quel punto, non riusciva proprio a comprendere che cosa lo spingesse a rimanergli accanto anche ad un istante dalla fine.
“Non hai nessun obbligo nei miei confronti, Loki.”
“Piantala…” Un’altra carezza convinse Nàl che l’altro non se ne sarebbe andato.
“Sei uno stupido.”
“E tu sei un bugiardo…”
“Questo lo sapevi fin dall’inizio,” replicò Nàl voltandosi per guardarlo dal basso in alto, “non puoi rivolgermi una simile accusa.”
Loki gli concesse un mezzo sorriso, “hai ragione, ma ora ho bisogno che tu sia sincera con me.”
“Perché? Perché tu possa confermare quel che quella puttana ha detto di aver visto?”
“Se avessi voluto condannarti, Nàl, l’avrei potuto fare fin dal tuo primo giorno qui.”
Il principe di Jotunheim non rispose continuando a fissare l’insperato amico aspettando che gli ponesse la domanda che più gli interessava.
“Era Fàrbauti, vero?”
Nàl chiuse gli occhi e, sospirando dolorosamente, tornò a rivolgere la propria attenzione al muro.
“Cosa ti ha detto per averti fatto tanto male, Nàl?”
“Gli ho lasciato intendere che Odino mi aveva toccato,” mormorò il principe con voce appena tremante, “era vero, ma ho voluto che fraintendesse, che vedesse nelle mie insinuazioni una verità più seria dei fatti reali.”
Loki annuì, sebbene l’altro non lo stesse guardando.
“Lo ha accettato…”
Loki inarcò le sopracciglia e abbassò gli occhi sull’altro Jotun, “cosa?”
“Lo ha accettato,” ripeté Nàl con un sorriso amaro, quando avrebbe tanto voluto mettersi a piangere come un bambino. Non poteva dire altro a Loki, non poteva dirgli che il suo compagno era orgoglioso dell’idea che aprisse le gambe per il principe nemico perché così dimostrava totale devozione alla loro causa.
Non poteva, sì, ma non aveva importanza.
Non era necessario spiegare i dettagli per capire il motivo della suo dolore.
La delusione nel capire che nemmeno la persona che più amava nell’universo era disposta a combattere per lui.
“Ti voleva con sé comunque?”
“Sì…”
“Allora perché lo hai cacciato?”
“Perché non lo voglio più io…”
Perché voglio un compagno che sia mio.
Perché non voglio uno schiavo che appartiene a mio padre.

Borr poteva essere un tiranno, ma non era tanto folle da anteporre se stesso alla vita di suo figlio.
Se erano necessari tutti i guaritori del palazzo per salvare Odino, che così fosse.
Se questo significava che nessuno avrebbe pensato a curare l’ustione sul suo viso abbastanza in fretta perché non vi rimanesse segno, avrebbe accettato di convivere con un volto sfregiato per il resto della sua vita.
Il suo aspetto non aveva la ben che minima importanza.
La vita di Odino ed il futuro di Asgard non conoscevano prezzo.
Ciò nonostante, il re non si era avvicinato al letto del figlio nemmeno per un istante. Poco importava, se Odino aveva urlato fino a non avere più voce, se aveva pianto fino a allo stremo.
Già, la sua creatura stava agonizzando per rimanere in vita e Borr se ne era rimasto in disparte a guardare, senza che il suo viso tradisse la ben che minima emozione.
Frigga, al contrario, aveva dimostrato una forza ed un coraggio che nemmeno la metà dei soldati di Asgard avrebbe saputo eguagliare. Aveva preso tra le sue una mano di Odino, quella ancora sana ed era rimasta a stringerla per tutte le ore che ci erano volute a strapparlo dal pericolo di una morte atroce.
Non si era allontanata neanche per un istante, nemmeno quando aveva giurato che si sarebbe strappata le orecchie pur di non sentirlo più urlare in quel modo, nemmeno quando aveva chiuso gli occhi per non dover vedere l’espressione contorta dal dolore del principe.
Non aveva pianto, non aveva smesso di rassicurare Odino con parole gentili nemmeno quando lui era giunto ad un stato di sofferenza tale da essere folle. Aveva retto per tutta la notte, Frigga e non aveva mostrato segni di cedimento neanche per un secondo.
Non si era mossa, quando Odino aveva perso i sensi e tutti i guaritori si erano ritirati.
“Frigga?” Eir si avvicinò quasi timidamente appoggiandole una mano sulla spalla, “non puoi distruggerti anche tu,” le mormorò accarezzandole i capelli biondi.
“È fuori pericolo?” Domandò lei fissando il volto stremato di Odino, ora libero dalla tortura del dolore.
“Frigga…”
“È fuori pericolo?” Domandò nuovamente la fanciulla non riuscendo a trattenere un singhiozzo, “dimmi che è fuori pericolo e me ne andrò, Eir! Te lo giuro, non mi vedrai qui fino a domani, ma devi assicurarmi che quando tornerò, lo troverò vivo, sveglio e con quell’insopportabile sorriso stampato in faccia, perché… Perché…”
“Puoi piangere ora, tesoro,” la rassicurò la guaritrice allontanando la mano di lei da quella di Odino. Frigga strinse le labbra ma non riuscì a trattenere il gemito di dolore che bloccò Eir di colpo.
La guaritrice esaminò la piccola mano con estrema cura, “Frigga…”
“Sto bene, Eir.”
“No che non stai bene! Ti ha rotto la mano!”
“Con un dolore simile…”
“Oh, perché non hai detto nulla?”
“Mi avreste portata via,” fu la semplice risposta, mentre Frigga alzava gli occhi sull’uomo che era rimasto seduto nell’ombra a diversi metri di distanza. Borr, il loro re, il sovrano che si vergognava di dover riconoscere come il proprio.
“Sii sincera con me, Eir. A che cosa dobbiamo prepararci?”
La guaritrice chiuse gli occhi e sospirò profondamente, sapeva che se avesse mentito, Frigga lo avrebbe capito immediatamente. Non era una stupida, tantomeno un’ingenua e sapeva che l’avrebbe odiata se avesse tentato di nasconderle la verità.
“Non siamo riusciti a curare le ustioni…”
“Questo lo vedo,” mormorò Frigga fissando il giovane mezzo nudo che giaceva sfinito sul letto. Quel corpo, una volta perfetto, ora era corroso da delle ustioni blu e nerastre che sembrava lo stessero divorando minuto, dopo minuto.
“Lo abbiamo tranquillizzato con un incantesimo che gli impedisce di sentire dolore. È temporaneo e… È solo un trucchetto per prendere tempo quando non si sa che cosa fare.”
Frigga cercò di mantenere la calma, “non è la prima volta che avete a che fare con queste ustioni.”
Eir annuì, “quello che non ci dicono, Frigga, per non creare il panico o per lasciarci credere che, essendo delle divinità per i mortali, non abbiamo limiti è che per le ustioni superficiali con cui tornano i giovani dall’arena di Jotunheim siamo completamente preparati ma…”
“Ma?”
“Questo è quello che è in grado di fare uno Jotun quando attacca, quando lo fa sul serio, non per un duello come tanti. Uno Jotun che attacca in questo modo, è uno Jotun che vuole uccidere.”
“Prima dell’alleanza…” Mormorò Frigga, mentre alcune lacrime le bagnavano il viso, “c’erano soldati che tornavano versando in queste condizioni?”
“Mia madre mi ha detto di sì.”
“Quanti di loro sopravvivevano?”
“Nessuno…”
Frigga si morse il labbro inferiore con forza. Avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto imprecare contro il re e contro la follia che aveva dimostrato  di possedere nella sua stessa sala del trono. Avrebbe voluto chiedere di Loki, avrebbe voluto chiedere di Nàl ma sapeva che nessuno le avrebbe risposto sinceramente.
Se il fratello del principe non era tornato, c’era ancora speranza che Nàl fosse vivo, ma se le guardie lo stavano torturando come…
Frigga scosse la testa e se la prese tra le mani: non voleva pensarci, non poteva pensarci.
“Seiðr…”
Quell’eco la investì come un’onda improvvisa.
“Non ci resta che sperare, Frigga,” ora anche Eir piangeva ma l’altra non udì le sue parole.
“Compio quel rituale col fuoco tre volte al giorno da mesi ed ogni volta, Gullveig sboccia di nuovo in tutta la sua bellezza sotto i miei occhi, come se il fuoco non l’avesse mai toccata.”
Frigga alzò lentamente lo sguardo.
“Il Seiðr è la magia più potente dell’universo.”
I suoi occhi incrociarono l’unico con cui Borr poteva rispondere al suo sguardo. Il solo che gli era rimasto, dopo l’attacco di Nàl.
“Vuoi sapere con precisione i motivi per cui ti ho trascinato di fronte al mio trono, giovane Nàl?”
Frigga s’issò in piedi con rabbia facendo trasalire la giovane guaritrice accanto a sé, “che cosa state aspettando?” Sibilò con rabbia ed Eir la fissò confusa.
Borr capì immediatamente che quella domanda era rivolta a lui, ma non diede segno di voler rispondere.
“Rispondetemi!” Urlò Frigga facendo il giro del letto per avvicinarsi al sovrano.
“Frigga!” La richiamò Eir terrorizzata, “Frigga, non ti rendi conto chi è l’uomo a cui ti rivolgi con un tono simile?”
“Lo so benissimo, Eir,” rispose lei senza distogliere lo sguardo dal volto sfregiato del re, “e che si senta libero di punirmi perché da me non ne sentirà uno diverso.”
“Frigga…”
“Ti conviene dar ascolto alla tua amica, mia cara,” l’avvertì gentilmente il re rivolgendole l’ombra di un sorriso, “troppe persone si sono già fatte male, in un solo giorno.”
“Non potete interpretare il ruolo del re benevolo dopo la dimostrazione di abuso di potere che ci avete mostrato quest’oggi.”
Eir si alzò in piedi allarmata, “Frigga, per favore, non peggioriamo la situazione.”
“Volevate metterlo alla prova?” Domandò Frigga con rabbia, “eravate disposto a torturare un innocente per mettere alla prova i suoi poteri. Che cosa aspettate ad implorarlo di salvare vostro figlio?”
Borr rise sarcastico, “sei pazza, ragazzina, se pensi che lascerò che quel mostro tocchi il mio erede anche solo con un dito, dopo che lo ha ridotto in quello stato.”
“Voi lo avete ridotto in quello stato!” Urlò Frigga e Eir si portò una mano alla bocca per far tacere il suo sgomento, “Nàl non ha mai mosso un dito contro di noi, tantomeno contro Odino. Se avesse voluto farci del male, avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento! L’unico motivo per cui vostro figlio giace in quel letto è perché avete messo a repentaglio la vita di una creatura che si è difesa nell’unico modo che conosce!”
“Mi accusi di aver attentato alla vita di mio figlio, giovane?”
“Vi accuso di essere un tiranno, un torturatore e di molte altre cose, mio signore,” ammise Frigga con una naturalezza che lasciò il sovrano senza parole, “non lasciate che vi accusi dell’omicidio di vostro figlio, vi prego.”
Borr abbassò gli occhi: non ci sarebbero state conseguenze per quella giovane, era la lealtà verso suo figlio che la spingeva a parlare e, come padre, come re, non poteva che essere grato che Odino vantasse di una simile alleata tra la nobiltà di Asgard.
“Apprezzo il tuo coraggio, lady Frigga,” disse quasi con gentilezza, “il re che accetterà la vostra sincerità, avrà molte più possibilità di diventare un grande sovrano.”
“Non vi sarà nessun grande sovrano, se non agite ora…”
“Il giovane Nàl non lascerà la sua cella fino a che non avrò deciso come punirlo.”
“Allora Odino morirà,” Frigga piangeva, ma la sua voce era ferma e crudele, “il nostro amato Odino morirà e guardatevi dal voler condannare Nàl per questo, perché nemmeno una sua condanna a morte potrà mai cancellare la verità… Ricordate, mio re, è stata lo vostra volontà ad uccidere vostro figlio.”

[Midgard, Tønsberg-Norvegia, oggi.]

C’era uno svariato numero di camere al piano superiore, ma solo due erano arredate.
Thor aveva deciso autonomamente che ne avrebbero usata una sola.
Non c’era niente che potesse convincerlo a lasciare Loki da solo, anche se si trattava di una stanza a meno di due metri di distanza dalla sua.
Aveva controllato gli armadi e li aveva trovati pieni di vestiti adatti ad ogni occasione. Thor ne capiva abbastanza per sapere che una singola moneta d’oro di Asgard poteva valere una fortuna secondo i metri e le misure dei mortali, ma non capiva il motivo per cui i suoi genitori si era impegnati tanto.
In così poco tempo, oltretutto!
Suo padre non si era azzardato a dargli alcuna spiegazione ed il modo frettoloso in cui si erano congedati aveva impedito a Thor d’indagare oltre. Da parte sua, Loki non sembrava nutrice alcun sospetto o, meglio, il ben che minimo interesse riguardo all’intera faccenda.
Qualcosa frullava nella testa di suo fratello, senza dubbio ma Thor non aveva i mezzi per capire di cosa si trattasse. Suo fratello non aveva fatto grandi cose durante la loro prima giornata nella nuova casa, se ne era rimasto sul divano del salotto a fissare la foresta e le montagne innevate al di là della finestra in silenzio.
Sempre e comunque in silenzio.
Thor non aveva parole per esprimere quanto quella situazione lo rendesse frustrato.
Col tempo ci si abitua anche alle cose peggiori, dicevano gli uomini di gran lunga più vecchi di lui.
Thor sapeva che se Loki non avesse ricominciato a parlare di sua volontà, si sarebbe ritrovato a passare le sue giornate a cercare un modo perché questo accadesse.
“Tieni,” aveva detto a metà giornata porgendogli il diario, dopo che la totale inattività di Loki aveva cominciato seriamente a preoccuparlo, “se non vuoi avere niente a che fare con me, almeno leggi.”
Dammi prova che sei vivo, prima che cominci a venire da te ogni ora per assicurarmi che respiri ancora.
Loki aveva accettato l’offerta di buon grado, ma, dopo poche ore, Thor lo aveva ritrovato con lo sguardo perso nel vuoto ed il diario appoggiato sul divano accanto ai suoi piedi.
“Lo so, il nonno non era un gran bella persona,” commentò Thor nella speranza di dare inizio a qualche tipo di conversazione, “nostro padre non è così, ne sono lieto.”
Loki non aveva nemmeno voltato lo sguardo, come se suo fratello non fosse seduto accanto a lui e non lo stesse guardando dritto in faccia.
“Io non lo giustifico per quel che ti ha fatto…” Mormorò Thor, ma Loki non sembrare poter udire nessuna delle sue parole, “non giustifico nemmeno me stesso, se ti fa piacere saperlo. Sarei dovuto scendere in quelle prigioni il giorno dopo della tua condanna, avrei dovuto portarti via allora. Avrei dovuto disubbidire agli ordini del re, avrei dovuto distruggere mezzo palazzo, se necessario. Perché dovevi pagare, sì, dovevi farlo, ma prima dovevo sapere… Dovevi parlarmi del giorno in cui ho cominciato a sbagliare…”
Fu allora che Loki allontanò gli occhi dal paesaggio esterno per incrociare quelli di suo fratello.
“Ogni tuo crimine è anche mio, Loki, come lo è di nostro padre. Lui forse può negarlo a me, di sicuro non è tanto folle da negarlo a se stesso. Io te lo confesso, perché… Perché io sono così, lo sai.”
Sei un idiota, ecco quello che so.
So che dovevi pagare, ma non avrei mai voluto vederti soffrire.”
Gran bella contraddizione, Thor.
“Sono contradditorio, lo so,” rise lui.
Che bravo! Conosci il significato di quella parola…
“Io…” Thor si passò una mano tra i capelli frustrato, “io non so cosa devo fare, Loki,” confessò alla fine, “mi chiedo se la punizione che hai subito sia stata sufficiente, mi chiedo se sia stata giusta. Mi rispondo che un processo per difenderti dovevano pur concedertelo. Ho detto ai Vendicatori che avresti affrontato la giustizia di Asgard, un secondo prima ti ho pregato di tornare a casa e due giorni dopo ti ho implorato di combattere al mio fianco. Sapevo che avevi un prezzo da pagare, sapevo che era giusto… Poi ho pensato… E Loki? Cos’ha da dire, Loki? Nessuno di noi lo ha mai ascoltato, nessuno di noi sa cosa gli stia accadendo dentro, nessuno… Ha cercato di distruggere Jotunheim, sta cercando di conquistare Midgard, ha tentato di uccidere me… Ma perché? Non volevi il trono, volevi essere mio pari… Non è una risposta sufficiente, dice tutto ma, in realtà, non spiega niente. Ho cercato di capirti, Loki, mi sono messo nei tuoi panni ed ho immaginato come mi sarei sentito io al tuo posto…”
Gli occhi di Thor erano lucidi, quelli di Loki erano rimasti freddi ed impassibili per tutto il tempo.
“E non ci sono riuscito,” lo disse come un guerriero che accetta la sconfitta dopo una lunga, epica battaglia, “non sono riuscito a capirti e, probabilmente, non ci sono mai riuscito, solo che non ho mai voluto provarci. Lo credevo inutile. E tutti intorno a noi non fanno altro che dire è tuo fratello, non è tuo fratello, è un criminale, è una vittima, è un folle che non sa quel che sta facendo… Sei il compagno di tutta la mia vita, Loki ed io non so più chi sei e la cosa che mi fa più male è pensare che, probabilmente, non l’ho mai saputo.”
Thor non sapeva che cosa si aspettava, aveva previsto che si sarebbe fatto male, ma era sempre stato troppo stupidamente sincero ed ottimista per perdere le speranze e pensare che aprire completamente il suo cuore fosse inutile.
Già, stupide ingenue speranze.
Loki scosse appena la teste, mentre le sue labbra si piegavano in un sorrisetto sarcastico che fece più male delle lance di un intero esercito. Si alzò dal divano, come se non avesse udito una singola parola di quella discussione e se ne andò.
Loki, però, non aveva calcolato una cosa prendendo la via di quell’uscita di scena.
Non aveva calcolato che Thor, per quanto gli ultimi avvenimenti lo avessero, per così dire, mitigato, era pur sempre Thor.
C’era un basso tavolinetto di vetro al centro del salotto.
Loki a stento vi aveva fatto caso, ma lo riconobbe immediatamente quando lo sfiorò, per poi infrangersi in mille pezzi contro il muro di fronte a lui.
Loki non aveva calcolato che, una volta visto il lampo è solo questione di attimi, prima che si oda il tuono.
Si voltò con naturalezza, come se fosse perfettamente in grado di affrontare l’ira che presto gli si sarebbe scagliata contro. La pioggia cominciò a battere sui vetri delle grandi finestre, mentre un fulmine cadeva lontano, tra gli alberi della foresta.
“Che cosa vuoi che faccia?” Domandò Thor con voce incredibilmente tranquilla, “Che cosa vuoi che faccia, Loki, dimmelo?”
Thor mosse un passo in avanti, Loki non si mosse affatto.
“Cos’altro vuoi da me?!” Sbottò, infine. Un tuono fece tremare violentemente i vetri, ma Loki era stato vittima e complice di troppi orrori per tradire anche il più flebile timore.
“Smettila di guardarmi in quel modo e rispondimi!”
Non ti devo alcuna risposta, dio del tuono.
“Rispondimi, maledizione!”
Alza il tuo martello su di me, se ci tieni tanto. Con solo le tue minacce ed i tuoi fulmini non puoi piegarmi.
“Piantala di nasconderti dietro quel tuo silenzio codardo!” Thor lo afferrò per le spalle sbattendolo contro il muro. Loki non reagì, non aveva più il potenziale necessario per farlo, ma nei suoi occhi verdi c’era tutta la violenza di anni ed anni di rabbia incatenata nell’oscurità di un cuore che, pieno di schegge com’era, si era frantumato al primo urto troppo brusco: una menzogna lunga una vita intera.
Thor portò una mano dietro al suo collo tirandogli i capelli mentre premeva la fronte contro la sua, “parlami…”
Prova a supplicarmi come il cane che sei e potrei prendere la cosa in considerazione!
“Parlami, Loki!”
Il principe perduto chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore con forza, fino a farlo sanguinare.
“Vuoi essere mio pari?”
No, non mi accontento più di così poco. Quel tempo è finito…
“Allora dammi qualcosa di tuo…” Sibilò Thor, la sua voce tremava, come il resto del corpo, “ho avuto pazienza, ho cercato di esprimere in parole tutto ciò che avevo dentro. Ora è il tuo turno!”
Non ci sono parole, ci sono solo ricordi e non sono tuoi! Non potrai mai capire, perché non potrò mai raccontartelo a parole!
Quando avvertì il sapore del proprio sangue in bocca, Loki spintonò Thor via con forza ma non servì a niente.
Thor rise, “vuoi combattere, Loki?” Domandò, “vuoi combattermi, vuoi sconfiggermi, vuoi dimostrare di essere più forte!”
Loki mise tutto il peso del suo corpo nel secondo tentativo di liberarsi, fu inutile.
“Mettici tutta la rabbia che hai, Loki! Sfogati, avanti! Colpiscimi! Fammi male! Dimostrami quanto sei forte, avanti!”
Loki urlò. Qualcosa si sprigionò da lui, qualcosa che non era affatto familiare, qualcosa che allontanò Thor da sé facendolo cadere a terra. Non sapeva quello che aveva fatto, ma quando abbassò lo sguardo seppe che, per un istante, la sua pelle aveva assunto un’inquietante sfumatura blu.
Un momento dopo, il fragore del temporale venne soppiantato dalle urla di dolore di Thor.

[Asgard, secoli fa.]

“Rischiamo entrambe di essere giustiziate in questo modo,” mormorò Eir tremando appena.
“Puoi benissimo tornartene nella camera della guarigione, se preferisci,” disse Frigga con un sorriso benevolo, “ma non perdere tempo a convincermi a seguirti.”
Eir sospirò pesantemente, “che cosa ti da tanta fiducia nel fatto che non ci saranno conseguenze tragiche?”
“Semplice,” rispose la fanciulla con un sorrisetto, “perché Nàl può salvare Odino e, se lo fa e tutto va bene, nessuno si ricorderà di noi, il nostro principe sarà salvo ed un innocente tornerà ad essere libero.”
“Perché sei così convinta che Jӧrd abbia mentito?”
“Perché è una puttana?” Domandò di rimando lei.
“Frigga, per l’amor del cielo, sei una signora!”
“Mai stata e mai lo sarò. Non come tutte le altre almeno…”

“Vorrei sapere come hai fatto a convincere le guardie a farti passare, ma ho seriamente paura della risposta,” disse Loki con un mezzo sorriso aprendo la porta della cella per far entrare le due fanciulle. Nàl si alzò immediatamente in piedi nel riconoscerle, “Frigga?”
Lei sospirò e sorrise sollevata, “stai bene…”
Lo Jotun annuì confuso.
“Possiamo sbrigarci, Frigga?” Domandò Eir con una nota di agitazione, “non so quanto la nostra scusa possa valere.”
“Quale scusa?” Chiese Loki decisamente curioso.
“Serve la collaborazione di uno Jotun per curare delle ustioni provocate da uno Jotun, mi sembrava un piano più che logico.”
“O una bugia…” La corresse Loki, “ho paura di sapere come educherai i tuoi figli, quando diventerai madre.
Se diventerò madre,” replicò lei, “questo regno deve smetterla di dare per scontate certe cose!”
“Frigga!” La richiamò Eir.
La fanciulla sbuffò e si avvicinò a Nàl in tutta fretta, “Odino sta male, molto male,” mormorò a voce abbastanza bassa perché Loki non potesse udirli.
Nàl annuì, “sì, lo so.”
“Tu sai come curare quelle ustioni, vero?” Domandò Frigga speranzosa.
“Non mi hanno educato per farlo,” ammise Nàl e la giovane sgranò gli occhi atterrita, “ma sei stai chiedendo a me e non a Loki, che non differisce da me in questo, devo dedurre che non sia per una semplice questione di tatto, dico bene?”
Frigga sospirò e si voltò verso la complice e l’amico, Eir era troppo agitata per intercettare il suo sguardo, ma Loki non se lo fece sfuggire.
“Non credo che i poteri di Loki siano sufficienti,” sussurrò Frigga, “non sono bastati quelli dei curatori più potenti di tutta la corte, Nàl.”
Lo Jotun sospirò pesantemente, “sei stai parlando del Seiðr, io non so davvero che cosa sia…”
Frigga si morse il labbro inferiore e afferrò la mano del giovane Jotun in segno di supplica, “va bene, Nàl. Non pretendo che tu abbia successo, ma c’è una cosa che il re ha detto che non riesco a togliermi dalla testa.”
Nàl annuì dando segno che l’ascoltava.
“Se nel sangue della regina vi era un simile potere, Odino deve averne almeno un po’, ma Borr non ha mai voluto che suo figlio fosse educato alla magia. Quel che Odino sa fare, lo ha imparato da autodidatta…”
Nàl sbuffò, “tortura chiunque gli capiti sotto mano, quando potrebbe semplice tentare con…”
“Lo so!” Esclamò Frigga con urgenza, “è un bastardo, non lo nego, non lo negherò mai ma prendiamo per ipotesi che Odino abbia quel potere e che debba solo essere risvegliato…”
“Ti seguo.”
“Prendiamo per ipotesi che lo abbia anche tu.”
“Nel sangue, ha detto Borr…”
Frigga annuì con un sorriso stampato in faccia, “sì, Nàl, nel sangue…”
Lo Jotun la guardò per un lungo istante di silenzio esaminando la questione nei dettagli.
“Se Odino ha quel potere e tu potessi risvegliarlo…”
“… Il suo corpo guarirà da solo come è successo per quella fanciulla Vanir.”
Frigga annuì con più vigore, “e se non lo ha, ma lo hai tu, dovrebbe andare nello stesso modo.”
Nàl scosse la testa, “se quel potere è nel mio sangue e non nel suo, nessuno ci assicura che le conseguenze saranno positive, la magia è una cosa infima e pericolosa se…”
“Lo so,” Frigga strinse la mano dello Jotun contro il suo petto, “e so che se quel potere non fosse in nessuno di voi, non cambierebbe niente e Odino… E Odino…”
Nàl le appoggiò una mano sulla guancia, “anche io sono condannato comunque…”
“Se lo salvi, il re non potrà rimanere cieco.”
“Non è detto…”
“Te lo garantisco, Nàl. Se salvi Odino e Borr non ti concede alcuna grazia, farò in modo che l’intera corte sappia e si scandalizzi per un simile comportamento. Un re che perde il rispetto del suo popolo, è come un morto che cammina.”
“E se non ci riesco, Frigga?” Domandò Nàl, “se fallisco.”
Frigga gli rivolse un sorriso complice, “allora ci terremo per mano, mentre cammineremo verso il patibolo.”
E di fronte a tanto carisma, Nàl non poté evitare di ricambiare il sorriso.
Strane creature queste femmine…

[Midgard, oggi.]

Vuoi che ti mostri il mio dolore, Thor?
Gli occhi azzurri si aprirono di colpo ed il corpo scattò immediatamente in avanti, senza motivo.
“No! No! No!” Esclamò Frigga afferrando il figlio per le spalle e spingendolo a riadagiarsi sul materasso, “hai avuto la febbre tutta la notte, devi riposare!”
“M-Madre?” Chiamò guardandola come se fosse un’estranea.
“Sì, Thor, sono io,” lo rassicurò lei con un sorriso sedendosi sul bordo del letto per evitare che tentasse altri colpi di testa, “come ti senti, tesoro?”
“Dolorante,” ammise passandosi una mano sul petto, “che è successo?”
Frigga abbassò lo sguardo, “Heimdall ha perso il contatto visivo con voi per pochi minuti. Stavate litigando, poi il nulla, un istante dopo ti ha visto che giacevi dolorante a terra e Loki era sparito.”
Thor sgranò gli occhi, “sparito? Come sparito?!”
“Tuo padre è già sulle sue tracce, non andrà lontano,” lo tranquillizzò Frigga passandogli una mano tra i capelli, “ha usato i suoi poteri da Jotun e ti ha ustionato il petto.”
La voce di Frigga tremava, ma nella sua espressione, Thor non vi trovò lo stesso sgomento che provò lui, “come?” Domandò a mezza voce prima di sollevare l’orlo della maglietta per controllare lo stato in cui versava il suo corpo.
“Tuo padre ti ha curato in tempo,” raccontò Frigga, “non porterai nessun segno di quell’ustione, stai tranquillo.”
Thor si passò una mano sulla petto roseo e scolpito, perfetto. “Non ricordo nulla…”
“Lo so,” Frigga sorrise, “molti guerrieri tornati dalla guerra nelle tue condizioni lo dicevano, una volta guariti. Per quel che mi riguarda, proverò a convincere vostro padre a riportarvi a casa…”
“No! No! No! Madre, aspettate!”
“È chiaro che non puoi prenderti cura di Loki da solo, Thor,” replicò la regina.
“Siamo rimasti qui appena un giorno, sono stato io a cominciare col piede sbagliato, Loki avrebbe… Se non avessi parlato a vanvera, Loki avrebbe passato tutto il tempo a guardare fuori da quelle maledette finestre!”
“Heimdall ci ha raccontato del dialogo che avete avuto…”
“Non è stato un dialogo, ho parlato solo io!” La corresse Thor, “la responsabilità è solo mia. L’ho sfidato io!”
Una porta che sbatteva al piano di sotto, li avvisò che non erano più soli in casa. Frigga fissò suo figlio con uno sguardo d’avvertimento, Thor ricambiò con uno dispiaciuto, prima di alzarsi di colpo dal letto.
“Thor! Fermati, Thor!”
Troppo tardi, Thor era già a metà della rampa di scale che conduceva al piano di sotto, quando Loki venne scaraventato contro il muro sotto i suoi occhi.
“Che cosa avevi intenzione di fare?” Urlò suo padre fuori dal suo campo visivo, “rispondimi, piccolo bastardo! Che cosa avevi intenzione di fare?”
Thor si buttò di fronte a suo fratello senza pensarci.
Odino era a poco più di mezzo metro da lui, “che cosa stai facendo, Thor?”
“Ti prego, padre…”
“Levati di torno!”
Odino fece per afferrarlo, ma Thor fece un passo indietro facendo aderire la propria schiena contro il petto di Loki che si ritrovò incastrato tra il muro ed il corpo del fratello maggiore. Thor decise che quella era la posizione più strategica per cercare di parlare, “è stata colpa mia, padre…”
“Fai silenzio!”
“L’ho incitato io ad attaccarmi!”
“Un ottimo motivo per cui ora te ne torni a casa e lasci il resto a me, Thor!”
“Io non mi muovo di qui!”
“Non c’è niente che tu possa fare per lui, Thor!” Sbottò Odino al massimo della rabbia, “non importa quanto ci provi! Non migliorerà mai, può solo peggiorare, fino a che l’oscurità e la distruzione non saranno le uniche cose in grado di tenerlo vivo, proprio come suo padre!”
Frigga, in cima alla scale, si sentì mancare nel sentire il marito pronunciare parole simili.
Thor sgranò gli occhi irrigidendosi di colpo, non ebbe il coraggio di voltarsi e guardare l’espressione sul viso di Loki.
“Sono creature maledette per natura, Thor…”
“Padre…”
“E se non imparerai a combatterlo, trascinerà la tua anima nella sua oscurità!”
“Basta!”
L’intero mondo gelò.
Odino fissò Thor, ma sapeva che non era stato il suo primogenito ad urlare.
Frigga si portò una mano alla bocca.
Thor si sentì mancare e non seppe dove trovò la forza di rimanere in piedi.
“Siate maledetti,” mormorò la voce alle sue spalle, “tutti… Tutti voi, nessuno escluso! Siete voi la mia oscurità! Mi avete fatto sentire un fallito, quando gli unici perdenti eravate voi perché, pur avendomi salvato, non siete mai riusciti ad amarmi! Cosa volevate dimostrare? Di essere migliori del vostro peggior nemico? Bene, mi avete ucciso ogni giorno lentamente, piuttosto che lasciare che il freddo mi portasse via in una singola notte! Questa è la sola differenza…”
“No, Loki, no…” Mormorò sua madre con voce rotta.
Thor sentì due mani fredde spingerlo gentilmente in avanti, per poco non cadde, poi Loki gli si piazzò davanti.
Odino non mostrò alcun tentennamento, solo Frigga, che di lui conosceva anche la parte peggiore, vide che a stento riusciva a respirare, mentre si esponeva al fatale giudizio di quegli occhi verdi.
“Quando ho scoperto l’inganno dentro cui mi avevi cresciuto e ti ho chiesto chi ero, mi hai risposto che ero tuo figlio…” Mormorò con voce gelida, “per tutta la mia vita mi hai guardato vedendo lui, non è così?”
Frigga guardò suo marito trattenendo il fiato. Nega, pensò, maledetto, nega!
Odino dischiuse le labbra. Per tutta la vita ti ho guardato rivedendo in te…Rivedendo in te…
“Gli hai rivelato solo quella parte di verità che ha distrutto lui, ma ha lasciato illeso te.”
Sei un codardo, Odino.
Il re chiuse le labbra, fino a farle divenire una linea sottile.
Silenzio assenso.
Frigga gemette come se fosse stata colpita e ferita.
Thor avvertì uno sgradevole prurito alle dite e lo combatté stringendo i pugni con forza.
Il sorriso che Loki gli rivolse fu la cosa più orribile che Odino avesse mai visto, “siete veramente un grande re, mio signore. Col vostro silenzio oggi avete rivoluzionato quella che su Asgard è una verità assoluta.”
Nulla avrebbe potuto preparare Odino a quel colpo.
“In fin dei conti, Jotun e Aesir non sono poi così diversi…”
Entrambi sono capaci di essere dei mostri.

[Asgard, secoli fa.]

“Loki…” Frigga lo afferrò per una mano, prima che potesse mettere piede nella stanza della guarigione, “tu fai la guardia.”
Il giovane Jotun inarcò un sopracciglio perplesso, poi cercò lo sguardo di Nàl nella speranza di trovarvi risposte ma l’altro fu bene attento a fissare il pavimento per tutto il tempo.
“So che Odino non sta bene, non sono così ingenuo.”
“No, Loki,” Frigga scosse la testa con espressione funerea, “non lo sai e non voglio che tu lo sappia.”
Loki non seppe come replicare e il nodo che gli stringeva la gola non gli fu di alcun aiuto, “Frigga, ti prego…”
“Loki, ti voglio bene… Ti voglio un mondo di bene e proprio per questo ti chiedo di rimanere qui a fare la guardia. Tra noi due, è più che sufficiente che solo io veda cosa vi è dietro quella porta. Odino non si perdonerà mai per averci reso testimoni di un simile spettacolo, quindi, ti prego, almeno tu, risparmiatelo.”
“Penserò io ad Odino, Loki,” intervenne Nàl a sorpresa.
Il fratello del principe lo fissò con gli occhi lucidi di lacrime.
“Hai la mia parola, come tu mi diedi la tua quando sono giunto qui…”
“Muoviamoci!” Sibilò Eir al limite della pazienza.
Loki annuì, guardò Frigga un’ultima volta, poi si sedette sul pavimento prendendo un respiro profondo.
“Non ci metteremo molto,” lo rassicurò lei sparendo dietro la porta che si richiuse con un rumore sordo.

“Bene, non c’è nessuno!” Esclamò Eir esultante.
“Tutto secondo i piani,” le rispose Frigga con un sorriso rassicurante, poi abbassò gli occhi sul letto, “come sta?”
Eir si avvicinò per controllare le condizioni del principe, “l’incantesimo per il dolore non durerà ancora a lungo e nessuno di noi vorrà essere qui, quando si sveglierà.”
Frigga rabbrividì al solo ricordo di quella voce e di quella mano stretta con disperazione alla sua, “bene, Nàl… Nàl?”
Lo Jotun era rimasto indietro, osservando il risultato delle sue azioni da quella che poteva definire una distanza di sicurezza, “sono stato io a fare questo?”
“Tu non hai colpe, Nàl,” Frigga sorrise benevola scuotendo la testa, “i tuoi poteri hanno preso il controllo in un momento di pericolo, non sei la prima creatura a cui succede e non sarai nemmeno l’ultima.”
La fanciulla alzò una mano nella sua direzione e Nàl si avvicinò per afferrarla, un contatto a cui non era abituato ma a cui si aggrappò con tutte le poche speranze che aveva.
Odino sembrava dormire sereno, sfiancato come poteva esserlo un qualsiasi giovane guerriero dopo un’intera giornata nell’arena, se non fosse stato per l’orrenda ustione che gli ricopriva completamente il petto scoperto.
“Come riesce a respirare con una ferita del genere?” Chiese Nàl.
“Miracoli…” Mormorò Eir alzando le spalle, “così definiamo ciò che non riusciamo a spiegarmi con la magia.”
Nàl sospirò profondamente e guardò Frigga, “sei con me?”
Lei gli sorrise, “tu sei con me, io sono con te.”
“Comunque vada, sono felice di essere stato tuo complice.”
“Il piacere è tutto mio.”
“Sentite!” Intervenne Eir irritata, “sono felice che siate completamente sicuri di voi stessi, ma presto le guardie si chiederanno quanto ci mette il loro carcerato a tornare al suo posto e chiederanno spiegazioni al re e basta poca fantasia per immaginare come finirà allora…”
“Molto bene,” mormorò Frigga prendendo un respiro profondo, “qual è il piano?”
Nàl inarcò un sopracciglio, “pensavo lo avessi tu.”
“Sì, io ho tutta la teoria ma come pensi di svolgere la pratica?”
Eir si schiaffò una mano sul viso, “siamo morti… Siamo morti…”

Jӧrd aveva pianto tutto il giorno stando ben attenta a non farsi vedere da nessuno.
Non aveva avuto il coraggio di andare a trovare Odino.
No, le urla che avevano riecheggiato per i corridoi del palazzo dorato per ore intere l’aveva convinta a restare dov’era ed aspettare.
Ma aspettare cosa? Nessuno sarebbe andato da lei ad informarla dello stato in cui versava Odino. Quell’odiosa mocciosa di Frigga sarebbe stata capace di dirgli che era morto, pur di farle dispetto.
Perché il suo principe continuava a tenersela intorno?
Perché non riusciva ad allontanarsi da qual fratello fantoccio che si era creato?
Perché aveva preso ad ignorarla in favore di quel randagio di uno Jotun?
Jӧrd non capiva. La passione che li univa era forte, intensa, senza fine. Era un fuoco che non si sarebbe esaurito nel giro di poco, che avrebbe permesso a Jӧrd di fare di Odino quel che voleva con calma, senza negarsi la libertà di cui ancora sentiva il bisogno ma che sapeva non poter durare per sempre.
Eppure, Odino non si era mai fatto scrupoli ad andare con altre donne, in sua assenza.
Il suo desiderio per lei non lo aveva mai stregato a tal punto dal far cessare quello per tutte le altre.
Nàl non gli aveva dato niente, solo rifiuti ed un naso rotto.
Ed Odino non aveva occhi che per lui.
Amore lo chiamava, l’ingenuo. Ovviamente non era né la prima né l’ultima volta che lo dichiarava a cuor così leggero. Quello di Odino era l’amore di un bambino, breve ed intenso.
L’unico motivo per cui Nàl aveva avuto tutta la sua attenzione in quei mesi, probabilmente dipendeva dal fatto che Odino una preda così non l’aveva mai incontrata. Un piccolo coniglietto delle nevi che, sotto sotto, era un lupo bianco pronto a mordere se stuzzicato troppo.
Odino non era solo un guerriero, era un principe, un futuro re… La conquista ce l’aveva nel sangue e la guerra, passionale o di sangue, era la sua natura più intima.
Jӧrd non era disposta a perdere quella guerra contro l’ultimo arrivato.
Per questo, quando aveva visto il piccolo bastardo parlare con un giovane di bell’aspetto, non aveva esitato ad inventarsi una bella trama per toglierlo di mezzo.
Non aveva capito una parola di quello che si erano detti, sussurravano come sussurrano gli amanti… O i traditori. Fondere le due cose, le era sembrata l’idea migliore per sbarazzarsi della concorrenza e dimostrare ad Odino che il suo nuovo adorato, non era altro che una piccola puttana.
Ma quel che era successo nella sala del trono. No, quello non l’aveva proprio calcolato…
“Che cosa ci fai qui?”
Intrufolarsi nella stanza di guarigione di notte, le era sembrato il modo migliore per stare un poco accanto ad Odino lontano da occhi indiscreti. Peccato che il gattino in calore del principe fosse fedelmente seduto sul pavimento a fare la guardia…
“Potrei dirlo di voi, mia signora,” replicò Loki sospettoso alzandosi in piedi, “se siete qui per mio fratello, non può ricevere visite.”
Jӧrd sbuffò, “eppure, so che la tua cara amichetta gli è rimasta attaccata tutto il giorno.”
“Gli ha tenuto la mano mentre era agonizzante, compito che, se mi è concesso dirlo, non è da tutte le signore.”
“Povera piccola, deve aver piagnucolato tutto il tempo!”
“Non vi permetto di parlare di una persona a me cara con questo tono, specie dopo che siete stata causa dell’orrendo spettacolo a cui tutti abbiamo dovuto assistere quest’oggi.”
Jӧrd tradì un momento di tentennamento, “come sta?”
“Non ve lo dirò…” Mormorò Loki con espressione sarcastica.
“Piccolo bastardo di uno Jotun,” sibilò lei in risposta, “lasciami entrare o te la farò pagare.”
“Come? Dicendo a mio fratello che ho un amante segreto… O che mando avanti un complotto su Jotunheim ai danni del re? Mi piacerebbe proprio sapere cosa v’inventereste per me, dopo che vi siete impegnata tanto per rovinare Nàl.”
Jӧrd strinse i pugni con forza, poi si mosse velocemente verso la porta. Loki le afferrò il polso prima che potesse sfiorare la maniglia.
“Se provi a toccarmi con quelle luride mani ancora per un istante,” sibilò lei mentre assumeva un aspetto terribilmente simile a quello di una biscia, “mi metto ad urlare finché l’intero palazzo non si sveglia e farò in modo di rovinarti, Loki, oh, sì, mi sbarazzerò anche di te nel giro di poche ore.”
“Mi piacerebbe vedervi provare…”
Non era una sfida che si sarebbe potuto permettere di lanciare.

Il primo urlo fece sobbalzare i tre giovani nella sala della guarigione gelando loro il sangue.
“Cos’era?” Domandò Eir in panico.
Frigga e Nàl si astennero dal rispondere.
“Non mi toccare, sporco Jotun, toglimi le mani di dosso…” La porta si spalancò ed un attonito silenzio cadde tra i presenti. Jӧrd spalancò bocca ed occhi fissando i giovani uno ad uno.
“Tu…” Mormorò puntando un dito in direzione di Nàl, “Tu dovresti essere in una cella a marcire!”
Frigga si era sempre vantata dell’autocontrollo e della pazienza di cui disponeva.
In cuor suo, sapeva che quelle due caratteristiche sommate ad una naturale sincerità, le avevano permesso di passare da compagna di giochi di Odino a sua migliore amica.
Ne andava fiera, sul serio, sapeva che l’aiutavano ad avere quella dignità che molte giovani della sua età avevano buttato via con un calcio.
Tuttavia, Frigga era perfettamente consapevole di una cosa…
“Guardie! Guardie! Il prigioniero è fuggito!”
… In caso di necessità, poteva tatticamente dimenticarle anche lei.
Il modo in cui Frigga scattò in direzione della porta ebbe il potere di spaventare persino Nàl, “Frigga, che intenzioni hai?”
“Se devo essere giustiziata, voglio che sia per il suo omicidio!”

[Midgard, oggi.]

“Loki…” Frigga scese le scale tremando come una foglia e rischiando di cadere ad ogni gradino, “Loki, ti scongiuro, tesoro…”
Loki finse di non ascoltarla, non aveva più orecchie nemmeno per le parole della donna che aveva chiamato madre.
“Amore mio, ti supplico…” Frigga allungò una mano per fargli una carezza ma Loki allontanò il viso con un gesto secco per non farsi toccare. Se l’avesse accoltellata al cuore, probabilmente, le avrebbe fatto meno male. Thor si sentì morire quando udì i singhiozzi di sua madre spezzare il silenzio e l’indifferenza sul volto di suo padre, quando ella gli arrivò accanto, lo disgustò al punto da fargli venir il voltastomaco.
Loki sapeva che, probabilmente, quella sarebbe stata l’ultima immagine che avrebbe avuto delle due persone che aveva chiamato genitori per quasi tutta la sua vita e non mosse un dito per rendere la separazione più dolce.
Non c’era nulla che potesse semplificare le cose o aggiustarle. Nulla.
La scena s’interruppe com’era iniziata: con la porta d’ingresso che si chiudeva. Lentamente, questa volta.
Thor era rimasto congelato al suo posto, incapace di fare qualsiasi cosa che non fosse respirare.
Loki si voltò lentamente nella sua direzione e, quando il verde incontrò l’azzurro, qualcosa cambiò nella sua espressione. Vi era una sorta di sorpresa sul suo viso, come se non si fosse accorto che era stato lì per tutto quel tempo o come se non capisse il motivo per cui era rimasto.
“Vattene…”
Thor non reagì.
“Vattene,” ripeté Loki con più chiarezza.
Allora, Thor scosse la testa.
“Vattene! Vattene! Vattene!” Urlò con quanto fiato aveva in gola.
I vetri delle finestre s’infransero all’unisono provocando un gran baccano che nessuno dei due sembrò udire. La catena di Odino si era spezzata, Loki aveva di nuovo i suoi poteri.
Lasciami andare! Hai perso! L’ha capito il tuo re e non riesci a capirlo tu?
“Vat… tene… Vat…” Loki si portò la mancina allo stomaco e premette la mano destra contro la bocca. Thor si mosse d’istinto, gli circondò le spalle con un braccio e lo guidò in cucina più veloce che poteva.
Una volta giunti al lavello, Loki si chinò rigurgitando quel poco che aveva nello stomaco.
Thor lo sorresse stringendogli un braccio intorno alla vita e tenendogli la testa sollevata.
Lasciò che Loki finisse e si fosse calmato, prima aprire il rubinetto e lasciare che l’acqua facesse il resto.
“Pulisciti la bocca e bevi un sorso d’acqua o la nausea non passerà.”
Loki fece come gli era stato detto, poggiò entrambe le mani ai lati del lavandino per sorreggersi, il corpo scosso dal tremore e dai singhiozzi, il viso madido di lacrime.
Thor era dietro di lui e non aveva alcuna intenzione di muoversi.
Come poteva anche solo pensare di muoversi, quando stringeva tra le braccia una creatura tanto pericolosa e tanto fragile.
I suoi genitori si erano voltati e se ne erano andati.
Si erano arresi.
Lo avevano abbandonato.
Il bambino che non avevano messo al mondo ma che avevano raccolto di proprio volontà.
Un bambino che non era stato dato loro dal destino, ma che avevano avuto la possibilità di scegliere.
“Dove hanno trovato il coraggio?” Mormorò a se stesso, “dove avete trovato il coraggio?”
Circondò il corpo di Loki con entrambe le braccia rimettendolo in posizione eretta. Suo fratello appoggiò il capo sulla sua spalla chiudendo gli occhi e respirando profondamente. Aveva un labbro spaccato, probabilmente a causa dello scontro col padre.
Thor l’osservò per un lasso di tempo che sembrò durare un’eternità, non si rese nemmeno conto di aver parlato, “mostrami il tuo dolore.”

[Asgard, secoli fa.]

Nàl non riusciva a pensare, c’era troppo rumore.
Le urla di quella sgualdrina non erano niente in confronto alla moltitudine di passi che riecheggiavano nel corridoio. Nel giro di una manciata di secondi, tutta la corte sarebbe stata su di loro e avrebbero trovato un gruppo di ragazzini urlanti che si tiravano i capelli e lo Jotun che aveva sfregiato il loro re accanto al letto del loro principe moribondo.
Pensa, Laufey, pensa, pensa…
Oltre le grandi finestre della stanza della guarigione, il sole cominciava a sorgere.
Pensa, maledizione, pensa!
Un flebile gemito scivolò dalla labbra di Odino e Nàl quasi sobbalzò. I suoi lineamenti, prima rilassati, si contrassero in una fugace espressione dolorante. Sapeva che era solo questione di tempo prima che la sofferenza peggiorasse ed il principe riprendesse coscienza.
Sangue, serve sangue!
Sollevò la manica sinistra della tunica portandosi il polso alla bocca. Fece male. Fece dannatamente male ma chiuse gli occhi e resistette. Il sapore del proprio sangue gli fece venire la nausea ma riuscì a rimanere concentrato. Doveva rimanere concentrato.
“Avanti, idiota, collabora,” afferrò il mento del principe privo di sensi e gli aprì le labbra quel poco che bastava per farvi scivolare dentro alcune gocce, “avanti, ingoia.”

[Midgard, oggi.]

Loki aprì gli occhi verdi incontrando quelli azzurri di Thor.
Aveva udito le sue parole ma non credeva di averle comprese.
“So che puoi farlo…” Thor lo voltò gentilmente per guardarlo dritto negli occhi, bloccandolo col proprio corpo contro il ripiano della cucina, “non c’è cosa che mi faccia più male che vederti soffrire e tu vuoi punirmi, non è così?”
Loki lo guardava in silenzio, senza una reale espressione. Il viso era ancora madido di lacrime, più pallido del solito a causa del malore appena avuto, eppure il verde dei suoi occhi sembrava essere divenuto più intenso.

[Asgard, secoli fa.]

Non appena avvertì il sapore metallico del sangue, Odino mosse la testa da un lato in un gesto automatico, sputando fuori quelle poche gocce che lo Jotun aveva tentato di fargli ingerire.
“Maledizione!” Imprecò Nàl prendendo la testa del principe tra le mani per tenerlo fermo, “Odino, so che puoi sentirmi, quindi ascolta con attenzione le mie parole, devi…”
Odino non udì nemmeno la sua voce, man mano che riprendeva conoscenza l’unica cosa che riusciva a percepire era il dolore crescente su tutto il corpo e sarebbe bastato molto meno per rendere anche il guerriero più forte un folle.
Cominciò ad urlare sovrapponendo la propria agonia alle voci rabbiose delle due fanciulle che continuavano ad insultarsi e picchiarsi sull’entrata della stanza.
“Odino!” Urlò Nàl cercando di arrivare a toccare quel poco di ragione che rimaneva al principe, “Odino, sono io!”
In risposta gli arrivò un colpo dritto in faccia e fu abbastanza forte da fargli perdere l’equilibrio.
“Pensate agli altri ma lasciate il piccolo bastardo di Jotunheim a me!” La voce di Borr sembrò far tremare l’intero palazzo.

[Midgard, oggi.]

“Hai di nuovo i tuoi poteri,” mormorò Thor con solennità, “mostrami il tuo dolore, fammi sentire quello che hai provato, so che puoi farlo!”
Loki dischiuse le labbra ma qualsiasi replica morì, come avvertì in bocca il sapore del sangue.
Il suo sangue.
Si portò una mano al labbro ferito, come se si fosse reso conto del taglio solo in quel momento. Fissò i polpastrelli umidi di liquido cremisi, poi alzò gli occhi su Thor.
Suo fratello annuì.

[Asgard, secoli fa.]

Quando si rialzò, Nàl sentì le labbra pulsargli dolorosamente, come se stessero andando in fiamme.
Vi passò sopra il dorso della mano solo per scoprire che il colpo di Odino era stato sufficiente per farlo sanguinare.
“Che tu sia… Che tu sia…” Sibilò, poi un’idea lo bloccò.
I rumori intorno a lui divennero distanti, persino le urla di Odino che si agitava sul letto agonizzante sembrarono essere appena percettibili.
Le guardie erano alla porta, il re dietro di loro.
Nàl si chinò sul letto, prendendo la testa di Odino tra le mani e tenendola ferma con tutta la forza di cui disponeva in quella sembianze, “qualunque cosa accada…” Mormorò mentre Odino tentava di liberarsi, “sappi che te la sei meritata.”
Quando le unì, le loro labbra combaciarono talmente perfettamente da spaventarlo.

[Midgard, oggi.]

Thor non se l’era aspettato, come non si era aspettato un sacco di altre cose da parte di Loki.
E sapeva che era proprio, o almeno in parte, a causa di questa sua cecità se si ritrovavano a quel punto.
Come sapeva che quel bacio non poteva essere paragonato a nulla di quel che aveva vissuto fino a quel giorno.
Il sapore delle labbra di Loki.
“Sono maledetto?”
“No?”
“Che cosa sono?”

Il sapore del sangue di Loki.
“Sei mio figlio…”
“E cosa più di questo?”
Il sapore del potere che vi scorreva dentro penetrandolo senza pietà.

[Asgard, secoli fa.]

Odino non capiva da dove venisse tutta quella pace improvvisa.
Un secondo prima si era sentito la bocca inondata di sangue ed aveva pensato fosse il proprio, aveva tentato di lottare contro quello che credeva fosse il primo segnale di una morte inevitabile. Poi qualcosa lo aveva imprigionato, bloccato, soffocato ed il sangue era ripreso a scorrere ma non fuori dal suo corpo, no, fino in fondo alla gola.
E l’onirica sensazione che un soffice fiocco di neve gli toccasse le labbra.
Aveva dimenticato il dolore nel giro di un battito di ciglia, aveva cominciato a riconoscere le dita fredde che prima lo imprigionavano e che ora gli accarezzavano i capelli lentamente in un gesto di rassicurazione. Riconobbe le labbra sulle sue, le aveva conosciute appena la notte prima e le aveva amate per ore senza pretendere altro.
Baciare quella bocca, accarezzare quei capelli corvini e stringere a sé la creatura a cui appartenevano era come fare l’amore con la neve senza rischiare di congelare.
Nàl…” Mormorò, mentre una goccia di quel gelido sangue gli usciva dall’angolo della bocca.

[Midgard, oggi.]

Non appena la morbidezza delle labbra di Loki lo abbandonò, rimase solo il sapore del sangue e tutto ciò che vi era racchiuso dentro lo invase con la forza di un esercito di mille uomini.
Fece male.
“Loki…” Quasi gemette.
Fece dannatamente male.
“Loki, che cosa...?”
Gli occhi verdi di suo fratello erano gelidi, mentre l’agonia prendeva il controllo del corpo di Thor.
“Allora io non sono niente più che un'altra reliquia rubata, relegata quassù fino a quando non potrò esserti utile!”
“Volevi il mio dolore, fratello?” Domandò Loki, la sua voce era gelo ed odio, “allora prendilo, Thor. Questo è il mio dono per te, prendilo tutto…”
Thor cercò di replicare ma una sofferenza mai provata lo costrinse sulle ginocchia con inaudita violenza.
“Perché deformi le mie parole?”
“Avresti potuto dirmi cos'ero fin dal principio, perché non l'hai fatto?”
“Tu sei mio figlio, ho cercato di proteggerti dalla verità.”
“Perché? Perché i-io sono il mostro da cui i genitori mettono in guardia i propri figli la notte?!”

Conosceva quelle parole, suo padre si era guardato bene dal mentirgli quando gli aveva raccontato tutta la scena, ma sentirle… Sentirle come le aveva sentite Loki, come se una delle due persone a cui doveva la vita, a cui l’avrebbe affidata senza esitazioni, gli stesse strappando il cuore lentamente, assicurandosi di fargli percepire ogni legamento che cedeva, ogni vena che scoppiava… Ogni… Tutto.
Thor si circondò il corpo con entrambe le braccia ed urlò.

[Asgard, secoli fa.]

Odino aprì gli occhi lentamente solo per incontrare quelle iridi di un verde impossibile.
Le labbra di Nàl erano rosse di sangue e, sebbene lo spettacolo fosse vagamente inquietante, Odino credette che fosse la cosa più bella del mondo.
Un sorriso leggero gli illuminò il viso distrutto ed un istante dopo portò una mano su quella guancia gelida per spingerlo a baciarlo di nuovo.
Un bacio vero, questa volta.
Non c’era spazio per nient’altro nella mente di Odino. Né per il gran fracasso che fecero le guardie entrando nella stanza, né per le urla iraconde di suo padre, né per le voci agitate dei suoi amici.
Nulla, c’era solo quella creatura di neve ed orgoglio che, ovviamente, non pensò nemmeno lontanamente di rispondere alle attenzioni delle sue labbra.

[Midgard, oggi.]

“Bene, tutto ha senso ora, perché hai sempre preferito Thor in tutti questi anni, perché nonostante tu affermi di amarmi...”
“Ascoltami…”
“...non potresti mai accettare un Gigante di ghiaccio sul trono di Asgard!”
Thor si contorse sul pavimento cercando di sfuggire a qualcosa che era dentro di lui, che si diffondeva nel suo corpo alla velocità del flusso sanguineo portandosi dietro tutto ciò che Loki aveva deciso di dargli.
Era un guerriero, era sceso sul campo di battaglia molto prima di quanto i suoi genitori avessero voluto.
Si era fatto male molte volte, aveva sfiorato la morte altrettante.
Loki gliel’aveva anche fatta saggiare, in più di un modo.
Si era sentito morire, quando suo fratello gli aveva detto di essere stato la causa della morte di suo padre e del dolore di sua madre.
Era fisicamente morto, quando Loki aveva usato il Distruttore contro di lui.
Aveva desiderato la morte, quando aveva distrutto il Bifrost rinunciando ad una donna che avrebbe potuto amare sul serio.
Aveva desiderato la morte, quando Loki si era lasciato cadere.
Perché il dolore era così. Era una ferità mortale a cui non si poteva porre un reale rimedio.
Quello di Thor era finito.
Quello di Loki sembrava non avere fine.
“Ci sarei riuscito, padre! Ci sarei riuscito! Per te! per tutti noi.”
“No Loki!”
“Loki no…”

“No!”

[Asgard, secoli fa.]

Quando il contatto venne interrotto bruscamente, Odino volle combattere per ristabilirlo, volle alzarsi, prendere quella creatura tra le braccia e far male… Molto male a chiunque tentasse di portargliela via.
Non ci riuscì, non poteva.
L’unica cosa che lo addolorò fu aprire gli occhi e non poter trovare più quelli verdi di Nàl a fissarlo.
Si portò due dita alle labbra: in bocca aveva il sapore del sangue ma non lo disgustava. Sentiva il potere di Nàl scorrergli nelle vene ed era come sentire dentro il freddo vento dell’inverno.
Ma non faceva male, no.
Odino sorrise. Sorgeva il sole ad Asgard, il suo principe dorato si sentiva rinascere.

[Midgard, oggi.]

“Lo-Loki…” Thor nemmeno riusciva a pronunciarlo il nome di suo fratello, tanto era stretto il nodo che gli comprimeva la gola. Non riuscì a vederli chiaramente gli occhi verdi che lo fissavano dall’alto al basso, perché le lacrime erano tanto copiose da offuscargli la vista.
Loki non si era mosso, non aveva detto una parola. Nulla, era rimasto impassibile e Thor non capiva come potesse essere umanamente possibile con tutto quello che aveva dentro… Con tutto quello che Thor si era sentito riversare nell’animo.
Pazzo, lo avevano definito molti. No, Loki non era pazzo, aveva tutte le ragioni per esserlo ma se lo fosse stato non avrebbe avuto tutto quel controllo, quella capacità di elaborazione, quello spaventoso talento nel dissimulare e recitare ad arte qualsiasi ruolo fosso consono alla situazione.
No, Loki non era pazzo, non lo era mai stato. Se fosse stato pazzo, non avrebbe cercato di distruggere Jotunheim e conquistare Midgard. No, avrebbe tentato di radere al suolo l’intero universo per dar sfogo a tutto quello che comprimeva in quell’anima fatta a pezzi… E, alla fine, non sarebbe stato nemmeno sufficiente.
Aveva convissuto con un complesso d’inferiorità che era diventato ossessione.
Si era abituato alle tenebre perché aveva capito che nessuna delle sue recite gli avrebbe permesso di vivere alla luce. O, forse, si era rifiutato di fingere al punto di rinnegare completamente se stesso, la magia era sempre stato il suo talento e nessuno aveva saputo dargli un valore.
Le bugie erano divenute la sua arma e tutti avevano imparato a temerlo.
Mai a rispettarlo, mai.
Sua madre l’aveva amato. Una madre che non era nemmeno sua, che, forse, in principio l’aveva accettato per pura pietà. Per quale altro motivo avrebbe potuto accettare un mostro come figlio?
Suo padre l’aveva amato. A modo suo, dicevano. Già, a modo suo…
Perché non esiste un modo con cui si possa amare un mostro, no?
Suo fratello… Thor. Thor aveva amato Loki. Certo che lo aveva amato, era l’unico fratello che aveva.
Non sapeva impugnare un’arma, perdeva tempo a fare cose da femmine ed era noioso Loki, però era il suo fratellino, gli voleva bene.
Perché avrebbe dovuto tenere ad un ragazzino sbagliato se non per il legame di sangue?
“Non sono tuo fratello, non lo sono mai stato!”
“Loki, questa è demenza.”

Questo era Loki.
“Demenza?”
Questa era la confessione che non avrebbe mai fatto.
“Lo è?”
Questa era la realtà in cui credeva.
“Lo è?!”
“Loki…” Quando fu in grado di guardarlo in faccia, suo fratello sorrideva. Quell’orrendo sorriso da demone, la maschera perfetta del bambino ferito ed abbandonato che era, sebbene innocente non lo fosso più.
No, nessuno di loro era innocente, non lo era mai stato.
Ogni crimine di Loki era loro, ogni peccato di Loki era loro.
Era stato sadico, Loki ad esaudire la sua richiesta con un gesto dolce come un bacio, quando col suo sangue gli aveva iniettato dentro il fiele ricavato da odio e dolore.
E Thor l’aveva voluto.
Sì, Thor l’aveva voluto.
“Ora lo sai,” mormorò Loki senza smettere di sorridere, eppure una lacrima gli bagnò la guancia, “tuo fratello è morto.”
Thor chiuse gli occhi e pianse. Asgard ormai lontana, il suo principe dorato ridotto in pezzi.

**

Varie ed eventuali note:
Salve popolo! Ce l’abbiamo fatta!
Ho pensato che sarei caduta sul campo di battaglia una volta o due, ma sono orgogliosa del risultato finale tutto sommato. L’idea di una bella sequenza di scene parallele me la porto dietro da quando è cominciato a nascere il progetto di questa storia, ma non ero mai d’accordo su come elaborarla.
Spero che la decisione definitiva sia stata di vostro gradimento!

IMPORTANTE: diamo il benvenuto all’ “Incest” tra gli avvertimenti, probabilmente atteso da molti (almeno così spero). Mi raccomando adoratrici del ThunderFrost (tipo me, se non si fosse capito), voi conoscete Loki e sapete che Thor dovrà sputare sangue ancora un pochino, quindi abbiate pazienza! Tuttavia, posso dire ufficialmente che la dimensione passiva in cui avevo incastrato l’arco del “presente” è definitivamente conclusa! Da qui in poi la trama s’infittisce da entrambe le parti…

INFO di SERVIZIO: in questo capitolo abbiamo sfiorato le 12.000 parole, spero che aiutino a colmare i tempi di attesa. Non saremo più fortunati col capitolo 11, ma almeno posso darvi una data quasi precisa: si progetta d’inserirlo all’incirca per il secondo week end di marzo perché, come dicono i fan writers inglesi, “Real life happens…”

SPOILER: nell’attesa ve ne lascio qualcuno, nella speranza d’incuriosirvi.
-Conoscete Helblindi? Chi legge fanfiction straniere, probabilmente sì. Per tutti gli altri, Wikipedia non delude mai! In entrambi in casi, comparirà presto insieme a questa nuova indicazione temporale [Jotunheim, oggi].

-Nelle scorse note vi avevo implicitamente annunciato l’inizio di una guerra, per rispondere nuovamente ai timori nelle recensioni: no, non è ancora con Jotunheim.

-Penso che sia ora di sfruttare quell’avvertimento “Lime” lì in mezzo, voi che dite?

Detto questo! Ringrazio con tutto il cuore i lettori ed i recensori.

Un grazie particolare va a Callie_Stephanides per aver dato una chance in più a questa storia.

Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento, eventuali commenti e critiche sono sempre ben accetti (ma siamo onesti e diciamo che ad un’autrice servono come il pane)!

Alla prossima!


 

  
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