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Autore: Mary West    24/02/2013    7 recensioni
Un evento incredibile sconvolge la vita tranquilla di Tony Stark e lui si sentirà più solo e distrutto che mai proprio nel momento in cui il mondo ha bisogno di Iron Man più che mai prima d'ora. Un arrivo dal passato, un nuovo nemico da sconfiggere, amicizie indistruttibili e l'amore più puro fanno da sfondo all'avventura del secolo e tra litigi, notti insonni, travestimenti e bugie gli Avengers si riuniranno ancora.
Lei annuì e tornò ad accarezzargli la mascella, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi perfetti.
«Baciami» sussurrò adorante. «Tutta la notte.» Lui sorrise e la accontentò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You'll find that life is still worthwhile, if you just smile'
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Capitolo XIV
The Captain Diaries 




Era finito tutto. Tutto finito, concluso, perduto.
Ogni cosa in cui aveva creduto in passato e in cui aveva continuato a credere si era rivelata falsa e in quell’unico, tragico, inglorioso istante Steve si rese pienamente conto di come potesse essersi sentito Tony quel giorno.
Non era dolore, sofferenza, quelle non erano ferite qualsiasi, facili da superare. Lui era lacerato.
Si era fidato di lei, aveva concentrato nelle sue azioni la riuscita del piano per salvare il mondo, le aveva regalato il proprio cuore, aveva affidato alle sue mani la propria vita e quelle delle persone a cui più teneva al mondo e lei le aveva usate per ucciderle.
“Non è possibile. Non è vero” sussurrò ed era tremendo quel sussurro disperato. “Dimmi che non è vero.”
Peggy tirò un lungo sospiro e non glielo disse. Era vero.
“No” ripeté in un bisbiglio affranto. “T-Tu… tu non puoi… è tremendo… non davvero…”
“Mi spiace deluderti, Capitano” intervenne Glanster e il suo ghigno di disgustosa gioia rendeva tutto ancora peggiore. Steve alzò lo sguardo e, nell’appanno glaciale e implacabile che erano le lacrime davanti alle sue iridi desolate, vide sfocata e sbiadita la faccia di Peggy e tutto perse la sua magia e la sua brillantezza.
“Peggy…” la chiamò dolce e tremante. Lei scosse la testa, con uno sbuffo.
“Non avevo altra scelta” disse secca, evitando il suo volto, deformando il suo in una vaga smorfia di rassegnazione, irritazione, quell’incomprensibile espressione di chi non riesce ad avere ragione nel torto.
“Lydia, Capitano” lo corresse mellifluo Glanster ed era sempre peggio vedere quel sorriso schifosamente compiaciuto sul suo volto infame. “Lydia.”
Steve serrò la mascella e lo sguardo e il luccichio appannante divenne lacrime sulle sue guance rosse e gonfie per la rabbia e la sofferenza. La sua mente si rifiutava di pensare, di riflettere, di accettare, di credere a quello che stava succedendo. Non era possibile, continuava a ripeterselo.
Lui aveva amato profondamente Peggy. Lei era stata la prima ragazza su cui aveva davvero posato gli occhi, la prima che l’aveva guardato in modo diverso e che era stata capace di andare oltre le apparenze. Peggy era stata quella giusta e lui non riusciva a credere che, proprio nel momento in cui aveva seriamente creduto di poter trovare anche lui l’amore giusto e perfetto, quello si era rivelato nient’altro che una sporca menzogna.
“Vedi Capitano” riprese Glanster e ora lui e Peggy sedevano comodamente sul divano, mentre Tony e Pepper erano fermi al centro della stanza. Un gruppo di uomini aveva accerchiato Tony e lo teneva bloccato con delle funi, stringendo sull’armatura di ferro; Pepper era tenuta ferma per le braccia da un altro uomo di Glanster. Il suo vestito nero e lungo era stropicciato e strappato in più punti e il sangue sgorgava da un taglio profondo lungo la spalla.
“Quando hai deciso di sacrificarti per il bene del mondo” disse Damon con un tono che di certo biasimava l’atto di cui parlava – di sicuro, lui non l’avrebbe mai fatto. “Lydia ha tentato il suicidio e io l’ho trovata, immersa nei ghiacci. All’epoca, il caro Nick mi aveva già allegramente scaricato” e si sentiva il rancore sporcare le sue parole fredde. I suoi occhi glaciali guizzarono perfidi su Fury e scintillarono di rabbia e rammarico. “E io non avevo un solo posto al mondo. Io e Franz” continuò a indicò il dottor Deception, il cui sguardo era ancora languidamente fisso su Pepper, “la trovammo e lui la salvò, iniettandole del siero nel sangue.”
“Non è vero” intervenne Steve rauco. “È stato il dottor Täuschung a salvarla. L’ha detto lei…”
Damon rise e Deception con lui. Peggy aveva lo sguardo basso e lasciava che la mano di Glanster giocasse con i suoi boccoli selvaggi. Sembrava ferita e Steve sentì la testa girare più forte per quella reazione così vile e distaccata.
“Sì. Infatti. Ma dopo arriveremo a questo. Una volta che fu salva, fuori pericolo, le raccontammo dei nostri piani e cominciammo a idearli con cura. Lei non voleva farne parte, ma non poteva ignorare di avere un debito con noi, così rimase per qualche tempo. Quando fosti ritrovato e sconfiggesti i Chitauri insieme agli altri Vendicatori, capimmo che sareste stati d’impiccio e lei cominciò a pensare che, se non l’avevi cercata più, dovevi averla dimenticata. Cominciò a soffrire, a piangere, a disperarsi; finché il dolore non divenne rabbia, le lacrime sangue, la disperazione perfidia, la sofferenza mancanza di scrupoli. Decise di partecipare al piano, divenne la nostra spalla destra. E noi subito pensammo che sarebbe stato perfetto distrarre i Vendicatori, entrando nel gruppo attraverso le grazie di uno dei migliori” sottolineò la parola con cura. “E tu fosti naturalmente lieto di rivederla, di baciarla e sappi che mi sei quasi costato il piano perché Lydia si stava affezionando un po’ troppo, per me” continuò, toccandole languidamente le labbra. “Ma mi rassicurò, dicendomi che tu eri un trofeo, una vendetta, qualcosa da collezionare e tenere per sé, come per una bambina la sua bambola preferita. E io glielo concessi” disse fingendosi quasi galante.
La gioia, la soddisfazione, la convinzione di aver ormai vinto impregnava le sue parole e Steve si sentiva travolto con violenza, tutto quello gli provocava conati di vomito e nausea.
“Riuscì a distrarti alla festa e feci in modo di interrompere la vostra romantica réunion proprio nel punto giusto, mentre Franz si occupava di tenere d’occhio Stark e gli altri. Fu un gioco da ragazzi farti addormentare con quel sedativo e prendervi tutti. Ma poi arriviamo al punto migliore” allora il suo sorriso si ampliò. “Non pensavo che gli altri Vendicatori si sarebbero fidati di lei, ma nemmeno nei miei sogni più sfrenati avrei immaginato che l’avreste fatta entrare nella torre, quanto più che il nostro giovane Stark si stava decisamente rivelando all’altezza delle aspettative e ho quasi temuto di dover ritirare più volte la cara Lydia, a causa della sua politica di ingiurie. Ma lei è stata divina e, una volta uscita, non ha avuto problemi a rientrare portandosi gli altri dietro, con i codici rubati a Fury mentre parlava con Howard” continuò sempre più soddisfatto. “Ed eccoci qui. Tutti riuniti” disse ancora con tono falsamente infantile. “Ma ora che ci penso, ci sono un paio di cose sui nomi che avreste dovuto notare, se tu Capitano, non fossi stato così accecato dalla follia” si alzò e raggiunse il centro della stanza, “forse Virginia può raccontarci meglio questa parte della storia.”
Si avvicinò a Virginia con lentezza esasperante e le afferrò brutalmente la faccia, stringendole le dita sulla mascella. Lei scosse il capo, ma lui strinse la presa e la guardò con un guizzo divertito e malizioso. Tony ruggì fra le corde, ma quelle non si spezzarono.
Sh… andiamo, Virginia… sei stata davvero molto brava, devo concedertelo” disse con voce carezzevole, muovendo un dito languido sulle sue labbra gonfie di sangue. “Nessuno era riuscito a stendere Franz come hai fatto tu. Devo farti i miei complimenti… e anche quel giochetto dei nomi… ero sicuro che avresti apprezzato…”
Lei si scansò ancora, ma la stretta di Glanster si saldò a tal punto che, anche con le lacrime insopportabili ad oscurargli la vista, Steve poteva vedere i lividi cominciare a diffondersi sul suo viso pallido. Stark si agitò ancora, invano.
“Allora, Virginia” pronunciava il suo nome con disgustosa allusione. “Allora?” ringhiò stavolta e lei smise di divincolarsi. Steve vide i suoi occhi guizzare per un istante verso Stark, poi parlò.
“Quando siamo stati alla festa” iniziò con voce tremante, “ho parlato con Deception e ho capito che non poteva essere inglese. L’accento era troppo marcato… straniero” continuò più decisa. “Era tedesco.”
Glanster annuì, senza mollare la presa.
“Sì. Devo ammettere di averti sottovalutato. Quando ho deciso di distruggere i Vendicatori, devo dire di non aver prestato molta attenzione a te… insomma, non avrei mai immaginato che Stark avrebbe messo a rischio la cosa più importante della sua vita” disse divertito.
Stark ruggì ancora, ma Glanster lo ignorò, continuando a fissare il suo sguardo sul viso di Virginia.
“Ma questo ha reso tutto molto più interessante” concesse caritatevole. “Continua.”
Virginia strinse le labbra e sbatté gli occhi lucidi, fiera, poi parlò di nuovo.
“Ho cercato Deception sull’albo dei medici, ma non l’ho trovato… mi sono ricordata che Steve aveva parlato di un dottore che aveva salvato Peggy e ho scoperto che era nato lo stesso giorno di Deception e c’erano tantissime somiglianze fra loro” disse serafica. “E ho indagato su di lui. Ho scoperto che era stato una spia dello S.H.I.E.L.D., ma che era stato compromesso e poi espulso nel 1999, lo stesso anno in cui…
“… in cui ero stato espulso io” concluse Glanster per lei. “Avanti.”
“Le notizie su di lui erano poche. Dopo il 1999, non sono riuscita a sapere più niente di lui” continuò Pepper. “Ma in quell’anno è apparso per la prima volta Frank Deception. E Deception è l’equivalente inglese del tedesco Täuschung. Come” aggiunse tremante. Le sue palpebre fremettero di lacrime, mentre cercava lo sguardo di Steve. “Carter è l’equivalente del tedesco Fuhrmann.”
Steve scivolò sul pavimento contro le sbarre, senza più fiato, e all’improvviso tutto fu chiaro.
Lei non l’amava. Ogni parola d’affetto e devozione era frutto di un inganno, tutti i baci e le carezze, gli abbracci, gli occhi lucidi per la commozione erano solo la parte migliore di un piano perfettamente congegnato finalizzato a distruggerlo, tutte quelle promesse sulla loro prima volta insieme e quei discorsi sull’amore e la persona giusta erano falsi, effimeri e ingannatori e l’unico motivo per cui lei aveva accettato quella disgustosa pantomima era la vendetta. Perché lui aveva accettato una nuova vita, non l’aveva cercata, l’aveva lasciata andare e lei non aveva potuto sopportare l’esser stata dimenticata dalla persona che aveva detto di amarla in tutti i modi dei loro anni Quaranta. Certo, nel momento in cui si erano ritrovati, lei aveva sentito qualcosa, magari quel leggere brivido sulla schiena e forse i suoi occhi davvero si erano illuminati dalla commozione, ma tutto era stato messo bruscamente da parte in nome della vendetta e la conquista del mondo.
Aveva scelto di giocare con lui, di prenderselo per sé e di farlo diventare il proprio giocattolo, il suo spasso sessuale e la sua marionetta da asporto. E gli aveva mentito anche su quella prima volta.
Ma allora perché non lo guardava? Perché i suoi occhi, colmi di lacrime e pentimento, lo evitavano? Perché teneva il viso basso per la vergogna e l’imbarazzo?
Come aveva potuto gettare tutto nel cestino? Distruggere tutto quello che erano stati, quello che sarebbero potuti essere solo per il mondo?
“Steve, io…”
Quando sentì di nuovo la sua voce, credette d’impazzire. Soffiò violentemente e girò altrove il capo.
“Ascoltami…”
Voltò indietro la testa e la evitò. Sentì la sua voce rompersi in un singhiozzo, ma continuò ad ignorarla e trattenne ancora il pianto in gola. Fu Glanster a parlare ancora.
“Bene bene” disse mellifluo. “A quanto pare, qualche cuore di troppo ne soffrirà” bisbigliò in un ringhio disgustato. “Non trovi, Virginia?” continuò e strinse di più la presa. L’altra mano carezzò docile la canna della pistola che teneva alla cinta e Tony si divincolò con forza. Sul suo viso, ruggiva la stessa espressione di dolorosa impotenza che contorceva i perfetti lineamenti sul volto di Steve.
“Mi dispiace doverti uccidere infondo” continuò gentile. “Saresti stata un’ottima spia, signora Stark.”
Alzò la mano stretta attorno alla canna e sollevò la pistola, sfiorando la gola di Pepper con la punta. Steve sentì Tony trattenere il fiato e lo imitò. Il silenzio cadde nella sala e tutti attesero.
“Tira fuori il reattore, Stark” ordinò Glanster e aveva perso quel tono infantile e caritatevole. Era perentorio, brusco, violento. “Prendilo, Stark. O le faccio scoppiare trentadue denti dritti al cervello.”
Tony sospirò e serrò la mascella. Le sue mani scivolarono sul petto, accanto al reattore; Pepper urlò.
“Non lo fare!” replicò ostinata. “Non ne vale la pena.”
“Non ti intromettere, ragazzina” sibilò Glanster e premette con più forza la pistola contro la sua gola arrossata. “Non sei nella posizione adatta per dettare ordini.”
“Tu restane fuori” sibilò lei glaciale.
“Non ti conviene” ribadì Glanster perentorio e premette di nuovo la canna contro la sua mascella.
“Fa’ quello che ti pare” continuò lei orgogliosa.
Tony le lanciò uno sguardo d’avvertimento e il reattore gli scivolò fra le mani con uno scatto metallico. Steve sentì il principio di un pianto disperato alle sue spalle e vide lacrime di dolore e impotenza rigare il volto martoriato di Phil. Era finita. Avevano perso.
Damon si fece avanti e allungò un braccio per prendere il reattore. Fu a quel punto che tutto accadde.
Virginia si districò dalla stretta dell’uomo di Glanster e spinse con la gamba Damon, puntando la canna di metallo verso l’alto. Glanster cadde all’indietro e la sua pistola sparò un colpo, che prese Deception su una spalla, il quale si accasciò urlando al suolo. Nello stesso istante, Stark si liberò dalle corde che scattarono con un morbido fruscio sul pavimento e la Mark VII si riattivò mentre il reattore tornava al suo posto. Tre uomini gli andarono incontro, ma lui li stese con un solo colpo del braccio; altri due si avventarono su Virginia e Coulson la spinse all’indietro: il vestito le cadde da dosso e finì come tappeto ai piedi dei due complici. Pepper si ritrovò con il ventre sul tavolo alle sue spalle, le gambe sollevate al ginocchio e le mani che stringevano i lembi dell’abito per non cadere, rimanendo con indosso un busto nero. Strinse la presa e tirò il tessuto; i due uomini finirono sul pavimento con uno tonfo pesante, mentre i tacchi affilati delle scarpe argentate a colpire inconsapevolmente il volto di un altro sgherro alle sue spalle. Phil le venne incontro, anche lui libero dalle costrizioni, ed entrambi afferrarono le chiavi della cella, andando incontro alla serratura. Steve vide le mani frementi di Pepper tremare incontrollate mentre girava le chiavi e forzava la porta; quella si aprì con uno scatto freddo e tutti uscirono da lì.
“Fuori, subito!”
No!”
L’urlo di Glanster li fece sobbalzare tutti. Riprese la pistola e la puntò contro di loro, ma Nick fu più veloce e lo colpì al braccio prima che lo facesse lui.
“Abbiamo un debito” sussurrò pacato. Glanster lo guardò con ira, mentre si tamponava il braccio sanguinante.
“Prendeteli!”
Steve afferrò in un lampo lo scudo dal tavolo e lo lanciò contro il gruppo di uomini che andava loro incontro e quelli caddero come birilli.
“Andiamocene da qui” disse Natasha e si avventò selvaggia come una gatta randagia contro altri tre dipendenti di Glanster.
“Bruce” intervenne all’improvviso Stark dall’armatura. “Quel tale ci ha dato degli idioti innumerevoli volte. Questa sarebbe l’occasione giusta per arrabbiarsi un po’.”
Bruce sorrise divertito e, un istante dopo, Hulk ruggì minaccioso. Accanto a lui, Clint sfoggiava pronto il suo arco e Thor ruotava il Mjolnir verso Deception. Steve si mosse verso di loro, quando vide Virginia a terra dall’altra parte della sala. Fece per andarle incontro, ma Stark fu più lesto e, in un secondo, le fu accanto sul pavimento.
“Andiamocene” ripeté Howard serio. “Ora.”
Steve annuì e seguì Fury, Barton, la Romanoff e Thor per le scale. Arrivarono al parcheggio e Natasha salì sull’auto con cui era arrivata Pepper.
“Aspetta” disse Steve. “Dobbiamo aspettare…”
“Arriveranno con altri mezzi, Capitano” replicò subito l’agente. “Ma adesso dobbiamo andare.”
Steve fece per seguire gli altri a malincuore, ma qualcosa attirò improvvisamente la sua attenzione.
“Vi raggiungo” sussurrò distratto e corse per le scale. Sentì il rombo dell’auto, ma non ci badò.
Steve!”
Decise di ignorare quella voce. Non era il momento e non lo sarebbe stato mai più.
“Steve, ti prego! Ascoltami!”
Di nuovo quell’urlo disperato e sofferente. Come poteva? Non riusciva a sopportarlo.
“Steve, devi aspettare!”
Sentì la sua mano allungarsi e stringersi attorno al suo polso. Fu sbattuto sul muro e chiuse gli occhi. La prima cosa che vide appena li riaprì fu lei, il suo volto di porcellana, il suo sguardo pieno di lacrime, dolore e rancore.
“Devi ascoltarmi” gli disse e tremava in modo incontrollabile. “Mi dispiace. Non ho avuto altra scelta, ho dovuto assecondarlo!” urlò disperata. “Io non volevo, ma lui… Damon, mi è entrato nel cervello e mi ha convinta che t-tu… che tu mi avevi dimenticata e che dovevo vendicarmi… ho sbagliato, me ne sono resa conto troppo tardi… io ti amo.”
Steve serrò la mascella e respirò profondamente, cercando di evitare che le lacrime riprendessero a sgorgare copiose e sventurate sul suo volto senza più forza. Era annientato.
“Peggy…”
Non riusciva a parlare. Come poteva dirgli che lo amava, dopo quello che aveva fatto?
“Lasciami andare” disse secco. “Devo trovare Stark…”
“Stark?” ripeté lei e sorrideva scettica nel pianto. “O Virginia?”
Lui sbuffò, cercando di stroncare quel mare di rabbia che lo travolgeva, insieme al risentimento, l’odio, la sofferenza.
“Dio Santo, Peggy!” gridò disperato. “Io non amo Virginia! Mi piaceva, d’accordo? Sì, mi attraeva in qualche modo, va bene? Ma basta, non provo niente per lei… possibile che ancora non lo capisci, che amavo te?” disse rauco.
“Sì, amavo te” ripeté. “Ed è stato tutto un errore. Perché tu hai solo giocato, non è vero? Un trofeo, ecco cosa sono… tu neanche sai cos’è l’amore” concluse desolato. “E io ci sono cascato.”
“Non sarebbe successo se tu ti fossi fidato di lui” sibilò lei velenosa. “Stark ti ha cacciato in tutto questo… ti ha portato lui a questa sofferenza… dovresti vendicarti di lui…”
Steve non volle ascoltare più; si allontanò da lei e fuggì verso il piano di sopra. Phil e Virginia erano accanto alla finestra e Stark dietro di loro. Appena lo vide, Tony sorrise.
“Stai bene?” gli chiese nella confusione. Steve annuì, confortato.
“Sì.”
“Bene” replicò subito l’altro. “Aiuta Coulson a scendere le scale. Ci vediamo giù.”
Steve annuì distrattamente e vide Stark avvicinarsi alla vetrata ormai distrutta. Parte della Mark VII era andata distrutta e non indossava né il casco né gran parte dell’armatura del busto, fino alla vita.
“Pepper!”
Sentì la sua voce chiamare la ragazza, mentre lui e Coulson raggiungevano le scale. Condusse l’agente fino al primo piano e lo caricò su un’altra auto. Prima di partire, alzò lo sguardo verso la vetrata e vide Stark caricarsi Virginia in spalle e saltare dall’attico verso di loro. Caddero nell’aria fino ad atterrare con un tonfo sul sedile posteriore, frenati in tempo dai razzi sui polpacci.
“Parti!”
Steve afferrò il volante e mise in moto la macchina, sterzando verso la torre.
 

*

 
Era molto tardi quella notte o anche molto presto quella mattina, quando finalmente Tony si addormentò. Era stata davvero una giornata stremante, fra rapimenti, fughe e combattimenti vari. Sarebbe stato tutto un dolore da vecchio e avrebbe dovuto ringraziare il caro Damon Glanster. Era steso sul divano del salotto nell’attico della sua amata torre e dormiva profondamente. Nelle altre stanze regnava lo stesso silenzio e tutti erano persi nel proprio mondo dei sogni. L’orologio scoccò le sei e Pepper si svegliò di soprassalto. Aprì gli occhi agitata, portando una mano ad accarezzare la fronte imperlata di sudore e gli occhi appesantiti dalla stanchezza. Si alzò lentamente dal divano e lasciò Tony dormire, sorridendo alla sua visione addormentata. Raggiunse silenziosamente il bagno e si sciacquò il viso, per poi andare in cucina e prepararsi qualcosa di caldo. Aveva fatto un sogno davvero tremendo che non riusciva a ricordare neanche e improvvisamente si sentiva invasa dall’agitazione. Chiuse gli occhi, massaggiandosi le palpebre stanche, e tirò un lungo sospiro, cercando di tranquillizzarsi. Aveva appena acceso il fornello e l’odore del caffè stava cominciando a diffondersi per la stanza quando un rumore attirò la sua attenzione.
Sbarrò di colpo gli occhi e il respiro le si fece veloce e irregolare. Cercando di fare il meno rumore possibile, varcò cauta la soglia della cucina e trattenne il fiato.
Un’ombra scura, una figura prominente e robusta si muoveva nel salotto, a passi lenti e muti, con le braccia levate e una pistola stretta convulsamente nel palmo di una mano tremante. Si trovava nell’oscurità, qualche passo dopo il corridoio dove il sole non illuminava l’attico. Si mosse in avanti e Pepper vide la spalla sollevare l’arma che ancora sussultava nel puntare la sua vittima, stesa addormentata sul divano. La canna sbatteva nell’aria e, quando fece un altro passo in avanti, Virginia poté vedere il volto della persona che stava cercando di uccidere Tony.
Sbatté parecchie volte le palpebre, stupita, poi la meraviglia cedette il posto al dispiacere e sul suo viso stanco apparve un’espressione di sincero affetto.
Scosse il capo e fece per raggiungerlo, ma, nel farlo, inciampò contro un mobile al suo fianco, facendo cadere sul pavimento la lampada che lo sovrastava, e il fracasso fece sussultare il colpevole finalmente alla luce.
“Virginia!”
Pepper sistemò di nuovo tutto al suo posto e si voltò verso Steve che adesso la guardava agitato. La pistola era sparita.
“Scusami” sussurrò imbarazzata. “Ho fatto un brutto sogno, così sono andata a prepararmi qualcosa di caldo, ma sono inciampata in questa stupida lampada e allora...”
Steve non l’ascoltava. Pepper lo fissò per un attimo e non poté fare a meno di notare che aveva un’aria orribile. Era pallido, smunto, visibilmente provato; aveva un’espressione triste, affranta, assolutamente sconfortata. Le labbra esangui erano stese in una smorfia di totale desolazione e gli occhi erano gonfi e arrossati.
“Non fa niente… sta’ tranquilla” minimizzò lui. “Potrei avere un po’ di caffè, per favore?”
Pepper annuì, con ancora un’ombra di quel cipiglio amorevolmente preoccupato sul viso, e tornò in cucina. Versò un po’ del liquido caldo e familiare in due tazze da colazione, poi lo diluì con del latte e ne porse una Steve, sedendosi di fronte a lui.
Per qualche istante non fecero nulla; rimasero nel silenzio, ciascuno a sorseggiare il proprio caffè. Fu Pepper a parlare per prima.
“Stai bene?” domandò in un bisbiglio imbarazzato. Non voleva essere invadente, ma Steve sembrava così triste e a lei dispiace tanto.
Lui annuì distrattamente e lasciò lo sguardo scorrere su di lei, sui capelli sudati raccolti dietro la testa, sulla maglietta bianca aderente al corpo sudato, alle gambe scoperte, ai piedi nudi, e poi di nuovo sul suo viso, puro e gentile.
“No” rispose infine. Bevve un sorso del cappuccino caldo e avvertì un piacevole senso di calore e intimità invadergli il petto. Sbatté le palpebre e guardò ansioso Virginia; lei ricambiato il suo sguardo con timore, con quei suoi occhi dolci e adorabili, gentili, così semplici e puri, come sempre riusciva ad essere. Per la millesima volta, si trovò a invidiare Stark e la sua maledetta fortuna. Ancora non riusciva a credere a quello che era successo, a come lei avesse rischiato ancora la vita per lui, mentre Peggy aveva rinunciato a tutto solo per amore di se stessa e della vendetta per un crimine che nessuno aveva mai commesso.
“Mi ha detto che mi ama” sussurrò desolato, senza avere il coraggio di guardarla. “E invece mi ha tradito.”
Sentì il sospiro leggero di Virginia e il suo profumo gli inebriò il volto, ammaliante. Sentì la testa girare e chiuse gli occhi, trasalendo quando avvertì il suo tocco aggraziato su una mano. Fece per allontanarla, quando la voce di Peggy risuonò perfida nella sua testa.
Non sarebbe successo se tu ti fossi fidato di lui… Stark ti ha cacciato in tutto questo… ti ha portato lui a questa sofferenza… dovresti vendicarti di lui…
Peggy era stata ridicola nel suo vano tentativo di vendetta. Voleva solo allontanarlo da Tony per vederli distrutti ancora… giusto?
Ma mentre stringeva la mano di Virginia, Steve sragionò. Lei era lì, davanti a lui, lo stava sostenendo. Proprio come sosteneva Tony e se fosse venuta a mancare, Stark sarebbe caduto; nessuna vendetta sarebbe potuta essere peggiore… privato della cosa più importante della sua vita…
Allora, lui avrebbe vinto? No, assolutamente. Ma forse avrebbe avuto qualcuno vicino. E Virginia era lì e lui aveva bisogno di sentire calore, contatto, amore e lei traboccava di tutto.
Improvvisamente voleva baciarla. Non sapeva perché – si sentiva attratto da lei? No, non come lo era stato da Peggy. Era così caldo quel loro rapporto, così fraterno, non avrebbe mai amato lei come una donna della vita – ma voleva. Voleva sfogare quel dolore, voleva baciare qualcuno, voleva distruggere Stark.
Si sporse in avanti, le labbra tese e l’agonia persa nello sguardo, ma Pepper lo fermò. Poggiò l’altra mano sulla sua guancia e gli gettò le braccia al collo, stringendolo con tanta forza che lui sentì una vaga sensazione alla bocca dello stomaco ed ebbe voglia di piangere.
Rimase immobile, incredulo, perché aveva quasi ucciso il suo fidanzato – sapeva che lei l’aveva visto, gliel’aveva letto negli occhi – e aveva cercato di farle del male ancora, esattamente un secondo prima; e poi l’aveva coinvolta in una missione che stava facendo rischiare la vita sia a lei sia a quello che sarebbe dovuto diventare suo marito, mettendo in pericolo ogni persona alla quale teneva perché si era innamorato.
Eppure, Virginia lo abbracciò. Strinse le mani dietro al suo collo e lui avvertì un calore totale invaderlo da capo a piedi, come se fosse qualcosa di confortevole e rassicurante e pieno.
“Mi dispiace” le mormorò affondando il volto nella pelle profumata della sua spalla. “Mi dispiace.”
Pepper sorrise buffamente e si allontanò, squadrandolo con la solita dolcezza.
“Di cosa?” gli chiese affettuosa. “Tu non hai fatto nulla di male.”
“Sì, invece” disse lui scuotendo il capo. “Mi sono fidato di qualcuno che per poco non ci ha uccisi tutti... mi sono lasciato convincere dalle sue parole, che dovevo vendicarmi di una persona che, seppur irritante e molesta, mi ha sempre aiutato... ho sbagliato e tutto perché...”
“... perché ti sei innamorato” mormorò lei con premura. Gli accarezzò una guancia e sorrise. “Non è una colpa. Tu non hai mai fatto nulla di male intenzionalmente... hai sbagliato perché tentavi di fare la cosa giusta.”
Steve scosse il capo ed ebbe la sgradevole sensazione di qualcosa che bruciasse nella sua gola. Tentò di parlare, ma uscì solo un lamento rauco. La sua mano si infilò nella tasca e ne fece scivolare il contenuto sul tavolo con un tonfo metallico per il brusco gesto.
“Sei sicura di quello che dici?” sussurrò fissando oltre la pistola il vuoto nel quale stava cadendo. Virginia gli strinse la mano e gettò l’arma nella spazzatura, poi si alzò e gli posò un bacio sulla guancia.
“Io mi sento morire.”
“Ti senti annientato” mormorò lei senza lasciare la presa. “È normale. Non è una cosa che capita a tutti, facile da affrontare, che metti nel conto delle cose... ma può succedere.”
“E allora... è finita?”
Pepper sorrise di fronte a quel tono delicato; sembrava un bambino ferito in cerca di rassicurazioni.
“No” rispose semplicemente. “Non finisce mai finché le persone che continuano ad amarci ci sono vicine.”
Steve trattenne il fiato e annuì spostando lo sguardo dalla presa che ancora lo tratteneva al cielo fuori dalla torre.
Il sole stava sorgendo di nuovo. 
















 

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Buongiorno a tutti e buona Domenica. ♥
Finalmente posso postare con calma e dedicare più tempo a tutti voi. Dopo quest'estenuante settimana, ci vuole proprio una sana dose di Efp e pertanto prometto di impegnarmi con tutti voi a recuperare le recensioni e le risposte alle recensioni a cui non ho potuto dedicare il giusto tempo in queste ultime settimane. *-*
Tornando alla storia vera e propria, eccoci qui con il quattordicesimo capitolo. Io ho concluso la storia, ma sto ancora aggiungendo un piao di cosette nei capitoli; in ogni caso vi informo che la stesura definitiva è di ventiquattro capitoli, motivo per cui già da un po' siamo entrati nella seconda metà della long. Per quanto riguarda la storia a lungo termine, credo che questa sia la prima di una trilogia - già sto lavorando sulla seconda - e comunque si vedrà. 
Dunque, questo capitolo credo chiarisca bene parecchi punti che avevamo in sospeso: adesso sappiamo chi è veramente Peggy e chi Lydia e come si sono incontrate e sappiamo la verità anche sul disgustoso Deception. Questo capitolo inoltre dà tanto spazio alla psicologia di Steve e ai suoi dolori e a questo proposito spero ardentemente che Lou in particolar modo possa apprezzarlo perché nessuno capisce il Capitano come lei. 

Spero che tutto sia chiaro, nella trama - mi rendo conto che può sembrare incredibile, sotto alcuni punti di vista - e vi invito a pormi domande nel caso abbiate dubbi. ^^ Prima di ringraziamenti e saluti, classica burocrazia: 

[1]: The Vampire Diaries è una serie televisiva statunitense di genere fantasy ispirata all'omonima serie di libri di Lisa Jane Smith con protagonista Elena Gilbert; 
[2]: Gracie Hart, citata in un paio di capitoli fa e accostata a Natasha, è la protagonista di Miss Detective, un'agente di polizia piuttosto forte nella lotta fisica e con maniere decise almeno quanto quelle della nostra superspia russa. 

Credo di aver detto tutto. Come sempre, ringrazio enormemente le persone che continuano a seguirmi con affetto e costanza: evenstar, Silvia (non pensare che io mi sia dimenticata della tua favolosa long, sai *-*), Maretta, Missys e Ylenia. Grazie di cuore a tutte. 

Un bacione e al 6 Marzo. ;) 
La vostra Mary. 

   
 
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