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Autore: margotj    25/02/2013    0 recensioni
[IN PARTE CROSSOVER CON HIGHLANDER THE SERIES]
Ho scritto per anni e, poco alla volta, ho creato un AU su angel e spike ambientato a LA. A grandi linee, possiamo collocare l'inizio dell'avventura verso la meta' della Quinta Serie di Buffy,oppure alla fine della prima di Angel. Ovviamente cambio episodi del passato a mio piacimento. In questo caso, ricostruisco l'episodio, oppure segnalo i cambiamenti dove sono basilari per capire lo svolgimento.
Non ho seguito un ordine cronologico nemmeno durante la stesura, è scritta a capitoli separati, ma con una certa coerenza.
Difficilmente sono definibili fan fictions d'azione. Tendo a focalizzarmi su singole situazioni, in cui i combattimenti e gli intrecci polizieschi fanno puramente da sfondo. Mi piacciono le confessioni, le riflessioni e gli attimi di debolezza. Con un po' di autocritica, mi ripeto e mi piace veder scorrere il sangue. C'e' chi e' romantico e chi e' trucido... E, tanto per specificare, non si tratta di Fanfic Slash.
A seguito di spiacevoli episodi tale Fanfiction è disponibile con la mia autorizzazione solo presso il mio sito, Vs. Ananke e su EFP. Per richieste o segnalazioni, per cortesia, scrivetemi . Grazie, MJ
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Francis Doyle, Altro Personaggio, Angel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[VI]

 

I vampiri incalzavano.

Da tutti i fronti, chiudendoli in un angolo.

 

La sola idea di poter abbandonare Doyle, Cordelia e Faith per correre dietro qualche nuova chimera venne rapidamente abbandonata. E Spike si ritrovò a combattere per la loro vita come per la sua.

Con la stessa concentrazione, l’assoluto assorbimento che non lascia spazio a null’altro.

Un colpo dietro l’altro.

Con le armi, con le mani, semplicemente con tutto il corpo.

 

Senza fermarsi.

 

E senza riuscire a trovare una via d’uscita alla situazione.

 

Siete stati dei geni, a infilarvi in questo posto.” – urlò, frapponendosi per l’ennesima volta, tra i non morti e Cordelia Chase.

E solo per seguire te e lei.” – fu la risposta implacabile della ragazza. Ormai impugnava l’ascia con entrambe le mani, cercando di non lasciarsela sfuggire. Stanca, ormai ad un passo dall’essere solo un automa da guerra, menava fendenti alla cieca, a rischio e pericolo anche dei suoi compagni di lotta – “Doyle, per favore, smettila!”

 

Doyle non la ascoltò. Non era mai stato tipo da accettare un ordine. E ora meno che mai, impegnato a picchiare, con il suo lato demoniaco a vista e le mani strette intorno a due coltellacci.

Tu cosa faresti al mio posto!” – rispose, secco, di rimando – “Te ne staresti in un angolo a guardare?”

Forse lo farei, mi avessero appena trivellato il cervello!”

Dobbiamo andarcene di qui. C’è da raggiungere Angel, potrebbe servirgli una mano.”

Potrebbe o può?” – sbraitò Faith. Si teneva un fianco, con una smorfia – “Cerca di scoprire questa sottile differenza un po’ in fretta.”

Stai troppo con Wes, Cacciatrice. Accontentati della soffiata!” – replicò. E Spike si interpose tra loro.

Cambiamo registro!” – comandò, mutando i lineamenti – “E leviamoci da qui!”

Senza attendere risposta, si avventò contro il primo malcapitato, lacerandogli la gola con i denti e dissetandosi del sangue di un suo simile, prima di spezzargli il collo.

E dopo il primo, ne afferrò un secondo, senza riuscire a trattenersi, senza dimostrare alcuna misericordia.

 

Il liquido lo inebriò, probabilmente arricchito di una qualche droga.

La testa gli girava, mentre i suoni continuavano ad amplificarsi.

Forse, avesse potuto respirare, Spike si sarebbe sentito soffocare, nel continuare il massacro, investito dall’aroma del sangue e dall’odore del terrore.

 

Voltandosi, a metà di quel banchetto, cercando Faith con gli occhi.

Andatevene.” – ordinò – “Raggiungete Angel.”

Faith esitò. E abbassò l’arma che aveva in pugno, guardandolo.

E Spike mutò i lineamenti, tornando a quella bellezza sua tipica, fatta di ossa sottili e zigomi troppo scavati.

Bello ed esasperato, come la prima volta che si erano visti.

Vai, Faith.” – ripeté, gli occhi azzurri pieni di emozioni – “Vi raggiungerò, te lo prometto.”

 

Te lo prometto.

 

La Cacciatrice annuì, riprendendo a menar fendenti e proseguendo verso l’uscita improvvisata, con Doyle a fianco, un Doyle abbastanza esasperato da mostrare il suo lato demoniaco e a tenere per un braccio Cordelia.

Quando emersero nella via, correndo a perdifiato, li seguirono in pochi. E Faith, operando da retrovia, se ne occupò nel migliore dei modi.

Andate.” - disse, raggiungendoli alla macchina – “Io torno dentro.”

Faith.”

Non me ne vado, Cordelia!” – replicò Faith, zittendola. Voltandosi cosi in fretta che i capelli si mossero, di vita propria – “Lo sai benissimo.”

 

Sì. Cordelia abbassò l’arma. Lo sapeva.

Lo sapeva benissimo che Faith non l’avrebbe mai lasciato solo.

Stai attenta.”

Come sempre.” – sorrise la Cacciatrice. E accettò una seconda lama da Doyle.

Meglio abbondare, non credi?” – commentò lui, senza aggiungere null’altro, affidandosi solo al potere dei suoi occhi.

 

Faith non rispose.

 

Semplicemente corse, lungo la direzione da cui erano venuti, incontro al suo destino.

 

***

 

Faith non credeva nell’amore narrato dagli uomini.

 

L’amore non era mai veramente esistito, nella sua vita.

Non fino a Spike, per lo meno.

Spike era stato il segno nella sua esistenza.

Amore.

Ma amore secondo regole mai scritte.

 

Spike aveva riabilitato quel sentimento che le si agitava nell’anima.

Quel sentimento che non aveva un vero nome, mischiato a una negatività che non sapeva spiegare. Era il buio, l’ansia delle corse nell’oscurità.

Era il cuore che batte senza ordine nel silenzio.

Era una forza che poteva ogni cosa, poteva distruggere e portare verso la luce accecante.

 

Sì. Era stato Spike a chiamarlo amore, per la prima volta.

 

E Faith aveva sentito di avere finalmente un posto.

Un posto nel grande schema delle cose.

Tutto era divenuto di colpo più lineare, incredibilmente afferrabile.

Faith era la Cacciatrice. Come Buffy prima di lei, e più ancora, la predestinazione si mischiava con l’amore per il proprio nemico.

E diveniva completezza, nel convergere degli opposti.

La Cacciatrice con l’oscurità nel cuore, il pezzo mancante di un vampiro con l’anima.

 

Quella notte, correndo per raggiungerlo, incerta sul loro futuro, Faith ebbe un’altra di queste sue inspiegabili intuizioni. Sarebbe venuto un giorno in cui nulla di tutto questo lottare avrebbe più contato.

Un giorno privo di battaglie, un giorno senza il peso del mondo sulle spalle.

In quel giorno, apparentemente così lontano, Faith avrebbe continuato comunque a correre. E lei e Spike sarebbero comunque stati insieme.

 

Quando irruppe nuovamente nel magazzino, lo trovò vuoto.

La battaglia si era spostata oltre, verso spazi più angusti, lungo i corridoi oscuri tra un capannone e l’altro.

Spike, probabilmente, cercava zone più idonee alla battaglia, più controllabili, trascinandosi dietro i suoi nemici.

Faith percorse lo spazio aperto, seguendo i suoni attutiti dei corpi contro il metallo, della lama contro la lama. Saltò giù da un dislivello, atterrando in una strada deserta, grigia e uniforme.

Il rumore dell’acqua in caduta attutiva gli altri suoni facendo rimbombare solo i passi.

E Faith corse, le due spade sguainate in pugno, il corpo proiettato già verso la lotta. Alcun vampiri della retroguardia improvvisata le vennero incontro, senza riuscire propriamente a fermarla, rallentandola di qualche centesimo di secondo.

 

Fu la freccia, trapassandola, a porre un freno alla sua corsa.

 

***

 

Cordelia inchiodò. E Doyle puntò entrambe le mani contro al cruscotto, per salvarsi la faccia.

Prima di voltarsi e valutare l’ostacolo a centro strada.

La Plymouth di Angel era piazzata di traverso e ne stavano saltando giù sia Wes che il vampiro.

Ed Edward, con quello stile di guida su cui si sarebbe potuto discutere ad oltranza, stava facendo slalom tra le due macchine.

Ed era, quel che si suol dire, un uomo alterato.

Doyle aprì la portiera e saltò giù, andando incontro a Angel.

Uomo, non sono mai stato così contento di vederti!” – esclamò. Angel era contuso, arrabbiato e sporco. Ma aveva la testa sul collo, proprio come Edward Coventry, il quale stava parcheggiando la moto con abbastanza foga da piegare e far stridere i cavalletti.

Non dirlo così in fretta.” – ribatté Angel, secco, massaggiando la spalla sinistra con una mano arrossata di sangue – “Sono qui per comportarmi male. Lui dov’è!”

Nei magazzini. Si sta tirando dietro gli ultimi. Faith lo sta raggiungendo, noi venivamo a cercare voi.”

Angel si voltò, fissandolo.

 

C’era un solo motivo per cui Doyle avrebbe lasciato un amico in pericolo.

Un pericolo maggiore per un altro amico.

 

Edward li raggiunse correndo, gli occhi azzurri spiritati.

Allora? Ci perdiamo in chiacchiere?” – domandò, irrompendo nella conversazione quasi fisicamente.

Che fosse furibondo, lo si poteva intuire già solo dai capelli. Non era più un’aureola bionda. Era una criniera leonina.

Taci Coventry.” – Angel gli scoccò un’occhiata incendiaria – “Doyle, cosa hai visto?”

Lui.” – Doyle puntò un dito verso Edward – “Morsicato, massacrato, molto morto. Successo qualcosa di simile?”

Assolutamente no.” – replicò l’interessato, facendo girare l’impugnatura della spada nella mano in cerca di un bilanciamento migliore – “Possiamo andare adesso?”

Allora o l’hai evitato, o succederà.” – concluse il demone, aprendo il bagagliaio e recuperandosi una balestra – “Muoviamoci… non c’è motivo per lasciare quei due soli ancora a lungo.”

 

***

 

Il sangue defluì rapidamente, dando a Faith l’impressione di scivolare via proprio corpo, insieme al calore. Istintivamente si coprì la ferita con le dita, respirando in maniera affrettata, sorprendendosi a pensare a Buffy, a quel coltello che le penetrava l’addome quasi a tradimento, gelandola.

Ad anni di distanza, dopo centinaia di ferite, la sensazione si ripresentava uguale, spaventandola. Il senso ineluttabile di dover morire, contro la propria volontà. La sensazione di non potersi arrendere, di dover combattere sino alla fine e forse ancora oltre.

Si raddrizzò a malapena, atterrando il primo vampiro che osò avvicinarsi, senza riuscire a ucciderlo. E dando quindi un margine d’azione e speranza ai pochi altri che lo seguivano.

Sbatté le palpebre ripetutamente, strisciando contro il muro, per mettersi in piedi, impugnando strettamente l’arma.

Non se ne attiverà una nuova, stanotte, sussurrò, cercando di concentrarsi. Nessuna nuova Cacciatrice.

 

Ho ancora troppo per cui vivere.

 

Per combattere.

 

E Spike mi aspetta, in fondo a questo corridoio.

 

Menò un fendente, cercando di essere precisa, non solo disperata. Barcollò, ma ebbe l’impressione di poter controllare la debolezza. E colpì di nuovo.

Piegò un ginocchio, poi si tuffò in avanti.

E un altro vampiro cadde.

Seguito da un secondo.

 

Sì, poteva farcela.

 

Il terzo fu più rapido nell’assestare un colpo, mancandola per pura sfortuna.

Il sangue di Faith sembrava mandarli su di giri, renderli euforici. Per quanto si difendesse, per loro era già morta, già buona solo per gli sciacalli.

 

Noi siamo mille… la Cacciatrice è una sola… abbiamo tutto il tempo del mondo…

 

Oh, Spike... portate questa consapevolezza dentro ogni cellula, vero?

Ve ne convincete, al momento della vostra rinascita, nell’istante in cui sentite parlare della Cacciatrice per la prima volta.

 

Ma una cacciatrice che ha qualcosa per cui lottare non può morire. Tu lo sai… ma loro no.

 

Loro no, ripeté, affondando l’arma fino al polso nel torace del suo avversario, imbrattandosi di cenere.

 

Sentendosi cadere. Svanire.

 

E finendo dritta tra le braccia di Angel.

 

Spike, rantolò la ragazza, Spike è poco oltre.

Ci penserà lui.” Rispose il vampiro, sbrigativamente, voltandosi a fissare il giovane immortale che gli aveva corso a fianco per quell’interminabile tratto.

Edward rallentò appena, uccidendo l’ultimo degli attaccanti. Il suo braccio si stese, in un arco perfetto che, agli occhi appannati della ragazza, lo fece sembrare un paladino.

Un brivido la scosse ancora, in quella visione. E le sembrò di poter vedere la furia dell’uccisore delle cacciatrici sui suoi lineamenti.

 

Coventry… L’arte guerriera vi scorre nel sangue…

 

Il sangue di Faith sgorgò rosso e cupo, tra le dita di Angel, macchiandolo.

Vai.” – ordinò Angel, guardandolo, un lampo di durezza onice negli occhi. Faith svanì contro il suo petto, tra le sue braccia – “Mi occupo io di lei.”

Pensa a lui.

Sei qui per questo.

Edward annuì. Faith, dalle braccia intrecciate di Angel protese le dita, indicandogli la via.

Là.” – sussurrò, pallida come un cencio – “Corri.”

 

Edward non se lo fece ripetere. Tese le dita, le sfiorò la mano resa appiccicosa dal sangue.

Poi si voltò.

E riprese la sua corsa, allungando le falcate, sentendo il cuore battergli disordinatamente.

 

Poco oltre, i suoni di battaglia si fecero più intensi, scomposti ed armonici allo stesso tempo. E, svoltando un ultimo angolo, Edward si parò innanzi a una visione di terrificante bellezza.

 

Spike combatteva, elettrico nell’oscurità. Lo spazio circostante era vasto, battuto da un leggero vento che apriva la cenere ad ampi ventagli intorno ai sopravvissuti. In mezzo a loro, incolume e furioso, Spike non smetteva di colpire, atterrare e infliggere dolore con i soli sensi demoniaci. Combatteva a mani nude, senza arretrare, senza cedere.

 

Era William. E non lo era più.

 

Edward si fermò, la fitta al petto di nuovo viva e bruciante, la lama abbassata, quasi a riposo.

William ruotò su se stesso, svelando il volto della caccia, uccidendo con un’elegante rotazione.

 

E fissandolo dritto in viso.

Occhi negli occhi.

Occhi che tornarono azzurri per la sorpresa.

 

La battaglia rallentò. E divenne macchia soffusa.

Entrambi immobili, in un respiro che nessuno dei due si concesse.

Di nuovo insieme, a meno di dieci passi uno dall’altro.

 

Il tempo scomparve. E furono solo loro, insieme, come erano sempre stati.

Da vivi, da morti, nel passato e nel presente, nei reciproci sogni e incubi.

 

Poi il nulla svanì. E fu dolore.

Nuovamente dolore.

E battaglia.

Cercando di ignorare il proprio torace e la gola bruciante per un morso ormai fantasma, Edward si lanciò, nell’attimo stesso che un colpo ben assestato allo sterno fece imprecare Spike.

Con pochi passi gli fu addosso. Pronto a spedirlo con una spallata fuori dalla mischia, a prendersi pure la sua parte di antagonisti, facendolo infuriare maggiormente.

Spike si rialzò, con lentezza, la mano premuta al fianco. C’era Edward, che combatteva, adesso, nel posto che fino ad un attimo prima era stato suo.

E combatteva senza smettere di guardarlo, di voltarsi, fendente dopo fendente, per saperlo al sicuro.

Con i gesti dolorosamente identici a quelli di un tempo, la stessa sollecitudine, la stessa discreta attenzione.

 

Le ginocchia gli avevano ceduto, era caduto rovinosamente a terra. Ed Edward, con la preoccupazione dipinta sui lineamenti, si era mosso, continuando a combattere, a contrapporsi tra lui e il pericolo.

Finiscila!” – urlò Spike, rialzandosi e uccidendo uno dei demoni, spezzandogli il collo senza esitazioni – “So badare a me stesso.”

Allora fallo!” – replicò Edward, deciso come una frustata, mentre gli aprivano uno squarcio su un braccio – “Non restare impalato!”

Non sapeva perché aveva osato parlargli in quel modo. Forse era stata l’agitazione di sentirlo così vicino, l’atroce sensazione del bagno di sangue che si consumava intorno a loro, ad entrambi.

Ritrovarsi, duecento anni dopo ogni sogno e ogni aspirazione condivisa con la consapevolezza di aver visto svanire tutto, il desiderio di William di studiare, di conoscere, la passione di Edward per quel mondo che amava e che voleva mantenere tale.

Tutto scomparso, William il poeta, Edward il sognatore.

Su quel campo di battaglia, tra la cenere e il sangue, i loro cuori battevano ancora, vicini, oltre il tempo, oltre il cambiamento. Ma erano il cuore di un immortale e di un vampiro.

Ed Edward, con il sangue martellante alle tempie e nel petto, non poteva che domandarsi cosa restasse realmente di loro.

Oh, certo!” – esplose il vampiro, posandogli una mano sulla testa e spingendolo verso il basso per salvare quel suo prezioso cervello in tumulto – “Me la cavavo benissimo anche senza di te!”

E quella frase gli fece quasi nuovamente piegare le ginocchia. Assestò un colpo deciso a un malcapitato, cercando di mantenersi coerente e lasciò andare il fratello, tornando al proprio cinquanta per cento di massacro.

Edward… Edward così vicino da poter essere sfiorato, toccato, afferrato.

Edward, così vicino da avere calore, profumo, sentimenti tangibili e potenti.

Edward, a cui aveva mentito per la prima volta in vita sua.

 

Me la cavavo benissimo senza di te.

Cazzate.

Tutte cazzate.

Come si poteva vivere senza un fratello di quel genere? Solo dannandosi, ecco come.

Solo dannandosi.

Senza luce.

 

Londra, 1857

 

Aveva rotto una vetrata. Aveva inferto il primo colpo quasi senza rendersene conto. E i successivi, sulla cornice, sui vetri, non avevano lenito il dolore.

Aveva lanciato tutto il contenuto del capanno, preso a calci le paratie, fatto quasi imbizzarrire i cavalli rinchiusi nell’altra ala della scuderia.

Poi tutto aveva cessato di avere un senso. Ed era svanito anche il poco di consapevolezza che restava.

Per ore, forse.

E quando si era risvegliato, le mani sanguinanti e intorpidite, era buio. E il profumo del fieno lo aveva investito, mischiato a quello dei gelsomini.

 

Nessuno era venuto a cercarlo.

 

Meglio così.

 

William si era alzato, zoppicando, ed era uscito. Aveva camminato con lentezza, fino a raggiungere la panchina in pietra. E si era seduto, fissandosi i piedi.

E il nulla gli si era aperto innanzi, come una voragine.

Edward era svanito.

Non restava nulla di lui.

Nulla, se non il ricordo di una promessa impalpabile.

 

Torno, torno presto.

 

Nulla. Il nulla inconcepibile della casualità, della presenza che muta in assenza, del tutto che diventa il vuoto.

Su una terra fatta di bellezza e poesia, di eterne lotte e inconsapevoli scelte. Su di una terra piena di vita, era scesa la notte.

 

Edward non c’era più.

Edward se ne era andato.

 

E William, nel ripeterlo ancora una volta, sottovoce, comprese. Comprese che mai nessuna vetrata rotta e nessuna parete presa a calci avrebbero cambiato la realtà dei fatti.

 

Era solo.

E non avrebbe mai più saputo cosa significava essere protetto.

 

Il pugno lo colse il pieno viso, facendolo quasi girare su se stesso.

I lineamenti mutarono prima che potesse fermarli e gli diedero nuove risorse, da demone.

Afferrò il suo aggressore e gli spezzò il collo, senza pensare troppo. Il sangue lo colpì, a schizzi, facendolo andare su di giri.

Ne afferrò un altro. E uno ancora.

Dimenticò tutto, divenne battaglia stessa.

Ed Edward gli fu subito a fianco.

 

Si aprivano un varco, senza smettere di uccidere, si lasciavano alle spalle una perfetta scia di sangue in cui tutto svaniva in nubi di polvere. Spike sorrise, di derisione, per se stesso e per quella situazione.

Occupati di quelli.” – urlò, alzando un braccio e indicandone alcuni, più defilati.

Con piacere.” – rispose Edward, deviando e falciando con le due lame – “Tu prendi l’altro fronte.”

Si parlavano. E non se ne rendevano realmente conto.

Spike aveva il volto della caccia in vista, Edward sembrava non averlo notato. Per lui era solo William. Un William adulto e deciso che sapeva cosa stava facendo.

Privo delle esitazioni e della timidezza della sua adolescenza.

 

Avevi vent’anni… ti ho perso prima di vederti divenire uomo…

 

 

Non potrò mai cambiare tutto questo.

 

Gli occhi gli si riempirono di lacrime, il respiro si fece pesante. Mosse la spada quasi alla cieca, cercando di snebbiarsi, incontrando la consistenza indescrivibile della carne, lacerandola.

E uno dei vampiri gli arrivò abbastanza vicino da colpirlo in pieno, ad atterrarlo.

 

Edward!”

 

L’urlo rimbombò per le gallerie, per i depositi deserti, giungendo fino ad Angel e Doyle, facendoli voltare. Ed era un urlo furioso e inorridito.

 

Edward allungò le lame di fronte a sé, trapassando il suo aggressore. Spike lo aveva già afferrato. Levandoglielo di dosso e finendolo.

Stai bene?” – domandò, mutando i lineamenti e tendendogli istintivamente una mano.

Tutto a posto. Ma è ora che leviamo da qui, che ne dici?” – rispose, afferrandogli le dita e sentendosi strattonare con decisione. Senza osare guardarlo – “Non stiamo risolvendo niente al momento.”

Inizi a sentirti carne da macello?” – ribatté, con prontezza, sorridendogli beffardo, mentre si rimetteva in piedi.

E rendendosi conto, in quell’istante, mentre gli occhi di Edward si posavano su di lui, che lo stava apostrofando come faceva con Angel, come si fa con una persona di cui ti fidi e a cui ti affideresti.

 

Come Angel.

 

Ma che non era Angel.

 

E che quello era Edward, era veramente Edward.

 

Lo contemplò, stordito, come se una impossibile verità gli fosse appena passata per la testa e penetrata nell’anima.

 

Edward.

Edward vivo.

 

E al suo fianco nella battaglia.

 

William!” – Edward gli teneva ancora le dita. E lo stava tirando verso di sé – “Attento.”

Lo aveva tolto dalla traiettoria, colpendo con decisione un demone alla bocca, con un pugno ben dato. E Spike, raddrizzandosi e fuoriuscendo quasi da sotto quel braccio protettivo, lo fissò con occhi sorpresi.

Bel colpo.” – si complimentò, senza riuscire a trattenersi, rapito dall’espressione determinata e dall’assenza di indecisione. Cogliendolo di sprovvista, per un solo istante.

Edward piegò la testa. E gli sorrise. Gli sorrise, osservando i suoi lineamenti fini, il sangue e i lividi che a malapena li nascondevano.

Grazie.” - rispose, con quella luce che Spike aveva lasciato in una sua vita passata – “Anche tu non te la cavi male.”

 

***

 

La battaglia si protrasse ancora, per un tempo indefinibile. E i ragazzi Coventry la vinsero, dimentichi di loro stessi, per l’istinto di sopravvivenza e il senso di giustizia che da sempre, volenti o nolenti, seguivano.

Combatterono, senza arretrare, portando i loro nemici su terreni più consoni allo scontro, dritti in trappole decise istintivamente, fino a ritrovarsi soli.

E nuovamente in compagnia dei loro fantasmi.

 

Il vento portò via le nubi e i resti della loro personale guerra, sorprendendoli insieme, sotto un cielo pieno di stelle, consci del fatto di essere ancora vivi. E incredibilmente soli, a nudo, con i loro rimorsi e i loro rancori.

Edward fece ruotare l’impugnatura della spada nella mano e si voltò, sorridente.

Ed il sorriso si spense nella consapevolezza.

 

Spike era in piedi, di fronte a lui, le mani lungo i fianchi, le armi a terra.

Lo sguardo di condanna fisso, assolutamente privo di una forma di lettura.

Nulla traspariva, dal suo restare fermo, elegante, dritto e composto, freddo e spietato nell’assoluta immobilità.

Bello e letale, come un predatore, delineato da muscoli sviluppati e sottili, da un look moderno e deciso, dalle tinte scure.

Il sangue gli macchiava i capelli eccessivamente biondi e gli marcava una tempia, segnando la linea della guancia e della mascella con una traccia carminia. Un grosso livido andava svanendo sotto i suoi occhi. Lungo un braccio, un lungo taglio si stava rimarginando con la stessa rassicurante lentezza.

Come stavano facendo i tagli di Edward.

Abbassò gli occhi, sorpreso, fissandosi il dorso di una mano, guardando la nocca tornare a rivestirsi di pelle, richiudersi su se stessa. E li rialzò, tornando a lui.

A suo fratello, che voltava le spalle e si incamminava.

 

E sentì la rabbia salirgli, nitida e sbagliata, dal centro del petto, mentre piantava a terra entrambe le spade e moveva un passo.

 

Finisce così, dunque?” – sferzò, nell’aria tersa della notte, obbligandolo, istintivamente, a fermarsi – “Te ne vai?”

 

Un sorriso cinico e crudele illuminò il viso di Spike.

Quello sei tu, Edward.” – rispose, voltando giusto la testa, una breve rotazione per donargli uno sguardo carico di disprezzo – “Sei tu quello che fugge, a quanto ne so.

Questa è la mia città

La città mia e di Angel.

Vattene.”

La morsa allo stomaco si fece ghiaccio. Ma Spike non si fermò. Deliberatamente, voltandosi e tornando verso di lui, continuò a parlare.

Non mi serve il tuo aiuto. E non mi interessa chi tu sia, ora. Stammi alla larga.

E se ora io vado in quella direzione” – aggiunse, indicando con un dito un passaggio coperto – “tu vai in quella opposta.”

Edward strinse le labbra, gli occhi gli divennero grigi. Come quando doveva combattere, come quando, in piena giovinezza, era costretto a imporsi su elementi non abbastanza educati da saper tacere a proposito.

Non avrei mai voluto lasciarti.” – disse, dopo un attimo interminabile.

Tutto comincia da questa verità.

Non ho mai voluto.

Non ho mai voluto lasciarti.

Sei mio fratello.

E il mio migliore amico.

Lo hai fatto.” – ribatté Spike, quasi serenamente – “E senza troppo rimorso. Non una… due volte.”

Alzò la mano, il segno della vittoria.

Due, Coventry.” – sputò, fissandolo. Denigrandolo nel rifiutare di chiamarlo per nome – “Interessante casualità, se già la prima volta è stato così doloroso…”

Edward non gli rispose.

Non provò a farlo ragionare, a parlargli.

Ricambiò semplicemente l’occhiata, lasciando trasparire a malapena il malessere che provava.

 

Ma Spike poteva sentirlo ugualmente. E non poteva ignorarlo.

Il cuore era forsennato, come il respiro che stava trattenendo a forza.

Era ferito, sporco del suo sangue e di quello demoniaco dei loro avversari. Eppure era ancora della bellezza di sempre, quella quasi disturbante per cui era divenuto leggenda nella sua generazione.

La bellezza pura della coerenza, interiore ed esteriore.

Era ancora Edward.

E faceva male fargli del male.

Lo sai benissimo che non è stato facile.” – replicò, quasi sottovoce, guardandolo – “Non sono mai stato pronto a lasciarti…”

Non si riferiva più all’inganno. Ma a ben altro, con quegli occhi, con quel cuore irregolare.

E Spike ebbe paura.

Una paura forsennata e irrazionale che credeva di non poter più provare. E si rivide.

Rivide se stesso, ed Edward.

 

E, senza riuscire a frenarsi, arretrò di un passo.

 

Kensington, 1857

 

Edward si alzò di scatto, tossendo, accasciandosi su se stesso. E il rumore di passi non si fece attendere.

Due mani lo afferrarono e lo fecero sedere, la schiena contro un torace magro e forte.

Due mani gli piegarono la testa indietro, fermandolo, tirandogli i capelli e sembrandogli comunque rassicuranti.

Calmati, sono io.” – sussurrò William, nell’orecchio. Una voce bassa e adulta, incredibilmente rassicurante.

Lo so.” – ansimò Edward, sbattendo le palpebre, allungando una mano indietro per afferrargli la nuca – “Tranquillo, non è nulla. Abbiamo passato di peggio.”

Sicuro?” – domandò William, afferrando la brocca sul tavolino, con il braccio libero e versando una generosa dose d’acqua nel bicchiere e sul ripiano.

Non tremare, dannazione.

Non tremare.

Lo sono.” –annuì, senza smettere di stringergli il collo tra le dita – “E’ stato un incubo.”

 

Rifiutò il bicchiere con un cenno e represse una nuova ondata di nausea.

Un incubo.

Un incubo da cui aveva temuto di non svegliarsi. Un incubo in cui William rantolava e non riusciva a respirare.

Ed Edward non poteva raggiungerlo. Gli tendeva le mani, invano. Urlava il suo nome.

E William moriva, nello spegnersi di un ultimo respiro, lasciandolo solo.

Oh, William.” – mormorò, sentendosi scuotere da un sussulto – “Oh, Willie…”

 

William si tese, quando la mano di Edward lo abbandonò e il suo corpo si protese in avanti, i gomiti sulle ginocchia, la testa tra le mani, lunghe dita sottili impigliate nei capelli biondo oro.

Oh, William…”

Lo ripeteva, senza smettere di piangere.

 

Edward piangeva.

Senza frenarsi, la sua schiena scossa da quel dolore che non riusciva a controllare, per quei colpi involontari di tosse, per quelle lacrime inattese.

Per la prima volta, in quei mesi di silenzio, di fitte traditrici che gli stravolgevano i lineamenti. Mesi trascorsi, con la rapidità ossessiva dei valzer di Chopin, dopo infinite sfide con la propria morte, resistendo strenuamente… Edward piangeva, per il dolore antico di chi sa di dover partire e mai più tornare.

Di chi sa cosa si lascia alle spalle.

 

Non posso perderti…” – sussurrò Edward, la testa alta, le mani strette in un unico pugno, contro le labbra. E gli occhi ancora pieni di lacrime – “non posso… non ne ho la forza…

 

Non posso lasciarti, William. ”

 

Non voglio morire.

 

Non voglio.

 

William rimase fermo, lontano meno di un respiro eppure con l’atroce consapevolezza del muro che ormai le separava.

Non potrò seguirti…solo ora lo so. Non potrò seguirti dove stai per andare.

 

Istintivamente si protese, lo abbracciò stretto. Chiuse gli occhi, cercò di dominarsi.

 

Veglierò io, se tu stanotte vorrai riposare.

Ti proteggerò io, come tu proteggi me.

 

Non voglio perderti nemmeno io…

 

Non succederà.” – rispose, imponendo alla voce di non tremare, stringendolo forte – “Tu non puoi perdermi… non me ne andrò mai…”

non andrò mai via…

e resterò, sotto questo cielo, in questo silenzio.

 

E avrò la tua morte, per compagna, fino alla fine dei miei giorni.

 

Non ho mai voluto perderti…” – sussurrò ancora l’immortale, fissandolo, con infinita pena – “avrei dato di tutto per restare con te. E tutto per saperti libero.

E non potevo avere entrambe le cose.

Ho scelto la tua libertà, William.

 

Non puoi condannarmi per questa mia decisione.

 

Sapevi che non ne avrei mai compiuta altra. ”

 

Gli occhi di Spike si riempirono di lacrime. E divennero cristallini.

Strinse i denti, quasi mostrandoli, nell’alzare il pugno e colpirlo.

Il dolore si propagò dallo zigomo, fino al centro del cervello, facendolo volare a terra, con i palmi dolorosamente a contatto con il cemento.

Tossì, senza riuscire a trattenersi, la schiena inarcata per alzarsi, anche se a fatica.

Il mio amore per te è immutato.” – replicò, cocciuto, in risposta a quel colpo, raddrizzandosi – “Lo stesso di allora.”

Cazzate.” – ringhiò il vampiro, cercando di non perdere del tutto il controllo, per non ucciderlo – “Tu ami solo te stesso, Edward. E la tua idea di perfezione. Solo scelte nobili, grandi decisioni, destini inevitabili. Tu ami solo te stesso e l’idea che hai di te, come il peggiore degli egoisti.”

 

Gli era arrivato vicino, passando dal sibilo alle urla.

Ed è per questo che te ne sei andato… era più adatto alla parte, non credi? Immortale e libero dal tempo, perché intristire gli altri con l’evidenza della morte inevitabile!” – denunciò, con un’atroce verosimiglianza con la realtà dei fatti, facendo rabbrividire Edward – “Perché è questo che hai pensato, vero?”

Un altro pugno.

Ma Edward, questa volta, riuscì a restare in piedi.

E prepararsi a parare un terzo colpo che non si sarebbe fatto attendere.

Sì, è questo.” – rispose, l’espressione seria e decisa – “Ero immortale. Non potevo restare, anche se avevo la certezza che avresti compreso questa mia natura.

Non me ne sono andato perché ti ritenevo uno stupido, William.

O perché non volevo che tu lo sapessi.

Me ne sono andato perché avevi una vita da vivere. E io non avrei più potuto farne parte.”

Con prontezza gli afferrò la mano, bloccandola nella sua traiettoria. E strinse, fissandolo dritto in viso.

Puoi colpirmi fino ad ammazzarmi, se ti fa piacere.” – soffiò, accendendosi di una durezza inusuale – “Ma ti ricordo che per un lavoro ben fatto occorre una spada.”

L’aveva detto per ferirlo, per vedere una reale reazione. Perché quel vampiro che aveva di fronte, che urlava e lo aggrediva, era opaco e privo di sentimento.

Non c’era nulla in lui.

Era il vuoto pulsante di un’emozione troppo forte da esprimere e vivere.

 

La reazione di Edward lo colse di sprovvista. E lo atterrì allo stesso tempo, rallentandolo, facendogli quasi perdere il filo del discorso, la fitta trama di accuse che gli vorticava in testa.

 

Edward lo aveva appena provocato.

 

Edward era cambiato.

Era sempre stato forte e risoluto, senza prepotenza.

Ma ora, nei suoi occhi, brillava una tenacia indescrivibile, un sentimento che il tempo e l’eternità gli avevano permesso di raggiungere. Al di fuori delle regole della natura, così consapevole della precarietà, della necessità di possedere una forza tale da sopportare un’esistenza infinita.

Cambiato, maturato.

 

Come me.

 

Spike riacquistò lucidità, liberando la mano dalla sua, allontanandosi di un passo.

 

Sei furioso con me, lo so.” – aggiunse Edward, fissandolo dritto in faccia – “Ma domandati cosa vuoi, adesso. Vuoi che muoia, vuoi che me ne vada… o vuoi che resti.

Perché io resterò, lo sai. E non me andrò tanto facilmente, se non mi darai una motivazione per farlo.

Decidi, William.

Oppure ascoltami.

E perdonami.”

La voce gli si era strozzata in un singhiozzo.

Perdonami, William.” – ripete, piangendo, senza frenarsi – “Perché non credo di avere la forza di lasciarti.”

 

***

 

Adesso lacrime identiche erano nei loro occhi. E in entrambi erano dominate a stento.

 

Tu mi hai lasciato…” – la voce di Spike tremava, come la sua bocca – “Mi hai lasciato Edward, ti ho creduto morto. Mi hai mentito, hanno mentito tutti per te. Ed ora vieni a parlarmi di amore, amore immutato, del fatto che andartene ti uccide… e ti…”

La voce gli morì sulle labbra. Eppure si impose di continuare.

 

nulla è stato più lo stesso, dopo che te ne sei andato.” – aggiunse, a voce bassa, guardando lontano – “hai distrutto la nostra famiglia, Edward. Hai fatto morire dentro i nostri genitori, li hai lasciati soli e disperati.

E te ne sei andato…”

 

Non ti importava nulla di me, di loro.

Sei solo uno stupido, un egoista.

 

Sarebbe successo comunque.” – replicò Edward, con lentezza. Se solo i polmoni avessero smesso di bruciare… - “Stavo morendo, William.”

Lo so. Lo ricordo.” – fermo, le braccia lungo i fianchi. E il dolore martellante alle tempie – “Ma tu non sei morto. Lo hai fatto credere a tutti, con quella capacità di decidere sempre per gli altri…

ma dove era il meglio, Edward, in ciò che hai deciso.

Dove era il meglio nel dolore in cui ci hai lasciato…”

 

Ci hai costretti ad accettare la tua morte.

Non hai saputo dividere con noi la tua vita.

 

Si interruppe. Deglutì.

Ti rendi conto di ciò che hai fatto, almeno in minima parte?” – chiese, guardandolo con occhi incredibilmente azzurri.

 

Non era più il vampiro che diceva di essere.

Non era più Spike, il demone tormentato dall’anima o il feroce combattente.

Era di William quella voce.

E c’era di nuovo la luce, nei suoi occhi.

 

William, pensò Edward, senza osare pronunciarlo. Piegò la testa, quel tanto che bastava per scorgere il cielo sopra di loro.

Pregando, per una risposta nell’universo.

 

Ho fatto soffrire mio fratello.

E solo perché non ho mai saputo ascoltarlo veramente.

 

Io ti odio, Edward.”

 

Ecco, le parole della condanna.

 

[VII]

 

Angel portò fuori dal condotto Faith, rassicurato dal fatto che gli stesse continuando a stringere il collo con entrambe le braccia.

Una specie di frase in codice per dirgli che stava bene.

Faith aveva un cuore saldo e stabile, appena indebolito dalla perdita di sangue. E ad Angel bastò un’occhiata, per rassicurare Cordelia che correva loro incontro.

Tranquilla, la ragazza è un osso duro.” – commentò, adagiandola nell’abitacolo e scostandosi – “Ma io vorrei che tu la portassi dal nostro medico di fiducia. Io voglio tornare indietro, a occuparmi del resto.”

Vengo con te.” – commentò Doyle, sbucando da uno dei vicoli.

Dove eri andato?”

Mi piacerebbe dirti che ero a farmi una birra, ma credo di essere stato a fare a botte.” – la ferita meticolosamente suturata da Methos sanguinava di nuovo – “Credo che oggi il sangue di demone porta visioni sia molto richiesto.”

Si sporse, cercando di cogliere maggiori particolari. E Faith ne approfittò per aprire gli occhi e guardarlo.

La sua domanda inespressa gli fu chiara, nel momento in cui ricambiò l’occhiata.

Non so nulla, mi dispiace.” – replicò, serio.

Nessuna visione, nessun indizio.

 

E, in quell’attimo, risuonò l’urlo, portato dal vento.

Faith si rianimò all’istante, mentre Doyle ed Angel si fissavano, sorpresi e preoccupati.

Poi, prima che la ragazza potesse anche solo provare a scendere dalla macchina. Angel la bloccò contro il sedile.

No.” – scosse la testa – “Me ne occupo io. Cordelia, portala a casa e chiama Methos. Lui e Wes stanno battendo un paio di zone a caccia di Drusilla. Digli di lasciar perdere, i ragazzi sono entrambi qui.”

Si rimise in piedi, chiudendo lo sportello.

E io non me ne vado finché non li ho trovati.” – aggiunse.

 

***

 

Ti odio con tutto il cuore e con tutta l’anima.

Dovevi morire, dovevi veramente morire. Mi hai abbandonato, lasciato solo…

Tu sei stato la mia dannazione.

Vattene Edward. Vattene e non tornare.”

 

Quelle erano parole nate per far male. Transitavano per la gola a fatica, spezzando, distruggendo. E uccidendo.

Spike si voltò, piano, incamminandosi. Piano, perché non vedeva dove andava. Piano perché forse, forse, il cuore gli si stava spezzando.

Adesso morirò… adesso…

 

William.”

 

Non avrebbe voluto.

Ma si era comunque fermato. Perché da sempre, quando Edward parlava, William ascoltava.

 

Io non sono William.” – mormorò, stancamente, dandogli le spalle. E chiedendosi, con la stessa spossatezza, quando mai sarebbe finito quel dolore.

Illudendosi, per un attimo, di poterlo non sentire. Di non averlo sopportato, giorno dopo giorno, per più di un secolo e mezzo.

 

Edward.

Edward è il mio infinito dolore.

 

Tu sarai sempre William. E io sarò sempre Edward. Anche se siamo cambiati… tu ed io saremo sempre fratelli.” – il dolore ci distrugge, ma non ci riduce al silenzio – “Puoi odiarmi… e io mi sentirò per sempre colpevole, per ciò che ho fatto, per quello che ti è successo…”

 

Non smettere di parlare. Non smettere.

 

Ma sarò sempre tuo fratello.” – abbassò la testa e sorrise, con la disperazione negli occhi – “E l’eternità è un tempo infinitamente lungo da affrontare per pensare di non poter trovare una soluzione.”

 

Si fermò. E si sorprese ad assaporare un lungo respiro. Non ricordava di poterlo fare.

 

Per tanto.” – riprese, con lentezza – “Non ti sorprendere troppo, se adesso cercherò di fermarti e convincerti. Me ne scuso, William, dal più profondo del cuore. So che vorresti ben altro.

 

Ma io, come ti ho già detto, non me ne andrò, se non avrò una buona motivazione per farlo.”

 

La sua voce era riecheggiata tersa, ferma. Era scivolata intorno a loro, nel buio, nel silenzio interrotto solo a tratti dai clangori del porto.

Eppure nessun rumore avrebbe mai potuto coprire la volontà che trapelava da quelle parole. Spike rimase per un attimo in ascolto, la testa piegata, lo sguardo che lentamente si rialzava, verso il cielo.

 

L’incrollabile volontà di Edward Coventry.” – commentò, senza sentimento, guardando le stelle, l’espressione quasi perplessa – “Me ne ero quasi dimenticato…”

Si voltò. E le cartilagini emersero dalla pelle sottile del suo viso, rivelando il demone. E guardandolo con perfetti occhi ambra.

Peccato che io non sia più lo smidollato di un tempo. Ti avrebbe reso tutto più semplice.” – aggiunse, portando la propria natura demoniaca con orgoglio, nel rialzare la testa – “Recepito il messaggio?”

Non cerco la semplicità.” – Edward scosse la testa, incamminandosi, avvicinandosi – “Non mi è mai interessata. Mi interessi tu, non i sacrifici che devo fare.”

See, raccontatela.” – Spike il demone sorrise, piegando la testa e andandogli incontro, le mani protese, quasi beffarde – “Secondo me, invece, è un problema di vanità. Edward Coventry non fa sbagli... se ne fa, rimedia al meglio.”

Come suo fratello William, se non ricordo male.”

Ricordi male.” – era cosi vicino che avrebbe potuto urtarlo. E il suo viso era tornato umano, con occhi calcedonio – “William Coventry ha sempre fatto solo sbagli. E non ha mai avuto tempo per rimediare, visto che è morto a ventidue anni dannandosi l’anima…”

Lo disse sibilando, le labbra in un movimento liquido, gli occhi appena visibili sotto le ciglia. Lo sguardo di chi bacia, non di chi uccide.

E, a titolo di informazione…” – aggiunse, con un sorriso maligno – “A Spike il vampiro non è più interessato dare un’aggiustata al mondo. Quando esci dalla bara, la tua prospettiva si rivela subito più interessante…”

Camminò a ritroso, accennando un passo di danza nell’aprire le braccia e guardarlo.

Innanzitutto” – spiegò – “Sei morto. Non c’è più il giorno, non passa più il tempo, non devi preoccuparti di cosa penserà la gente.. e sai perché? Perché la gente è cibo. Semplice patetico cibo che cammina. I sogni e le speranze danno un ottimo sapore al sangue, lo rendono corposo. E non si è mai sazi.

 

Credimi, ne so qualcosa.

 

Non ti basta mai quello che ti offrono. Le donne per strada, i bambini nei parchi, gli uomini a caccia… ogni età ha il suo aroma.”

 

Edward non si mosse. Lo guardò, mentre assumeva un’espressione estasiata, mentre strofinava le dita tra loro con malignità inequivocabile.

Gli parlava di massacri, senza battere ciglio.

No.

Inesatto.

Non erano state morti. Era stati banchetti.

 

Vuoi sapere altro?” – insistette il vampiro – “Ho un sacco di aneddoti... piccanti… che potrebbero piacerti.”

Edward lo fissò.

Senza un’espressione.

E dopo?” – chiese.

Dopo?” – Spike strinse gli occhi - “Dopo cosa?”

Sai benissimo dopo cosa.” – lo fissò, piegando appena la testa, lo stile elegante che riservava ai salotti in cui erano cresciuti – “Dopo l’anima, William. Dopo il ritorno dell’anima. La gente, aveva ancora quel sapore?”

Il sorriso di Spike si indurì. I suoi occhi divennero pietra, nell’incontrare quelli del fratello.

Non ti riguarda. E’ affar mio.” – e di Angel. Il pensiero fu veloce. E letale.

Angel, il vampiro con l’anima. Il suo amico, il fratello del presente… il traditore.

Sbatté le palpebre, cercando di mantenere la visione a fuoco.

 

Non è veramente Edward, si ripeté. E’ un’allucinazione, solo un’illusione.

Edward è morto. Non mi avrebbe mai lasciato solo per tutto questo tempo.

Edward è come Angel…

 

Per me farebbe tutto.

 

E’ affar mio.” – ripeté – “Di nessun altro.”

 

E di Angel. Edward abbassò gli occhi, cercando di controllarsi, di non dare modo a Spike di recepire il terrore che stava provando. Lo nascose, come aveva sempre fatto, in ogni frangente, nel bene e nel male.

Lo aveva fatto perché William avesse un appiglio nella sua esistenza, in ogni istante.

Ed ora faceva male pensare di non esser stato quell’appiglio, per lungo tempo. E che, nel presente, ogni risorsa ideata per rassicurarlo serviva solo per fronteggiarlo.

E provocarlo.

Vero.” – replicò, con voce pacata, celando ogni forma di agitazione – “Tu sei un vampiro. E io un immortale. Due diverse nature, due diversi punti di vista. Ma ciò non toglie che io possa comunque capire quando mi stai prendendo in giro.”

Spike lo fissò, stringendo gli occhi.

Continui a sbattermi in faccia la tua natura, vuoi a ogni costo provocarmi ribrezzo, allontanarmi. Sei furioso con me per ciò che ho fatto... ma c’è altro.” – Edward mosse un passo verso di lui. E, per la prima volta in vita sua, lo sovrastò per dominarlo – “ Cosa allora, William, se non questa anima che ti brucia dentro, questa ferita sempre aperta di sapersi di una natura ma con ben altra vocazione.

Non è questo un vampiro con l’anima?

Non è uno scherzo della natura in cui il sentimento vince sull’istinto?”

 

Il colpo lo scagliò a terra.

 

Stordendolo e facendogli percepire con certezza il proprio passo falso.

Edward, in un attimo di incontrollata disperazione, si posò una mano sulla nuca, piegando il capo.

E un calcio lo colpì, in pieno.

 

Non è un pensiero così aulico.” - gli sussurrò ad un orecchio, afferrandogli i capelli e tirandogli indietro la testa – “Non è una cosa così elegante, non è una solo una bella ed eroica leggenda. Non credere a tutto ciò che vedi in Angel, lui è bravo quanto te ad essere stoico.

Io sono Spike il vampiro. Lo sarò sempre, anima oppure no.

E il reprimere alcune pulsioni non significa negare di averle.

O di avere ricordi splendidi della mia vita demoniaca.”

Lo lasciò andare. E si voltò.

 

E continuano a non essere affari tuoi.”

 

Tra i tuoi ricordi ci sono io.”

 

Spike si voltò. E lo guardò rialzarsi, tossendo.

Come?”

Ci tieni tanto ai tuoi ricordi… Spike.” – Edward si asciugò il sangue dalla bocca. Inspiegabile sangue sulle labbra – “Ai tuoi ricordi vampirici… e ai tuoi umani.

Lo so. Lo sento. Me l’hai insegnato tu, William.

Combattiamo con forza per ciò che amiamo... e combattiamo con ancora più forza ciò che non avremmo voluto perdere.

Ricordi... ricordi William?”

 

Veramente Edward… non ci sto pensando.”

Sul serio?” – si era appoggiato al davanzale su cui il fratello stava seduto – “Eppure non sono convinto.”

No, sul serio.” – scosse la testa, con calma – “Non intendo pensarci… o crucciarmi. Significherebbe dargli un’importanza che non merita.”

Interessante come teoria.”

Funziona.” – una lieve alzata di spalle che lo fece sembrare ancora più giovane – “Nella vita bisogna tenersi strette le cose, ad oltranza… ma solo se ne vale la pena. E quando qualcosa va storto, come ora… pensarci significa dargli importanza, rendere tutto basilare.

Ma, se una cosa è sbagliata…non è niente…”

Si interruppe, come se avesse perso il filo del discorso.

Mettiamola così, Edward.” – concluse – “Combattiamo con forza per ciò che amiamo… e combattiamo con ancora più forza ciò che non avremmo voluto perdere. Il resto non ha nessuna importanza.”

 

Mi stai attaccando perché non avresti mai voluto perdermi, perché ancora ti importa. E perché io non ho rispettato questo tuo desiderio.” – lo fissò, il petto aritmico – “Hai passato tutta la tua vita a credere che io fossi la miglior cosa che ti fosse capitata. E non hai mai capito che ero io quello fortunato, quello che aveva un fratello eccezionale e perennemente incompreso.

Incompreso, William.”

Spike restò fermo, guardandolo.

Edward che gli parlava, illuminato di quella forza interiore che aveva sempre inseguito.

Di quell’anima palpitante che aveva sempre desiderato per se stesso.

Incompreso anche da me, alla resa dei conti.” – aggiunse l’immortale, abbassando la voce – “Pensavo di conoscerti, di poter fare la cosa giusta. Avevo sconfitto la morte, non volevo che tu vivessi all’ombra di questo fatto. Non c’è mai stato merito in questo dono che ho avuto. E’ stato caso, destino, natura… non ho fatto nulla per meritarmelo.

Ma tu l’avresti comunque pensato.

Hai sempre pensato che io fossi perfetto, di non avere altro posto in cui vivere che la mia ombra…”

La tua luce.” – rispose Spike, automaticamente. Poi qualcosa gli si spezzò in petto. Urlò, con tutto il fiato che aveva nei polmoni – “Non era ombra, dannazione. Era luce, l’unica che conoscessi, quella in cui vivevo! E un giorno sei venuto a dirmi che mi avresti lasciato, che dovevo prepararmi.

L’ho fatto, Edward, mi sono preparato a restare solo perché, per la prima volta in vita tua c’era qualcosa che non sapevi… che non potevi cambiare. E ho passato tutto il tempo che abbiamo ancora avuto insieme a pregare per un miracolo.”

Restò muto, i pugni stretti. E sentendo, con chiarezza, di avere lacrime sul viso.

Il miracolo c’è stato, vero Edward? Mi sembra di essere stato esaudito…” – aggiunse, rauco – “peccato che io non l’abbia mai saputo.”

 

Non meritavo di saperlo.

 

William Coventry non ha meritato nulla nella sua vita.

 

Scattò verso di lui, atterrandolo. E colpendolo, con forza.

Tempestandogli il petto e il viso di colpi, senza fermarsi.

E senza smettere per un attimo di piangere.

 

Per te mi sarei fatto uccidere... e non mi sarebbe importato. Avrei dato la mia vita per saperti vivo!”

 

E invece l’ho ceduta perché ti sapevo morto.

Mi sono dannato per te.

 

Per te.

 

Ho rinunciato alla luce perché ti avevo perso.

 

Si fermò, il pugno ancora levato. E si alzò, lasciando Edward a terra, insanguinato. Vivo o morto, un fatto di poca importanza. Rimase a lungo a fissarlo, senza neanche tentare di pensare. Era come se tutto fosse tornato indietro, il tempo si fosse riavvolto ad un’epoca rimossa.

Davanti a lui, riverso su un fianco e immerso in un sonno profondo e privo di sogni, stava Edward. Una figura sottile e allungata, i capelli biondi e ondulati, pettinati ad arte. Il perfetto quadro di se stesso, il monumento impeccabile di una bellezza giovanile eppure non fragile ed effimera.

Edward era riemerso dalle sabbie del tempo recando con sé la promessa di un’eterna giovinezza.

E Spike si vide ad alzare la spada su di lui.

E porre fine a quella sofferenza.

 

Mosse tre passi a ritroso, stringendosi le tempie tra le mani.

La lama, in quella visione, luccicava e calava inesorabile.

Calava e uccideva.

Calava.

 

E uccideva.

 

Arrivò fino alla parete, come quella mattina posò le mani, cercando un appiglio, cercando un freddo che gli impedisse di sentire ancora la fronte e il petto bruciare in maniera così orrenda.

Alle sua spalle, Edward si mosse, stringendo i denti per non urlare, mentre gli squarci si richiudevano, sul viso, sul petto. Si voltò con lentezza, cercando un appiglio, un modo per rialzarsi, ignorando il dolore alla spalla, alle costole.

William…” – ansimò.

Non sapeva quanto tempo fosse passato, se suo fratello fosse ancora presente.

E se, ormai, non restasse altro che una sconfinata solitudine.

Ti prego…”

Cosa, Edward.” – gli rispose, senza nemmeno voltarsi. Con voce pacata, fissando la parete grigia – “Per cosa mi vuoi pregare…un’altra occasione… una fine rapida… il perdono… non so più cosa dire, a riguardo.”

 

Non so più cosa fare…

 

Vattene. Rimane il mio consiglio migliore.” – strinse la mascella, abbassò gli occhi grigi – “E’ un consiglio da amico. Nessun rancore. Vattene.”

 

Restiamo morti, per piacere.

 

Io non…”

Edward.” – Spike si raddrizzò, zittendolo – “Non continuare questo gioco. Non ho nessuna intenzione di lasciarmi convincere per sfinimento. Voglio evitare di fare qualcosa di cui potrei pentirmi. Per cui, adesso, ascoltami bene.”

Si voltò, avvicinandosi e piegandosi sui talloni, per guardarlo bene in viso.

Vuoi una motivazione per non inseguirmi più?” – chiese, con calma – “Va bene, ti accontento.

 

Io ho ammazzato Carrol.”

 

***

 

Angel si fermò un’altra volta, i sensi tesi fino allo spasmo.

Lui e Doyle erano rimasti coinvolti in una breve schermaglia da cui, comunque, si erano presto cavati d’impaccio.

Purtroppo, insieme al tempo avevano perso anche le tracce dei due fratelli.

Dove, in quel dedalo di corridoi e magazzini?

Dove?

Li senti?” – domandò, affiancando Doyle.

No.” – l’uomo si massaggiava la fronte, cercando di concentrarsi – “Vedo qualcosa.. ma è nella mia testa.

Altre visioni?”

Non del tutto. Sono frammenti di cose già viste… e che dovrebbero non essere accadute…”

Di nuovo Edward?”

E quella bambola. Angel, non capisco. E’ ciò che è successo stamattina. Eppure continua a passarmi per la testa.

E sono stufo che continuino a farmelo notare! So già che è in pericolo cronico.

Lo so benissimo… oh…”

Si coprì gli occhi con una mano e si appoggiò alla parete.

Una lama.

Spike, con gli occhi incredibilmente splendenti.

Edward a terra, un mare di sangue, i segni della lotta sul corpo.

Come non detto…” – bofonchiò – “di nuovo Coventry... ma questa volta il carnefice non è Drusilla. E’ peggio… peggio…”

 

***

 

Portogallo, 1860

 

Coventry…” – Methos puntò il dito – “Ma non ti tenta nemmeno un po’? Galeone…carrozza… galeone… carrozza….”

Smettila.” – Edward rise e buttò un’occhiata distratta al porto – “Sai benissimo le intenzioni. Fino a Parigi… poi in treno fino a Istanbul. Da lì vedremo.”

Ma… galeone?”

No, Doc. Niente America. Smettila.”

Ma…”

Io vado verso est.”

See… perché sei un seccatore.”

Lo sono.” – Edward si raddrizzò, perdendo il sorriso. Le sopracciglia bionde si aggrottarono e lui fissò gli occhi verso un gruppo di persone.

Methos si voltò, seguendo quell’occhiata.

Ma…” – disse, cercando di concentrarsi.

E’ Dave. Il fratello di Carrol.” – Edward mosse un passo a ritroso, celandosi.

L’avrebbe riconosciuto tra mille, anche in quello stato.

Quelle erano mani e lineamenti che non si scordavano.

Era un relitto d’uomo quello che veniva verso di loro. Ubriaco, l’aria incolta di chi da giorni dorme su di un pavimento.

Edward fu pronto a nascondersi. Methos non altrettanto.

E il ragazzo gli finì tra le braccia, cercando di tirarlo per terra.

Ehi… io ti conosco…” – biascicò, investendolo con una zaffata d’alcool – “sei… sei il medico…”

In persona.” – borbottò l’uomo, risentito. Lo reggeva per il torace non potendo fare altrimenti. E, con spirito umanitario, pensava solo alla sporcizia che gli si stava attaccando addosso.

Vado in america…”

Buon per te…”

Qui non ho più nulla.” – rise, senza allegria, gli occhi accesi per l’ubriachezza – “Morti tutti… perso tutto…”

Come?” – Methos lo fissò meglio. Alle sue spalle, gli sembrò quasi di sentire Edward irrigidirsi. E cercò, rapidamente nella memoria le informazioni necessarie per ottenere notizie… notizie di lei – “Ma… la tua famiglia… avevi una… due sorelle.”

Morte.” – spiegò, passandogli un dito sulla camicia e cercando di mettersi in piedi – “Tutte morte. Incidente dicono. Ma sono morte. Carrol e L… Lynette. Morte. Pazienza come.”

La pietà passò negli occhi dell’immortale.

Ecco la fine dei fiori dell’Inghilterra, non avvezzi al dolore, cresciuti nella dolcezza.

Follia.

Follia e morte.

Vado in america io, però.” – ripeté l’uomo, orgoglioso, indicando l’oceano – “Vado là. Là diventerò ricco.”

Lo spero.” – sospirò, aiutandolo a rimettersi diritto – “Buona fortuna.”

Grazie amico.” – gli stringeva la mano, riconoscente. E dio solo sa quanto ne avesse bisogno – “Grazie, amico, grazie.”

 

Si allontanò incespicando, raggiungendo un altro come lui. Un derelitto ancora vestito con eleganza ma con, sul viso, già i segni della miseria.

Quella interiore.

 

Hai sentito?” – chiese, senza voltarsi. Senza ottenere risposta.

Edward?”

Sto bene.” – gli rispose la voce. La voce attutita di un attimo di dolore.

Methos abbassò la testa, pensando se dire qualcosa oppure no. Poi tornò a fissare gli uomini, quegli uomini che ridevano sguaiatamente e sapevano comunque guardare con fiducia al loro futuro.

Sai…” – mormorò, pensoso – “Adesso l’America non mi sembra più così attraente… l’est andrà bene…”

 

Edward lo fissava. I suoi occhi erano perfettamente trasparenti.

E Spike, pregando di avere la forza d’animo che richiedevano quelle parole, ne sostenne la forza.

Non sto scherzando.” – spiegò, serio – “Mi è sembrato il caso di lasciare le cose in ordine, prima di andarmene dall’Inghilterra.

Una capatina a salutare papà, innanzitutto. Ha urlato parecchio, in effetti. Non sembrava contento di vedere un fantasma nel suo studio

Spettacolo interessante.

Nel frattempo, per la cronaca, mamma stava morendo. Manco si sarebbe accorta se ero presente oppure no. Mi risulta che non le abbiano nemmeno detto che me ne ero andato. Intanto, a casa nostra, non c’era già più distinzione tra i figli morti e quelli vivi. La malattia ha solo esasperato un po’ la situazione, ci chiamava entrambi, indipendentemente fossimo o no ai piedi del suo letto.”

Abbassò la testa, in maniera studiata.

E disegnò alcuni ghirigori nella polvere con la punta di un dito.

Poi sono andato da Cecily. Cecily Darshwood, non so se te la ricordi.” – continuò – “Mi sono divertito talmente tanto da tornare parecchie volte. Credo che alla fine si divertisse pure lei.

E, nel frattempo…”

Lo fissò. E gli sorrise.

Ed Edward si sentì morire.

Carrol.” – concluse. E si sedette a gambe incrociate – “Sai, Edward, continua a sfuggirmi qualcosa di quella ragazza. Non era la tua quasi fidanzata? Perché allora la mia foto nel cassetto? Quasi quasi mi è spiaciuto non averlo scoperto prima… d’altro canto, spero che abbia almeno goduto la nostra prima notte… a modo mio l’ho indubbiamente sposata.”

Rise, divertito. E si dondolò all’indietro, sembrandogli spiritato.

E cattivo.

Mio dio, tu non immagini quanto fosse bella! Si è fatta inseguire... e per un po’ è stato divertente... fino a quando non ha trovato Lynette in fondo alle scale ed è scivolata sul sangue. Si è messa ad urlare... e io odio le persone che urlano…”

William smettila…”

Non sono William. Il sangue, dicevo. E’ caduta. Ed io ne ho approfittato. Poi, con le gambe spezzate non ha potuto più correre. Sai cosa mi ha detto, alla fine? Che donna…” – scosse la testa, ammirato – “I purosangue azzoppati si abbattono. E’ un atto di misericordia.”

Si fermò. E si piegò verso di lui, carezzandogli il viso.

E tu lo sai, Edward.” – scandì, occhi negli occhi – “Che io so essere misericordioso.”

 

Si era alzato. Così rapido da essere appena visibile nel movimento.

 

Credo non abbia sofferto.” – aggiunse, consolatorio – “Mi sembrava morta, quando ho incendiato la villa.”

Poi alzò le spalle.

Del resto…” – gli sorrise, in maniera perfetta – “Non lo sapremo mai.”

 

Scese il silenzio.

E giunse l’immobilità.

Ogni alito di vento era cessato, ogni stella, sopra di loro, sembrava congelata e incastonata.

Era il freddo, ciò che percepivano, nel fissarsi.

 

Adesso sai chi sono.” – aggiunse il vampiro, mettendosi le mani in tasca – “E sai che ho ragione.”

 

Non volevi avessi la tua immortalità sotto agli occhi.

Ma adesso hai ben presente la mia dannazione.

 

Siamo pari.

 

E su due diverse barricate dell’eternità.

 

Oggi siamo di nuovo morti, entrambi.

 

Edward si era rialzato. E non gli parlava.

Non c’era nulla sul suo viso. Nulla.

 

Era come se il suo cuore non stesse battendo, come se non avesse bisogno di respirare.

Edward era una statua, innanzi a William.

Adesso hai la motivazione che ti serviva.” – spiegò, con pazienza. Rendendosi conto di non poter restare in silenzio un attimo di più – “Per cui puoi scegliere quale sia la cosa giusta.

Puoi vendicarla… o andartene rinnegandomi.

Non mi oppongo a nessuna scelta.”

 

E fu allora che Edward lo colpì.

Uno schiaffo, ben dato.

Uno solo, così preciso e inaspettato da troncargli le parole in gola. Spike si portò la mano al viso, istintivamente. E pensò a Wes. A Wes che lo difendeva nello stesso modo da Xander Harris.

 

"Se ti comporti da bambino, ti trattero' da bambino."

 

Poi realizzò, con atroce lentezza. Realizzò l’accaduto e alzò la testa, le spalle curve.

Edward lo aveva colpito.

Edward non lo aveva mai colpito.

Solo adesso.

Solo ora, per la prima volta.

E senza battere ciglio, senza un’emozione.

 

Qualcosa vibrò nel cuore di Spike. Qualcosa di ben diverso dal rimorso, dal rimpianto patito nella sua esistenza a partire dal giorno in cui, ormai vampiro, un’anima era tornata a battergli in petto.

No. Quello che stava provando era più semplice.

E più letale.

Era vergogna.

 

Umana vergogna.

 

Vergogna per quel dolore così deliberatamente inflitto a Edward.

 

Dolore per dolore.

Morte per morte.

 

E mai odio.

Mai odio negli occhi di suo fratello.

Nemmeno ora.

 

Solo che, ora, non poteva più sostenere quello sguardo.

Non poteva.

 

Rimase incerto, rigido sulle gambe, cercando disperatamente di fuggire, così lontano da far perdere le sue tracce. Eppure senza muoversi.

La consapevolezza gli scorse nelle vene, come gelo, snebbiandolo. Le parole dette, vere e malvagie gli balzarono alla mente, gratuite. Superflue rispetto al sentimento.

 

Rabbia per dolore.

Furia per amore.

 

Quello era Edward.

Non un incubo.

Non un fantasma.

Edward.

 

Spike lo contemplò, gli occhi incrinati, le dita ancora sulla guancia, a contatto con la pelle fredda e marmorea, a caccia di un segno bruciante che non c’era, se non nella sua mente.

 

Oh, Edward… adesso sono io a pregarti… a pregarti per una singola parola…

 

Volevo te ne andassi… ma non con questo ricordo di me.

Avrei tanto voluto essere ancora il William che cercavi, e non questo assassino.

 

Vattene… o resta… ma perdonami.

Perdonami.

 

Lentamente, senza cercarlo oltre con lo sguardo, Edward si voltò.

E si avviò, con lentezza, raccogliendo le proprie spade.

E svanendo, per una via, nel buio.

 

***

 

Camminò a lungo, a passo sostenuto, le spade strette nelle mani.

Il cuore, nel petto, sembrava essersi fermato.

Ed Edward teneva gli occhi fissi di fronte a sé, senza percepire, nel suo corpo, un singolo muscolo, un singolo respiro.

Nulla. Il suo corpo camminava, ma senza una sensazione, senza che nemmeno un passo rimbombasse.

Era il buio a circondarlo, l’unica certezza.

Solo il buio. E le spade nelle mani.

Sono un guerriero, pensò, con voce distaccata. Sono sopravvissuto a mille battaglie. Sopravvivrò a questo.

Ho perso Mayuri.

Ho perso la terra che avevo scelto per me stesso.

Ho perso la mia vita.

Ho perso le mie certezze e la mia famiglia.

Sopravvivrò a tutto questo.

E Carrol… Carrol è stata pianta, tanto tempo fa. Che… che riposi in pace.

 

Sopravvivrò.

Sopravvivrò a tutto questo.

Come sempre.

 

Senza cambiare l’andatura e senza esitazione, saltò giù da una paratia, atterrando poco lontano dalla moto. Fletté le gambe, posando una mano a terra, per bilanciarsi.

E non si rialzò. Gli occhi bassi, fissi a terra, la mente vuota.

 

Adesso hai la motivazione che ti serviva.”

 

Si raddrizzò, ricominciando a camminare. I passi allungati, l’andatura dinoccolata con cui era conosciuto.

 

Andiamo, Coventry… non puoi aspettarti che non ti conoscano. Io disapprovo, certo… sono tremila anni che insabbio le mie tracce. Ma tu… tu sei una specie di irritante cherubino biondo… è impossibile dimenticarti.”

 

Forse. Ma in questo momento vorrei solo svanire dalla faccia della terra. E non essere mai esistito.

 

Io ti odio, Edward.”

Non avrei mai voluto lasciarti.”

 

Credimi, Methos. Vorrei non essere mai esistito.

 

Le lame scivolarono nei foderi a lato del serbatoio, con lo stesso rassicurante suono di sempre. Ed Edward mise in moto, facendo scattare i cavalletti, gli occhi ancora fissi in un punto sfuocato della via.

 

Finisce cosi', dunque?Te ne vai?”

Quello sei tu, Edward. Sei tu quello che fugge, a quanto ne so.

Questa e' la mia citta'. La citta' mia e di Angel. Vattene.”

 

L’aria lo colpì in viso, fredda, nell’oscurità che precede l’alba.

Ed egli accelerò, sperando di non doversi mai più fermare.

 

[VIII]

 

La macchina di Cordelia non era ancora propriamente ferma innanzi al cancello quando Wes afferrò la maniglia e spalancò la portiera, tendendo le braccia alla sua Cacciatrice e sollevandola senza fatica.

Allunga un dito e te lo stacco.” – ringhiò, nel voltarsi, vedendo Methos raggiungerlo.

Se sai suturare dillo subito, prima che mi sporchi di sangue.” – ribattè l’immortale, scostando le bende arrossate e guardando la ferita – “Altrimenti chiudi il becco e portala dentro.”

 

Methos non amava perdersi in questioni infinite. Anzi, il più delle volte, quando la gang dell’ Hyperion inscenava grandi drammi, si preparava del caffè e leggeva il giornale aspettando l’ultimo atto. Allo stesso modo, quando si trattava di prendere in mano la situazione, semplicemente smetteva di chiedere. E comandava.

Stranamente nessuno obbiettava, quando Methos si imponeva.

Non Doyle, di certo, avvezzo al suo ignobile carattere. O Cordelia, sempre in bilico tra il nervoso e l’ammirazione per l’immortale. E nemmeno Wes, in frangenti normali.

Frangenti che non implicassero l’incolumità e la persona di Faith.

Che intenzioni hai?” – domandò dunque bellicoso, adagiando la ragazza sul divano del piano terra.

Lascialo lavorare, Wes.” – replicò Faith, pallida, tenendosi una mano sulla fronte e guardandolo – “Intanto lo sai che non ti risponde.”

Oh si che mi risponde!” – replicò l’altro, sbarrando gli occhi chiari – “Avanti, Pierson, che intenzioni hai.”

La spoglio e la sevizio.” – ribattè l’uomo, finendo di asciugarsi le mani e piegandosi sui talloni – “Ovviamente puoi guardare.”

Faith gli sorrise, sforzandosi di ignorare il dolore.

E credi di avere qualche chance, uomo pigro?” – lo punzecchiò, sentendo la sua maglietta strapparsi e il freddo sulla pelle – “Intendo difendermi…”

Non saresti tu non lo facessi.” – replicò Methos, sorridendole e finendo di mettere a nudo la spalla – “è una sciocchezza, sei solo una donna plateale. Westley, per favore, aiutami, visto che ci tieni tanto…”

L’uomo non se lo fece ripetere, sostituendolo e iniziando, con delicatezza a ripulire e disinfettare la ferita. Era precisa, un segno scuro netto da cui il sangue ormai usciva a malapena.

Hai una buona mano…” – lo incoraggiò la ragazza, respirando piano e guardandolo – “Stai tranquillo, non è nulla.. ha ragione lui…”

Lui non ha mai ragione.” – ribattè Wes, inumidendo un’altra garza, prima di sorriderle, complice – “Confessa, lo hai fatto perché sapevi che mi sarei arrabbiato perché hai fatto di testa tua. E che se torni anche solo con un graffietto io divento una mammola.”

Ti prego.. se mi fai ridere fa più male… comunque è vero, mi hai scoperta.”

Allora, ragazza.” – si intromise Methos, riapparendo con il necessario per rattopparla – “Pronta per lo show?”

 

Wes arretrò, lasciandogli spazio. Incrociò le braccia e mosse due passi indietro, restando di guardia. E sentendo la mano di Cordelia posarsi sulla spalla.

Vieni.” – sussurrò la ragazza, indicandogli la sala – “Qui non serviamo. Ho bisogno di parlarti.”

Wes la seguì senza rispondere e si sedette dandole quasi le spalle, continuando a seguire i movimenti precisi di Methos e la conversazione sommessa che i due stavano intavolando.

Faith non era tipo da abbandonarsi alle debolezze o a cedere innanzi al dolore. Restava cosciente, tenacemente aggrappata alla consapevolezza di ciò che le accadeva intorno. Scherzava, addirittura, piegando la testa verso l’interlocutore.

E Wes, a metà tra la preoccupazione e la tensione, si sentiva quasi scoppiare di orgoglio nel fissarla.

La sua Cacciatrice.. coraggiosa fino alla stupidità.

Dimmi.” – disse, riscotendosi e guardando Cordelia sedersi – “Che è successo…”

Non mi chiedere cose che non so.” – replicò lei, tirandosi indietro i capelli. Aveva vistose ecchimosi, sul collo e sulle braccia – “Abbiamo combattuto fino alla nausea.. se non era una trappola era comunque qualcosa che le assomigliava….”

Vi aspettavano?”

No, non penso. Ma è stato comunque un bagno di sangue.” – Cordelia si massaggiò gli occhi, stancamente. Il suono della voce di Faith, mischiata a quella di Methos, le sembrava rassicurante – “Angel e Doyle sono là.. stavano cercando di raggiungere quei due..”

quei due.. Wes sapeva benissimo a chi si stesse riferendo. E, per quella sua indole riservata, non si sentì in dovere di immischiarsi.

Di cosa volevi parlarmi…” – insistette, con garbo, abbassando al voce.

Di visioni.” – rispose la ragazza, in un soffio – “Credo che Doyle abbia un problema.”

 

***

 

Io non sono William.”

 

E’ vero, dunque. Io non sono più William.

Non lo sono più.

 

Piegò la testa, fissando il leggero movimento della polvere.

 

Non sono più il William di Edward.. non sono più il William di Angel…

Resta solo Spike, il vampiro. Il carnefice. E la sua anima difettosa.

Chiuse gli occhi, serrando la mascella. Strinse i pugni, sentendo le tempie quasi scoppiargli.

Non sono più nessuno… se non il demone.

Il demone.

 

Oh, Faith…deglutì, sentendo la testa divenire un dolore pulsante.

Che cosa ho fatto…

 

L’ho rivista, la mia adorata Carrol. Adorata una notte, spogliata di ogni dignità, resa folle e cieca per lenire la malinconia di Drusilla.” – aveva sussurrato, giocando con i capelli della Cacciatrice – “Ho storpiato le sue snelle gambe da cavallerizza e attinto sangue dai suoi seni. Avevo giocato con l’eccitazione di Drusilla, con i brividi che la scuotevano. Non avevo smesso di guardarla, nel possedere la mia amica di infanzia senza rimorso.”

Faith gli aveva carezzato la pelle, senza parlare.

Le gambe deformate a penzoloni dai miei fianchi. La gola ormai istericamente contratta sotto le mie dita. Morta così, mentre ancora bevevo da lei sangue ormai freddo.” – aveva immerso le labbra tra le ciocche brune, ricercandone il profumo – “Amore chiama amore, le avevo sussurrato.

E ancor oggi, mi domando a cosa mi sono riferito, nel profanare così il suo credo.”

E’ tutto cambiato, Spike.. tutto cambiato da allora. C’è l’anima…” 

Lo so. Ma a Carrol, si son susseguiti Loro.

Loro. Tutti gli altri. Ed ora li incontro, Faith. Li incontro in ogni mio incubo.”

 

Ho reso reali i miei incubi.

Oggi ho fatto divenire carne i mie peggiori terrori.

Edward, innanzi a me, con la condanna negli occhi. Edward, che si volta e si allontana.

E io resto solo, un’altra volta.

 

Fu allora che i passi di Angel, alle sue spalle, gli sembrarono gli stessi di sempre. Gli stessi, rassicuranti, eppure di un presente che non sentiva più suo.

Una mano gli si posò sulla spalla. E Spike, meccanicamente, si voltò, le mani abbandonate lungo i fianchi, seppellendo il viso nel giaccone di pelle, senza osare incontrare il suo sguardo.

 

Respirando il profumo del suo sangue.. di quello di Dru.

E di Faith.

Sangue di Faith su Angel.

 

Angel, con lentezza, impacciato, alzò un mano, posandogliela sulla nuca, voltando appena la testa verso di lui. Ma non osò parlare.

Spike aveva i vestiti che sapevano di battaglia, di fumo, di rabbia. E del sangue di Edward.

L’aveva chiamato, certo che lo sentisse. Eppure il vampiro non si era mosso, non gli aveva risposto, in nessun modo, nemmeno con l’odio, o con il rancore.

Non gli importava di essere ignorato, o che Spike provasse a cacciarlo. Non se ne sarebbe andato.

Ma mai si sarebbe aspettato una reazione del genere, nell’avvicinarsi.

Doyle, dietro di lui, non fiatò. Rimase discosto, studiando lo spazio circostante. Cercando Edward, domandandosi dove fosse, cosa fosse successo.

 

Edward era stato lì. Anche con i suoi sensi demoniaci perennemente tenuti a freno poteva comunque sentirlo. Poteva sentire l’odore del sangue, vederlo, a terra, in gocce perfette, sferiche. Poteva quasi respirare la furia che si era scatenata in quello spazio coperto.

 

Ma ora.. perchè Spike era solo?

Possibile che…

 

Spike si raddrizzò, con lentezza, allontanandosi dalla mano di Angel. Per tutto quel tempo, il tempo eterno in cui si era appoggiato a lui in cerca di un appiglio, non aveva pensato a nulla.

Nulla di veramente importante.

Ma ora.. ora doveva prepararsi ad affrontare tutto.

Il tutto.

 

Fissò il vampiro bruno, senza una vera sfida. Ma con durezza, senza sentirsi in dovere di dire nulla.

Poi, con calma, fissò Doyle, alle spalle di Angel.

 

Non credo che tu abbia bisogno di sentirtelo dire.

 

Se ne è andato, vero?” – domandò il demone, ricambiando l’occhiata.

Una voce sommessa sulle labbra. E una verità atroce nelle parole.

Spike non annuì. E nessuna emozione sembrò trasparire dai suoi lineamenti.

Doyle non era tipo da farsi intimorire. L’aveva conosciuto da demone senz’anima e, una vita dopo, l’aveva sfidato per guadagnarsi la sua fiducia. Sapeva di Spike il vampiro cose che il vampiro stesso ignorava. Sapeva che poteva essere feroce e ostinato. Appassionato e vulnerabile. E forte, forte nel sopportare il dolore come il pericolo.

Si. Spike sapeva essere molte cose.

Ma ora, nel fissarlo, ebbe solo l’impressione di vedere un infelice. Un infelice allo stato puro.

E null’altro.

Non è più un problema.” – rispose Spike, con lo stesso tono asettico.

Non è un problema per voi.

Così sarebbe dovuto essere sin dall’inizio.

 

Spike spostò la sua attenzione, da Doyle ad Angel.

Faith?” – domandò, senza una vera emozione.

E’ ferita, ma non è grave. Cordelia la stava portando a casa.”

Bene. Allora la vedrò là.” – casa… - “All’ Hyperion.”

E’ là che stai andando?” – domandò Angel, vedendolo incamminarsi.

Dove se no.” – si voltò, le mani in tasca, la testa gettata indietro per guardarlo – “Dove…”

Angel lo fissò, assorto. E Spike non si mosse. In silenzio, senza smettere di osservarsi.

E poi?” – chiese, rompendo quel gelo.

Poi me ne andrò.”

William.”

Non sono William. Non lo sarò mai più per nessuno.”

 

Il suo profilo era pallido. Una maschera di cera. I suoi occhi erano cobalto, come la notte che si erano conosciuti.

Riverso e fragile, ai suoi piedi. Eppure ancora così vivo, così caldo.

 

E così giovane.

 

Sei riuscito a perdonare me.” – disse, d’istinto, guardandolo – “Ti ho ucciso, dannato, abbandonato. Eppure hai saputo perdonarmi.

Cosa ha fatto Edward di peggio…”

Non aveva realmente osato porre quella domanda. Aveva sussurrato quella frase, sentendo la propria voce divenire più flebile, fino a morire, rispondendosi quasi da solo, con il silenzio.

 

Cosa…” – ripetè.

 

Ma Spike non disse nulla. E non si voltò indietro, allontanandosi.

 

***

 

Cosa intendi per problema?”

Sono ininterrotte, da stamattina. Continua a vedere la stessa scena, credo. Ma si tratta di un episodio già avvenuto.”

Te ne ha parlato lui?”

Siamo stati a lungo appostati.. e Doyle parla da solo quando pensa. Si, si può dire che ne abbiamo parlato.” – tagliò corto, cercando di mettere insieme le poche informazioni. Era istinto, e sull’istinto di Cordelia chase non si discuteva! – “stamattina è iniziata così. Ha avuto una visione, probabilmente su Edward, visto che si è premurato di non dire nulla a Spike.. e poi…”

E poi ha continuato a rivederla ad oltranza.” – aggiunse Methos, attraversando la sala e sparendo in cucina.

Hai già finito?” – Wes era già in piedi, pronto a inseguirlo.

E quanto credi che ci voglia a ricucire tre centimetri quadri di pelle?” – rispose, fissandolo e scotendo le mani bagnate riempiendo di schizzi l’immacolata cucina – “Fila da lei, o uomo paranoico. Ci parlo io con la ragazza.”

Cordy.” – aggiunse, visto che Wes non si fece ripetere l’invito – “Cos’altro ti ha detto?”

Nulla. Sai come è fatto.” – sospirò Cordelia, fissandolo, mentre la raggiungeva – “So della visione perché si è lasciato sfuggire qualche mezza frase di troppo. E tu?”

Si è ripetuta parecchie volte e ha a che fare con l’agguato di stamattina, a quanto sembra. Continua a rivederlo sempre uguale. Eddy lo ha confermato, c’erano dei particolari comuni.”

Gli è successo anche mentre combattevamo. Continuava a ripetere che Edward era in pericolo, che doveva stare attento, guardarsi le spalle…” – la ragazza scosse la testa, irritata – “Non capisco, non era mai successo prima. Non ha mai più volte la stessa visione…soprattutto se è qualcosa di già accaduto.”

Infatti è strano.” – Methos si era recuperato una birra. E beveva direttamente a muso – “Passi la ripetizione.. anche a sua madre succedeva e poteva anche essere un vantaggio. Ma non per il passato. Sempre per il futuro.”

Dobbiamo preoccuparci? È questo che mi stai dicendo?”

Io mi preoccupo delle sue dannate visione da quando gli ho insegnato ad andare in bicicletta.” – ribattè l’uomo, con semplicità – “L’unica cosa che posso fare è parlargli, non appena torna.

A volte chi subisce l’anomalia ha anche la risposta.”

 

***

 

Non c’è niente da dire.”

Doyle… perdona la franchezza, ma non ho tempo da perdere.” – Angel svoltò, accelerando e sapendo, allo stesso tempo, di aver perso di vista la DeSoto da almeno due isolati – “Per cui parlami della visione e finiamola, una volta per tutte.”

Allora se sai cosa vuoi sapere.” – replicò il demone, senza smettere di massaggiarsi le tempie e piegando la testa indietro per posarla contro il sedile – “Fai la domanda. Intanto sono qui… di certo non scappo…”

si morse la lingua, per quella frecciata. E respirò a fondo.

Spara, uomo. Sono disarmato.”

Continua a ripetersi, maledizione.” – Angel picchiò un palmo contro il volante – “Non puoi andare avanti in questo modo, lo sai benissimo. Ti si fotterà il cervello, una volta per tutte.”

Prospettiva confortante.” – sospirò, stringendo i denti per l’ennesima fitta – “Attualmente è solo come avere la London Simphony Orchestra tra le orecchie.. non voglio immaginare il peggio.”

Doyle…”

Smetti di ripeterlo. Tanto so che stai parlando con me. “ – respirò a fondo, fissando il cielo – “Va bene, facciamo un passo indietro.

Edward è stato aggredito stamattina. Alle spalle, mentre parlava al cellulare, da un tizio con una bambola tatuata che, attualmente, è passato a miglior vita. Edward è ancora vivo ed è passato in almeno quattro mie visioni.”

Angel frenò bruscamente, rispettando il semaforo. E il demone, per poco, non gli rise in faccia,.

Rispettoso del codice stradale anche nella più totale disperazione. Sei unico, uomo…

Ho visto lui e Spike incontrarsi. E Spike morderlo.” – enumerò – “ho visto i covi vampirici, l’attacco di Drusilla, probabilmente persino un fotogramma dello scontro che ha avuto con Spike.. e ho continuato a vedere l’aggressione di stamattina. Di continuo…”

Si interruppe. E si massaggiò la fronte.

Di continuo.” – ripetè.

 

E non ho la più pallida idea di cosa significhi…

 

Voltò la testa, guardando il vampiro.

So solo una cosa. Si sono realizzate tutte.” – concluse, con aria assorta – “ad eccezione dell’ultima che ho avuto… c’era un qualcosa di strano.”

Più delle altre?”

No. “ – scosse la testa – “Non era strana la visione… era un particolare. Era Spike, con una lama in pugno.. con Edward steso ai suoi piedi.”

Angel rabbrividì, al pensiero.

Edward steso ai piedi del fratello. Aveva già vissuto in quel quadro. E non voleva vederlo ripetersi.

Sbattè le palpebre. E. al posto di Edward, ebbe la raccapricciante certezza che, a terra, morta in un lago di sangue, ci fosse Kathie.

 

Io so cosa si prova, ad uccidere il proprio sangue… ancora adesso…

 

E’ già accaduto, Angel.”

Come?” – sobbalzò. E lo fissò in viso. Doyle, pallido, gli occhi vitrei.

Ne sono certo. Siamo stati nel posto giusto. Ma Edward è ancora vivo” – si interruppe, si inumidì le labbra – “Spike non l’ha ucciso. Chi può averlo salvato se…”

William.” – a risposta gli sfuggì dalle labbra, con certezza – “E’ stato William. Lo so, l’ho sentito.”

Scusa?” – il demone si raddrizzò – “Visioni anche tu? Concorrenza sleale, Angel!”

Sai benissimo a cosa mi sto riferendo.” – tagliò corto il vampiro – “Posso percepire William, non Spike.”

 

Non è nella demonicità la nostra telepatia. È sempre stata nell’essere ciò che siamo. Nell’anima.

 

Quello che ti sto dicendo è che non l’ha ucciso. È vero.

Continua a dirlo, a pensarlo… ma non l’ha fatto. Quando ne ha avuto l’occasione si è fermato.” – il semaforo tornò verde. E Angel infilò la marcia rischiando di distruggere il cambio – “Oggi, anche mettendomi di impegno, non sono mai riuscito a rintracciarlo. Se non in due momenti.

Due, Doyle. Gli unici due in cui non è stato predominante il demone, probabilmente.

Quando era nei sotterranei, probabilmente in pericolo. E nel momento in cui ha avuto la certezza di poter uccidere il fratello. Negli attimi in cui ha avuto paura… paura di cedere.

Hai ragione è strano. Ma non riguarda le visioni.”

Doyle rimase zitto, assimilando l’informazione. William era un eroe, facile dimenticarlo.. un eroe abbastanza forte da proteggere gli innocenti persino nell’identificarsi con il carnefice.

Spike lo ha salvato da se stesso.” – mormorò – “Concordo con te, non riguarda le visioni… ma significa che puoi ancora raggiungerlo, che non è come vuole farci credere. E che tra lui e Edward non è ancora tutto perduto.”

Lo so.” – Angel fissò la strada – “Lo sapevo già. Non mi serviva un aiuto dalle alte sfere per accorgermene.”

Lo so… è che speravo ci fosse un nesso con il mio problema.” – Doyle si strofinò la nuca, assorto, dandosi dello stupido.. e domandandosi il perché di quella sensazione – “Ma allora... perché... perché quella visione mi tormenta...”

 

***

 

Vattene. Rimane il mio consiglio migliore.

E’ un consiglio da amico. Nessun rancore. Vattene.”

 

La porta di Methos si chiuse con uno scatto pulito, rassicurante, facendolo sprofondare nella penombra dorata dell’appartamento.

Le luci della via filtravano dalle tende lasciate discoste, riflettendosi sugli acciai cromati degli arredi, del soppalco.

Rimase per un lungo istante immobile, assorto, gli occhi persi nell’ombra sul pavimento. Le fronde dell’albero, innanzi alla finestra. Poi accese la luce, cancellando quei movimenti silenziosi e quieti

Methos non c’era. Meglio.

Attraversò la sala, con calma. E si lasciò andare sul divano. Gli occhi puntati al soffitto, quella voce ancora nella mente.

Quella voce…

 

Tu sei stato la mia dannazione.Vattene Edward. Vattene e non tornare.

 

Si coprì gli occhi con entrambe le mani. E un singhiozzo, roco e represso gli distorse le labbra.

 

Mi hai abbandonato, lasciato solo…

 

Respirò a fondo, cercando di calmarsi, sedendosi, stringendo le nocche fino a farle divenire bianche.

 

Il mio amore per te e' immutato. Lo stesso di allora.

 

L’amore immutato… Che abominio... In base a cosa, William, avresti potuto credermi? E’ vero, vero tutto ciò che mi ha rinfacciato.

Ti ho tradito…abbandonato… e tutto dopo un anno di pura angoscia…

 

E un giorno sei venuto a dirmi che mi avresti lasciato, che dovevo prepararmi…

 

Avevo bisogno di te, per sopravvivere, per combattere… volevo che potessimo avere tutto, insieme, finchè ci fosse stato tempo…

Ma quanto ti ho logorato con la mia malattia… quando abbiamo superato il punto di rottura, senza nemmeno badarci…

 

Ho passato tutto il tempo che abbiamo ancora avuto insieme a pregare per un miracolo…

Un miracolo…

 

Ancora una volta torna il quesito. Ho preso la tua forza, ti ho prosciugato fino all’ultima goccia nell’attesa di una morte inevitabile.

 

Il miracolo c’e' stato, vero? Mi sembra di essere stato esaudito.

 

Peccato che io non l’abbia mai saputo.

Una morte mai avvenuta.

Peccato che io non l’abbia mai saputo.

 

Una nuova vita solo per me stesso… una vita che non ho diviso con te…

 

Mi aveva detto che mi avrebbe dato anche la sua forza… io l’ ho fatto. Ho attinto da lui ogni volta che mi mancava… e poi l’ ho lasciato. L’ ho abbandonato, Methos… l’ ho lasciato solo…”

Tossì. E si mise in piedi, con fatica, puntellando le mani alle ginocchia, sbilanciandosi quasi in avanti.

Camminò lento, fino di fronte alla finestra, le mani al vetro, la fronte.

E gli occhi di nuovo chiusi.

Ho fatto la cosa giusta.. giusta per il gioco in cui mi stavo addentrando. Giusta per un immortale. Ma sbagliata per noi.

Per te, per me… sbagliata per te, William.

 

Non dirò nulla a William…I miei sono anziani, non reggerebbero il colpo. E mio fratello… capirebbe, credimi. È in grado di accettare molto più di quanto non sembri… ma io non voglio. Ha già troppe illusione che si spezzeranno…”

 

Erano già infrante, quando pronunciai questa frase.

Solo che non volli pensarci.

Un altro singhiozzo, mani ad artiglio sul vetro freddo.

Non ho voluto…

 

Tu ami solo te stesso, Edward. E la tua idea di perfezione.

Smettila…

Solo scelte nobili, grandi decisioni, destini inevitabili.

Non sono così.. non lo sono…

Tu ami solo te stesso e l’idea che hai di te,

come il peggiore degli egoisti.

 

Non potevo accettare che mi amassi così tanto.. e ora… ora…

Respirò a fondo. E le fiamme gli passarono nel petto, come artigli. Con uno scatto si strinse tra le dita lo sterno, piantando quasi le unghie, rilassando con lentezza le dita nel cercare di controllarsi… Controllarsi ancora.

 

Tu mi hai lasciato… Mi hai lasciato Edward, ti ho creduto morto.

Mi hai mentito, hanno mentito tutti per te.

Ed ora vieni a parlarmi di amore, amore immutato, del fatto che andartene ti uccide… e ti…

 

Si asciugò gli occhi, con rabbia, sentendo male nel respirare.

Non c’era molto da aggiungere. Will.. Spike aveva dato una buona motivazione, dopotutto.

C’era Carrol, certo. Ma, sopra ogni cosa, c’era quell’odio… l’odio incontrollato con cui aveva

parlato, che non aveva celato o sminuito, quell’odio su cui Edward sarebbe passato sopra all’istante, senza fermarsi se solo...

Se solo, sopra ogni cosa, non ci fosse stata la scelta personale. E la natura.

 

E’ così che vuoi che pensi a lui? Come a un demone?

 

Inutile mentirsi.

 

William… William non esisteva più. E Spike era un vampiro, con istinti ed esigenze che un immortale non poteva comprendere. Aveva una famiglia, una missione… e aveva scelto l’ombra.

Angel.” – pronunciò, la fronte ancora contro il vetro e gli occhi fissi in strada.

 

Ha scelto Angel.

E quel nome, risuonandogli nella mente, sembrò quasi una preghiera.

 

***

 

Faith si era voluta sedere. E le preghiere di Wes riguardo il restare a riposo erano rimaste del tutto inascoltate. Pallida, nauseata e incredibilmente minuta al centro del divano, con la sue gambe incrociate e i suoi capelli sciolti sulle spalle, era rimasta testardamente sulle sue decisioni.

E ringrazia il cielo che io mi fidi di Angel.” – specificò, all’ennesimo cuscino che le veniva offerto – “Ha detto che lo troverà… e io gli credo.”

 

Gli credo.

 

Wes si sedette, con un sospiro. Aveva corso tutta la notte, in cerca di Drusilla, o di una traccia visibile del suo passaggio, senza risultato. Svanita nel nulla, dietro un angolo. Probabilmente ferita e ormai priva delle sue truppe scelte, decimate dalle ripetute scaramucce.

Ormai erano più di diciotto ore che stavano combattendo, nei rifugi, per strada, in vere e proprie sortite.

C’erano stati i molteplici attacchi a Edward, i repulisti compiuti da Angel e dalla Cacciatrice, i massacri che Spike aveva portato a termine nelle fogne, per calmarsi.

Gli informatori di Wes non facevano che parlarne. Una catastrofe sembrava essersi abbattuta sulla stirpe vampirica di LA.

L’ennesimo segno dei tempi ormai maturi, avrebbe aggiunto Doyle, con aria cupa, se interpellato.

I tempi maturi per le profezie.

Il sangue destinato a riunirsi…

Wes sospirò ancora e si portò le mani intrecciate alla bocca. Faith si tormentava i capelli, assorta, ignorando la fasciatura che le stringeva il torace, gli occhi fissi di fronte a sé. Il suo terrore all’idea di aver perso Spike emergeva, a tratti, impreciso. Ma estremamente intimo, tanto da non poterne parlare, in nessun modo.

Westley abbassò gli occhi, riflettendo. Faith e Spike… secondo Doyle tutto era più di un semplice legame.

C’era qualcosa nel loro amore che travalicava le regole umane e naturali, proiettandosi verso l’assoluto delle cose, verso gli equilibri precari tra il giorno e la notte, il bene e il male.

Nati per essere insieme…

 

LA, Due mesi prima

 

Dobbiamo parlare.”

Wes alzò gli occhi sorpreso, mentre Doyle lasciava cadere sulla scrivania un tomo in cuoio color ruggine. Dietro di lui, con una camminata quasi serafica, arrivava Methos.

Le mani in tasca, la bocca piegata in un sommesso fischiettare.

L’osservatore tese le mani verso il volume, per sollevarlo e gettargli un’occhiata.

Un’altra edizione?” – domandò – “Non ti sembra di essere un po’ paranoico?”

Vedi?” – Methos sprofondò nella poltrona, guardandosi le unghie – “Te lo sei fatto dire pure da lui.. se non è questo un segno…”

Wes, ti prego.” – Doyle lo fissò con sopportazione – “Ti ho visto quasi in preda a un’erezione davanti a scartoffie ben meno importanti di questo! E l’argomento dovrebbe starti a cuore!”

Sai benissimo che è così.” – ribattè, girando il libro e leggendo nel punto indicato – “Ma sono mesi che non fai altro che darmi il tormento con questo brano. L’abbiamo tradotto e ritradotto, allineato con tutti i calendari possibili e siamo ancora al punto di partenza.

E ti assicuro che, se ci fosse da preoccuparsi, il Consiglio sarebbe il primo a contattarci.”

Vacci piano, Price.” – brontolò l’immortale, allungando le gambe e arrivando a occupare un angolo della scrivania con i talloni – “Confidare così in quei gruppetto di vecchi ammuffiti. Non è detto che sia di loro interesse come argomento. Dopotutto sarebbero i primi a trovarsi disoccupati.”

Un motivo in più per fare chiarezza.” – Wes assesto uno spintone ai due anfibi, spedendoli a terra con un tonfo insieme al loro contenuto – “Non è detto che la Cacciatrice sia lei.”

Certo che è detto! E a lettere plateali!” – Doyle riafferrò il libro – “Parla degli eroi, dei tempi, degli eventi. E del riunirsi del sangue! Ci saranno massacri, eclissi... e infine la stirpe…”

Si, Doyle, lo so.” – Wes lo interruppe, fissandolo con irritazione – “So tutto questo. E sono stato presente a tutte le anomalie citate riguardo alle cacciatrici. E nessuna è stata l’ultima. Abbiamo avuto tre prescelte negli ultimi cinque anni. Cosa ti fa credere che l’eletta sia Faith?”

Spike.” – fu l’implacabile risposta – “E’ lui che me lo fa credere.”

Su di lei, se vuoi, dubita. Ma lui è certamente chi penso io.

Methos alzò gli occhi al soffitto, approfittando del silenzio imbarazzante calato nella stanza.

L’uccisore, William the Bloody.” – ridacchiò, quasi fosse una cosa divertente – “William Coventry, chi lo avrebbe mai detto…”

Come?”

Methos sobbalzò, rendendosi conto di aver parlato. E, soprattutto, di quello che aveva detto.

E Doyle li scoccò un’occhiata omicida, con gli occhi trasparenti.

 

Bravo, veramente bravo.

Imbecille proprio come predicava mia madre.

 

Wes, puoi non credermi.” – esclamò, cercando di distrarlo, voltandosi a fissarlo – “Ma accadrà. E sarà meglio cominciare a prepararsi all’evenienza.”

Wes annuì, levandosi gli occhiali e gettandoli sul ripiano. Prima di tornare a scoccargli un’occhiata penetrante.

Doyle,.. sai essere snervante.

E il fatto che tu continui a imbrogliarmi in questo modo mi irrita. Sappilo.

Va bene.” – disse, puntando l’indice su una riga della pagina – “Parti da qui a spiegarmelo, allora. Parlami del ritrovarsi del sangue. Tutto quello che sai.”

E Doyle, con inquietudine nello sguardo, aveva sviato la domanda.

 

Era bastato trovarsi di fronte Edward Coventry quel pomeriggio per spedire a posto tutti i pezzi dello sconclusionato puzzle che il demone predicava.

Edward Coventry.

Il riunirsi del sangue.

Di certo Wes, avesse avuto tra le mani Doyle e Methos, avrebbe usato uno per picchiare l’altro.

Avevano preteso che capisse, nascondendogli con estremo candore quell’ irrilevante particolare, immortale e biondo. Quel singolo particolare che poteva assestare una spallata a tutto il suo cinismo e lacerare il velo dei se.

I tempi forse stavano maturando… ma nulla lasciava presagire che fosse veramente giunto il momento. O che loro fossero… Wes si impose di non pensarci. Non era il problema primario nel presente.

Si interruppe. E fissò la porta.

Perché Spike, nel silenzio innaturale dell’alba, stava varcando la soglia.

 

***

 

Tu sei quel passato che Spike non può più avere, quello di cui non si sente più degno.

Tu eri una cosa troppo pulita perché il suo demone osasse anche solo rammentarti.

 

E’ davvero così Angel? Oppure è un’utopia?

 

Il suo demone, non la sua anima. Ed è stato un bene che fossi morto. Perché altrimenti ti avrebbe ammazzato, come ho fatto io con mia sorella, con tutta la mia famiglia.

Un demone distrugge il meglio dell’uomo, senza remore.

 

I purosangue azzoppati si abbattono. E’ un atto di misericordia.”

 

Carrol... Carrol, cosa è successo veramente quando me ne sono andato...

Io... non riesco a immaginarlo...

 

Ti odio con tutto il cuore e con tutta l’anima.

Dovevi morire, dovevi veramente morire.”

 

Dovevi morire, dovevi veramente morire.

 

Dovevi veramente morire.

 

Morire.

 

La parole di William gli rimbombavano in testa, senza lasciargli pace. Edward chiuse gli occhi, cercando di scacciarle. Poi, con forza di volontà, si raddrizzò, inalando un profondo respiro.

E fu in quell’attimo che accadde.

L’aria gli corse nel petto, come una fiammata, senza giungere ai polmoni. Le gambe gli cedettero, senza preavviso.

Con occhi sbarrati di terrore riconobbe quelle sensazioni. E provò il desiderio di gridare, tanto forte da far crollare il cielo.

Respirò ancora, inutilmente, posando le mani a terra. E gli parve di sentire una porta sbattere. Rantolò, senza sapere chi fosse arrivato, per cosa chiedere aiuto. Non riusciva a respirare, non c’era altro da aggiungere.

Forse, dopotutto, i desideri di William si sarebbero realizzati. Ed Edward sarebbe morto, come avrebbe dovuto allora.

Gli venne da ridere. E i polmoni sembrarono sfondarsi nuovamente. Un attimo dopo, il sapore del sangue gli inondò le labbra sorridenti.

 

***

 

In ogni giorno della mia esistenza non è mai esistita luce che valesse piu' di Edward.

 

Non sono io che non capisco. Siete voi che non mi conoscete.

 

Aveva l’impressione di avere occhi vuoti, che il ghiaccio colasse dalle sue iridi dentro la testa.

Fissò Faith, contemplò l’ampia cupola dell’Hyperion. E discese lentamente i gradini, cercando di restare diritto, saldo sulle proprie gambe.

Faith tentò di alzarsi, questa volta, per raggiungerlo. Ma Wes, prontamente, la respinse.

No, parlagli.” - mormorò, quando la sentì irrigidirsi - “Ma non ti muovere.”

 

Ha ragione.”

 

Alzarono gli occhi, entrambi troppo sorpresi per rispondergli.

E Spike camminò verso di loro. Opaco, spento.

 

Assente.

 

Ha ragione, Faith.” - ripetè, aggiungendo il suo nome, in una forma di preghiera - “Hai perso sangue…”

Si interruppe, la sensazione di poter dire sono banalità, di non poter parlare la lingua se non a fatica, con indecisione. Li fissò, entrambi, piegando appena la testa, con quel gesto lievemente interrogativo che Wes e Faith riconobbero all’istante.

 

All’improvviso Spike sembrò smarrito, stranamente indifeso. Aveva pupille dilatate in un mare di azzurro troppo terso, la bocca arcuata, quasi priva di una vera emozione.

Solo. Incredibilmente solo.

E, se Faith non poteva alzarsi, non c’era motivo per non aiutarlo.

 

Spike…” - Wes gli andò incontro, lentamente - “Vuoi sederti.. solo per un attimo…”

 

Westley Whindam Price.

Spike alzò lo sguardo verso di lui. L’osservatore aveva gli occhi come sempre pieni di preoccupazione ma privi di ombre.

Un uomo pulito, senza segreti realmente pericolosi, un uomo incapace di mentire o celare se questo si fosse rivelato scorretto.

Oh, si, pensò Spike, fissandolo.

Wes gli avrebbe parlato di Edward. Se non altro, per educazione.

 

Annuì, senza manifestare riconoscenza, senza fargli intendere di averlo riconosciuto del tutto. E si sedette sulla vecchia poltrona di velluto ormai consunta per le battaglie e le parole.

 

Quante parole… lasciò vagare lo sguardo nel grande ingresso, sostando su ogni più piccola modanatura, su ogni infinitesimale particolare. Poi la guardò.

 

Perché, dopotutto, era per lei che era tornato.

 

Te lo avevo promesso.” - disse, semplicemente. E Wes li lasciò soli, sparendo in uno dei saloni.

 

***

 

Angel aveva abbandonato Doyle sulla porta dell’Hyperion. E non si era sentito in dovere di dire o spiegare perché non aveva spento il motore e non era corso in casa.

Ma a Doyle, non dubitava, non servivano spiegazioni.

Nemmeno vedendo la DeSoto di traverso in strada, aveva ritenuto di dover abbandonare la propria decisione. Non c’era motivo per piombare su Spike, tutti assieme, con tante parole superflue quanto la comprensione che potevano esercitare nei suoi confronti.

Aveva accelerato, tagliato le curve.

Aveva corso, come un pazzo, perché la distanza già breve divenisse nulla.

Correva da Edward. Sceglieva Edward.

E mai avrebbe potuto ammettere con se stesso come tutto, tutto ciò che pensava, che desiderava, che voleva, riconducesse a William.

Il suo William. Non quello di Edward, non quello di Dru. Solo il suo. Il vampiro con l’anima, il ragazzo disperato e indifeso che era andato a prendere a Sunnydale. Perché era suo, di nessun altro. E non esisteva qualcosa che non avrebbe fatto per lui.

 

Tutto, per William. Ma non bugie, non parole senza senso.

 

E, se Spike voleva solo Edward, allora Angel lo avrebbe preso e trascinato per i capelli!

 

Frenò nel cortile e volò su dalle rampe di scale, letteralmente, una mano sulla ringhiera, le gambe tese al massimo in una falcata quasi innaturale.

Percorse il corridoio ignorando l’odore del sangue che ancora vi aleggiava. Il sangue e le lacrime con cui i ragazzi Coventry avevano salutato il loro ritrovarsi. E spalancò la porta, appoggiandosi con il proprio peso.

 

E la porta cigolò, spalancandosi, sbattendo.

 

Sangue.

L’odore lo fece quasi piegare su se stesso, sconvolgendo.

 

Sangue.

 

Sangue.

 

William. il cuore fu più pronto dell’istinto. Sangue di William!

No, impossibile.

Sangue vivo, pulsante.

Sangue…

 

Dappertutto.

Angel ne fu quasi stordito, tanto da realizzare con un attimo di ritardo la realtà della scena a cui stava assistendo. Sangue di Edward, dappertutto.

 

Ed Edward stesso, al centro di quel mare, la mano ad artiglio sul petto.

 

[IX]

 

Tu…” - Faith inspirò profondamente. E riprese - “Tu vuoi andartene…”

 

Nessuna risposta.

 

Se, dopo tutto quello che è successo…” - mormorò, ancora, chinando la testa - “Vuoi andartene... allora non sprechiamo tempo in un addio. Vattene. E basta.”

 

Basta. Basta con questa vita, basta con questo amore. Basta.

Vattene e non farti mai più vedere.

 

E non chiedermi se è questo che voglio.” - aggiunse, gli occhi arrabbiati e pieni di lacrime fissi sul pavimento - “Perché ne ho abbastanza dei giochetti di parole.”

Basta giochi.” - replicò Spike, senza sfumature - “Basta.”

Inarcò la testa, posandola contro lo schienale. E chiuse gli occhi. Non gli importò di quelle due lacrime che sentì correre sulle guance, come non gli importò di quel silenzio.

 

Faith piangeva. Immobile, senza un suono.

Piangevano entrambi, lontani, incapaci di sfiorarsi con il proprio dolore, con il proprio amore.

 

Spike…” - mormorò lei, mordendosi le labbra per non urlare - “Non ho più niente da perdere, a questo punto. E voglio dirti una cosa una sola cosa.

 

Non importa chi lo sapesse… non importa chi non abbia potuto dirtelo.

Ciò che importa, l’unica cosa… è che lui sia vivo.”

 

Spike non rispose. Ma aprì gli occhi, senza guardarla.

 

Vivo.” - ripetè Faith, alzandosi, con lentezza. Un passo dietro l’altro, per avvicinarsi - “E’ finito il tempo della nostalgia, Spike. Finito.”

 

Il tempo della nostalgia… è finito.

 

LA, Giugno 2000

 

Ti muovi?” - gridò ancora Faith, facendo rombare il motore - “Vampiro, sei diventato sordo o cosa?”

Sono diventato scrupoloso.” - fu la risposta, salendo a cavalcioni della propria motocicletta - “E sordo lo sarò presto, se non smetti di fare quello che stai facendo.”

Sei odioso.”

Vero.” - Spike abbassò gli occhi, accarezzando il serbatoio. Gli occhi cambiarono sfumatura, divenendo grigi, uniformi. E Faith immaginò che, come gli succedeva talvolta, fosse volato lontano con la mente.

Ma non resistette al desiderio di impicciarsi.

Dove sei, ora?” - lo provocò.

Perché, non mi vedi?”- fu la risposta.

Intendo con la mente.” - ribattè, con tono petulante -“Cosa stai pensando, vedendo o ricordando?”

Spike non rispose.

Sorrise solo, un po’ storto, percorrendo ancora una volta il metallo freddo con la mano.

Pensavo a quanto…” - iniziò. Poi si riscosse, con una scrollata di spalle - “Non ha importanza.”

O forse è così importante che non sono degna di sentirlo.”

 

Le era sfuggito. Con irritazione. E Spike aveva alzato la testa di scatto, guardandola, sorpreso.

E, per la prima volta, in difficoltà.

 

Faith, io non…” - si fermò. E tornò all’abituale tono strafottente - “Non dire sciocchezze! E non prenderla sul personale.”

Allora dimmela e non pensiamoci più.” - adesso non si trattava più di una questione di curiosità. Era orgoglio, considerazione. Era ora che Spike la notasse, al posto che passare tanto tempo con lei e basta!

Va bene.”

 

Come prego?

 

Cosa?”

Va bene.” - Spike annuì, guardandola, serio. - “Ti dirò cosa stavo pensando.”

Ok… Allora ti ascolto.”

Pensavo a Edward.” - replicò. Soffiato, deciso, per levarsi il pensiero - “Questo secolo gli sarebbe potuto piacere. Ha molte delle doti che mio fratello apprezzava.”

 

Adesso era il momento dell’imbarazzo. Fissandosi, in silenzio.

 

non volevo impicciarmi.” - borbottò Faith, cercando di scusarsi.

Hai fatto bene.” - rispose il vampiro, prima di sparire dentro al casco, con la solita incurante ironia - “Non mi spiace, ogni tanto, parlarne ancora. Dopotutto, era mio fratello. Avrei voluto fargli vedere la mia moto.”

 

Non era mai stata una grande oratrice. Né ora né allora. E non si illudeva che le parole adesso scaturissero come da una fonte infinita. Forse, a dirla tutta, non era nemmeno una grande pensatrice…. Ma nella sua missione non aveva poi molta importanza.

Non aveva le capacità di Wes di intuire o spiegare. E nemmeno quelle di Doyle di comprendere, di Cordelia di semplificare e con Angel… con Angel non cercava nemmeno di competere.

 

Ma era comunque Faith. Apparteneva a Spike, in tutto e per tutto. Spike le apparteneva, fino in fondo. E non gli avrebbe mai permesso di dimenticare chi fosse.. o chi fossero loro assieme.

Si fermò, salda sulle proprie gambe e con la certezza di non poter compiere ancora un passo senza crollare. e allungò una mano, afferrandogli il mento, con decisione, obbligandolo a guardarla, sentendolo docile, sotto la sua presa.

Per piacere.” - aggiunse - “non farlo per William. hai ragione quando dici che quella parte di te è morta. Ma fallo per Spike, per ciò che sei ora. Perché Spike, il vampiro che amo, ha sempre avuto un fratello di nome Edward.”

 

***

 

Gente…” - salutò Doyle, entrando in cucina dalla porta secondaria - “Come va?”

Cordelia non ebbe esitazioni. Lo lasciò sedere e lo picchiò con lo strofinaccio.

Ma che ho fatto, adesso!”

Cosa pensi di aver fatto! Ciao gente… ciao gente! Sei di ritorno da un pub, per caso?”

No. Da una festa.” - aveva occhiaie profonde e orripilanti. Tagli, abrasioni, sigaretta in bocca ed espressione da postumi. Era credibile - “E tu? Come va qui?”

Vuoi sapere di Faith?” - gelida.

No. Parla con Spike nell’ingresso. È persino in piedi.” - rispose, svagato. Niente sembrava sorprenderlo. Qualcuno gli stava porgendo un bicchiere di succo d’arancia - “Per questo sono passato da qui. Ciao, Methos… Wes…”

L’osservatore era in piedi, la testa rivolta verso il corridoio, in attesa. Ma, al saluto, si voltò e si sedette al tavolo.

Il riunirsi del sangue, vero?” - disse, grondando sarcasmo.

E Doyle, si strozzò.

Una cosa alla volta.” - commentò Methos, incrociando le braccia - “E, al momento, per quanto incredibile, dobbiamo occuparci del suo cervello prima che si frigga del tutto.”

Sto bene.”

Starai bene se noi decideremo che è così.” - rispose l’immortale, restando in piedi e camminando con calma attorno al tavolo - “ricominciamo da principio. Una visione, quella di stamattina. Quante volte si è ripetuta.”

Io non…”

Quante.”

Ho perso il conto.” - ammise, abbassando gli occhi - “Due volte, prima che si realizzasse. E due… tre, forse, dopo.”

continui a rivedere la stessa scena?”

sembrerebbe.”

Oppure…” - Wes alzò lo sguardo e fissò il demone.

oppure…” - incalzò Cordelia.

Oppure la risposta è più semplice.” - concluse Wes, riflettendo.

 

E il telefono, facendoli sobbalzare, cominciò a squillare.

 

***

 

Spike non rispose. Non con le parole.

Si alzò con lentezza e, con lo stesso ipnotico movimento, l’abbracciò. Si aggrappò a lei, con una disperazione che sapeva di poter condividere.

 

Faith non aveva avuto ruolo in quella tragedia. Eppure ne era rimasta vittima, nel cuore, nel corpo.

Senza scusanti. Eppure non aveva mai smesso di agire, senza perdere energie in una reale difesa di se stessa.

Spike non aveva auto parola nel gioco delle decisioni. Il suo cuore, spezzandosi, aveva coperto ogni altro pensiero, ogni altra possibile reazione che non fosse dolore.

E aveva distrutto tutto ciò che ancora non si era infranto.

 

Non restare spezzato, Spike…” - aggiunse Faith, aggrappata a lui, il viso sul sangue, sulle lacrime, nell’odore della pelle e della furia - “E’ ancora un passo, possiamo.. possiamo andare avanti.”

 

Si allontanò, lo afferrò, il suo viso freddo tra le mani, le lacrime rosse sulla pelle. Rosse… per sempre rosse…

 

Guarda indietro, se non mi credi… “ - sussurrò, cercando di essere forte, decisa - “Non mi è mai importato di vedere un senso negli eventi ma… dio, Spike, guardati! Guarda! Angel, Darla, Buffy, Dawn, Tara, Anya… persino Cecily, William! La tua anima… non c’è stato giorno, in questi anni, in cui tu non sia andato avanti affrontando i tuoi fantasmi, risolvendo gli irrisolti della tua esistenza.”

 

Lo scrollò, con la poca forza che ancora aveva. Lo scrollò senza ottenere una singola parola dalle sue labbra.

 

Ragiona, William! ragiona… abbiamo affrontato tutto, perché.. perché questo dovrebbe essere diverso. Perché questo.. non vuoi…”

E’… tardi.”

 

Lo aveva pronunciato sottovoce, inudibile.

Spike alzò gli occhi verso di lei. Quegli occhi che mai, mai, aveva abbassato.

E’ tardi, Faithy.” - sussurrò ancora, rauco - “Io… io ho fallito.”

 

Ho fallito. Con me stesso, con Angel, con Edward.

Ho fallito con ogni parola, con ogni gesto, ho fallito in tutto. Non ero pronto a questa battaglia, ho provato paura. Così tanta paura da non …

 

Ho parlato con Edward.” - confessò. E le spalle tremarono, sotto le mani della Cacciatrice. Tremarono - “Io… io ho… avrei potuto ucciderlo.”

Singhiozzava. Singhiozzava senza un vero controllo, stravolto.

Avrei potuto ucciderlo con un solo gesto, ero pronto a farlo.” - aggiunse, un tono sempre più profondo, urlato - “E, quando non sono stato in grado di farlo davvero, ho usato le parole, le parole, perché sapevo che, qualunque cosa avessi detto, Edward mi avrebbe creduto.”

 

Stava innanzi a me e voleva credere a tutto ciò che gli stavo dicendo.

Perché non sapeva chi fossi e si sforzava di capire.

Anche lui ha perso un fratello. E io.. io non sono William.

Sono il mostro. Il mostro di cui Will ha sempre avuto paura.

 

E se non riuscissi, Edward? Se non fossi così?”

Così? Così come…”

Così civilizzato, così calmo, così… sincero come sembro. Se io fossi… se ci fosse in me qualcosa di sbagliato di .. buio…subito sotto la superficie…”

Allora, in quel caso, dovresti fare una sola cosa…”

Una?”

Si. Limitati a ricordare che è dall’oscurità che si scorge la luce. E che nulla ti impedisce di inseguirla.”

 

Oh, Edward… ho attraversato il tempo con queste parole e questi ricordi.

Ed ora… ora, l’unica cosa che ho saputo fare… è stato trascinarti nel buio, con me.

 

***

 

Lo aveva sollevato di peso, rendendosi conto vagamente di non capire. Lo aveva gettato sul divano, ascoltando istintivamente il suo corpo.

Il cuore, il cervello… i polmoni…

Ma si, certo, i polmoni. Erano come contratti, compressi, come se qualcosa li avesse martoriati. E le mani di Edward, da sempre posate sulla ferita del dardo, si erano spostate, affondando nella carne, incidendo istericamente, scavando.

 

Dimmi cosa succede.” - Angel lo aveva scosso, gli aveva afferrato il viso, cercato disperatamente un contato visivo, consapevolezza - “Edward, parla!”

nulla. E abbastanza da fargli prendere una decisione assurda.

 

Sono io.” - disse soltanto, quando qualcuno gli rispose - “Devo parlare con Methos.”

La voce gli rispose, disturbata, irriconoscibile.

Non mi importa.” - rispose Angel. Qualunque sia la domanda, non mi importa - “Non perdere tempo, devo parlare con Methos.”

 

I miei spazi, i tuoi spazi. E io non so nulla di immortali. Sono il tuo settore, se non erro.

 

Eroe…” - mormorò d’improvviso una voce serafica, dritta nel suo timpano.

Sono a casa tua, con Edward.” - disse soltanto, allungandosi ancora verso l’immortale, quello stupido immortale pieno di poesia che non voleva più svegliarsi - “Cosa provoca emorragie in uno di voi?”

 

Methos rimase un attimo in silenzio, sbalordito.

 

Poi, sotto gli occhi di Wes, Cordy e Doyle, tornò padrone di se stesso. Strinse le palpebre, si irrigidì e sembrò che la sua pressione avesse un’escalation.

Non ne ho la minima idea.” - ringhiò, arrancando tra le proprie infinite nozioni - “Ma trattandosi di lui, potrebbe essere una qualsiasi follia… sei certo che non abbia.. sei sicuro che…”

 

La rosa di opzioni che stava per ventilare, uno più folle dell’altra, conobbe un azzeramento.

 

Edward non ha fatto nulla.

Edward… Edward si sente morire.

 

Il tempo in queste ore si è solo riavvolto per lui. Indietro… indietro, fino ad allora.

E al dolore del lasciare William con una menzogna.

 

Istanbul, 1861

 

Sei in casa?Edward?”

La reminiscenza rispose per lui. Il resto fu silenzio.

C’era un baule già chiuso nell’ingresso. E rumore di armadi sbattuti, poco oltre.

Eddy?” - Methos si affacciò nella zona delle camere - “Che stai facendo?”

Me ne vado.” - fu la risposta. Poi apparve anche l’interessato, già vestito per il viaggio - “torno in Inghilterra.”

E cominci adesso a fare i bagagli? Ci tornerai… Ma non prima di un trentennio... o un cinquantennio.”

no, Methos.” - una cassetta in legno venne chiusa con violenza e lanciata dentro una sacca sDrucita, con rabbia - “Adesso. Torno in Inghilterra adesso.”

Ehi!” - lo afferrò per un gomito, mentre gli passava a fianco - “Sei impazzito?”

No.” - Si divincolò, con gli occhi che mandavano lampi - “Sono tornato in me e sono pronto a comportarmi nel modo più giusto. Quindi torno a casa, da mio fratello.”

scordatelo.”

Lo aveva inseguito. Edward sembrava impazzito, furibondo. Come se qualcosa lo stesse corrodendo e rendendo folle.

No, Methos!” - urlò, fermandosi al centro dell’ingresso e voltandosi - “Non ti illudere che io stia a guardare.. che io …”

 

Si interruppe, ansimando. E si piegò, tossendo, posando le mani sulle ginocchia.

Methos non credeva ai suoi occhi. Le spalle di Edward erano scosse, tremavano. La tosse sembrava lacerarlo dall’interno.

Poi, con orrore, alcune gocce di sangue macchiarono il pavimento.

In un lampo gli fu a fianco. Lo sollevò, afferrandolo per il torace, senza incontrare resistenza. E il solo gesto gli riportò alla mente gli anni ormai dimenticati, lasciati alle spalle con sollievo e con un colpo di pistola.

calmati.”- sibilò, obbligandolo a sedere, le spalle alla parete - “Non hai nulla ai polmoni, Edward. Calmati.”

non posso calmarmi.” - ululò, singhiozzando. Il sangue gli segnava la bocca, il mento - “Voglio andare a casa, a casa, da mio fratello, perché ha bisogno di me, Methos! Ora!”

perché ora!” - lo scosse. Non era capace di essere comprensivo a scatola chiusa. O capiva, o non si arrendeva ai sentimentalismi - “Edward, ora devi calmarti, per te stesso e per la mia salute mentale. Calmati e spiegami. Subito!”

mio…” - ansimò. E la testa gli scivolò contro il suo torace - “Mio padre.”

Methos non gli chiese altro.

Non gli chiese come lo avesse scoperto, come fossero andate le cose.

La colonia inglese chiacchierava. Forse non di tutto ma, tra le frivolezze, ogni tanto potevi scorgere una frase vera. Si, doveva essere andata così.

Si limitò a lasciarlo in pace. A lasciarlo piangere, tra parole sconnesse su William, sull’abbandono e sulla nostalgia, la sua prima nostalgia.

 

Non gli disse nulla. Non ci sarebbe stato nulla da dire che non fosse banale o razionale, nulla che non sarebbe suonato patetico o inutile.

La morte.. la morte era alla fine giunta davvero alla porta di casa Coventry. Ed Edward non era stato lì a sbarrarle il passo. E mai se lo sarebbe perdonato.

 

Uccidilo.”

 

Doyle sussultò. Cordelia di coprì la bocca con entrambe le mani, per non urlare.

E Methos voltò le spalle ad entrambi. perché ci voleva fegato anche a dirlo… non solo a farlo.

 

Hai capito giusto, Angel.” - ripetè, il gelo nella voce - “Prendi una spada. E piantagliela nel cuore.”

 

***

 

La baciò. La baciò senza pensare, senza smettere di piangere. E le mani di Faith, perennemente bollenti sulla sua pelle, divennero umide di quella disperazione.

Non posso cambiare ciò che ho fatto.” - mormorò, cercandole la bocca, ancora. E ancora - “Io ho fallito…”

 

Era Edward. Ho negato fino all’ultimo che lo fosse, per dover ammettere con me stesso che.. che ero io a non essere più William.

 

Tu puoi fare tutto, Spike.” - replicò Faith, stringendogli il viso, le dita sulle labbra - “Tu sei il vampiro dell’impossibile e…”

Esitò.

Ed Edward ti vuole bene.”

Spike tentò di sciogliere l’abbraccio. Ma Faith lo trattenne, pronta, un fiotto innaturale e caldo sotto le bende .

Edward non parla molto.” - aggiunse, rapidamente - “Ma il poco che dice… è unico.”

 

Unico.

Unico come le sue intuizioni.

 

Spike la guardò. E un sorriso, isterico e disperato, si mosse sui suoi lineamenti.

 

È sempre stato così. È la sua magia. È ancora in grado di compierla?

È ancora così… dopo.. dopo tutto questo…

 

Ha sbagliato e lo sa.” - aggiunse, implacabile - “Lo sa. E sconta questo peso probabilmente dal giorno in cui ti ha lasciato. Ma mai... mai come ora… ha desiderato tornare indietro.”

Avrebbe voluto divincolarsi. E allontanarla. Ma non ne aveva più la forza.

No. Non aveva più la forza.

 

Mi arrendo. Si, mi arrendo.

 

E non contano le parole che sto dicendo… perché tu queste cose già le sai. E io non dovrei sprecare tempo, mio o tuo… non dopo che voi Coventry siete riusciti a buttarne così tanto.” - cosa non darei per il tuo sorriso, William. Cosa non darei, ora - “Ma ormai credo che non abbia più importanza. Potreste avere l’eternità davanti, William. Per rimpiangervi e odiarvi… o per parlare.”

Faith, smettila.”

No, non credo che lo farò. Non sono capace di cedere, o essere razionale. E voglio che mi ascolti. Tu sei William. Sei il mio William e quello di Angel, ora. Ed è vero, non sei più il William di allora, nessuno di noi è tanto stupido da crederlo. È passato tanto tempo… anche per Edward…”

 

Tempo. Tempo senza di te.

 

Gli cancellò le lacrime con gesto pulito, deciso. E conclusivo.

Ciò che esisterà per sempre, è l’amore che avete uno per l’altro.” - sussurrò, ancora. E gli sorrise - “E io credo che tu non sia pronto ad affrontare un’eternità senza tutta quella luce…”

 

***

 

Methos chiuse la chiamata. E allungò una mano verso la giacca, abbandonata come sempre in giro.

Come avrete intuito, sono richiesto altrove.” - mormorò, nel silenzio innaturale - “Occupatevi delle visioni. Ci sentiamo.”

Tutto qui?” - Cordelia si riscosse, sbarrandogli la strada - “Pensi di non dovere spiegazioni a nessuno?”

Io non devo spiegazioni.” - rispose, mettendo il giaccone e guardandola - “Devo solo andare.”

Vengo con te.”

No, Cordy. Qui serve una persona calma.” - aveva imboccato il corridoio, inseguito dalla ragazza - “E quella sei tu. Spremi Doyle e trova la risposta semplice che vuole Wes. Poi parlatene a quei due, se potete.”

Non è così facile.”

Niente è facile.” - ribattè con filosofia. E, quando si fermò, obbligando cordy a frenare alle sue spalle, si sentì in dovere di aggiungere - “Non è facile nemmeno uscire da questo albergo… figuriamoci restare.”

 

Spike era fermo, innanzi a loro. E sbarrava il passo.

 

***

 

Uccidilo.

Sintetico e non travisabile.

Prendi una spada e piantagliela nel cuore.

 

Una sciocchezza, a vederla con occhio pratico. Non sarebbe morto.

E, sempre con approccio cinico, si poteva paragonare al riavvio di un computer.

Ucciderlo non avrebbe prolungato le sue sofferenze, avrebbe fatto guadagnare tempo e avrebbe riparato quel corpo impazzito.

Ma non era comunque facile.

 

Angel afferrò un’arma dalla panoplia, uno stiletto affilato, dall’impugnatura liscia e minimalista. Poi tornò al divano, inginocchiandosi.

Ed Edward aprì gli occhi, fissandolo. Occhi così trasparenti e simili a quelli di William da provocargli un brivido.

Lo fissò, senza paura. Non ne aveva mai avuta, si sorprese a pensare Angel.

In quegli occhi non aveva mai visto paura. E, per quanto sapesse di non conoscerlo, Angel aveva la certezza di essere stato presente ad alcuni degli episodi più importanti e terrificanti della sua esistenza.

Lentamente torse il polso, posando la punta della lama sul suo torace.

Edward non parlava. E soffriva. Non si poteva dire quanto fosse presente… ma i suoi occhi avevano seguito l’arma, prima di chiudersi.

E di riaprirsi.

Stai rendendolo più difficile.” - mormorò il vampiro.

 

Chiudi gli occhi.

 

Il solo pensiero di poterlo dire gli provocò un brivido. Si, sarebbe stato più semplice. Ma non sarebbe stato giusto. Lentamente, verticalizzò l’arma, fissandolo dritto in viso.

Guardami.”

L’essere sveglio non mutava la situazione. Edward stava soffrendo, il suo corpo continuava ad essere percorso dalle ondate di dolore. E il sangue era rosso, vivo, al lato della bocca.

Andava fatto. Subito.

Edward.” - disse, con un tono senza sfumature - “Guardami.”

E l’immortale ubbidì. Le lunghe ciglia si mossero, gli occhi divennero vividi, ben aperti, dritti nei suoi. E si riempirono di quella sfumatura calcedonio che talvolta invadeva quelli di Wiliam.

Lo sguardo tenace, carico della forza sconfinata di un guerriero.

 

Angel sostenne l’occhiata, la mano stretta al pugnale, irrigidito dalla tensione. E pensò che mai nulla, al mondo, sotto quel cielo, avrebbe potuto eguagliare l’assurda passione dei ragazzi Coventry per la vita.

 

Perché solo Edward, come William, portava negli occhi il segreto dell’immortalità guardando in viso la morte.

 

Poi Edward annuì. E la lama penetrò, fino all’elsa, con suono raschiante.

 

***

 

Spike, con tutto rispetto…” - mormorò Methos, infilando le mani in tasca - “Non è il momento.”

No, Doc.” - il vampiro scosse la testa, lasciando ben intendere l’assoluta impossibilità a cedere - “Io credo proprio che sia il momento di scambiare quattro chiacchiere.”

 

Methos si trattenne dallo sbuffare. E dal prenderlo a schiaffi.

Provava pena per quel vampiro, quell’essere elegante e strafottente ora ridotto in maniera tanto patetica. Con il suo senso pratico per la vita e la sopravivenza, riteneva tutto quel dolore, ad essere onesti, per quanto comprensibile, assolutamente inutile.

Risolvibile ignorando il problema e andando a vanti. Oppure affrontandolo di muso.

Non accettabili le situazioni a metà strada: morsi, pianti, ripicche e follia allo stato puro.

E i traumi che Edward non aveva saputo superare in centocinquanta anni.

 

La reazione più logica sarebbe stata alzare gli occhi al cielo.

Ma Methos, se il caso lo richiedeva, sapeva anche essere più brillante.

Fissò Faith, alle spalle di Spike. Era pallida, ma risoluta. E la Cacciatrice gli fece un cenno, controllato.

 

Parlagli. Qualunque cosa sia… parlagli.

Dobbiamo uscire da questa storia, in un modo o nell’altro.

E, essendo Angel chissà dove.. qualcuno dovrà occuparsene, non credi?

 

Methos non commentò quell’ordine silenzioso. Ma lo accettò, come un buon consiglio. Dopotutto, Faith non mancava di prontezza decisionale e capacità di tralasciare le sciocchezze metafisiche e i sentimentalismi.

Cordelia…” - mormorò, dunque - “Perché non aiuti la Cacciatrice prima che frani per terra?”

la bocca di Faith si piegò in un sorrisetto divertito. E Cordelia potè avvicinarsi senza essere sbranata.

 

E bravo Methuselah… fiducioso e doppiogiochista al tuo meglio.

 

Sai, Spike… hai ragione.” - commentò Methos, annuendo e continuando la propria farsa - “E’ ora che qualcuno provi ad avere una conversazione intelligente con te.”

Suo malgrado, Spike, sorrise.

E quello…” - sputò, perfido - “saresti tu?”

Indubbiamente.” - gli indicò il salone, alle loro spalle - “Dopo di te…William…”

 

***

 

Ma tu non c’eri. Eri un’assenza, già quando era vivo.

Eri la parte mancante di lui, il vuoto che si aggiunge a quello cosmico,

quello degli artisti e dei poeti.

E l’abbiamo trovato noi, seduto, in quel viottolo…

 

Noi… noi chi, Angel? Noi salvatori o noi assassini? Chi ha trovato chi, dopotutto…

 

Non lo so.” - replico Angel, quietamente - “Non ho mai smesso di chiedermelo.”

 

Ho la mente piena di quesiti, quando si tratta di William. Ma non mi importa. L’importante... l’importante è che io possa avere le risposte alle sue domande.

Perchè mi ha chiesto tutto, fin dalla prima volta. E non gli è mai bastato.

 

E anche adesso, tutto ciò che ha non è abbastanza. Nulla è mai abbastanza per William Coventry...

 

Aveva tirato le tende, gettato l’appartamento di Methos in una innaturale oscurità, celandolo alle luci della strada, accendendo il minimo indispensabile e abituando gli occhi all’oscurità nero pece. Preferendo il buio, come sempre, per riflettere.

La luce della piantana, bianca e innaturale, gettava ombre oblique sui mobili, su di loro, nel silenzio. Edward era ancor steso sul divano, dove Angel lo aveva trascinato. E ucciso.

 

Un colpo era bastato. Uno solo, seguito da un respiro più profondo, quasi di liberazione. Poi il nulla, un nulla che Angel aveva recepito come assurdo e insopportabile.

Il nulla che segue il divenire cenere, il paletto che penetra fulmineo.

Avrebbe potuto ucciderlo in tanti modi ma questo, così naturale come scelta, gli sembrava ora l’unico simbolicamente accettabile.

Accettabile per uno come Edward che non aveva mai smesso di provare male al cuore per una freccia estratta da tempo. Adatto alle mani di un vampiro, incapace di concepire per se stesso morte più banale.

 

Poi il cuore aveva battuto, all’improvviso, nel silenzio.

Ed Angel lo aveva ascoltato senza associarlo ad una forma di sollievo.

Lo aveva solo sentito tornare, improvviso, senza il crescere della marea. Dove non era stato ed ora c’era. E il petto si sollevava aritmico come quel suono.

 

Una questione meccanica che solo meccanica non era. Certo, il cuore batteva, ma i pensieri? I ricordi, la certezza e l'incertezza, l'ambizione e la speranza... dov'erano? Tornavano come un'ondata dentro ogni cellula? Oppure, intrappolati e avvizziti senza ossigeno attendevano solo il risveglio?

 

E l'anima l'anima di un immortale... cosa faceva negli attimi del nulla?

 

Avrebbe preferito non porsi tante domande. Avrebbe preferito non pensare.

Ma era stanco, troppo stanco per fare altro che sprofondare nellla poltrona, le mani strette ai braccioli, il collo dolorante contro lo schienale.

Fai in fretta, Eddy.” - mormorò soltanto, chiudendo gli occhi - “Abbiamo da fare...”

Ti sbagli.” - replicò l'immortale, in un sussurro, provocandogli un sussulto - “Non c'è nulla... più nulla...”

 

Non c'è più nulla da fare... se non andarsene.

 

***

 

Methos non si riteneva un uomo particolarmente intelligente per natura o per genetica. Ma trovava che non si potesse discutere su quanto possano contare cinquemila anni di evoluzione su un unico organismo.

Per tanto, quando Spike gli si era parato di fronte con tanta belligeranza, Methos sarebbe stato propenso a comportarsi nel modo più intelligente e sofisticato mai ideato dal creato: menefreghismo.

 

Ignora l'insetto. Subito. E se dalla tua azione si creerà un tornado.... scappa.

 

Si, niente di cui discutere. Peccato che il fu William Coventry, in arte Spike, non fosse pronto ad accettare tanta scarsa considerazione e, per tanto, del tutto deciso a continuare a disturbarlo. E disturbarlo. E disturbarlo.

 

Pazienza, avrebbe trovato pane per i suoi denti.

 

Allora, Spike.” - esordì dunque l'immortale, lasciandosi andare su uno dei divanetti del salone e incrociando le braccia - “Come posso esserti utile?”

La risposta che seguì fu la testa di Methos che sbatteva sul pavimento. E Spike a cavalcioni del suo stomaco.

 

Cinquemila anni di evoluzione polverizzati da un vampiro ossigenato. Confusamente, Methos si rallegrò che non ci fossero testimoni allo scempio.

 

Lo hai ammazzato, vero?” - sibilò il vampiro, tenendolo stretto per il collo del maglione - “Non si vince l'immortalità assieme alla tisi. Sei stato tu...”

 

Sei stato tu, quella sera. Era con te. Con te... e non è mai più tornato.

 

Come, Doc? Gli hai tagliato la gola, lo hai buttato da un terrazzo.... magari veleno, oppure... oppure lo hai colpito alle spalle, da vigliacco quale sei.”

 

Non c’erano che un paio di metri, tra loro.

Adesso gli stava alle spalle.

Vicino.

 

la mano ancora contro il muro…

gli occhi socchiusi, la testa indietro, in attesa di una risposta dal creato…

 

Edward.” - lo chiamo' e attese si girasse, l’espressione interrogativa, nel riconoscere il timbro della voce.

Poi fece fuoco.

 

Non rispose. E Spike strinse più forte. Lo scosse, perchè battesse di nuovo la testa. Methos urlò, stringendo le palpebre e, subito dopo, ad occhi ben aperti, lo fissò dritto in faccia. E con una tale espressione che Spike esitò.

 

Non era odio. Era disprezzo.

 

Come negli occhi di Edward. Ancora disprezzo.

 

A differenza di te preferisco saperlo in giro per il mondo che sotto tre metri di terra.” - rispose l'immortale, come se nulla lo stesse sconvolgendo. Si era morso le labbra, nella sorpresa della colluttazione. Ed ora sputò, deciso. Sangue e rabbia, sui bei lineamenti mutati - “E poi, Spikey, ti vedo confuso... lo vendichi? Non lo volevi morto?”

Spike non rispose, cercando di schiarirsi le idee. Ma la mano strinse più forte e, questa volta, premendo sulla gola.

Ti è piaciuto il suo sangue?” - rantolò Methos, deciso a non cedere inarcando la testa in cerca di aria - “Dicono che sia un'ottima annata... c'è chi pagherebbe un patrimonio per averlo... in questo e nell'altro mondo...”

lo fissò sbattere le palpebre, sembrare perplesso. Doveva essere davvero stravolto per lasciarsi disorientare in quella maniera, con un semplice giochetto sofista. E Methos non ritenne di dover usare misericordia a un tale spostato, visto che si presentava l'occasione di castigarlo.

Contrasse i muscoli, rapido, e, con un colpo di gambe che avrebbe fatto invidia a molti combattenti ben più allenati, fece volare Spike oltre la testa. E, ancora più fulmineo, voltandosi, gli bloccò il collo sotto al ginocchio.

Ripartiamo da capo.” - sospirò, lasciando che altro sangue gli cadesse dalla bocca al viso del vampiro. Un paletto gli era apparso in mano e già carezzava il torace - “Cosa vuoi? Vuoi vendicarlo? Io l'ho salvato, William... non l'ho ucciso. Ragiona. Io non sono Angelus, non ho distrutto nulla in cambio della vita eterna. Lui non ha perso l'anima...”

 

Ti sono sempre piaciuti i ragazzi puri, vero Doc?

Ragazzi brillanti... con troppo senso dell’onore…”

 

Ho provato con ogni mezzo del suo, del vostro mondo. Ho provato fino allo sfinimento.

Ma non avevo altro, se non la mia natura aliena perchè sopravvivesse.

 

Alla fine, mi sono arreso. Arreso.

E ancora oggi non mi pento e non mi rallegro, credimi. Credimi.

 

Cosa vuoi da me?

Altri ricordi che ti fanno male?

Oppure vuoi la certezza che Edward viva ancora nel mio cuore?

Hai veramente ancora cosi' paura del tempo, William?

 

Cosa vuoi...” - ripetè, tirando su con il naso per fermare l'emorragia e premendo ancora con la punta di legno sopra al suo petto - “O parliamo o non parliamo. Scegli con molta attenzione...”

Spike non stava opponendo resistenza. Immobile, a terra, le braccia distese ai fianchi, guardava Methos come se non comprendesse realmente le sue parole. Aveva deciso di attaccarlo senza una chiara motivazione, rispondendo a un istinto che non riusciva a controllare ormai da parecchie ore.

Quando l'immortale si era lasciato cadere con quella negligenza sul divano, Spike non aveva più ragionato. Lo aveva visto compiere quel movimento migliaia di volte nel presente e nel passato e, sia prima che dopo, Methos gli aveva nascosto qualcosa di Edward. Ed Edward stesso.

Per ogni parola, battuta, risata... per ogni battaglia condivisa, Methos aveva serbato per sé un segreto di portata enorme senza preoccupazione per nessuno.

E, a differenza di Angel, Faith, Doyle, così difficili da odiare, il cervello di Spike poteva accettare l'idea di condannare Methos.

 

Perchè Methos, dopotutto, lo aveva condannato a una sofferenza gratuita come il peggiore dei mostri. E lo aveva fatto per disinteresse.

 

Dovevi dirmelo.” - mormorò soltanto.

Methos, dopo un attimo di sorpresa, ridacchiò. E si rialzò, lasciandolo libero.

Oh, allora è questo.” - lo sbeffeggiò, dandogli le spalle e sedendosi sul posto occupato solo per breve tempo - “La ripicca capricciosa... e io che credevo...”

Non finì la frase. Cambiò solo espressione, indurendosi, come se avesse ricordato qualcosa di molto importante. E si pulì il mento e la bocca con il dorso della mano.

 

Finiscila, Will.” - disse, con freddezza, arrogandosi il diritto di quel nomignolo perso nel tempo - “Parla chiaro, mi stai facendo perdere tempo prezioso.”

 

Sei qui, a piangerti addosso, mentre tuo fratello si lascia morire di dolore.

E, se lo conosco, sta combattendo anche ora, per la cosa più giusta da farsi.

 

Tu sapevi chi ero.” - ripetè Spike, ignorando la frase e voltando la testa per vederlo, la guancia al pavimento - “Non ti sarebbe costato nulla.”

Non era affar mio.”

Se tieni così tanto a mio fratello, lo è.”

Io tengo a lui molto più di quanto tenga a te. E, infatti, a lui ho detto la verità.” - rispose, schietto, accavallando le gambe. Gli ho detto cosa fare, ora come allora... e in entrambi i casi avrei dovuto farmi gli affari miei - “Ma non potevo interferire con la sua decisione.”

Certo...”

Non usare quel tono, Spike. Non sei migliore di nessuno di noi. Abbiamo taciuto? Abbiamo mentito? Abbiamo nascosto? Si, lo abbiamo fatto. Ma io credo che tu ti sia macchiato di una colpa tale e quale la nostra: non hai voluto vedere.”

 

Sapevamo del dolore che ti avremmo provocato.

Sapevamo a cosa andavamo incontro.

Sapevamo che avremmo dovuto evitarlo.

 

Non ci siamo riusciti.

 

Siamo colpevoli.

 

Colpevoli. Ma tu, dall'attimo in cui hai riavuto tuo fratello, non hai saputo dirgli la verità, come noi.” - aggiunse, con calma. Cinquemila anni di evoluzione, abbastanza per poter sussurrare giudizi senza tradire emozione - “Hai deciso di non riconoscerlo, hai cercato di ucciderlo e, per come stanno adesso le cose, non dubito che tu gli abbia vomitato addosso tanto odio da riempire ben più di una vita. Dovevi farlo per forza? No. E chi lo ha fatto di voi... il fratello abbandonato o il demone furioso?”

 

Cosa hai scelto per fargli più male? Occhi oro oppure occhi azzurri?

 

Spike era in silenzio. E Methos non si illudeva. Non avrebbe mai risposto.

 

Si è fatto tardi, Spike. E io devo andare.” - aggiunse, come se non ci fosse nulla in sospeso. Si alzò, aggiustando l'impermeabile e sovrastandolo, senza pietà - “Toglimi solo una curiosità... Volevi fargli del male davvero? Oppure volevi solo che comprendesse la realtà dei fatti che non avevi il coraggio di confessare?”

 

Innanzi al silenzio, gli sorrise. Ma con tristezza, tristezza per quel volto di demone con gli occhi pieni di lacrime.

 

Chi è il vigliacco tra noi due?”

 

Non ti abbiamo spezzato noi con il nostro tradimento, Will. Lo sappiamo entrambi. È stata la vita, oltre un secolo fa. Ma solo ora il dolore giunge... solo ora...

 

Una stella si disintegra e si spegne, la luce sopravvive per milioni di anni e poi, infine... scompare.

Ed è devastante, come solo il tempo sa essere.

 

Hai sbagliato in entrambi i casi, ragazzino. Dovevi dire la verità.” - aggiunse, con dolore e senza pietà - “Dovevi dirgli che non hai mai smesso di aver paura di perderlo. ”

 

***

 

Devo solo andarmene.” - sussurrò Edward, pountellandosi ai gomiti e poi sedendosi. Era pallido e gli occhi sembravano pietre dure troppo colorate - “non sarei mai dovuto tornare...”

Edward.” - Angel si alzò, con movimento liquido. E, con una spinta gentile, lo obbligò a restare seduto, inginocchiandosi di fronte. Come, si rese conto, come mille volte innazi a Spike, per farlo ragionare - “Non ricominciamo...”

l'immortale lo fissò, in silenzio. E Angel gli sembrò calmo e forte.

 

William deve sentirsi al sicuro... molto più di quanto non lo abbia mai fatto sentire io.

 

Respira, con lentezza.” - sussurrò il vampiro. I polmoni di Edward si stavano contraendo di nuovo, senza motivo - “Sai perchè ti stia succedendo?”

Edward annuì.

E' il monito del destino.” - rispose soltanto, sottovoce - “la morte mi attendeva. E non è riuscita a prendermi...”

 

dovevo morire.

Ma qualcosa è cambiato.

 

Ed ora, per la prima volta, ho paura di questo futuro scritto da una mano che non fosse divina.

 

Methos mi ha ucciso prima che morissi di morte naturale.” - aggiunse, passandosi la mano sul petto. Chissà se la cicatrice del pugnale di Angel sarebbe rimasta... - “Ma il corpo non dimentica... ne abbiamo già parlato...”

Già.” - Angel annuì, senza muoversi. Aveva occhi scuri, pieni di comprensione - “Il corpo non dimentica nulla...”

 

William ricorda il tuo profumo, le tue braccia, il tuo sorriso.

E il tuo sangue, sulla sua bocca, è il peggiore dei dolori e dei peccati.

 

Non andartene, Edward.” - aggiunse, guardandolo, la testa inarcata per vederlo in viso - “Se te ne vai ora, non potrai più tornare indietro. Non farlo.”

Non si torna mai indietro.”

Lo so. Ma si può andare avanti in molte maniere. Non scegliere questa, non porta da nessuna parte.”

Ti sbagli.” - gli posò una mano sulla spalla, fissandolo drittto negli occhi. E si alzò, senza barcollare - “Questa è la strada che ho scritto molto tempo fa.”

Abbassò gli occhi. Attese. Ma Angel non si mosse.

Ancora inginocchiato, ancora in attesa. Si lasciava sovrastare, senza sentirsi tuttavia debole

La mia colpa non è stata riuscire a ingannare la morte... ma mentire a mio fratello.” - disse, la voce in un tremito difficile da arginare - “questo è il destino che ho scritto. E non posso cambiarlo.”

 

Non posso tornare indietro.

Forse non so nemeno andare avanti.

 

E William ha ragione. Io so solo fuggire.

 

***

 

Doyle, io vorrei che tu ragionassi con me.” - sospirò Wes, stranamente paternalista - “Posso capire le tue motivazioni ma so come tu comprenda benissimo il mio punto di vista.”

Nostro.” - corresse cordelia, con decisione - “Nostro.”

Si, nostro.” - Faith annuì, dando un'ennesima strofinata alla fasciatura. Bende, quanto prudere - “sei un cretino, insomma.”

Oh, grazie!” - Doyle la indicò, fissando poi i due diplomatici esseri - “Finalmente uno di voi lo ha detto! Ora si che sono sollevato!”

Doyle! Ma ti decidi a collaborare?” cordelia inziava ad essere esasperata. E la voce le tremava di rabbia - “Tu continui a scherzare ma io... io sto morendo di paura!”

 

che ammissione. La fissarono, straniti. Cordelia non era tipo da svelare le proprie paure, non in quel modo e, soprattutto, non nei loro confronti.

Cordelia sapeva preoccuparsi di tante cose, dal bucato alla contabilità, dalle suture ai dissanguamenti. Ma era raro che scatenasse la propria angoscia, troppo avvezza alle ferite e ai massaccri per non sapere che nella vita ottimismo e fortuna vanno di pari passo.

Se ora rinunciava alla calma e al raziocinio per cedere alla tensione, poteva solo significare che era del tutto fuori di sé. Oppure, intuì Wes, guardandola, come talvolta le succede, con un brutto presentimento.

Cordelia, cosa senti?” - domandò, ignorando sia il demone che la cacciatrice, tornando indietro con la mente a qualcosa di antico e ormai dimenticato.

 

Le visioni.

 

Cordelia aveva avuto le visioni, per molto tempo. Aveva sofferto all'infinito per quel peso ma lo aveva portato senza mai cedere. E, quando lo aveva restituito, volente o nolente, aveva serbato per sé solo una sensibilità maggiore a quella di cui già naturalmente era dotata.

Sensibilità di cui non aveva mai fatto parola esplicitamente, ma che Wes aveva sempre ritenuto unica e importante in un' accezione ben diversa da ogni altro abitante dell'Hiperyon. Non era la sua più grande dote, ma era un dono, un dono che cordelia sapeva di possedere.

 

A cosa ti riferisci?” - domandò Doyle, sospettoso. E lo sguardo di Cordy passò da Wes a lui.

Nulla.” mentì, prontamente - “Una sciocchezza.”

No, non lo è.” - Doyle strinse gli occhi e, dopo un istante, le sue pupille si dilatarono - “Non me lo hai mai detto...”

Oh, certo!” - eccola. Cordelia Chase attacca per non essere attaccata - “Adesso avevi bisogno che te lo dicessi!”

Ma si può sapere di cosa state parlando?”

Effetto residuo.” - rispose Doyle, automaticamente. E Wes si manifestò subito interessato.

Ah, si dice così?”

Si dice così cosa!” - doveva aver urlato, i punti tiravano. Ci posò una mano sopra e sibilò ancora - “Di che state parlando?”

Ipersensibilità. Cordelia è ipersensibile.”

Bhe, certo. È schifosamente femmina, di che vi stupite?”

Non in quel senso, Faith. Nel senso che è sensibile al futuro. Non ha le visioni ma...” - Doyle mosse le mani, cercando di spiegarsi - “Ma sente se qualcosa sta per accadere.... e perchè io non lo sapevo?”

Doyle, non credo che... insomma...”

Ah.” - la voce di Faith sovrastò le due maschili in overture di discussione. Ed era una risposta che grondava sarcasmo - “E lo fa da molto oppure è una novità di oggi?”

 

Intanto è stata una giornata così piatta, noiosa...

 

Lo faccio spesso.” - tagliò corto cordelia. Faith aveva ragione, ad aspettare le spiegazioni di uno studioso e un casinista non sarebbe mai approdata a nulla - “Ascoltami, te lo spiego io in quattro parole. Le visioni di Doyle mi hanno reso un poco più percettiva del necessario. Dapprima non ci ho badato molto ma, negli ultimi mesi, si è accentuato e ne ho parlato con Wes, per puro caso. Tutto qui.”

Tutto qui? Sei così ed è tutto qui? Angel lo sa?”

Angel ha avuto altro a cui pensare.”

Angel pensa sempre, tu dovevi infilarti a forza tra le sue seghe mentali!” - Faith era così stufa da non sentirsi riguardosa verso nessuno - “Quindi, con questa tua nuova dote cosa sai che nessuno sa?”

So...” - Cordelia si morse le labbra. E, all'improvviso, sembrò troppo pallida - “So che sta per accadere qualcosa di grosso. E ho paura.”

 

Spostò lo sguardo, mentre una consapevolezza atroce le mutava i lineamenti.

 

Se io posso sentirlo... sei io sto nuovamente cambiando, se Doyle continua a rivedere la stessa scena e Spike...” - si morse il labbro, rendendolo vivido - “Stiamo giocano con il fuoco, Faith, non si tratta solo di Edward. Sei d'accordo con me?”

 

Faith era senza parole. Per la prima volta, per la prima volta in tuttto il giorno, Cordelia stava finalmente dando un senso alla confusione e alla sofferenza.

E non mentiva. Si, Faith poteva sentirlo. La posta in gioco si stava progressivamente alzando, lo aveva fatto per mesi, attraverso ogni singolo passaggio, attraverso ogni singola avventura.

D'improvviso le sembrò di poter intravvedere qualcosa, uno schema, un filo dipanato che si attorcigliava attorno a piccoli e grandi episodi: dalla morte di Buffy, scivolando per le sue crisi, per il Consiglio, attraverso Methos, nel ritorno di Drusilla, nella fuga di Spike in Inghilterra e nel dramma del loro amore sbocciato nel sangue, fino a giungere ad Edward.

 

Si, Edward.

Edward, emerso dal passato.

 

No, è amore, solo amore per il proprio fratello.

No, è destino.

 

Non so cosa sia.” - sussurrò, in risposta a se stessa e a tutti loro, dopo un'interminabile silenzio - “Ma è vero. Accadrà ancora qualcosa.”

Ne sei sicura?” - domandò Wes, scivolando in quella conversazione criptica come la lama di un coltello. La temperatura era scesa, aveva freddo. Aveva paura, come se... come se fosse l'ultimo umano tra i prescelti.

 

Il testimone. La voce della conoscenza.

Non ci pensare, focalizza. Parla con Faith.

 

Faith, Cordelia ha ragione?”

Si, Wes.” - gli occhi scuri le brillarono, come le capitava solo in battaglia - “Non chiedermi perchè ma lo posso sentire. Cordelia ha ragione. C'è qualcosa.”

Ed è nella mia visione...” - sospirò Doyle. Sembrava stranamente calmo e consapevole, lontano dal senso onirico provato dai suoi interlocutori. E Wes, con un attimo di sbalordimento, comprese che quella sensazione, quel senso assurdo e separato di percepire il reale in quel modo era per Doyle una seconda natura da sempre vigile.

 

È così che vedi il mondo.

È così che percepisci l'esistenza.

 

Noi siamo apprendisti nell'arte che tu respiri come aria.

 

Non è ancora accaduta, Doyle. La visione.” - aggiunse Cordelia - “E' ancora nel futuro... non nel passato. Qualcuno sta confondendo le carte.”

 

Si, pensò Wes, un istante dopo, scattando.

Cordelia può sentirlo.

 

E Doyle lo sta vedendo. Ancora.

 

***

 

Fermati.”

 

Non si sarebbe dovuto sentire in dovere di farlo. Ma si fermò ugualmente e si voltò. Spike si stava rialzando, con le sue sole forze. E il semplice comando con cui si era imposto era risuonato pacato, senza implorazione o durezza.

Per favore.” - aggiunse, infatti, quasi a confermare l'impressione di Methos, il quale non era intenzionato ad aggiungere una parola prima di averne sentite parecchie.

 

E magari anche un quintilione di scuse, che non sarebbe stato nemmeno esagerato. Dopotutto, lo aveva fatto sanguinare... e lo aveva obbligato a fare sport.

Dannato sport.

 

Io...” - Spike non era esitante. Era solo stranamente asettico, schiavo di un ennesimo e incontrollabile cambiamento di umore. E valutava le proprie parole con meticolosità - “Io credo che tu abbia parlato di una conversazione civile che avremmo potuto avere. Sei ancora disponibile?”

Lo sono. Ma ci siamo giocati parecchio tempo in pugni.” - replicò, incrociando le braccia e rinunciando a sedersi. E, soprattutto, ai giri di parole - “Sembra che a casa mia ci sia un problema e devo occuparmene.”

Che problema.” - rispose, senza pensare. Di nuovo vigile, guardingo, le sopracciglia lievemente aggrottate. E poi, di nuopvo, la tensione feroce delel ultime ore - “Riguarda lui?”

Se lui sta per 'mio fratello'... allora chiamalo con il suo nome.”

Non giocare con me, Methos.”

No, non giocare tu, moccioso!” - sbottò, deciso - “Ti illustro la situazione, poi mi dici che ne pensi: da stamattina, Edward è passato ininterrottamente dalla padella alla brace senza sosta. Vampiri, tu, Angel, Drusilla, ancora vampiri, ancora tu, ancora Drusilla e, a quanto sembra, di nuovo Angel. La vostra dannata stirpe plasmamaniaca lo sta tormentando senza sosta mentre tu, unico conforto e debolezza di lord Coventry, stai qui a frignare senza sosta. E quando non piagnucoli sembri uscito dal film Shining. Nel frattempo hanno cercato di ammazzare la tua fidanzata, il mio figliastro, il sottoscritto e, ultimo per molti ma non nel cuore dei bibliotecari del mondo, mister Whydam-Price. Tutto, sottolineo tutto, grazie a te, che sei un pazzo nevrotico senza né arte né parte. Ok?”

Allargò le mani, guardandolo.

Sono stato chiaro?” - domandò, in maniera così convincente che Spike ebbe l'impressione di essere un dodicenne indisciplinato. E, soprattutto che, in altri frangenti, avrebbe saputo formulare un'identica esasperata arringa.

Visto da qui, sei così. E, tu potessi vederti da questa angolazione, la tua ironia avrebbe di che scatenarsi.” - aggiunse, con petulanza, indicandolo - “Concludendo, non credo che mi interessi quanto sei disastrato lì dentro... sarebbe solo gradito che tu prendessi una decisione.”

 

Una. Una soltanto.

Prendi una decisione che abbia valore per te stesso.

 

Perchè se le profezie sono vere... se dobbiamo credere alle leggende...

il resto si compirà in ogni caso.

E i nostri desideri... i tuoi desideri, ragazzo mio... non avranno più nessun importanza.

 

Methos di morse un labbro, riflettendo. E il brivido salì, dolcemente, lungo la schiena, assieme alla rassegnazione.

 

Doyle ha ragione. Ora posso sentirlo.

 

E, se davvero è così... davvero è tutto ormai reale, bhe... allora mi tocca fare questo.

 

...

 

Quanto odio i miei doveri...

 

Si raddrizzò, alzando la testa. E Spike sentì un brivido, tangibile, incontrollabile. Era l'eternità divenuta carne, era la storia della terra, degli uomini, del tempo passato diretto al futuro. Era tutto questo, in un guscio trasandato chiamato Methos. E mai prima, mai prima di allora, si era svelato in questa sua forma.

 

Questo è il momento della tua scelta, libera e umana, uccisore delle cacciatrici, William il sanguinario, sangue dei Coventry... Spike.” - e Spike suonò come un tuono, nel silenzio - “Combatti per ciò che ami, ora, scegli cme essere che ama, odia, soffre. Scegli. E non voltarti più indietro.”

 

Poi tacque. E lo squadrò, senza piegare la testa, senza sorridere, come se il messaggio appena portato travalicasse il tempo e l'emozione per divenire immediatamente pietra.

E Spike respirò. Si, respirò, a fondo, come se aria giungesse ai suoi polmoni, come se la vita gli passasse nelle vene senza frenarsi per la morte, per la demonicità, per l'anima venduta all'inferno eppur tornata.

 

Si, sta per accadere qualcosa. E già si libra su di noi.

 

Ed ora, mormorò Doyle nella sua mente, ora che lo sappiamo, che conosciamo le regole del gioco... accadrà tutto più in fretta.

Ci è dato di conoscere i ruoli... e di cambiare le nostre azioni.

Questo ti sta chiedendo. Questo.

 

Ascolta l'Antico, William, sussurrò Angel, riempiendo la sua anima. Ascolta l'Antico e afferra la luce che ti è stata sottratta.

 

Cerca Edward.

Trova Edward.

Salva Edward.

 

E non voltarti mai più indietro.

 

Mai più.” - aggiunse Faith, apparendogli, lattiginosa, evanescente, dietro le palpebre chiuse - “Perchè nel domani saremo per sempre intrecciati. E per sempre a cavallo di luce e ombra.”

 

Tu lo senti.” - fece eco Methos - “Tu lo senti accadere. È come aria troppo fredda, è come un sorso di vita dalla coppa di dio.

 

È la reminiscenza, Spike.

È il dono del sangue di Edward.”

 

Cercalo.

Trovalo.

Salvalo.

 

E compi il tuo destino.

Compi il nostro.

 

Riunisci il sangue.

 

Spike!”

 

Aprì gli occhi, in un sussulto. Ansimò, barcollando, mentre Methos si voltava. Ed ebbe l'impressione che la nebbia madreperla delle sue visoni si stesse ritraendo verso le pareti, negli angoli.

 

M-magia? Methos?

 

Methos che negava l'esistenza della magia ne teneva una scorta nascosta nelle tasche per momenti di crisi?

 

Avrebbe voluto riderne.

Ma la voce di donna, orripilata, stava ancora urlando.

 

Spike!”

 

E' Cordelia.” - mormorò Methos, correndo verso il corridoio. E Spike lo segu, senza pensare, lo vedi afferrare la ragazza per le braccia, piegarsi per vederla in viso.

Sta accadendo.” - disse Cordy, singhiozzando. Le sanguinava il naso - “Sta accadendo ora.”

 

***

 

Aveva voltato le spalle a Angel aveva afferrato la propria spada e abbandonato tutto il resto.

Perchè il resto non contava.

Con le chiavi strette nella mano, aveva disceso le scale, correndo.

E si era fermato solo innanzi la propria moto, la testa china, le spalle al mondo reale, alle vite da cui si separava. E aveva chiuso gli occhi.

 

Bad day, amico mio. Bad day.

 

Si, Methos. È così. Lo sapevamo già da un pezzo... ma non siamo bravi a cercare i segni, non lo siamo mai stati. Sorrise. E alzò la testa alle stelle, disperato. Come la notte in cui era morto, come la notte in cui aveva cercato un'ultima risposta prima che un colpo di pistola ne cancellasse ogni necessità.

 

Methos lo aveva chiamato, perchè si voltasse, perchè lo vedesse in viso.

 

Methos aveva compiuto una scelta, quella notte. Ed Edward aveva letto nei suoi occhi la propria condanna a morte.

 

La violenza del proiettile sembrò propagarsi nuovamente nel suo petto. E il sangue, come un sorso di vino, gli riempì la bocca.

 

Abbassò gli occhi, sorpreso. La spada, per la prima volta nella sua vita, gli cadde di mano.

 

Una lama gli sporgeva dal petto, insaguinata. La guardò fremere e ruotare leggermente, sentì il dolore reale, assurdo, inaspettato tra le costole, dentro gli organi dilaniati.

 

Splendida luce...” - sussurrò la donna alle sue spalle, contro la sua schiena, una bambola con gli occhi vuoti stretta nella mano sinistra. La sua assassina - “Ora mi appartieni...”

 

Lo sapevi. Lo hai sempre saputo.

Non potevi ingannarmi per sempre.

Sono la morte. E ho continuato a cercarti.

 

[X]

 

Il tempo può essere acqua. Si dilata, si stringe, cambia, dal freddo al caldo e, talvolta, mentre scorre, sembra comunque fermo. Il tempo sembra non scorrere e congelare ogni pensiero, rendendolo immutato.

 

Spike, correndo per il corridoio, aveva la strana impressione di non avere più ricordi di nessuno. Solo Edward, quel suo modo di voltare la testa di scatto e sorridere.

Solo Edward, con gli occhi azzurri fatti di scheggie di vetro in movimento. Solo Edward, senza una parola, un movimento che non fosse il voltare la testa e sorridergli dal fondo del corridoio. Solo Edward, presente e passato nella stessa persona.

 

"Dai tempo al tempo. E mi metterai in ombra, prima di quanto immagini."

Si scostò da lui, con un movimento scanzonato, e si incamminò verso le scale. Voltandosi, per incitarlo a muoversi.

 

Edward... e nient'altro. Solo Edward che sorride. E il mondo diviene caldo.

 

Non lasciare scendere la notte.” - stava dicendo una voce al fondo del corridoio. E Methos, che gli correva davanti, si afferrò allo stipite della porta, per deviare ed entrare - “Salvate la luce dalla morte.”

Doyle.” - mormorò Methos, gettandosi in ginocchio e afferrandolo per le braccia. Lo avrebbe scosso, non avesse avuto paura di sbriciolarlo - “respira a fondo. E parlami.”

Doyle lo fissò, gli occhi azzurri iridati di bianco. Le visioni distorcevano la visione del reale, Methos era tutt'uno con le immagini in movimento.

Drusilla lo prende.” - spiegò, con voce stranamente piatta. E Spike ne ebbe così il terrore che temette di non poter controllare lo stomaco, per la paura e il disgusto.

Doyle sembrava un vegetale. Un vegetale dotato di voce senza anima.

 

Doyle. Senza anima.

 

Represse un conato. E vide Faith tenersi la gola, appoggiata al muro. Lo stesso identico palpabile orrore.

Doyle, come un oracolo, levò la testa verso di lui.

Spike, la lama entra, la lama esce.” - si inidcò un punto nel petto - “La bambola sta a guardare.”

 

La bambola sta a guardare.

 

***

 

Angel non lo aveva seguito. Gli era sembrato superfluo e, infine, forse, troppo doloroso.

Avevano perduto, tutti, nessuno escluso. Tutti avrebbero concluso quella giornata mutili di un'amicizia, un amore, un fratello. E nessuno, nessuno di loro sembrava poter emergere dal baratro.

Si rimise in piedi, stancamente, mentre la porta si accostava, girando con lentezza sui cardini, il suono leggero nell'incontrare la serratura.

Si voltò, arrivando a posare le mani all'ampia vetrate. Il segno di due palmi era ancora visibile sulla superficie e Angel, con lentezza, posò le proprie mani in quei contorni.

Edward aveva atteso, a lungo, con chissà quali pensieri. Era come se la superficie ne fosse impregnata, per il sudore, per l'angoscia. Il segno della tempia, il segno della bocca. Edward permeava la stanza e in quel vetro sembrava congelato nell'attimo più buio.

 

Cosa pensavi, qui, in piedi? Guardavi il cielo? Alzavi la testa per una risposta?

 

Chiuse gli occhi, concentrandosi. E la mente ripercorse, fotogramma per fotogramma, il giorno che volgeva al termine.

Era il tramonto. La luce cedeva il passo all'ombra. La luce se ne andava, restava solo il buio.

 

Infilò la mano in tasca, stringendo l'accendino di William. E, portandolo all'altezza del viso, lo accese. La fiamma, verticale e limpida, sfrigolò appena, con una vampata calda sulle sue labbra.

 

Non aveva detto a Edward dell'intenzione di Spike di andarsene. Non aveva ricordato nulla di ciò che, di importante, avrebbe potuto dire. Il sangue di Edward, caldo e dolce nel profumo, aveva cancellato ogni possibile frase, ogni singola verità che avrebbe potuto pronunciare.

 

Ma erano tante le parole che non aveva pronunciato, nella sua vita. Ed ora, le parole mancate erano rimpianti, come le emozioni, gli eventi, le persone.

 

Anche a Spike, quante cose non dette!

 

Spike era stato un po’ come una nuova epifania nella sua esistenza. E solo ora Angel si rendeva conto di non averglielo mai veramente spiegato, di non avergli mai raccontato di quei mesi oscuri a LA, solo contro se stesso.

 

Chissà se ti avrebbe aiutato, ora, sapere tutto l’accaduto… chissà se le parole, davvero, possono cambiare le situazioni e il destino.

Doyle crede di si. Wes cerca di dimostrarlo.

E cordy... cordy non ha mai smesso di parlare da quando la conosco.

 

Solo tu ed io, william, solo tu ed io viviamo la nostra voce come un sentiero di spine. Siamo bugiardi, forse. Ma con noi stessi.

 

Chiuse l'accendino e sentì le pupille mutare allo svanire della luce. Silenzio, solo silenzio. Forse, ragionò, dopotutto, anche se le cose fossero andate diversamente, Edward non avrebbe ascoltato... oppure...

 

La porta alle sue spalle si stava riaprendo.

 

Angel si voltò, in attesa.

 

La freccia, attraversando la stanza, colpì la vetrata passando dal suo torace.

E i cristalli esplosero, cancellando le ultime prove di un dolore lento a svanire.

 

***

 

Wes era immobile, alle spalle di Methos. Era stato il primo ad afferrare Doyle, pochi secondi, no, minuti prima. Aveva visto gli opcchi mutare, aveva sentito, per un tragico momento, di non riuscire a pensare a nulla. Nulla.

Cordelia aveva boccheggiato, poi gridato. Ed era fuggita, il nome di Spike sulle labbra.

Spike, aveva rantolato alla stessa maniera Doyle. E Wes, scaraventandolo sul primo divano trovato in quella confusione di mobili da albergo, aveva sentito il proprio cervello ripartire con uno strappo.

E non senza dolore.

 

La visione si ripeteva, oppure...

Non era la visione a ripetersi.

Ma la scena.

 

Non il vedere, ma il vivere.

 

Edward viveva due volte la stessa situazione. Questo significava la frase di cordelia. Non nel passato, bensì nel futuro.

 

E già successo, certo.. ma succederà ancora.

 

Riguarda il fotogramma... scoprirai che non è quello già visto. Unisci i puntini, segna le differenze... guardami, sto mischiando le carte...

 

Methos era arrivato correndo, i pensieri di Wes si erano confusi di nuovo. Si era solo spostato, per lasciarlo passare, aveva sentito cordelia tossire, fermarsi in corridoio e aveva confusamente pensato che avesse bisogno di aiuto. Ma non si era mosso.

 

Guardami, guardami, guardami.” - ripetè Methos afferrandogli il viso. Le pupille si spostarono dal vampiro all'immortale - “No, non così, Francis. Guarda solo me, in questo tempo. In questo tempo.”

Gettò ogni preoccupazione in fondo alla mente, assieme alla rabbia. E strinse le tempie del demone, con le mani, deciso.

Riunisci il sangue.” - mormorò il demone, senza che nulla mutasse in lui, né il viso né la voce. Solo il sangue, ora, colava più copioso dal naso alle labbra - “Deve andare dai suoi fratelli.”

 

Deve andare dai suoi fratelli.

 

Wes sussultò, quando una mano si afferrò al suo braccio.

Aiutalo.” - disse cordelia, fissandolo, spiritata - “Ascoltami. La visione si ripete e si confonde con una scena costruita ad arte.”

Tossì, respirò a fondo e Spike fu al suo fianco, così vicino da investirli con l'odore del sangue e delle battaglie attraversate.

 

Cordelia sbattè le palpebre, guardandolo. Cercò di controllarsi, ma la visione si distorse, irrefrenabile.

 

Hiperyon, in un passato forse più sereno

 

Solo una cosa non mi è chiara…” – Cordelia si tolse l’elastico dai denti e si legò i capelli – “Perché hai raccontato tutto questo a me?”

Perché hai la nomea di essere una pettegola e volevo avere dei proclami ben fatti.”

Cordelia, suo malgrado, rise.

Dai, smettila.” – si aggiustò la coda di cavallo e iniziò a tornare con la mente alle cose che doveva terminare – “Perché hai scelto me?”

Perché non dovevo scegliere te?” - ritorse lui, accendendosi con aria distratta l’ennesima sigaretta.

Non è tua abitudine, parlare con me… così.” – spiegò Cordelia, finendo di radunare i suoi raccoglitori. Impilandoli pericolosamente sulle braccia.

E restando sinceramente bloccata, quando due dita le strinsero piano il mento, obbligandola ad alzare lo sguardo.

Gattina.” – mormorò lui, con quell’accento inglese ancora così limpido in alcune parole – “A modo tuo, sei una donna della mia vita. Sei un’amica, un punto di riferimento e un inimitabile tormento.”

Oh. Ma che gentile. Avevi iniziato così bene..” – si lamentò la ragazza, cercando di far tornare la conversazione a livelli quotidiani. – “Un tormento, io…”

Non stavo scherzando, Cordy.” – aggiunse Spike, interrompendo le lamentele e togliendole di mano la pila di documenti che dimostravano come anche una congrega demoniaca sia schiava della burocrazia – “Se ti ho parlato di tutto questo è perché… perché sei ben più della ragazza di un amico… sei una donna unica.”

Era stato quieto, nel dirlo. Pacato e semplice, come poche volte riusciva ad essere. Lui, sempre ironico e diretto, rare volte assumeva quell’espressione seria. E solo in quegli attimi tornava ad un’espressione che, Cordelia sospettava, doveva essere stata la sua umana più tipica.

Gli occhi grandi e chiari, di chi ha troppi sentimenti da gestire tutti insieme. E troppe idee e troppe pochi termini a disposizione.

Forse per quello ami tanto tutti quei libri… non hai ancora trovato le tue vere parole… Sospirò e si concesse un’altra silenziosa occhiata. Spike non si muoveva. Non gli dispiaceva essere guardato, lo sapeva. Ma ora, in quel particolare istante, nel non comprendere cosa stesse pensando Cordelia, stringeva impercettibilmente le labbra, riportando lo sguardo alla sfumatura del metallo liquido.

 

Fino a non resistere più.

 

Allora?” – sbottò inquieto, girandosi a spegnere l’ustionante sigaretta che si stava consumando in solitudine.

Cordelia sospirò ancora. Poi, con aria sapiente, lo afferrò per un braccio, quello con cui reggeva la monumentale contabilità e gli schioccò un sonoro bacio su una guancia. Adorava vederlo perplesso.

 

Ed ora... quegli occhi erano di nuovo su di lui, curiosi, in attesa. E cordelia pensò che già un altro ragazzo l'aveva fissata in quel modo, con la stessa disperata tranquillità.

 

Ed era un ragazzo destinato a morire, se lei non avesse parlato.

 

Doyle è un Cantastorie intrappolato in un labirinto.” - aggiunse rapida, guardando ripetutamente sia il vampiro che l'osservatore, cercando di restare lucida, di dare un senso alle proprie sensazioni - “Il sortilegio conduce alla follia, la notte vuole la luce...”

Cordelia...”

No, Wes, ascoltala.” - si intromise Faith, decisa - “La notte... e la follia.”

Drusilla.” - concluse Spike. E, scaturito dalle sue labbra, quel nome portò con è un legame antico e senza pietà.

 

Notte e follia. Drusilla.

 

Wes sussultò.

Ma certo.” - so cosa fare. E si voltò verso Spike.

Non stare impalato.” - disse, rapido, come se la verità fosse grande da non anadare spiegata. Non c'era tempo - “io mi occuperò di Doyle, tu devi salvare Edward. Ora.”

Le pupille di Spike si dilatarono, con consapevolezza. Wes continuò solao a parlare.

A casa di Methos, è con Angel. Ed è in pericolo. Spike, salva tuo fratello da Drusilla. Ha preso già te, non lasciare che prenda lui.”

 

Impediscilo.

Impediscile di nuovo il delitto.

 

Scegli.

La tua scelta è la sua vita.

 

Io le impedirò di prendere Doyle. Corri.”

 

Corri.

 

***

 

Quando la lama era stata sfilata dal suo corpo, con un gesto deciso, Edward si era appoggiato alla moto e poi, senza speranza, era volato a terra, la schiena in fiamme contro il cemento.

Si era girato sul fianco, nel tentativo di rialzarsi. E lei si era chinata su di lui, voltandogli al testa, per vederlo in viso. E sorridergli.

 

Edward...” - sussurrò, con dolcezza - “Mio bellissimo... mio.”

 

Edward la contemplò, l'impressione di avere il corpo a brandelli, gli organi tagliati, schiacciati. Drusilla, l'amore di suo fratello gli rendeva il favore girando la lama nel costato.

Drusilla... aveva pensato tanto a lei, in quelle ore e nei mesi passati.

Drusilla, la carnefice, l'amante, la donna e la vampira. I libri ne parlavano in poche righe, la ritraevano come fragile, morbida, lontana e irreale.

Ma william? William in che termini l'avrebbe descritta? Edward si era interrogato tanto a riguardo. Come avrebbe narrato della donan maledetta della sua vita? Non lo sapeva. Ma, infine, per riampianto e nostalgia, la sua mente aveva creato parole e immagini ad uso e consumo di un segreto mai condiviso.

 

Parole e immagini che ora, senza pietà, sovrapponendosi al reale, invadevano la mente assieme al dolore.

 

Il ricordo mai esistito

 

Si guardava la punta dei piedi. La posizioni indubbiamente lo favoriva. Incrociò le mani sulla stomaco, mosse le dita dentro gli anfibi e stirò le caviglie. Poi, in lotta con se stesso, sospirò.

In principio fu Cecily…”

Un colpo di tosse lo aveva interrotto.

Sei certo di voler partire dall’inizio? Non sei giovane, si attraversano due secoli di storia europea con le tue scappatelle…”

Spike alzò gli occhi al cielo e abbandonò lo scomodo divano, balzando in piedi, afferrando il pacchetto. Lo stritolò quasi, cercando di estrarne una sigaretta e quando fu finalmente avvolto da una confortante nube azzurrina, riprese la parola.

Dicevo, in principio fu Cecily…”

Ebbene sì. In principio fu lei. Forse non la più bella che abbia conosciuto… per molti aspetti… ma era amore. E scaldava, era intenso. La più bella sbornia della mia vita, con un risveglio dei peggiori.

 

Ah. Capisco… succede con il primo amore.”

Mi hai interrotto di nuovo.”

scusami, vai avanti.”

 

Cecily, dicevamo. Poi ho cambiato vita, gusti e amore. E con l’ultimo alito di vita ho imparato ad amare Drusilla…

 

Poetico…”

Non mi interrompere.”

Si, giusto. Non ti interrompo.”

 

Drusilla, dicevamo. Dru… Dru mi è penetrata sotto pelle nell’istante stesso in cui è apparsa dalla notte. La mia Regina nera... Si è presa il mio dolore, il mio amore e la mia vita con un singolo bacio.

E mi ha donato un’esistenza nuova con nuove ambizioni e nuove passioni.

Passione, passione, passione… Angelus era il maestro in questo. La passione ci domina… cosa saremmo senza passione… dio, quanto l’ha ripetuto…e quanto Angel ha ampliato il vocabolario del suo demone in questa era moderna!

Io e lui abbiamo sempre avuto una cosa in comune.. amore… amore per le sfumature ed amore per noi stessi.

Padroni del destino? Lui, forse, quanto a me... mi spiace ammetterlo, ma nel mio destino l’ultima parola è sempre stata di una donna.

Dru… il suo amore erano le stelle… il mio, la sua follia. L’ho amata senza limitazioni morali, senza vedere fine in quel sentimento eterno e morto come noi. Facevo finta di non vedere come la dividevo con Darla, con Angelus… era solo mia, ovunque fosse…

E, nella miglior tradizione dei sognatori, il mio amore poteva bastare per entrambi.

Perché mi racconti tutto questo?”

Perché a qualcuno dovevo decidermi a dirlo… E adesso, se la smetti di interrompermi una volta per tutte…”

Con Drusilla sono andato piuttosto lontano. Il mondo, le mie limitate ambizioni di umano… tutto è naufragato in un valzer durato un secolo… e più ancora.

Da lei mi sono lasciato dominare, con il mio ego sempre sulle labbra… io ti proteggerò, io ti amo, solo io posso renderti bella e felice…io, io, io…. Io per te farò tutto… Io per te, Dru, ho fatto tutto…

Quello che ho cercato di ignorare, in tutti quegli anni…” – commentò rassegnato, dal suo divano, spegnendo il mozzicone nel posacenere a terra – “Era che, per quanto amassi Dru e le fossi fedele, avevo una relazione destinata a diventare la più duratura della mia vita…”

 

Le cacciatrici...”

 

Già. Le cacciatrici.

Le mie Cacciatrici. Tutte mie. Di tutte volevo sangue, amore e…

Tutto. Semplicemente tutto.

Ovunque andassimo io e Dru, la mia meta era sempre lei. L’Acerrima Nemica.

Ne ho uccise soltanto due… due… ma quant’altre sono cadute nella mia rete, anno dopo anno. Il tempo era scandito con i loro incontri. Era l’unico tempo che avesse importanza, non valeva nulla contare la mia vita in tempo umano…

E, alla fine, Dru mi ha scoperto. E mi ha lasciato.

Ecco. Quella è stata l’unica cosa umana in una vita demoniaca.

In un rapporto in cui la moralità non era proprio padrona indiscussa… lei mi ha lasciato per gelosia!

Gelosia, dannazione!

Mi ha lasciato in un ristorantino messicano, con tanto di orchestra.

Io non ero più suo! E bla, bla, bla… tutte stupide parole umane.

E l’accusa di averla tradita, non dimentichiamocene. Tradito lei, Angelus, la mia natura… tradito tutti per un corpo sinuoso e un’anima labile che secolo dopo secolo mutava, rimanendo uguale solo nella definizione. La Cacciatrice.

Un involucro di carne e sentimenti trascurabili, innanzi ad un obbiettivo.

Ma lei, almeno, aveva un obbiettivo. Ed io, vampiro, immortale e ben di animo più affilato… non avevo meta. Mai.

Non potevo tollerarlo. Non accettavo il mio status di preda cacciata… e così, da semplice predatore di uomini, sono divenuto predatore di Cacciatrici.

E Dru sempre con me.. un corpo freddo per accendermi… o per spegnere ogni mia inquietudine…

 

In effetti è una storia un po’ lunga… meglio abbreviare…”

Proprio adesso che iniziava a farsi divertente…”

 

Drusilla gli strappò un sussulto, piantando la spada nella cicatrice che gli aveva provocato Angel poco prima.

Non smettere di sognare, non smettere di guardare le stelle...” - sussurrò, senza rinunciare alla dolcezza. E la lama, nella sua mano, compì ancora mezzo giro nell'involucro di carne - “Non mentono mai... e nascondono sempre la risposta...”

Tu non sai niente delle stelle...” - sibilò Edward. E la vampira gli cancellò il rivolo di sangue, a lato della bocca - “e sei così vigliacca da colpire alle spalle....”

Drusilla non replicò all'accusa. Strinse di più la bambola al petto, guardandolo con gentilezza. La mente di Edward, provata e stanca, non era intenzionata a cedere. Il cuo cervello, seppur a fatica, registrò i particolari, la bambola, non dissimile al tatuaggio del suo aggressore al mattino.

E un sorriso di ironia gli attraversò il viso.

 

Ma certo.. era un labirinto di specchi...

 

Drusilla sorrise, in maniera più aperta.

Si, hai capito.” - annuì, piegando le ginocchia, sedendosi composta al suo fianco. Alcune ombre si profilavano attorno, limitavano il perimetro, si preparavano a fermare ogni intromissione - “Specchi. Difficile distinguere il reale dal riflesso. Solo allo specchio puoi capire se le bambole sono vive.”

Certo.” - tossì, comprendendo che non si sarebbe mai più rialzato dal mare di sangue in cui giaceva. Era ora di attendere il buio, un'ultima volta - “E chi non ha riflesso non ha nemmeno vita...”

La bocca della donna si imbrociò lievemente, prima di dischiudersi in un sorrisetto di perdono.

Ssss... non parlare.” - lo ammonì, un dito sulle labbra - “Devo contare i battiti... devo ascoltare il tuo cuore per sapere quando. Tic tac tic tac...”

Oh, si.” - rise Edward, chiudendo gli occhi. Drusilla lo stava baciando e la sua bocca scendeva dalle labbra verso la gola, coem velluto - “Tic.. tac...”

 

Tic tac, il tempo che passa.

Tic tac, il tempo che cambia.

 

Tic...

 

***

 

Sinead lo ripeteva spesso, senza nessuna forma di autocommiserazione.

 

La mente di un Cantastorie è delicata, Methos. Le informazioni consapevoli viaggiano nelle loro corsie, ma le visioni e le sensazioni non fanno altro che tagliare la strada, importunare e tamponare. Abbiamo autostrade senza controllo e non possiamo fare altro che sperare che non ci siano troppi incidenti. Ma... esiste un caso...”

La bocca le si induriva, quando era spaventata. Fingeva fosse rabbia, contrarietà, ma Methos la conosceva. E baciava spesso quel broncio per infonderle calore.

Ma esiste un caso in cui la situazione può diventare catastrofica. Si può interferire nella mente di un Cantastorie, basta possedere le stesse doti.”

Essere un altro Cantastorie, intendi dire?”

Si, oppure, essere dotato di preveggenza, astuzia e, non dimenticare, malvagità. È la malvagità che rende potente l'attacco. Le visioni si possono distorcere, deviare, nascondere e, tornando alla nostra metafora, si può obbligare una macchina a continuarea passare dallo stesso punto.”

Non ti seguo. Cosa intendi.”

La visione si ripete, si ripete, si ripete ancora. E non smette mai di far male, anzi. Progressivamente il dolore diviene sempr epiù forte. E, infine...”

Infine...”

Infine le corsie cessano di esistere. E ogni idea, ogni singolo pensiero si fonde con un altro. Ed è la fine.”

 

Se era ancora vivo, lo doveva solo alla sua natura demoniaca. E methos, seduto a terra e non propriamente certo di essere lucido, non riusciva a smettere di pensarci. Il demone, il demone, il demone... era tutto ciò che poteva salvarlo. L'unica positività in un mare di disastri.

 

Si, forse dopotutto, era lucido. La sola idea lo faceva ridere.

 

Era come se le iridi di Doyle stessero svanendo. Faith non osava più fissarlo in viso. Il bianco, venato e lattiginoso, attraversava l'azzurro come una crepa. E Doyle, privo di un'espressione, soffiava tra le labbra frasi sconnesse.

Innanzi a lui, le mani strette tra le sue, c'era ancora Methos. Calmo, forse solo in apparenza, ma deciso a non muoversi e a non smettere di parlargli.

Guardami.” - ripeteva, con decisione. E Doyle ubbidiva, le pupille dritte nei suoi occhi. Senza vederlo.

 

Wes era sparito, correndo e trascinandosi dietro cordelia. Faith sospettava che non gli occorresse aiuto, che sapesse precisamente cosa fare ma che non volesse spaere la ragazza innazi a quell'orrore.

La sua impressione era avallata proprio dall'immobilità dell'immortale.

 

Guardami, Doyle.

Doyle, guardami.

 

Era come se lo mantenesse legato per un filo a se stesso, al contingente, al presente. Faith, seduta a terra, la schiena contro la parete, poteva solo sperare che tutto stesse procedendo, in qualche modo.

 

Perchè sapeva di non poter fare nulla, di nessun genere.

 

Non poteva combattere, non aveva avuto nemmeno la forza di arrivare ai cancelli dell'albergo. Si era dovuta sedere, ansimando, lasciando che i passi di Spike divenissero sempre più lontani e confusi. Ed era tornata indietro, scoprendo Wes già a metà di una rampa, con cordelia a fianco. Aveva cercato lorne, trovando il cellulare spento. Aveva fracassato il proprio in un moto di impotenza. Ed era tornata a sedersi alle spalle di Methos, in attesa.

 

Ed ora gli occhi di Doyle, o quel che ne restava, la fissavano.

 

Sei pronta, Faith?” - domandò, tranquillo - “Sei la prescelta, il tempo ti ha atteso a lungo.”

Faith lo guardò, senza tradire emozione. E Doyle proseguì, la testa nella sua direzione, la stessa voce da comunicato meteo.

La fine non è lontana, Faith. E, dopo sarete intrecciati per sempre. Non temere.” - spostò la propria attenzione, cercò nuovamente lo sguardo di Methos - “Avrà ancora bisogno della tua guida. Proteggi la tua vita per la sua.”

 

Si sarebbe aspettata che Methos non rispondesse. Che negasse.

Ma, quell'uomo, sapeva sorprenderla, sempre.

Perchè stava annuendo.

 

Lo so.” - rispose, con gentilezza, continuando a stringergli le mani tra le proprie - “Lo so dalla prima volta che l'ho vista.. era eresia e non fede già allora...”

 

Faith si mosse, per avvicinarsi, una domanda, la prima di molte, già sulle labbra. Ma Wes, apparendo con un libro e alcuni oggetti tra le mani, cambiò le sue priorità e la sua traiettoria.

 

***

 

Non è il momento di sorprendersi, disse Angel a se stesso, afferrando l'asta e tirando deciso verso l'alto per liberarsene. Era riuscito a restare in piedi e non lo aveva fatto per fortuna o per resistenza.

Lo aveva fatto per rabbia. Perchè inizava ad essere stanco di questa situazione. Strappò la freccia, deciso. E la seconda che lo raggiunse, nemmeno troppo lontana dalla prima, gli sembrò scortese e inopportuna.

 

Abbastanza da caricare come un toro il proprio aggressore.

 

Forse il vampiro che lo usava da bersaglio non poteva entrare ma Angel, senza ombra di dubbio, poteva uscire.

 

E questo era soltanto l'inizio dei guai dell'esercito di Drusilla.

 

Il vampiro armato di balestra abbassò l'arma per caricare. E, tra le sue braccia, due mani gli raggiunsero il torace, impugnando dardi come se fossero pugnali.

Sorpreso, si sentì sollevare e inchiodare al muro.

Grazie.” - si sentì dire, mentre diveniva cenere - “mi serviva proprio un'arma.”

 

Angel prese al volo la balestra, prima che toccasse terra. E la usò impropriamente verso il primo, il secondo, il terzo suo simile che incontrò in corridoio.

Poi, senza soddisfazione e sentendo crescere a dismisura l'esasperazione, imboccò la rampa delle scale per il cortile e corse, con l'impressione di non aver fatto altro per tutta la giornata.

 

***

 

Tic... tac...

 

Drusilla si portò il polso alla bocca, lacerando con precisione. E si protese su di lui, per un ultimo bacio.

 

Tic...”

 

Tac!” - ringhiò una voce alterata, afferrandola per le spalle e scagliandola lontano. La vampira rotolò fino alla base di un muro, la bambola rimase nella polvere, dove un anfibio le sbriciolò la testa con un colpo secco.

Edward sentì una mano premere sulla sua gola. Aprì gli occhi, a malapena, ritrovandosi a fissare un viso, tanto vicino da sorprenderlo.

 

Non ti sento respirare. Non sento il tuo respiro.” - sussurrò, chiudendo gli occhi.

Sei perspicace.” - fu la risposta, decisa. Decisa come la mano che gli chiudeva la ferita sulla gola - “E' il primo dei grandi cambiamenti nel nostro rapporto. Abituati.”

 

Edward poteva anche sentirsi morire, ma voltò la testa. E Spike fece qualcosa di inaspettato. E splendido.

Gli strizzò un occhio.

 

Resta vivo.” - sussurrò, spudorato - “Torno subito.”

 

Poi scomparve, come se non gli fosse mai stato a fianco. Ed Edward pensò che valeva la pena soffrire per concedersi una risata di pura gioia.

 

Resto qui. Non mi muovo. Ma muoio.

E anche questo è un grande cambiamento nel nostro rapporto.

Aspettami... torno subito anch'io.

 

***

 

No, ferma.” - Angel era passato attraverso la polvere di due sgherri, arrivando tempisticamente su Drusilla mentre si rialzava. E, tenendola per la gola, l'aveva obbligata a restare in piedi, contro al muro. Il suono della sua mandibola che si incrinava gli piacque e lo nauseò allo stesso tempo - “Quale parte delle mie richieste non ti è ancora chiara?”

Quella in cui si specifica che lui è mio. E di nessun altro.” - comunicò Spike, arrivando a insinuare la propria mano sotto quella di Angel - “Flagello, stai sanguinando, lasciala a me.”

Per un pelo Angel non la lasciò andare più per la sorpresa che per la richiesta.

 

E quello Spike da dove era saltato fuori? Non era troppo simile allo Spike di sempre per essere figlio di quella giornata?

 

Dopo parliamo.” - disse Spike, rifilandogli un'occhiata obliqua. E c'era tutto il loro mondo dentro - “Adesso discuto con lei e tu fai il lavoro sporco.”

 

Sono qui.

Sono con te.

 

Sono qui per mio fratello.

 

Una frazione di secondo prima

 

Drusilla volo' oltre alcuni bidoni, sbattendo con suono secco contro la parete. E, nell'attimo in cui angel le fu addosso, spike si volto', con l'impressione di muoversi con lentezza agghiacciante.

Edward giaceva a terra, riverso, i capelli biondi macchiati da un'assurda quantita' di sangue rosso e stranamente lucido. Con un singhiozzo mal represso, spike ebbe l'impressione di rivedere se stesso, la stessa vita ormai svanita dagli occhi, la stessa espressione di perplessa curiosita' per la propria morte.

Debole, ai piedi di Drusilla e in attesa.

 

William aveva atteso Angel. E ora... ora si chinava su Edward.

 

Lo raccolse maldestramente tra le braccia, resistendo al desiderio di posargli al testa sul petto. Nell'averlo tra le braccia, per la prima volta da molto tempo, sentì di avere freddo, battere i denti e si domando' se potesse essere tutta un'impressione.

Aveva poco tempo, si rese conto, percependo il suo respiro troppo lieve, il battito lento e inesorabile del cuore. Avvicino' il viso, cercando l'odore speziato del sangue di Dru. C'erano alcune gocce, a terra, persino sulla camicia di edward, ma non sulle sue labbra. Quello in cui giaceva, che lo impregnava, era suo, fino all'ultima cellula.

 

Suo. Loro.

 

Strinse gli occhi, lo strinse piu' forte, per il sollievo. Provo' un fuggevole attimo di pace, seduto a terra, un singolo istante, riadagiandolo. Doveva occuparsi di Drusilla, doveva aiutare angel con gli altri vampiri... doveva.

Ma, in quell'istante Edward aveva aperto gli occhi. E Spike, per allontanarsi, aveva avuto bisogno tutta la forza di volonta' di cui era capace.

 

Lavoro sporco?” - domandò Angel, staccandosi dalla gola della vampira e dalle mani del sua personale spina nel fianco - “Quale?”

 

Edward era ancora a terra. E l'odore del suo sangue impregnava l'aria rendendola miele. Era debole, ma aveva un motivo per vivere, ora.

E tutto sarebbe andato meglio. Meglio, perchè forse non si poteva tornare indietro ma, a quanto sembrava si poteva andare avanti.

Fino al cielo.

 

Angel mutò il voltò, fissò i primi irresponsabili che si avvicinavano per avere la sua testa.

Io non vedo lavori sporchi.” - sibilò, allegramente - “ma solo tanta sana attività fisica...”

 

***

 

Ok, ora!” - ordinò Methos, mentre il bianco invadeva anche l'ultimo spazio ceruleo rimasto.

 

E Wes spaccò il cristallo, con decisione.

 

Fatto. Reciso il collegamento, pensò, vedendo i cocci mutare colore da rosso a trasparente. Fuori Drusilla dalla testa di Doyle.

 

Poi cadde il silenzio.

 

Seguito da un'imprecazione oscena che li fece voltare tutti.

Non sono stata io.” - replicò Faith, precipitosamente. Seduta quasi sui suoi piedi, tenendosi la testa tra le mani, cordelia stava lanciandosi in una sfilza di parolacce e urla senza limiti.

Di rabbia, in particolar modo.

Wes, cacchio!” - sbraitò, senza controllarsi - “Ma hai idea di quanto faccia male?”

Lui no, ma io si.” - bofonchiò Doyle, tenendosi la fronte. Aveva di nuovo gli occhi azzurri e la voce roca da fumatore. Methos fu così contento di sentirlo bobottare in quel suo improponibile acccento irlandese da non resistere a rifilargli un sonoro bacio sulla fronte stritolandogli il collo con un braccio.

idiota, irresponsabile, gallina senza cervello...” - bofonchiò, senza smettere di stringerlo e pungerlo con la barba - “... che non sei altro.”

Poi uno scappellotto, senza pietà. E l'ultimo grande e lapidario insulto.

Tale e quale tua madre.”

Grazie.” - sospirò il demone, finendo di strofinarsi gli occhi e alzando la testa - “stai bene principessa?”

cordelia, seduta per terra, annuì. Era andato tutto come aveva detto Wes: aveva sentito il contraccolpo su Doyle come uno schiaffo, come se qualcuno le colpisse le meningi con una mazza.

E, per essere solo un contraccolpo, le era sembrato terrificante, tanto da non osar guardare Doyle.

 

Poi aveva sentito la sua voce. E si era sentita bene, bene come non mai.

 

A meraviglia.” - rispose, dunque, con naturalezza - “Non appena riuscirò ad alzarmi preparerò del the per tutti. Wes?”

Sembrava surreale ma era un sollievo senza limiti poter parlare con quell'incuranza, seduti nel proprio salotto, dopo un rituale magico che doveva mantenere le loro anime ancorate al corpo e i loro cervelli in sede e ben funzionanti.

 

Ma, pensandoci bene, era la loro routine.

La comune routine di una lunga giornata di lavoro.

 

Tutto a posto.” - mormorò l'osservatore chiudendo il libro e posandolo in cima agli altri - “non ti preoccupare del the, lo faccio io.”

Ma siete impazziti?” - Faith aveva l'impressione di essere caduta dentro una sitcom molto rosa e molto zuccherosa - “il the? Come stai? Ma restate seri, per favore!”

Spalancò le braccia, sbalordita.

Gente, siamo in emergenza, Doyle non è diventato scemo per miracolo, Wes si è appena abbandonato ad un quarto d'ora di magia nera e voi parlate di the? Ma io a momenti non ho nemmeno capito cosa sia successo!”

esitò. Poi aprì la bocca e urlò ancora.

E Spike? Non pensiamo di aiutarlo?”

Ha ragione.” - sussurrò Doyle, guardando l'immortale - “Dobbiamo andare.”

No, non dobbiamo.” - replicò Methos, con calma - “siamo in ritardo. E saremmo di troppo.”

Sorrise, triste.

Non si va in comitiva all'appuntamento con il destino.” - aggiunse, spostandosi e permettendo a cordelia di prendere il suo posto e deliziare Doyle con un vero, sincero, genuino bacio. Soprattutto perchè non dubitava che sarebbe stato coronato con uno scappellotto punitivo - “Torneranno.”

Torneranno, Methos? Sai anche chi?” - lo provocò Faith, fronteggiandolo.

 

Adesso lo sai? Sai davvero chi varcherà la porta di casa?

 

Ed egli, di tutta risposta, la spinse gentilmente indietro, su una poltrona.

No. Non lo so. Spero, come te. E non intendo fare altro, in questa storia.” - rispose, deciso. Non posso fare altro, se non sperare che si arrivato in tempo - “Abbiamo dato un taglio alle ingerenze di Drusilla nella nostra vita, potevampo e ci siamo riusciti. Per il resto, non abbiamo di che preoccuparci. Spike renderà definitivo il nostro operato, senza ombra di dubbio.”

 

Le posò una mano sulla guancia, fissandola dritta negli occhi.

 

So cosa provi. Ma tu sai come si vive in questo nostro mondo.”

 

La cacciatrice levò gli occhi verso i suoi. E non le servì una risposta, perchè Methos comprendesse.

 

Si, Faith sapeva. E capiva. Ed anche se la sua grande dote era cambiare ciò che non poteva accettare, rimase comuqnue immbile, al suo posto.

 

Faith aveva paura, paura per chi amava. E Methos, come ogni presente nella stanza, condivideva quell'emozione e quel peso. Sapeva aver paura, sapeva essere terrorizzato dall'ignoto. Ma sapeva anche come resistere. E non cedere mai senza combattere.

 

Non possiamo fare altro, Faithy.” - concluse, con un'alzata di spalle - “E non sciupare al mia sutura, resta ferma. Il the, Price? Cominciamo dal raccogliere le foglie?”

 

***

 

Credevo di averti detto che, se gli avessi torto anche un solo capello...” - la mano si fece più stretta, Drusilla gemette di piacere - “Io ti avrei ammazzato.”

Dru lo fissò, gli occhi in una risata. Poi qualcosa in lei si distorse, facendole sbarrare lo sguardo. E un lieve rivolo di sangue scivolò sulle dita di Spike.

Bene.” - disse lui, accentuando il sorriso storto - “Vedo che a casa hanno fatto un buon lavoro...”

 

A casa è tutto sotto controllo.

 

Non potete averlo...”

Oh, si, piccola mia. Il nostro Cantastorie è un fuoriclasse, non si limita ad ascoltare quattro costellazioni di seconda categoria. Il tuo giochetto delle visioni è finito. Ora...” - altra stretta, sempre più vicino - “Parliamo di cose più importanti.”

Dividilo con me.” - implorò lei. Pronta, capricciosa, deliziosamente infantile - “Staremo insieme, per sempre. Tu e lui, con me...”

Ci sono già passato Drusilla, tu non sei divisibile tra due uomini. Scordatelo. E poi, a dirla tutta...” - con le labbra avrebbe potuto incendiarla, con gli occhi lo stava già facendo - “... penso di non avere più interessi nei tuoi confronti.”

Allargò le dita, arretrando di un passo.

 

È un addio, questo.

 

Vattene. Vattene ora. E non azzardarti nemmeno a pensare di poter far del male a mio fratello.”

 

Non l'ho morso, amore mio. Non l'ho morso per farti un piacere ma lui berrà, berrà il mio sangue.” - si portò le mani al petto, estatica - ”Il tuo marchio, il mio sangue, sarà nostro, nostro in eterno.”

 

No, Dru. Il suo sangue, il mio sangue. Il mio marchio...” - esitò, prima di accettare di dirlo - “la sua luce.”

 

La sua luce.

 

Fu in quell'attimo che Spike si rese conto di non desiderare altro che voltarle le spalle e andare da Edward, per chinarsi su di lui, per parlargli, chiamarlo per nome.

Edward. Edward era tornato. E non era servito a nulla cercare di sfuggire, negare, soffrire. Edward, ora. E per sempre.

 

Per sempre.

 

La mia luce, Dru.” - sorrise, libero, di nuovo giovane, di nuovo umano come non si era mai più sentito - “L'ho ritrovata, non la lascerò più fuggire.”

 

Non ci saresti mai stata, avessi avuto Edward al mio fianco. Avrei avuto una vita breve, fragile e forse ugualmente ricca. Ma non la rimpiango, non la rimpiango più.

 

Forse è vero. Forse ho un destino da compiere.

Ma ciò che so, oggi, è che mio fratello è tornato. E del resto non mi importa.

 

Forse non sono più chi ero. Non lo sarò mai più, tranne che per una piccola e trascurabile porzione di cuore. Ma, dentro quel frammento, porto sempre te, ho sempre portato te. Ora, allora, sempre. Sei il mio pulito, Edward, sei tutto ciò che inseguo, ancora e ancora.

 

Non ti lascerò andar via, mai più. Te lo giuro.

 

Addio, Dru. Non abbiamo più nulla da dirci.”

 

Drusilla si strinse le mani e il segno della sconfitta le attraversò i lineamenti.

 

Si. Questo è il nostro addio. Mi hai dimenticata.

 

Non mi volterai ancora le spalle.” - rantolò, afferrandolo con la braccia e stringendolo in una morsa. Gli occhi divennero cangianti, i lineamenti mutarono - “Non ti lascerò andare via... non tornerai da lui.. da lei... io ti ho condotto fino a qui, io...”

 

Ed io posso distruggerti, assieme al tuo destino, uccisore delle cacciatrici, amore mio.

 

Lo morse, decisa, con una tale violenza che Spike non riuscì a reprimere un urlo. Provò a divincolarsi ma la presa sulle braccia sottili di lei gli divenne impossibile da spezzare, mentre la vista, rapidamente, si riempiva di macchie.

Ancora i tuoi trucchetti....” - sospirò, scandendo malamente le parole. Le tempie sembravano sul punto di scoppiargli, la vista gli si appannava. Era Drusilla, con il suo profumo e le sue doti, con la rabbia incontrollabile per non essere più parte di quella famiglia che adorava.

 

Drusilla, strega incantatrice, regina nera come morgana.

 

Era vorace nell'affondare i denti, una tigre decisa a dilaniare la preda. Spike sentì la mano premere dietro la sua testa e discendere ancora, affondando le unghie nella carne, sul busto.

Lo stava dissanguando, gli impediva di muoversi, indebolendolo.

E chiuse gli occhi, frastornato. Le lotte, il sangue perduto in quelle ore, la tensione... si maledisse per la propria incoscienza. L'aveva sottovalutata, era stato certo di spezzarla e...

 

E non riusciva a salvarsi da solo.

Avrebbe perso. Perso, ad un passo dall'avere tutto.

Angel.” - sussurrò, come una preghiera.

 

Aiutami.

 

Ed Angel si voltò, seguendo la sua voce, nitida nella mente. Quando li vide, sentì la rabbia evaporare per divenire furia. Drusilla stringeva Spike per la vita, per il torace, il viso affondato nell'incavo del collo.

Come secoli prima, in un vicolo londinese, la testa bionda di Spike si stava inarcando indietro, indifesa.

 

L'abbraccio di morte della loro stirpe, senza pietà e senza rimorso.

 

E Drusilla ne rubava l'anima e la volontà di vivere.

 

Perchè, se non poteva riaverlo con sé...

 

No, no, no.” - sussultò Angel, scattando.

 

Non ora. Non ora che sono così vicini uno all'altro.

La mano di Drusilla stava risalendo, stringendogli il collo, pronta a spezzarlo. Angel tese le mani, alzò la balestra cercando di mirare. Ma la vampira, intuendolo, si piegò sulla propria preda, frapponendola.

 

Poteva colpirla solo attraverso william.

E sapevano entrambi che non lo avrebbe fatto.

 

Quello che non sapevano era come una spada, ruotando, potesse arrivare a segno ben prima di Angel.

Il metallo fischiò e mutò in un suono pieno e denso conficcandosi nel fianco scoperto. Con la coda dell'occhio, Angel vide Edward rialzarsi, barcollando, un ginocchio a terra, la mano nella polvere.

 

Un lancio preciso, letale e pieno di odio. Di vendetta.

Così volevi che fosse, Coventry. E,come sempre, non siamo statio in grado di fermarti.

 

L'abbraccio tra Spike e Drusilla si lacerò con inaudita violenza. Drusilla sbattè nuovamente al muro, scivolando a terra, mentre Angel, per un soffio, mantenne in piedi Spike e, con la stessa rapidità, lo pose alle proprie spalle.

 

***

 

Spike aveva sentito il proprio sangue defluire senza potersi difendere. E poi uno strappo violento, che lo aveva fatto soffrire.

Drusilla aveva mugolato, i denti ancora nella sua pelle, prima di svanire da contro il suo corpo. La mente gli si era snebbiata, come attraversata da un fiume d'acqua gelida.

 

Si era sentito barcollare, afferrare per le braccia. Odore di una giacca di pelle ben tenuta, di sangue demoniaco e furia.

 

Angel, Angel lo aveva salvato, come sempre.

 

Ma le mani erano cambiate, in maniera inaspettata.

 

Il vampiro bruno lo aveva lasciato andare, rassicurandolo con un'occhiata infinitesimale, scivolando tra lui e Dru. E altre due braccia lo aveva preso, senza riuscire a sorreggerlo, senza riuscire ad arginare la caduta scomposta a terra.

Fermo.” - sussurrò Edward, assestandoselo contro al torace e risalendo con le mani verso il suo collo. Lo teneva con entrambe le braccia, la schiena di Spike contro al suo petto, con l'intenzione di non lasciarlo mai più andare - “Sei con me, non ti succederà nulla...”

Non toccare la ferita.” - replicò Spike, afferrandogli le mani. Le mani di Edward, le dita da pianista perennemente calde.... sentì gli occhi divenire roventi e li chiuse - “Per te è veleno, non lo toccare... Edward...”

 

Il tuo... nome...

 

Le mani cedettero alla sua pressione, tornando verso il torace. E Spike, senza lasciarle, protese la mano libera indietro, tra i capelli, lungo il suo collo, il suo viso.

 

Edward.” - ripetè, soltanto - “Edward.”

 

Non cercava nulla, non voleva nulla, solo sfiorarlo, sfiorarlo e ricordare.

 

Ma nemmeno i ricordi avevano più importanza.

Perchè Edward era con lui, nel tempo presente.

E il passato, ormai, era cenere.

 

***

 

Drusilla fissò Angel, il sangue di Spike sulla bocca, sulle ciglia. Con le mani stringeva la spada, ancora conficcata nel suo corpo ed Angel, senza attendere richiesta, puntò un piede sul suo petto e sfilò la lama.

Drusilla gorgogliò, accasciandosi di fianco, ai suoi piedi.

 

Non sai uccidermi nemmeno ora...” - rantolò, lo sguardo rivolti alla polvere - “Continui a non volere, Angelo mio. Per quanto faccia...”

Alzò la testa. E gli occhi apparvero nel loro splendore originario, di indaco e viole, dipinti di consapevolezza.

Per quanto io possa, tu non puoi uccidermi.” - aggiunse, lucida. Lucida, perfetta e orribilmente spezzata nell'animo - “Angel, devi lasciarmi andare.”

 

Angel, la spada stretta in pugno, non si mosse.

 

Quegli occhi feriti, quella bocca rossa di sangue e disperazione gli aprirono come un varco al centro del petto. E dentro, Angel, ebbe l'impressione di sentirsi riversare le urla disperate di ogni sua vittima.

 

Lasciami andare.

Lasciatemi andare.

Vi imploro...

ti prego.

 

Drusilla, a terra, implorava per la propria fine. Ed era di nuovo la ragazza atterrita e innocente che Angelus aveva cercato, rannicchiata nell'angolo della cappella, al convento.

 

Non si può tornare indietro.. e non si può dimenticare.

 

Il destino di william sta per compiersi.” - aggiunse Drusilla, alzando la testa. Il suo corpo era scivolato a terra, il suo viso pallido era quasi nella polvere - “Non potrai salvarlo un'altra volta, Angelo mio. Uccidimi. Uccidimi, perchè nel futuro che si sta per scrivere non esiste un posto per me.”

Dru...” - strinse più forte la spada, sentendola scivolare. Non disarmato, non disarmato innanzi a quell'orrore - “dimmi cosa vedi... amore...”

 

Amore mio, bambina mia, mia luce nera...

 

Anime e sangue vi hanno condotto fin qui.” - rispose, docile alla sua preghiera - “Ora non vi resta che combattere il destino, un'ultima volta.”

Non è abbastanza. Devi dirmi altro.”- deglutì, piegandosi sui talloni - “Devi dirmi altro, se vuoi che io lo salvi.”

 

Tu lo vuoi, quanto lo voglio io.

Ti prego, Drusilla... aiutami a proteggere william.

 

La mano della vampira gli strinse il maglione, afferrandosi ai punti lacerati dalle frecce. Erano rimasti soli, ogni vampiro che l'avesse appoggiata era ormai polvere nella polvere, sui loro vestiti, sotto i loro corpi.

 

Non c'era nulla, non c'era battaglia.

Solo un silenzio innaturale su una città sempre viva in cui l'oscurità sembrava non esistere.

Solo silenzio. E oscurità, l'ultima rimasta.

 

Tennero fino alla fine... Nessuno li seppe piegare...” - mugolò Drusilla, come una litania, raddrizzandosi lentamente, fino a fronteggiarlo, in ginocchio. Gli occhi viola erano pieni di stelle, le labbra, morbide, erano sulle sue - “Non dimenticare...”

 

Perirono i loro corpi,

Ma le anime loro saranno immortali

Fra le ombre saran condottieri,

Fra i morti saran eroi

 

Poi lo lasciò andare, senza smettere di cercare il suo sguardo.

Addio, Angelo mio.” - sussurrò, posandogli ancora un bacio sulle labbra - “Addio per sempre.”

 

Tutto riconduce a te, amor mio.

La mia follia, il mio dolore, la mia tenebra, la sua morte.

Tu ed io lo abbiamo donato alla leggenda.

 

Persino la sua dannazione è stata necessaria, per portarlo fino a te, ancora, e di nuovo alla sua anima, alla sua vita, alla sua luce.

Oggi tutto si compie e tutto inizia, nel riunirsi del sangue.

 

E che egli sarà l'eroe che deve essere, fino alla fine.

 

Addio.” - soffiò ancora, con una lacrime nella scia del sangue sparso. Una lacrima su un mare di sangue.

Andrai lontano, vero?” - non posso... non posso nemmeno ora...

Si, Angel, te lo prometto... andrò lontano.” - e non tornerò mai più.

Va bene.” - rispose, stanco, le labbra a cercare ancora le labbra. E si alzò, con lentezza, tardando il più possibile, prima di voltarle le spalle.

 

Per non dimenticarla, per non dimenticarla mai più.

 

LA, la citta' degli angeli, 2004

 

Drusilla accennò un passo di danza intorno al montante dell’altalena, con aria sognante. Poi scivolò a terra, macchiandosi di polvere, con una risata incontrollabile.

Piegò le ginocchia, mutò il volto continuando a ridere. E tacque, ansimando, fissando il cielo.

Sapevo che saresti venuto.” – sussurrò, voltando la testa verso di lui – “Sei come la notte che avanza… il buio che inghiotte…”

 

O forse sono solo un pazzo come te, pensò Angel, arrivando all’altalena e sedendosi. Strinse le catene tra le dita e allungò le gambe, pensosamente.

 

Amore mio…”

Smettila Dru.” – rispose, ignorando il suo profumo e i suoi occhi viola ancora pieni di luce – “Non serve a nulla tutto questo tuo malcelato affetto. Non lo voglio.”

Eppure ne hai bisogno…” – si era seduta, allungando le braccia sopra la testa lasciando che i capelli ricadessero a lunghe onde sulle spalle – “Lo sento…”

inaspettatamente Angel ridacchiò, piegando la testa.

Io invece sento solo che siamo una coppia di stupidi.” – ribattè, dondolando appena, sui talloni – “E senza suggerimenti astrali…”

Drusilla inclinò la testa, sorridendo. Sembrando incredibilmente dolce. E umana.

Angelo mio.. che guaio la solitudine…”

 

Spike era sparito da oltre un mese. Come amava ripetere Wes, con l’aria di chi ha capito che lo schema universale è una presa per i fondelli, “Guadagnato un osservatore e perso un vampiro”.

Frase ormai molto diffusa, in varie intonazioni sarcastiche, tra le quattro mura di casa.

Eppure per quante fossero le battute, nulla smorzava il malumore imperante. E, soprattutto, l’ostinata politica di non collaborazione che si era istituita tra i vari piani dell’Hiperyon e che spadroneggiava sotto una quotidianità decisamente apparente.

E, tra i vari segreti, il peggiore era quello di Angel.

Angel, che si dava appuntamento con Drusilla, alle spalle di tutta la famiglia che la sua anima si era scelta, assecondando una certa inquietudine senza nome.

Qualcosa che, in barba alle riflessioni e alle giornate insonni, continuava a non intuire.

 

Drusilla spense la risata in un ultimo sorriso, inclinando nuovamente la testa, cominciando a canticchiare, lisciando l’orlo di pizzo della camicetta.

Quanto vorrei mi spazzolassi i capelli.” – sussurrò, a sguardo chino – “Come tanto tempo fa…”

Non torneremo a vecchie abitudini, Dru.” – la interruppe, accendendosi una sigaretta. Si, fumava pure da quando non riusciva a dormire – “Se vengo qui, di tanto in tanto, è perché voglio informazioni. Informazioni vere, di qualunque genere siano.”

Ma tu sai già l’unica verità.” – rispose, trasognata – “lui ama lei, lei ama lui… hanno scritto bellissimi libri su storie del genere.”

L’aveva detto con un tono perfettamente presente, quasi sarcastico, mutando, a metà della frase. Ed Angel la guardò bene in viso, mentre si alzava, lisciando il semplice completo, la lunga gonna blu notte. Una bella donna, pallida ed elegante, misteriosa.

Nulla di più. E non di certo la veggente che l’aveva accompagnato negli anni ruggenti del massacro. Come le accadeva talvolta, per motivi inspiegabili, tornava lucida. Ed appariva troppo forte. Irritante, a detta di Darla.

Ti serve sapere altro?” – insistette la vampira, fermandoglisi di fronte, a braccia conserte. Obbligandolo ad alzare la testa per guardarla. E perdendosi nel mare scuro degli occhi del Flagello.

Mi serve sapere da cosa Spike stia fuggendo.” – replicò, con calma.

Chedilo al tuo cuore…”

Il mio cuore mi ha già detto, Dru. Ma ciò che mi sfugge è cosa il cervello di Spike abbia detto a Spike. Non quello che il cuore ha comandato.” – Angel si interruppe, fissando un punto imprecisato oltre le spalle – “Tu sei la causa scatenante di tutto questo. Ma il mio istinto non fa che ripetermi che non sei tu il problema, non il principale. Qualunque cosa sia.. l’hai portata tu. E ora mi dirai di cosa si tratta.”

 

L'aveva sempre ascoltata. L'aveva sempre amata. Anche nell'odiarla.

Perchè era la stata la sua bambina, ben prima di faith.

Ed il peggiore dei suoi peccati.

Ma era stata sua, in tutto, come poche altre nella sua vita. E mai nulla, mai nulla aveva eguagliato l'intimo segreto di amarla, sempre e comunque.

 

E, nel bene e nel male, lasciandola rannicchiata a terra, nella polvere, quella notte, sapeva e sentiva che non l'avrebbe mai più rivista.

 

"Angelo mio... che guaio la solitudine..."

 

***

 

Andiamo.” - disse soltanto, fermandosi. E i ragazzi Coventry alzarono la testa verso di lui.

Avevano lo stesso sorriso e si somigliavano così tanto che Angel provò una fitta al cuore.

Vi siete ritrovati. E vi appartenete, da tutta un'eternità

E quell'eternità, in voi, nei vostri occhi, alberga da sempre.

Siete dei rottami.” - commentò, forzatamente, per smorzare l'angoscia – "Vi vedeste...”

Tu invece dovrai rifarti il guardaroba.” - ribattè william, fissandolo. Aveva gli occhi brillanti e sembrava intenzionato a non muoversi dal cerchio delle braccia di suo fratello - “problemi di tarme? Quella maglia è tutta un buco...”

Qualcosa del genere.” - sospirò, tendendogli la mano - “Andiamo a casa? Prima che piombino tutti qui... e che methos veda la sua vetrata...”

Ottima idea."

 

E fu quando sentì le dita tra le sue, quando vide Edward piegare il ginocchio per alzarsi, che Spike urlò.

 

Urlò, tirandolo a sé.

 

E, in un secondo che Angel non avrebbe mai avuto la certezza di ricordare, tutto accadde.

E Drusilla fu polvere.

 

***

 

Quando il primo lampo di luce gli attraversò gli occhi, Doyle non disse nulla. Semplicemente chiuse le palpebre e, sdraiato su quel divano che stentava ad abbandonare, finse di dormire.

 

C'era stato Edward, in quel flash, per un rapido istante.

Edward sorrideva, seduto a terra, stringendo a sé william.

 

E william... william non era il ragazzo magro e indefinito intravvisto in qualche sogno distratto e premonitore, bensì il vampiro di oggi, nel pieno della sua eleganza.

Sangue, occhi brillanti e sorriso.

 

Spike.

 

Spike e Edward, insieme come fratelli. Per sempre.

 

L'immagine gli piacque, lo intenerì. Ed Angel, poco dopo, gli percorse la spina dorsale come una nota malinconica. Angel, il fratello del buio e Spike tra le braccia della luce.

Avrebbe voluto rassicurarlo.

Ma non poteva.

Era una visione, null'altro. E Doyle non era certo che fosse già realtà, soprattutto dopo un giorno intero passato a subire i giochetti di Drusilla.

Non era reso conto di essere stato manipolato, fino a che non era divenuto troppo tardi per rimediare. Quando aveva compreso, quando l'aveva intuito, in un atttimo di empatia con cordelia, le forze che avrebbe dovuto impiegare per salvarsi erano ormai finire.

E Doyle, semplicemente, si era sentito svanire, sommerso dal futuro inarrestabile che sfilava nella sua testa.

E il 'troppo' era giunto tutto assieme ai suoi occhi. Troppo.

Ma ora, a equilibrio ristabilito, con una gratitudine infinita per Wes e per il suo intuito, Doyle sapeva di poter tornare a subire le proprie personali proiezioni solo con i canonici dolori e pericoli di sempre.

E così, con i ragazzi Coventry negli occhi, si limitò a sospirare più a fondo e attendere, per capire quanto quei fotogrammi potessero svelare un futuro insidioso o sereno.

 

E, mentre Angel sorrideva, afferrando la mano di Spike per aiutarlo a rialzarsi, Doyle vide. E comprese, con il gelo nell'anima.

C'era Drusilla, alle spalle di Angel. E Drusilla alzava alto sopra il capo un paletto.

Nulla tra lei e il cuore di Angel. Nulla, se non i leoni Coventry.

Doyle sussultò, aggrappandosi al bracciolo del divano si cui si trovava. E strinse.

 

La mano di Spike fece altrettanto, tra le dita di Angel, tirando, con decisione. Edward, scattando da terra improvvisamente in piedi, passandogli a fianco con una spinta, rubandogli la spada e ponendolo fuori dalla traiettoria ma, soprattutto, aprendo la via a suo fratello.

 

E fu Spike a chiudere il cerchio, così come forse era sempre stato scritto.

 

Fu Spike ad afferrarle i polsi.

Fu Spike a stritolare le mani, a deviare fino a spezzare le ossa che stringeva.

 

Fu Spike ad affondare il legno nel suo cuore, strappandole un sorriso enigmatico.

 

E fu sulle ciglia e tra le sue labbra che la cenere di Drusilla trovò infine l'ultima dimora tanto desiderata.

 

Avresti dovuto ascoltarmi.” - sussurrò il vampiro, Doyle lo sentì distintamente. Ed era stanco, lontano - “Nessuno tocca i miei fratelli senza il mio permesso.”

 

Nessuno.

Poi l'immagine scomparve, inghiottita dal buio senza stelle.

 

[XI]

 

In principio... in principio fu Cecily.”

Ma davvero....” - gli rispose una voce stranamente divertita. E Spike, senza nemmeno aprire gli occhi, annuì convinto.

Ebbene sì. In principio fu lei. Forse non la più bella che abbia conosciuto… per molti aspetti… ma era amore. E scaldava, era intenso. La più bella sbornia della mia vita, con un risveglio dei peggiori.”

Ah. Capisco… succede con il primo amore.” - Edward puntellò meglio la tempia alla mano. E sorrise, guardando il profilo di Spike.

 

Non era poi cambiato così tanto, a guardarlo bene. Le variazioni non nascevano dalla demonicità, soprattutto ora, a riposo, bensì da una masconilità che, probabilmente, aveva acquisito negli ultimi anni da vivo.

Edward, in quelle ore, si era reso conto di pensare a lui come al ragazzino che aveva lasciato, non all'uomo che, anni dopo la sua scomparsa, aveva scelto la dannazione come soluzione di vita. E, per quanto questa consapevolezza gli provocasse un dolore tangibile, la accetttava con curiosità e fascinazione.

 

William, senza di lui, era divenuto unico. E, al di là di etica, regole e giustizia, bellissimo. In tutti i sensi.

Era divenuto l'eroe dei romanzi, l'aristocratico e languido predatore che la società ottocentesca aveva disperatamente ricercato nel buio delle strade sovraffolate.

 

William era stato figlio del suo tempo. E mito, fino in fondo. Edward, che aveva saputo attraversare le epoche portando con sé la memoria e le regole di educazione della sua infanzia, non poteva non restarne sbalordito. E perdutamente, perdutamente, innamorato.

 

William, il suo personale eroe.

 

No, i cambiamenti non erano nei lineamenti, nelle ciglia lunghe o nella bocca ben disegnata. Era l'espressione, l'esasperante accostamento dei colori, dei capelli e della pelle alabastro, a renderlo diverso.

Ma Edward, anche sotto la maestria da cesellatore del tempo, vedeva ancora William. Sempre e solo William. E questo, dopotutto, era sempre stato perfetto.

 

"Cecily..."

Basta che non ricominci a parlare di Drusilla…” - replicò, gentilmente. Non aveva fatto altro, dopotutto. Da quando era crollato, sui piedi suoi e di Angel, per decidere di non svegliarsi nonostante ripetuti richiami, aveva sempre delirato.

E parlato.

Con tutti. E di tutti.

 

Nel cuore della notte

 

Dru era la mia stella. Il mio faro. Dovevo allontanarmi di lei, talvolta, tale era il potere che aveva su di me. Da lei mi lasciavo dominare…”

Lo so.” - sospirò Cordelia, tirandosi indietro i capelli. Ed Edward, in silenzio, appoggiato allo stipite della porta, si era voltato verso di lei.

come?”

la ragazza gli aveva sorriso, conciliante. Era stanca, aveva profonde occhiaie e, da quanto aveva intuito Edward dalle parole di Wes, erano successe tante cose all'hiperyon in quella giornata pressochè infinita. E non tutte molto positive.

Non aveva prestato attenzione, tuttavia. C'era William, ancora incosciente, mezzo dissanguato e, a quanto si poteva intuire dall'analogo tremito alle mani di Angel, stravolto dall'omicidio appena compiuto. Solo dopo, cominciando a calmarsi e razionalizzare, Edward si era reso conto della confusione già esistente quando erano arrivati, delle conversazioni ininterrotte e, infine, di Cordelia, con lui nella stanza.

Stanno parlando di me.” - aveva detto, sedendosi e contemplando Spike - “resto qui con voi, se non ti dispiace...”

E così era stato. Cordelia sedeva ancora sull’ampia poltrona di pelle, le gambe allungate e la testa appoggiata ad un cuscino di velluto.

Lo so.” – ripetè la ragazza, abbandonando lo sguardo pensieroso e fissandolo – “Io mi ricordo di loro, di lui e Drusilla. Una sera, al Bronze.”

Edward aggrottò le sopracciglia. Bronze? Non ricordava nulla con quel nome. Ma Cordelia non sembrava in vena di spiegazioni, solo di ... parole.

Non so quale, quale sera al bronze. Ce ne erano state tante, così dolci… così, uguali… Una sera.” – riprese a mormorare Cordelia. Quando, dopotutto, era irrilevante – “la stringeva appena, con gli occhi chiusi… e Drusilla, invece, li teneva sbarrati e fissava il mondo circostante. Era così bella… la odiai all’istante…”

Edward sorrise di quell’affermazione. E Cordelia avvampò, vergognandosi profondamente.

Dalle mie parti, odiare una ragazza mai vista.” – commentò, incrociando le braccia e mischiando ironia a dolcezza – “Significa concupirne il cavaliere.”

Solo dalle tue parti.” – tagliò corto Cordelia, cercando di non soffermare la mente sul ricordo – “Vado avanti? Ti interessa?”

Mi interessa. Voglio sapere tutto di lui. Tutto.” - le sorrise, tollerante, lasciando perdere il battibecco. E chiese, dolcemente - “Ti sembravano felici?”

Tanto. Soprattutto lui. Ricordo che lo scartai perché…” – Dannazione, di nuovo nella sua trappola! – “Ricordo che lo scartai perché aveva l’aria terribilmente… completa. Non so se mi spiego…”

 

Come poteva spiegarlo se solo ora lo capiva anche lei? Completo… non l’aveva classificato così, allora.

 

Il ragazzo biondo, così appetibile e così a portata di mano, le aveva provocato soltanto uno strano nervosismo, un brivido a cui reagire con superficialità. Non aveva voluto capire… perchè accettare di riconoscere l’amore vero con tale facilità, avrebbe negato l’importanza delle macchine, dei soldi e di ogni suppellettile in cui la sedicenne che era stata tanto confidava.

 

Solo ora, dopo molta strada imprevista, Cordelia poteva ammetterlo. Amore vero. Amore vero che impregnava quel profilo sconosciuto e quel sopracciglio interrotto.

Gli ha spezzato il cuore.” – sussurrò Edward. E non era una domanda inopportuna, ma una certezza divenuta realtà innazi ai loro occhi.

Perchè Spike aveva ucciso Drusilla. E l'aveva fatto per scelta. Ed ora pagava quel dolore sul suo stesso corpo.

 

Il corpo non dimentica... non dimentica mai...

 

Temo proprio di si.” – sospirò lei, amssaggiandosi un piede. Ma è guarito già una volta… e guarirà ancora - “Andiamo avanti? Vuoi sapere di harmony?”

 

No, in effetti stavo pensando di ripartire da Cecily.” - replicò Spike. E la sua voce suonò diversa, come più... più Spike.

Poi un occhio blu si aprì e squadrò con sufficienza l'altro occupante del letto.

Peccato, adesso che la cosa si stava facendo piccante.” – Edward sentì la bocca non controllarsi, in un sorriso. E resistette al desiderio di abbracciarlo e distruggergli ogni osso non compromesso dalle battaglie delle ultime ore, imponendosi di fingere incuranza – “Non eravamo arrivati finalmente a Buffy?”

A dire il vero…” – Spike ignorò la frecciata, con analoga strategia – “Credo ci sia stata Harmony…”

Harmony? Harmony la compagna di scuola di Cordelia?”

Si, ma... Edward?” - aggrottò la fronte, come se finalmente il suo cervello stesse unendo i puntini.

Si, William?”

Come sai di Buffy?”

 

Edward rise piano. Di tante domande basilari... dopo quasi un secolo di assenza...

 

Bhe, sai...” - sussurrò, con aria furtiva - “Sono qui da oltre dodici ore... tu non dici una parola.. io con qualcuno devo pur chiacchierare...”

Cordelia. Io la ammazzo.”

Su, Will, non fare così. Tutti noi rubacuori abbiamo diritto a un’oca senza cervello. Se tu ti sei scelto Harmony... e lei ti ha tirato scemo...”

Spike borbottò qualcosa di inconsulto. Edward alzò la testa dalla mano e, pur restando sdraiato sul fianco, assunse un'aria saggia e paternalistica.

Lo vedi, aggiungerei, cosa succede ad abbandonare le brune per le bionde?”

Non c’è nulla di profetico in quello che mi ha fatto Harmony. Anzi, ogni tanto sospetto di essere stato io il bad della questione!” - ribattè, immusonito, orgoglio testornico in azione. E si voltò di nuovo, sospettoso - “Edward?”

Si?” - inziava ad avere l'imrpessione che gli piacesse ripetere il suo nome. Non faceva altro, da quando lo aveva salvato da Drusilla.

Se io sono in questo letto da tutte queste ore... come mai tu sei così calmo?”

Ho già dato in escandescenza.”

Ok. E sei riuscito anche a calmarti?”

Sono ormai vecchio e saggio.”

Ah.” - Spike aprì la bocca e la richiuse, stringendo gli occhi. L'occhiata diede a Edward l'impressione di essere appena stato sbucciato, come un'arancia - “Ed Angel ha dato di testa?”

Più di me.” - rispose quell'altro, allegramente e senza pudore. Intanto, se Angel andava in giro a dire che l'aveva battuto a duello...

Capisco. Quindi sei calmo per dire che ti sei comportato meglio di lui.” - concluse. Orgoglio Coventry versus Flagello... vecchia storia.

Beccato.” - ammise, sorridendogli. William lo guardava di sotto in su, come se, da sempre, avessero conversazioni del genere, come se ogni mattina, da un tempo infinito, aprendo gli occhi, William sapesse di poter vedere Edward. E parlargli.

Ma, contrariamente a quanto stava pensando suo fratello, il surreale della situazione iniziava a colpirlo. Spike era sdraiato nel proprio letto, c'era Edward e non ricordava nulla dell'accaduto. A parte Drusilla.

 

Era il dopo Drusilla che non esisteva.

 

Ma c'era Edward. C'era davvero. E stavano lì, sdraiati uno a fianco dell'altro, a parlare di ragazze. Le sue ragazze.

 

Come se niente fosse.

 

"Parla non me, William..." - mormorò Edward, contemplandolo. Ma il fratello non gli rispose, lo guardò soltanto, assorto. Aveva cambiato espressione e gli occhi erano divenuti grigi, come un tempo. Un tempo lontano. In silenzio, come se non fosse presente, se non nella sua mente, come ogni altro giorno.

 

No, Edward. Non farlo. Dimmi che sei qui. Fammelo sentire.

 

"Alza il braccio." - aggiunse, movendosi e insinuandosi, contro il suo corpo, il viso sul suo petto. Edward lo sentì dilatare la cassa toracica, senza respirare. Senza respirare aria, ma solo il profumo della sua pelle.

 

Non fidarti dei tuoi occhi, sanno ingannare, sanno far vedere cose che non esistono. Fidati delle tue mani, fidati dei tuoi sensi.

 

E respirami.

 

Gli venne da piangere, come una fitta, come un dolore incontrollabile. Il rimpianto e la gioia si confusero, mentre lo stringeva e chiudeva gli occhi.

C'era stato un tempo in cui non avevano fatto altro, senza speranza, spasmodicamente, certo che si sarebbero dovuti separare, per sempre.

 

Ed ora, ora il per sempre aveva cambiato il corso.

 

Si, sono qui. Sono qui, William.

 

***

 

"Credo sia sveglio." - disse Angel, chiudendo il libro. E Faith, con la testa sul suo ginocchio, alzò lo sguardo.

"E come lo avresti scoperto, da qui?" - domandò, indicando il divano su cui stavano draiati. Indubbiamente Spike era solo dall'altro del pianerottolo ma non così vicino da vedergli spalancare gli occhi. Soprattutto con uan porta chiusa in mezzo – "Raggi laser?"

"No. Direi di no." - le rispondeva in maniera educata e senza cogliere per niente la presa in giro delle sue parole. A quanto sembrava, anche Angel poteva risentire dell'insonnia – "Ma, da qualche tempo, lo percepisco meglio del solito."

"Si. Tutti empatici qui dentro. L'ho capito. E' l'acqua? Vi state modificando?"

"No, non credo. È che..."

"Angel, ti prego." - sospirò, raddrizzandosi e sedendosi appoggiandosi alla sua spalla – "Ragiona. Ti sto prendendo in giro. Smettila."

"Ok." - posò il libro e spostò il braccio, perchè si mettesse più comoda – "Non vuoi andare?"

"No. La penso come te."

"Ed io come la penserei?"

"E' oltre un secolo che vuole quell'abbraccio. Se lo goda."

"Già." - la cinse, posandole il mento sulla nuca, come ormai era abitudine. E fissando la porta. Al di là di quell'uscio, Spike era con Edward. Ed era abbastanza, almeno per il momento.

"L'anima, quindi?" - domandò Faith, dopo un attimo. Dopotutto, a pensarci bene, l'argomento le interessava - "Il vostro legame si è potenziato?"

"Qualcosa del genere." - Angel non era certo si potesse spiegare con i termini che Wes stava ancora stilando. Ma era approssimativamente la descrizione migliore – "Ho pensato a lungo che si tratttasse del demone, per via dei marchi attivi, dei morsi, ma non è solo questo. Il sangue conta, indubbiamente, potenzia il segnale. Ma il motivo è qualcosa di diverso."

 

E' nel sangue certo.

Ma nell'anima, soprattutto.

 

"L'ho compreso in queste ore. Potevo sentirlo, ogni volta che cedeva al dolore e il demone non lo sorreggeva. Ogni volta che tornava più vicino all'umano che era stato...." - parlava con lentezza, lasciando che i fotogrammi gli scivolassero innazi agli occhi. Spike, il suo dolore, le sue battaglie, le sue parole – "Era come averlo a fianco."

 

Non sono io che non capisco.

Siete voi che non mi conoscete.

 

Forse non mentiva. Nessuno lo consceva realmente. Forse solo Dru, dopotutto. E, irrazionalmente, Angel si domandò se Drusilla sapesse che ad ucciderla infine sarebbe stato Spike, se mai fosse esistita una visione di quell'attimo.

 

Lo volevi forte. Volevi che lo fosse, a tutti i costi...

 

"Andiamo Dru, non puoi volerlo veramente…"

"Perché no… è dolce… è buono… perché no, perché non un fratellino…."

"Se lo vuoi veramente, arrangiati. Perché dovrei farlo…"

"Sarebbe più forte… sarebbe completo. Stupido attaccar una foglia ad uno stelo d'erba.. uniamola ad un forte tronco, diamole il nutrimento…"

"Hai detto giusto. Una foglia deve appassire. Finiscila con queste bambinate."

 

Una foglia. Il vento ti ha portata via... in un granello di polvere.

 

"A cosa pensi, Angel?"

"A nulla in particolare..." - rispose, vago. Aveva sentito la mano di Spike penetrare il petto di Drusilla, mentre diveniva cenere. E non si era voltato.

Aveva solo confusamente intuito, mentre le stelle divenivano intermittenti.

Scomparsa.

Definitivamente scomparsa, con il suo sorriso, con i suoi occhi viola.

 

William l'aveva uccisa per lui, non per Edward. E le sue parole, come una promessa, rimbombavano ancora.

 

Ti avevo avvertita... non devi alzare un dito su mio fratello.

 

L'avevo avvertita. L'avevo avvertita. Lo aveva ripetuto senza sfinirsi mai, in piena incoscienza. L'aveva chiamata, aveva menzionato date, posti, frasi che le sussurrava, ricordi. Non aveva mai taciuto, non era stato del tutto consapevole di chi fossero gli ascoltatori, gli interlocutori.

Probabilmente, dentro alle palpebre, serbava solo Drusilla, Drusilla fino all'ultimo sguardo.

Ed Angel, in tutta coscienza e vigliaccheria, sperava che avesse chiuso gli occhi, senza guardarla nel distruggerla.

 

Ma non si faceva particolari illusioni.

Spike non chiudeva mai gli occhi innanzi a nulla.

 

"Non dirmi cosa stai pensando, dimmi solo come ti senti."

"Stanco." - ammise Angel. E vuoto. Vuoto, al centro del petto – "E, anche se non apprezzerai, sento la mancanza di Drusilla."

Rimase in silenzio, un lungo istante.

"L'assenza." - corresse, poco dopo, lo sguardo sempre fisso alla porta chiusa – "Sento la sua assenza. Come con Darla... passerà, con il tempo tutto si attenua."

Faith non disse nulla. Non disse che non gli credeva. Gli carezzò solo un braccio, il maglione sottile e scuro.

Da quando era tornato, con Edward e con uno Spike esanime tra le braccia, Faith lo aveva visto attraverssare una gamma di emozioni inusuale per lui, dall'esasperazione fino alla calma gelida ad un passo dalla furia.

Angel forse non aveva ferite sul corpo, a qualcosa si era incrinato in lui, durante quella battaglia, durante quel giorno infinito.

 

Spike e Drusilla, su due fronti diversi, in due modi antitetici, gli avevano succhiato le forze e la tenacia, fino a lasciarlo stanco, spossato, senza possibilità alcuna di esprimersi.

E il peso di aver salvato solo uno dei due, sembrava schiacciarlo ancora. E ancora.

 

Al tramonto.

 

"Sono qui." - Faithlo disse cercando di alzarsi e riuscendo solo per forza di volontà. La ferita bruciava, sembrava attraversarla come un fuoco, ma non era nulla in confronto alla certezza che la porta che si sarebbe aperta, all'Hiperyon, forse spinta dalla mano di Angel.

Wes le correva già davanti, senza preoccuparsi di chi lo stesse seguendo. Ed era già quasi alla soglia quando Angel, con una spallata, spalancò uno dei doppi battenti, voltandosi e attraversando l'ingresso, senza degnarli di un'occhiata.

Cordelia, a fianco di Faith, sussultò, fermandosi.

 

C'era Spike tra le braccia di Angel. La testa reclinata indietro, un braccio scivolato, un leggero movimento dovuto alla rapiudità con cui Angel si muoveva. E c'era Edward, a fianco di Angel, con la stessa espressione furiosa, imbrattato di sangue fino ai capelli, gli occhi elettrici e freddi.

Una mano la fece sussultare, obbligandola a spostarsi. Forse tutti loro erano intenzionati a godersi la scena, ma Methos era per una ben differente opzione, correre su dalle scale, alle spalle di entrambi.

 

Si impose di non pensare al resto, senza riuscirci del tutto. Perchè l'attimo in cui Methos le aveva posato una mano sulla spalla, Faith aveva provato una paura mai sperimentata prima.

 

Spike era a casa. E c'era Edward. Ed Angel... Angel lo sosteneva come se fosse una bambola spezzata, con gli occhi vuoti.

 

Una bambola, con gli occhi vuoti.

 

Aveva represso la nausea, il gelo improvviso, aveva cercato di correre dietro tutti gli altri. Ma non vi era riuscita. Si era appoggiata al muro, respirando piano. Spike era a casa, con Angel, con Angel, con Angel. Spike era a acsa, con Edward, Edward e il sangue, c'era luce e buio e Spike era tornato, tornato con loro... il cuore le stava esplodendo nel petto, lo sentiva.

 

E, quando aveva sentito un rumore di passi lento e morbido, si era ritrovata a fianco soltanto Doyle.

Doyle, con gli occhi lucidi e l'aria stanca. Troppo stanca.

 

"Respira piano." - le aveva sussurrato, in uan carezza – "Ora passa."

"E'... io non..."

 

"E' panico, Faith, sta amplificando il tuo istinto di cacciatrice. Non lasciarglielo fare. Respira e non avere paura." - la carezza era proseguita. Impedisci alla paura di schiacciarti o vedrai il futuro... perchè anche la paura può svelare brandelli del destino – "Stanno bene, stanno tutti bene. E Drusilla è morta."

"C- come?"

Ma il demone aveva scosso la testa, enigmatico. Gli occhi di Doyle, nuovamente azzurri, erano in tempesta, pieni di un qulacosa che Faith, approssimativa per natura su tante cose, non sapeva decodificare.

Doyle aveva occhi pieni. Pieni di vita, di una vita che non era limitata alla propria.

 

"Non ci pensare. Volevo solo lo sapessi, di Dru. Avremo tempo per parlare, non aver paura. Respira soltanto, ora. E poi... poi vai da loro."

 

Avremo tempo. Non aver paura.

 

Avrebbe voluto parlargli delle parole di Doyle. Ma ritenne che non fosse il momento. Come Cordelia, che gli aveva nascosto quei doni nascenti per non intromettersi tra i suoi pensieri, Faith non gli disse della profezia risuonata tra le mura dell'hiperyon.

 

Sei pronta, Faith? Sei la prescelta, il tempo ti ha atteso a lungo.

La fine non è lontana, Faith.

E, dopo sarete intrecciati per sempre.

Non temere.

 

"Il sangue si è riunito..." - sospirò Angel, senza pensare, ripetendo le parole di Doyle, della breve e assurda conversazione che avevano avuto all'alba, in un innaturale silenzio – "Ora sarà tutto come deve... come deve..."

"Si. Lo so." - rispose la cacciatrice, senza distogliere lo sguardo da un punto imprecisato della stanza.

 

Si, lo so. Lo sento.

 

Avremo tempo, ripetè a se stessa, per convincersi. Avremo tempo e saremo pronti, di qualsiasi cosa si tratti.

 

Poi, con un sospiro, chiuse gli occhi.

 

***

 

"Ciao." - Doyle sedeva sotto al portico, fumando una sigaretta. Aveva finalmete rinvenuto il giornale, ormai vecchio, in una delle aiuole laddove quel solito dannato ragazzino senza mira doveva averlo spedito senza rimorsi. E cordy, sedendosi al suo fianco e porgendogli una tazza di caffè, lo aprì distrattamente.

"Incendio al porto..." - lesse, nelle pagine di cronaca – "Magazzini distrutti... rumori e schiamazzi... non è tutto opera nostra, vero?"

"Tutto e più ancora." - sospirò Doyle, con aria divertita – "Fino al trafiletto sul 'motociclista volante in una nota zona merci'. Ancora sconosciuta l'identità del centauro. "

"Dimmi che stai scherzando..."

"Assolutamente. Penso che Faith vorrà appenderlo in camera. È lusinghiero.. ed era dai tempi della sua presunta morte che non finiva su un giornale." - bevette un sorso, improvvisamente distratto. La presunta morte. L'esplosione della prigione era stata presumibilmente opera del consiglio... ma perchè eliminarla? Perchè bloccava la stirpe?

 

Oppure...

 

Scacciò via la fastidiosa sensazione di dover correre dietro all'ennesima farfalla karmica. Voltare lo sguardo nella sua direzione significava obbligare tutti ad alzarsi e cominciare a girare in tondo fino ad una soluzione.

E Doyle per primo, portavoce degli abitanti dell'hiperyon, sapeva di essere troppo stanco per salvare il mondo nelle prossime ore.

 

Cercherò di fare gli straordinari il prossimo week end.

 

"Allora, il responso?" - chiese, gettandole un'occhiata storta – "Ti hanno anche spogliato e valutato i possibili marchi del demonio?"

Cordelia, in tutta risposta, gli tirò una gomitata.

"Te li do io i segni del demonio!" - ribattè, decisa – "Doyle, insomma! Ma non ti preoccupa la mia salute?"

"No, mi preoccupa che tu non me lo abbia detto. La tua salute non ha un accidente di niente."

"E tu come lo sai?"

"Ho barato."

"Doyle!"

"Cordy!" - scimmiottò il suo tono scandalizzato, sbarrando gli occhi. Ed erano occhi così vivi e azzurri che la ragazza non resistette al desiderio di baciarlo. E baciarlo. E baciarlo.

 

Con un impeto tale da rendere il suo incarnato di un blu appena più acceso delle iridi.

 

"Oh, quanto ti amo, cervello di gallina."

"Principessa, per favore. Non si vede a colpo d'occhio, ma ho una dignità pure io."

"Non mi importa." - lo baciò ancora – "Ma mi importa di tutto il resto."

Doyle le sorrise, cingendole la vita e attirandosela contro il petto. Rannicchiati così, contro la colonna, in un attimo di silenzio, Cordelia e Doyle respirarono l'aria del tramonto, dolce e soffusa.

"Siamo sopravvissuti anche questa volta..." - sussurrò, giocherellando con la sua treccia e sciogliendola, con dolcezza – "Un po' più sconvolti, un po' più confusi... ma è fatta."

"E ora?"

"Ora non preoccupiamoci di nulla."

"Ma presto dovremo." - replicò Cordelia, alzando la testa verso di lui – "o sbaglio?"

Doyle la contemplò, con un lampo serio negli occhi.

"No, non sbagli." - replicò, scivolando con le dita da una ciocca al suo viso – "L'evento verso cui avanziamo è la causa dei tuoi poteri e il fine ultimo. Ma non devi averne paura. Non ne hai motivo."

"Davvero, Doyle? Perchè io, qui dentro... qui dentro sento qualcosa di diverso."

"So cosa provi, principessa. Ma devi fidarti di me. Avrò bisogno del tuo aiuto, nelle prossime settimane, mi serviranno informazioni, informazioni particolari. E credo che..." - respirò a fondo, cercando le parole – "E credo che tu ed io potremo raccoglierne di più, se ci completeremo a vicenda."

Cordelia si era raddrizzata, per vederlo in viso.

"Magia?" - domandò soltanto, come rassegnata – "Ci faremo di funghi allucinogeni?"

"Mi piacerebbe in effetti. Non vedo un tramonto giallo e verde da una vita. Ma no, non credo." - scosse la testa, fingendo di essere dispiaciuto. Ma aveva gli occhi tristi e sciupavano le sue battute – "Tu puoi sentire, io posso vedere. Cercheremo insieme e mi aiuterai a capire. Andrà tutto come deve andare."

"Lo sai con certezza?"

"No, lo so per Fede." - sorrise, di quell'affermazione. E la baciò ancora, una frase enigmatica sulle labbra – "E lo so, da quando ancora si trattava di Eresia..."

 

***

 

"Bene. Adesso vado a casa e dormo per i prossimi cinquemila anni. Ciao, Price, conserva in buono stato la baracca."

"Si, Methos." - Wes attirò a sè un libro con un dito, fingendosi interessato – "Qui dice che tra duemilasettecento anni collasserà l'oceano. Ti chiamo per vederlo? Vuoi puntare la sveglia?"

 

Methos, con un piede già a cavallo della porta, si voltò. E Price, le mani senatorialmente intrecciate sullo stomaco e i lunghi piedi che sporgevano da sotto la scrivania, gli sorrise, beatamente.

"Di un po', Price, è quello che chiamano humour inglese?"

"Yes."

"Bene. Non farebbe ridere nemmeno gli inglesi." - comunicò, tornando indietro e ripiombando nella poltrona appena lasciata libera – "Io li conosco da prima che lo fossero, per cui credimi. E ora, veloce, dimmi che vuoi."

"Non ho detto di volere qualcosa."

"E risparmiami il tono svagato da chierichetto."

"si, Methos. C'è qualche alcolico che può aiutarti a sopportare la mia presenza ancora dieci minuti?" - domandò, alzandosi e ignorando i borbotti seccati che sorgevano dalla sua migliore poltrona di pelle.

"Un dito di ognuno. E mischiali bene."

"Altro?"

"Basta Chopin. Leva quel disco. Hai mai sentito parlare di Bananarama?"

"No, però ho tenuto di ricordo un LP di BoyGeorge."

"Voglio morire..." - gemette, lasciando andare teatralmente la testa contro lo schienale. E una mano gentile gli mise tra le dita il bicchiere – "Che vuoi?"

"Voglio sapere cosa hai fatto a Spike."

 

Methos alzò la testa, fissandolo, sorpreso.

 

"Io? Cosa vuoi che abbia fatto a Spike!"

"Io stavo parlando con Doyle e cordy, quando Doyle è sttao male. Ma tu stavi parlando con Spike." - insistette, sedendosi sul bordo della scrivania e con aria decisamente spaccona – "Io sarò un simpatico omuncolo da biblioteca nel tuo immaginario, ma non sono uno stupido. E dopo tanti anni di servizio qui in america sento a pelle la magia. A pelle."

"A pelle."

"Esattamente."

"Sei mago merlino?"

"E tu sei Mandrake?"

"Bhe, si. Ma è una lunga storia."

Wes si passò una mano sugli occhi, posando gli occhiali sul tavolo. E respirò a fondo.

"D'accordo, saltiamo subito al punto." - disse, alla fine, riafferrando il proprio bicchiere – "Lo hai ipnotizzato? Oppure gli hai dato qualcosa che avevi e che gli serviva diperatamente?"

Piegò la testa, lo fissò ancora.

"Cosa hai detto, o fatto vedere, a quel ragazzo perchè riuscisse in ciò che ha compiuto?"

 

Mi piacciono i sentimenti.

Mi sono sempre piaciuti.

Ma William non ha usato solo amore per salvare Edward. Ha usato una forza che lo pone al di fuori del comprensibile... e del profetizzabile.

 

"Nulla. E lui, dopotutto, ha solo denuclearizzato una ex spostata. Qualunque camionista sa farlo."

"Tu sai benissimo che non si è trattato solo di questo. Tu hai messo Spike nell'ottica di..."

"No, inesatto." - lo interruppe Methos. E un sorrisetto inspiegabile gli passò negli occhi – "Io ho messo William Coventry in grado di compiere il suo destino una volta per tutte."

 

Wes lo fissò. Ecco, di nuovo, il tempo. Methos stava di nuovo emanando quel potere, sotto pelle, senza un battito di ciglia. Il tempo dell'uomo nei suoi occhi.

 

"Hai mai fatto il gioco dei se, Wes?"- domandò, radrizzandosi. Il bicchiere stretto tra le mani luccicava, la posa era indolente – "Se questo non fosse successo, se quello fosse stato... sliding doors, hai presente?"

Annuì, senza fiatare. E Methos semplicemente proseguì.

"Se Angel non avesse dannato Drusilla.. se lei fosse stata un Cantastorie a tutti gli effetti... chi sarebbe stato il prescelto?"

"Io non..." - si interruppe. Oh, al diavolo! - "William. Sarebbe stato comunque William. Lo ha trovato e dannato perchè non ha saputo fare altro."

 

Ecco. È questo che penso.

 

"Si, una spiegazione avvincente. Il cantastorie fallito ha trascinato con se l'eroe. Non mi sorprende, una mente rigida come la tua non poteva produrre altro. Ma con un piccolo irrilevante particolare: ti stai sbagliando." - Methos scosse la testa, un mezzo sorriso – "Non lo trovi ironico, Wes? Drusilla è arrivata molto vicina al suo guerriero della luce, ma io sono stato più veloce di lei. Di quasi due anni."

 

Il guerriero della luce non è Spike. È Edward.

È sempre stato Edward.

 

"Stai scherz... no, mi rifiuto di ascoltarti."

"Mi hai chiesto una spiegazione, te la sto offrendo su un piatto d'argento. Vuoi metterti proprio ora a saltare a conclusioni affrettate come un vero cretino?"

Wes si trattenne dal rifilargli un pugno. No, anzi, due.

 

Uno per la visione del mondo che aveva.

E il secondo per avergli dato del cretino.

 

Ma, soprattutto, ribadì al suo cervello e alla sua mano, per la visione del mondo. E di Spike.

 

"Allora finisci di spiegarti." - sibilò, restando immobile.

"Edward era il prescelto, credimi. Ne aveva le doti. Ma io credo che il caso sia stato molto più potente di un calcolo matematico quasi perfetto e che Drusilla lo abbia saputo girare a proprio favore." - si lasciò andare, rilassato, accavallando le gambe – "Facciamo una piccola divagazione. Come ben sai, io conoscevo piuttosto bene la madre di Doyle, Sinead."

"E con ciò?"

"Era una gran donna, ti sarebbe piaciuta. Conosceva Edward ed era della mia stessa opinione: schifosamente prescelto. Sarebbe potuto, ma non è stato. Succede, a volte. Ma Sinead diceva che le predestinazioni nel cosmo sono come i lanci di sassi nello stagno. Non puoi sapere quanti rimbalzi farai, ma ciò a cui punti è che siano sempre più che nel tiro precedente. Noi potevamo avere Edward... ma abbiamo avuto Spike. E questo per merito di Drusilla."

 

Sorrise, divertito.

 

"No, Wes, Drusilla non ha sbagliato. Drusilla sapeva come lanciare il sasso molto più lontano del previsto. Anche senza lucidità nella spiegazione e nell'atto ha comunque visto, compreso, compiuto il suo dovere con i mezzi che aveva. E lasciamelo dire, ha saputo contare piuttosto bene i rimbalzi."

 

Ha mosso le sue pedine con maestria. Ci ha intrecciato, nel tempo e nello spazio senza permettere a nessuno di deviare dalla propria traiettoria.

Dal voltarsi a fissre Angelus dritto in viso, fino al tagliare la gola a una cacciatrice insignificante in un liceo, Drusilla ha tessuto la propria rete... non senti i fili avvilupparti?

 

Non sei contento che sia morta, se pensi a questo arazzo cosmico che ha intessuto?

 

Wes si era seduto, riflettendo. Aveva dimenticato la belligeranza, la propria teoria, la sua fede nelle leggende e nel destino. Ed ora, con agghiacciante lucidità, scomponeva ogni singolo frammento in altri più piccoli, facendo combaciare i pezzi.

 

"Drusilla sapeva? Ma sapeva... cosa."

"Non cosa, Wes. Da quanto. Quando, Drusilla ha compreso cosa sarebbe successo? Quando tutto è stato perduto? tra le braccia di Angelus? Oppure prima, quando ha avuto in dono le visioni? È una domanda intrigante, non credi? Persino per uno come me che non crede a tutte queste idiozie."

 

Non ci credo. Ma ne faccio parte.

Si piegò verso di lui, complice. E per l'incontrollabile gusto di tormentarlo.

 

"Rispondi solo a questa domanda, Price, mentre attendi che io mi decida a raccontarti la prossima puntata: quando Drusilla ha cominciato a contare i rimbalzi per poter portare William Coventry fino a qui?"

 

***

 

"Edward..."

"William." - rispose, abbassando gli occhi. E lo ripetè, sottovoce – "William..."

 

Sotto al suo braccio, con la testa reclinata e la mano non lontano dal viso, Spike aveva continuato a parlare e a dormire, indisturbato. Ora, chiamato in quella maniera, l'angolo della sua bocca si era inarcato, lieve, in un sorriso soddisfatto.

"Non fingere di dormire." - aggiunse Edward, cercando di importunarlo nel soffiargli dentro un orecchio – "Tanto ho capito che sei sveglio."

Giocava con lui. Lo tormentava appena, per il piacere di sentirlo vivo, solido, ancora il fratello della sua infanzia, disposto a lasciarsi fare di tutto. E non desiderava altro, di nessun genere.

Quante ore erano passate, ancora, si chiese Spike, ascoltando il respiro di Edward, la sua voce chiamarlo per nome. Quante.

 

"Non te ne sei andato..."

"Ti ho mai dato l'impressione di volerlo davvero fare?"

 

No, in effetti no. Edward non aveva fatto altro che inseguirlo, implorarlo. Ed anche in quel momento, nel momento in cui se lo era trovato innanzi, inaspettato, a casa di Methos, Edward non sene stava andando.

Stava venendo a cercarlo

E questo, ora, Spike lo sapeva con assoluta certezza.

 

"Meno male che sei tornato... ero così stanco di sognarti soltanto..."

"E questo, Will, è un sentimento reciproco... "

 

Mi mancavano le tue parole. Mi mancava la tua espressione.

Mi mancava tutto di te.

 

Tutto.

 

Non sono io la tua luce. Sei tu la mia.

 

"Non hai fame?"

 

Edward rise, piano. Poteva avere il profilo da cherubino, le ciglia lunghe un chilometro, ma quando apriva bocca sembrava...

"Will, il tuo audio non è sincronizzato al tuo aspetto." - sussurrò, piegando la testa verso il suo orecchio – "Non dovresti dirmi splendide e poetiche frasi con una posa così elegante?"

Spike scoppiò a ridere, sussultando, senza curarsi di aprire gli occhi. Era vero. Non faceva altro che dire la prima cosa che pensava, senza riflettere. E, avesse dovuto ammetterlo... era perchè si sentiva disconnesso. Separato.

Galleggiava tra la gioia di riavere suo fratello e l'abisso incolmabile dell'assenza di Drusilla. La mente, in bilico sopra al cuore, non propendeva per uno, non scivolava verso l'altro.

 

Galleggiava. Si, galleggiava.

 

E le braccia che lo scaldavano erano come un'ancora.

 

"Davvero mi trovi elegante?" - chiese, sfuggendo alla domanda e aprendo un occhio. Edward lo sovrastava, piegandosi su di lui. E Spike gli afferrò la mano, obbligandolo a scivolare, la testa sul cuscino, lo sguardo nel suo – "Cosa vedi, Edward?"

"Mio fratello. Vedo te, William. E del resto non mi importa."

 

Era una risposta semplice. E c'era Angel, in tutta quella risposta.

Una vita prima, lui ed Angel avevano diviso lo stesso cuscino, guardandosi.

Non ti lascerò mai, aveva sussurrato. Come due fratelli.

E ora, William stringeva le dita di Edward con la stessa tenacia.

 

Gioia e dolore.

Vita e morte.

Luce e oscurità.

 

Angel. Ed Edward. Ora e per sempre.

 

"Ora e per sempre?"

"Ovviamente. Non ho altri impegni per l'eternità." - rispose suo fratello, disinvolto, afferrandogli al punta del naso con due dita – "E si, pensandoci bene, ho fame. Ci alziamo?"

 

***

 

"E' permesso?" - Edward battè due dita sullo stipite della porta. E il coro di 'entra' gli piacque molto. Abbastanza da spostarsi con gesto teatrale.

"Signore e signori, ho il piacere di presentarvi..." - disse, un braccio dietro la schiena e l'altro ben teso – "Mio fratello, William Coventry."

Spike fece un trionfale ingresso, con tanto di braccia alzate e inchino.

Seguì un applauso scrosciante. E, risate. Poi, mentre Spike si abbandonava a un sano bagno di folla, Edward ne approfittò per rifilare un colpetto sul torace di Angel.

"William Coventry, nostro fratello." - sussurrò, impercettibile, passandogli sui piedi.

 

Angel abbassò lo sguardo, celando un sorriso. Era proprio vero, Edward portava sempre la luce.

 

Nostro.

Si, forse.

Nostro in tempi differenti, in mondi diversi.

Nostro, sulla linea di demarcazione tra la notte e il giorno.

 

"Allora, birra?" - domandò l'immortale biondo, subito dopo. con tono normale, riapparendogli a fianco e tendendogli una bottiglia – "Che ne dici, brindi con me?"

"Non vorrai fare a botte, dopo, vero? Ti ricordo che è finita così, l'ultima volta che abbiamo bevuto assieme."

"No, assolutamente. Non desidero ammazzarti. Mi piaci, per essere uno zannuto mi piaci." - le stringeva per il collo, in una mano sola. E le apriva, deciso, con l'altra. Era Spike, nella versione ricciuta e rilassata – "Devi solo smettere di dire in giro che mi hai battuto in duello."

"Io ti ho battuto, Eddy. E ti ho battuto anche la volta della birra, a mani nude."

"No, non è vero. Quella volta sono morto. Non conta."

"Se lo dici tu..." - sorrise, afferrando il vetro e lasciandolo tintinnare – "A te, Coventry, alle tue battaglie vinte."

"No, Angel." - Edward scoss el atesta, fissandolo negli occhi – "Io brindo a te."

 

A te, vampiro con l'anima.

A te, per ogni attimo che abbiamo condiviso, nel bene e nel male.

 

E per aver traghettato William, nel tempo, fino a un giorno in cui ci saremmo potuti rivedere, ad un vita che avremmo potuto condividere.

 

"Ehi, Wes." - Faith era tra le braccia di Spike, ma si protese ugualmente indetro, strattonandolo per una manica – "Guarda quei due. Sono tutto colore e niente colore. Come si dice?"

 

L'osservatore aggrottò la fronte, perplesso.

 

"Monocromo e policromo?" - domandò, guardando Angel ed Edward, uno vestito rigorosamente di nero e l'altro in grigio e azzurro.

"Si, ecco, chiamiamoli così!"

"Monocromo e Policromo?" - Spike si era voltato, senza rinunciare a stringerla. E il suo sopracciglio spaccato si stava inarcando, sarcastico – "Mica male... se dobbiamo urlare i loro nomi servono dieci minuti ma, se credi sia una buona idea, con i guai in cui sanno infilarsi..."

 

Chiamiamoli come vogliamo. Intanto, per me, si possono definire entrambi con un'unica singola parola.

 

***

 

Nessuno si era chiesto nulla. Nessuno si era domandato da dove giungessero tutti gli altri, con che segreti celati in fondo al cuore. Nessuno aveva avarcato la soglia serbando angoscia o desiderio di risposte.

Quando Edward e Spike li avevano raggiunti, erano semplicemente stati tutti insieme, ridendo, parlando, azzuffandosi.

Non c'era nient'altro di importante, nient'altro su cui interrogarsi. E quando Spike si voltò, vedendo Angel fermo sulla porta, Edward comprese immediatamente che era il suo momento.

 

Il suo momento per levarsi dai piedi.

 

Spike si mosse, con passo felino. E, giungendo innanzi a Angel, colpì con al propria bottiglia la sua.

"Cin cin, Flagello." - mormorò. E un sorriso gli passò negli occhi, inaspettato. Ma era un sorriso triste – "Approfittiamo del tramonto?"

"Perchè no..." - rispose il vampiro bruno, lasciandolo passare e seguendolo – "Abbiamo una meta?"

"Forse. O forse no, vecchio mio. Forse non ci serve.. per una volta..."

 

***

 

"Ciao, Coventry."

"Methos." - piegò la testa, mantenendo i gomiti appoggiati alla ringhiera – "ti sono mancato?"

"A dire il vero..." - ammise l'immortale, appoggiandosi a fianco con al propria birra tra le mani – "Temevo stessi per diventare una mancanza perenne..."

"E da quando sei così pessimista?"

"Non so. Mi è venuto il dubbio che avessi smesso di sperare in un lieto fine. E si sa, tu sei uno del 'pensa positivo e camperai cent'anni... pensa negativo e saremo fottuti...' "

"Si, è vero." - ammise Eddy, ridendo. Aveva occhi brillanti, sereni. E Methos ne fu contento, in maniera sincera e incredibilmente pulita.

 

Ti meriti questa gioia, Eddy. Te la meriti da sempre.

 

"Posso chiederti cosa farai, ora?"

"Ciò che cerco sempre di fare. La cosa giusta."

"Che questa volta sarebbe..."

"E' presto per dirlo." - replicò Edward, guardando il buio della notte sempre più tangibile e bevendo un sorso dalla bottiglia ancora fredda – "Ci vorrà del tempo per esserne certi..."

Methos lo guardò, sottecchi. Edward era corso con una mano al proprio collo, in maniera quasi pensosa. E, tra le sue dita, Methos intravvide la cicatrice, il segno del morso di William.

 

Quel marchio aveva cambiato la sua esistenza. Quella vita, passata dalle sue vene a quelle di Spike non gli sembrava così irrilevante. E Drusilla... era presto anche per sapere cosa Drusilla avesse lasciato in lui, con le proprie parole.

 

Tu sapessi, edward... tutto fosse andato diversamente, con meno ambizione... con meno passione...

 

"Hai tutto il tempo del mondo." - replicò, con leggerezza – "Prenditi tutto quello che ti occorre."

"Si, forse lo farò." - annuì, lasciando ricadere la mano – "ho sentito di Doyle... me lo ha detto Cordelia."

"Si, un bello schifo." - ammise l'altro, disgustato – "Potessi lo ammazzerei. Io odio le visioni."

"Lo so."

"No, non penso che ti sia del tutto chiaro quanto le odio."

"Però posso immaginarlo." - insistette Edward, piegando la testa – "So come ci si sente quando chi amiamo sembra divenire irraggiungibile."

"Se la metti così, allora forse puoi."

Una frase degna del miglior magnanimo dissimulatore.

"Grazie della concessione."

 

Ma ti pare, Coventry...

 

"Ehi, disturbo?" - domandò Doyle, apparendo alle loro spalle – "Allora i magnifici della notte sono svaniti?"

"Sembrerebbe." - Edward si voltò, appoggiandosi alla balaustra – "Ciao Doyle, come ti senti?"

"Ti hanno detto che è una domanda d'obbligo nei miei confronti?"

"Con molti terrificanti particolari."

"Ah." - Doyle fece un cenno di stizza nella sua direzione – "Non li ascoltare. Sono paranoici. Tu, piuttosto? Hai dormito? Mangiato? Guarda che adeguarsi ai ritmi vitali del fratellino può essere dannoso per la salute. Ha una pessima alimentazione, piena di vere schifezze. E non dorme mai."

"Un vero animale della notte..."

"Eccome. Una baldoria fino all'alba." - gli strizzò l'occhi, stando al gioco. E poi, come sempre, si addolcì – "Diciamoci la verità, Edward... noi qui siamo ridotti uno peggio dell'altro. Ma per te, picchiato, dissanguato e ucciso, questa è stata comunque una splendida giornata."

"Sicuramente." - fece eco Methos, con una risata – "Un unico magnifico e luminoso bad day."

 

Edward bevette un sorso, in silenzio. E sorrise, senza guardarli.

 

Un unico magnifico luminoso bad day.

Si, perchè no. Dopotutto... dopotutto è vero.

 

"Ai bad days." - mormorò, tendendo la propria bottiglia verso le altre – "E a ovunque ci condurranno."

 

Bad day, gente. Bad day.

 

***

 

Non avevano pensato di avere molto da dirsi. Ma avevano camminato, con calma, uno a fianco dell'altro, bevendo birra. E, infine, erano giunte anche le parole.

"Sai... è incredibile. Questa storia, intendo."- ammise Spike, sbirciandolo – "Tu non credi?"

"Quando si tratta di te, tutto ha dell'incredibile."

"Oh, certo. Perchè tu, invece..."

"Io non sono così pieno di sorprese." - poi fece qualcosa di inaspettato. Si voltò. E gli sorrise – "William..."

Sapeva pronunciarlo. Aveva sempre saputo dirlo, con un inflessione morbida e bassa, dalla prima volta che si era azzardato.

 

Era passato tanto tempo da allora. Ma Spike non aveva dimenticato. Spike non avrebbe mai dimenticato.

Era stato nella pronuncia di quel nome che era iniziata la sua nuova vita. Una nuova vita, una nuova occasione per ricominciare e avere ancora qualcosa per cui valesse la pena di combattere.

 

Solo.

Spezzato.

Senza Drusilla.

Senza luce.

Con l'anima.

 

E con tanta strada da percorrere, uan strada su cui Angel non l'aveva mai lasciato solo. Mai.

 

Nè mai lo avrebbe fatto.

 

Perchè Angel, chiamandolo per nome gli aveva sussurrato che non tutto era perduto. E che tutto andava vissuto, ancora.

 

"Non smettere mai." - replicò, guardandolo, serio.

"Che cosa..."

Di dirlo in quel modo.” - non voleva cedere. Non voleva. Ma quella lacrima già stava cadendo - “Non smettere mai di chiamarmi William.”

Angel lo fissò per un lungo istante prima di muoversi.

E, quando finalmente si decise, si avvicinò, afferrandogli le dita, stringendo. E le cicatrici, le loro cicatrici gemelle, sfiorandosi, sembrarono sprigionare calore.

 

Non sul corpo. Nel sangue e nell'anima è il nostro marchio.

 

Hai la mai parola.” - disse, aprendogli le dita e posandoci il dupont d'argento. Non aveva mai smesso di tenerlo in tasca. E stringerlo - “Te lo prometto, fratellino. Te lo prometto.”

 

Spike abbassò lo sguardo, fissando il metallo. E la vista gli si annebbiò.

 

Tu mi hai mentito, Angel.

 

Mi hai mentito e lasciato solo.

 

Mi dispiace.” - sussurrò, sentendo di tremare e non osando guardarlo in faccia - “Mi dispiace per ogni parola che ho detto.”

William...”

No, davvero. Edward...” - non riusciva a calmarsi, voltò la testa, cercando un appiglio nella strada - “Non posso spiegare cosa ho detto ad Edward, quasi non me lo ricordo ma.. ma so cosa ho detto a te. E cosa ho provato, nei tuoi confronti e ...”

Abbassò lo sguardo, di nuovo, stringendo l'accendino.

Mi dispiace.” - ripetè - “Per tutto.”

 

E per Dru.

Mi spiace, Angel, mi spiace per Dru.

 

Lei vi avrebbe fatto del male.” - Angel lo sentì, in un sussurro impercettibile - “A entrambi. Io dovevo fermarla.”

Lo so.”

Dovevo, Angel. Tu non lo volevi ma io... io sapevo che sarebbe successo. Sapevo che non l'avrei mai più posta nel mio cuore innanzi a nessuno. E Drusilla, Drusilla mi ha sorriso. Non ha smesso di sorridermi nemmeno mentre la uccidevo.”

 

Io non la potevo lasciar andare, questa volta.

Non potevo.

 

Hai fatto la cosa giusta.”

Tu credi?”

Si.” - non se la sentiva di dire altro, poteva solo annuire. Si, io credo - “Hai fatto ciò che dovevi. E mi dispiace soltanto che, alla fine, non sia stato io a porre fine a tutto.”

 

Drusilla era mia. Ed io ero suo. Non abbiamo mai saputo tenerti fuori dai nostri giochi. E ti abbiamo conteso, come un osso, fin quasi a spezzarti.

 

Spike lo fissava dritto in viso. E aveva gli occhi pieni di lacrime.

Alla fine, Flagello.” - ammise, cercando di sorridere e distorcendo soltanto un labbro che tremava - “Siamo rimasti solo noi...”

 

Angel allungò le braccia, senza riflettere. E Spike gli si rifugiò contro, il viso sul suo maglione, il senso di tranquillità che sapeva dargli quel corpo freddo e silenzioso.

Angel sapeva delle sue paure e delle sue debolezze. Angel era Angel.

Ed Edward, in quel continuo altalenarsi del suo cuore, era Edward, l'essere capace di portare la pace con un sorriso. Edward lo aveva sempre compreso e amato, Angel non aveva fatto altro che proseguire la sua opera, con una maestria che li aveva resi entrambi indispensabili.

 

Non sei mai stato il sostituto di mio fratello...”

 

Angel sorrise, di quella frase sussurrata a testa china. E strinse più forte, chiudendo gli occhi.

 

Io non conoscevo tuo fratello.

Ma conosco Spike, il vampiro con l’anima. Nel bene e nel male.

 

Ovunque andremo. Ovunque andrai. Per sempre.

 

[XII]

 

Era l'alba.

E Spike si sedette, in fondo al letto, intrecciando le mani.

Sei deciso?”

Direi di si.” - ammise Edward, lasciando cadere un ultimo maglione dentro la sacca - “ma tornerò presto.”

Io... io non ti capisco.”

Lo so.” - gli sorrise, storto. E Spike si accese una sigaretta, palesemente irritato.

Te ne stai andando.”

E' proprio quello che sto facendo.”

Tu mi sai qui.. e te ne vai.” - sbuffò fumo e lo fissò, seccato e ferito - “Mi devi un perchè.”

Te lo devo?”

Oh, si, Edward. Tu mi devi dire cosa passa in quella testa per prendere così tranquillamente una decisione del genere.”

Lo faccio più che volentieri.” - mormorò, sedendosi. Avevano la sacca in mezzo e ancora un poco di confusione attorno.

L'appartamento di Methos era silenzioso, e non particolarmente accogliente, vista la vetrata mancante nel salone. William ed Edward lo avevano raggiunto a piedi, ma passando per i cunicoli, per il puro divertimento di fare qualcosa di diverso, in uno strano equilibrante scambiarsi dei ruoli.

Per strada con Angel, nel buio delle gallerie con Edward.

 

A Spike era piaciuto. Da morire.

 

Anche se, già sapeva che, emersi nello stabile, tra una sacca e una spada, la conversazione non sarebbe stata delle più piacevoli.

 

Me ne vado perchè al momento ti sto fregando la concentrazione.”

Ma che puttanata.”

Non dire parolacce.”

Tu parli come uno scaricatore di porto.” - lo accusò, borbottando, con la sigaretta tra i denti. Gli porse pacchetto e accendino, sempre borbottando - “Non farmi la paternale e dammi una spiegazione meno cretina. Quella vera, se ci riesci.”

Non ti sto mentendo. E non ho detto una cosa cretina. Tu hai fatto qualcosa di molto grave, William. Lo hai fatto per me, per Angel e per motivazioni di cui non dubiti. Ma hai bisogno di tempo per accettarlo. E io, qui, non ti sto aiutando per niente.”

Uh, come mi aiuta, il fatto che tu prenda la porta e vada!”

Io non posso capire cosa sia stata Drusilla per te.” - aggiunse schietto - “ma Angel si.”

Spike si voltò di scatto, sbarrando gli occhi.

oh.” - esplose, gli occhi azzurri enormi e per niente amichevoli. Sbalorditi - “Non ti starai mica facendo venire crisi di ...”

William.” - il dito puntato al centro dei suoi occhi lo sorprese - “Taci.”

La bocca ancora aperta a metà dell'arringa si richiuse. Ed Edward si concesse un tiro di sigaretta, prima di alzarsi e inginocchiarsi di fronte a lui.

Non ho nessuna crisi.” - comunicò, con calma. Aveva l'aria pacata di sempre, seria. E, per la prima volta, William vide una ruga, una leggerissima ruga sul suo viso.

 

Il tempo. Il tempo a cui non apparteneva lo aveva comunque segnato.

E non ce ne era stato per narrarsi nulla di quelle cicatrici.

 

Voglio solo che tu possa fare chiarezza.” - aggiunse, con tranquillità - “Non sono stati giorni facili. Non c'è nessuno che ne abbia sofferto quanto te.

 

Il nostro incontro. Le nostre parole. Tu non riesci a parlarmi, William. Io lo so.

Credi di dovermi delle scuse, ricordi e non ricordi l'accaduto.

E io, qui con te, non faccio altro che confonderti.

 

Per favore, credimi, non ti sto lasciando.”

 

Lo so. Stai cercando di fare la tua solita cosa giusta.” - c'era rassegnazione nella sua voce. Ma senza rancore. Solo rassegnazione - “Edward, ma non ti darai mai una calmata?”

Stava succedendo di nuovo, un nuovo cambio di dscorso, lontano da quello che avrebbe voluto dire. E Edward gli sorrise, con tristezza, di sotto in su. E si concesse ancora un tiro di sigaretta, per smorzare la propria tensione.

No, non mi do una calmata. Scosse la testa e spense il mozzicone nel posacenere che Spike teneva tra le mani - “E non intendo cominciare a darmela, chiaro?”

Ti voglio bene, Edward.”

 

Stava per alzarsi. Ma si bloccò. William lo fissava. E aveva occhi torbidi e bui. Ma umani.

 

Tanto.” - aggiunse, lentamente - “E penso tu abbia ragione ma... io non voglio vederti partire.”

Lo so.”

Non ci riesco.”

E' giusto. Ma io partirò comunque.” - gli posò una mano sulla guancia e poi sul collo – “Quando deciderò che sarà il momento, afferrerò la mia borsa e me ne andrò, lasciandoti qui. Non devi seguirmi e non devi preoccuparti di nulla. Perchè io tornerò. Presto.”

 

E lo prometti?”

Ti voglio bene anche io, William. E tornerò.”

 

Non promise. Non poteva. Nel loro mondo, nel suo e in quello di Spike, una promessa andava mantenuta e troppe erano le incognite, troppi i rischi.

Avrebbe fatto tutto, fino all'impossibile. E l'avrebbe fatto perchè lo amava.

Non perchè l'aveva promesso.

 

Ok.” - Spike tirò su con il naso e indurì la mascella. Sotto lo sguardo di Edward, gli occhi si schiarirono, come dopo un passaggio di nubi - “Posso chiederti dove andrai?”

A casa.” - sorrise - “Ho una ragazza un po' particolare che avrebbe piacere di vedermi, una volta ogni tanto.”

Hai una ragazza?”

Ti sembro un tipo che non ne ha?”

 

William si rese conto vagamente di avere la bocca spalancata. E un sorriso in atto.

 

Ma bravo.” - si complimentò, ammirato - “Sei diventato un casanova e non mi dici nulla? Ma tutte quelle cavolate sull'eterno amore?”

Guarda che quelle cavolate le hai sempre dette tu. Io sono ...” - si piegò, complice, continuando ad armeggiare con le cerniere della sacca e sibilò - “...per il sesso senza inibizioni...”

Oddio, Edward!” - era puritanamente disgustato - “Ma io non voglio saperlo! Non... non vorrai mica parlarmene!”

Magari senza troppi particolari, che ne dici?”

No.” - scosse la testa, formulò la parola con un cerchio perfetto delle labbra. sconvolto - “Mi importa solo del mio di sesso... e non voglio raccontartelo!”

Come vuoi... noioso.”

Perverso.”

Perverso io? Ma ti sei visto?” - gli urlò, sparendo in direzione della palestra.

Si, certo.” - grondava sarcasmo. Già non si poteva discutere con l'Edward dell'epoca vittoriana. Figuriamoci con l'immortale del nuovo millennio - “Solo perchè celo i miei veri sentimenti dietro una finta sicurezza... e tanta ironia...”

Scosse la testa, ancora. E, con la coda dell'occhio, vide qualcosa brillare, nella sacca ancora aperto. Lo afferrò, senza pensare, fregandosene di invadere la privacy di suo fratello.

 

Il portasigarette d'argento.

Il portasigarette.

 

Nella sacca di Edward.

Per un attimo credette di sbagliarsi. Ma, quando lo aprì, la scritta fu la conferma inevitabile.

 

Il regalo mai consegnato.

Quel compleanno che aveva cancellato tutti i successivi.

 

"Io adoravo compiere gli anni." - ammise, ad un tratto, fissando la sua attenzione su Faith ed Angel - "Era la festa di famiglia per eccellenza. Cascasse il mondo saremmo stati tutti a casa a festeggiare. Era la sera perfetta per fare e dire tutto. Non c'era niente che andasse storto. Per me aveva un senso incredibile. Poi… il resto è storia."

 

Non voleva dirlo.

 

Non c'è mai più stato motivo per crescere o festeggiare, senza di te.

Mai più.

 

E io, dopo un po', ho smesso anche di invecchiare.

 

Rimase in silenzio, con l'oggetto tra le mani. Ed Edward, di ritorno, si fermò un istante. Il suo battito variò di intensità. E, se Spike se ne accorse, non lo diede a vedere.

Te lo ha dato Angel, vero?” - domandò soltanto, sentendolo avvicinarsi.

Quando sono partito, l'altra volta. Ha detto che era giusto che lo avessi.” - ammise. E non seppe trattenersi - “Credo che volesse fare qualcosa che tu avresti voluto.”

E' così.” - gli rispondeva senza alzare la testa, senza guardarlo. Ma la voce era ferma - “Angel ha fatto bene. Volevo tanto che lo avessi.”

 

L'ho portato con me attraverso il mondo e la mia vita. Ma non l'ho mai usato. Solo una sera, una sola... perchè avrei voluto tanto che ci fossi.

 

Tese la mano ed Edward si riprese l'oggetto. Poi si piegò di nuovo.

Vorrei darti anche io qualcosa.” - disse, gentilmente – “Qualcosa che voglio condividere con te da quando me ne sono andato. Me lo permetti?”

Spike annuì, senza dire nulla. Teneva gli occhi fissi in un punto imprecisato, senza guardarlo.

 

D'un tratto, gli sembrò di essere stanco. E sul punto di sbriciolarsi, divenire cenere. Il corpo gli pulsava di un dolore antico, come se non riuscisse a dimenticare.

No, il corpo non dimentica mai. Non dimentica lo sfiorarsi e il trovarsi. Non dimentica la pelle, le ossa, la forza altrui.

Il corpo non dimentica. E, talvolta, sembra disperdersi senza solidità.

 

Dammi la mano.”

 

Gli ubbidì, senza discutere.

 

Ed Edward se la posò sul petto, tenendola tra le proprie.

 

Ascolta, per favore.” - e inalò, a fondo.

 

Fu in quell' attimo che Spike comprese. Alzò la testa di scatto e lo fissò negli occhi. Edward respirava. Senza fatica, senza sofferenza.

Gli occhi dritti nei suoi, senza dolore.

 

Edward respirava, con un suono nitido, inaspettato. E dalle labbra di Spike uscì un singhiozzo strozzato.

 

Non era solo immortalità, non vita immutabile. Era vita, vita vera. E pura.

 

Sai…” – Edward aveva gli occhi aperti. E fissava la parete – “Quando mi succede cerco di pensare ai libri che ho letto…alla musica dei concerti che abbiamo sentito… e mi domando se sarà il mio ultimo pensiero. Mi piacerebbe morire con qualcosa di bello in testa… Morire non è come morire dentro… è quello che temo…”

Morire dentro?”

Già… perdere me stesso, prima della fine. Perdere anche solo un minuto di quello che mi resta. Come quando provi un dolore enorme… o sei ancora vivo e non vorresti più esserlo… io voglio morire tenendo la mia vita sotto gli occhi…”

 

Voglio la mia splendida vita… tutta davanti agli occhi…”

 

La mia splendida vita, tutta davanti agli occhi.

Ed Edward lo fissava, senza lasciargli andare le dita.

 

E' così, ora.” - disse soltanto, scandendo le parole - “Ci sono volte in cui anche io stento a ricordarmi che sia tutto passato, volte in cui non riesco a respirare correttamente. Ma solo perchè non riesco a dimenticare, William. Non posso dimenticare quanto dolore ci sia stato, sia per me che per te.”

 

Allargò le dita, ma Spike mantenne la mano in quel punto. C'era il cuore, non lontano dal mignolo. E batteva, batteva, batteva.

 

Quello che so è che non succederà più. E noi andremo avanti. E avremo quel futuro che non pensavamo di possedere. È questo il miracolo che volevi, la nostra vita. E non importa il tempo che abbiamo perduto se, alla fine, siamo ancora assieme.”

Edward aveva la voce che tremava. Spike annuì, piano. Ma il movimento bastò per far scendere le lacrime. Chiuse gli occhi, sperando di fermarle, desiderando liberarsene.

 

Quando li riaprì, Edward se ne era andato.

 

E non restava che stringersi la testa tra le mani e pensare ancora a quel respiro che era dolce, puro e più forte di ogni altra promessa.

 

***

 

Attraversava sempre il cortile con rabbia. E si sfogava sulle cinghie della moto, legando le sacche.

Angel, appoggiato al muro delle cantine, nell'ombra, con le mani in tasca, non lo chiamò. Lo guardò soltanto, di schiena, deciso eppure in preda a un tremito. Lo guardò piegarsi, la mano sul sellino, l'altra alla gola. Poi rialzarsi, di nuovo diritto, spavaldo. E voltarsi, venendogli incontro.

Ciao.” - disse Edward, varcando la demarcazione tra luce e buio. I capelli brillarono ancora per un istante mentre, spossato, si lasciava andare contro al muro - “Scusa se ti ho fatto aspettare.”

Non fa niente.” - rispose, tranquillo, voltandosi. Uno di fronte all'altro, i piedi puntati, le mura alle spalle. Edward si stava accendendo una sigaretta e, quando ne offrì una, Angel vide l'oggetto che aveva tra le mani, sotto la fiamma ancora accesa del fiammifero.

William l'ha visto?” - chiese soltanto, raddrizzandosi, la prima boccata di nicotina nella gola.

 

Nessuna risposta. Sono un annuire arrabbiato.

 

Non salire subito.” - mormorò, arrogandosi il diritto di un consiglio, per una volta - “Non è stato facile.”

Non è stato facile per nessuno di voi.” - lo corresse con tranquillità Angel.

Ed Edward distorse la bocca in un sorriso denigratorio. Aveva di nuovo il mento che tremava, gli occhi troppo luminosi.

Credo di aver detto solo idiozie.” - scosse la testa, in preda a qualcosa di simile a una risata - “Io non... non ho detto la metà delle cose che volevo dirgli e ora...”

 

Non è vero, ho mentito.

Mi importa del tempo che abbiamo perduto.

Mi importa tanto. E rimpiango ogni attimo.

Le cose che ho fatto, le cose che ho visto... non abbiamo condiviso nulla.

E non c'è nulla che sia stato come avrei voluto.

 

Avevamo tanto tempo, lo abbiamo gettato via per la mia stupidità.

Ed ora...

Ora...

 

Chinò la testa, cedendo, un palmo su un occhio, come in preda ad un dolore incontrollabile. E un singhiozzo, libero, gli salì dall'anima.

Edward.” - Angel si raddrizzò, istintivamente. E la fronte dell'immortale si posò sul suo petto, a sorpresa. Gli posò una mano su quei capelli, su quei singhiozzi che ancora cercava di domare.

Sei tu che fai la differenza per lui.” - sussurrò, strofinando quei riccioli scomposti. La prima volta che aveva visto William, lo aveva afferrato per i capelli. Ed erano morbidi, lunghi - “Non le tue parole.”

 

La mano di Edward gli strinse il bicipite. Poi il ragazzo si allontanò. La sigaretta era perduta, nella polvere.

 

Restava solo fumo... fumo negli occhi.

 

lo terrò d'occhio per te, finchè non tornerai.”

No, Angel. Proteggilo come sempre.”

Angel lo scrutò in viso.

E' questo che vuoi?”

No, è quello che vuole William.” rispose Edward, guardandolo. Non era uomo da asciugarsi le lacrime, una volta cadute. Nulla intaccava comunque la sua tenacia, nemmeno le scie argento - “E' lui che ha scelto te. Non dimenticarlo.”

E tu?” – domandò, sentendo le mani stringersi spasmodicamente nelle tasche – “Lo accetti?”

Non ti serve la mia approvazione.”

E se la volessi? Se questa volta, questa unica volta ne avessi bisogno?”

 

Non ti serve.” - ripetè Edward. E stava sorridendo, nel passargli un braccio attorno al collo e sussurrare nel suo orecchio - “Indipendemente da me... tu non puoi rinunciare a lui.”

 

Per questo so che non lo lascerai mai.

Mai.

 

Mosse un passo indietro, posandogli la mano sul torace, con un cenno di saluto.

 

Occupati di lui, Angel. Io non saprei farlo nello stesso modo.” - aggiunse, camminando a ritroso, emergendo alla luce - “E fallo per i motivi per cui lo hai sempre fatto. Non ti servono anche i miei.”

 

La luce lo fece svanire.

Ed Angel sbattè le palpebre guardandolo correre, mettere in moto, fulmineo.

 

Bad day, ancora.

Un nuovo bad day, Coventry.

 

Fai buon viaggio. E torna presto.

 

Ma se hanno staccate le teste, i cuori non ebber domati....” - un sussurro, nel vento del mattino, un sussurro coperto dal rombo di una moto - “Furono più che valenti: da morti restano sempre guerrieri.”

 

Fra le ombre saran condottieri... fra i morti saran eroi.

Eroi.

 

E, il sussurro, nella polvere e nella cenere, volò lontano, fino all'orizzonte.

 

[EPILOGO]

 

 

Il dolore di un'attesa dura quanto lo strapparsi di una busta.

 

E' Edward?” - domandò Faith, sporgendosi sulla sua spalla per sbirciare.

A quanto sembra...” - commentò Spike, voltando la busta e mostrando il sigillo di ceralacca rossa. Alzò gli occhi, distratto – “Ah,Methos, grazie di avermela portata.”

Ma ti pare... il postino si invita a pranzo sempre due volte.” - Methos stava già frugando in frigo. Ma, tra il cartoccio del succo d'arancia e la torta avanzata, si era concesso di rifilargli un'occhiata.

Camicia bianca, jeans azzurri, capelli gettati indietro. Anche in penombra, Spike era... policromo.

 

Si, policromo.

 

Dice qualcosa di interessante?” - domandò Doyle. Era in castigo, per uno sbornia di troppo al locale di Lorne. Cordelia lo aveva messo a pulire fagiolini al tavolo della cucina. E Spike gli rivolse un'occhiata di pura sufficienza, seduto sopra al mobile.

Ti risulta che mio fratello dica mai qualcosa di non interessante?” - domandò, petulante.

Oddio... ha avuto dei momenti meno brilllanti nella sua vita... ad esempio, c'è stata quella piccola crisi religiosa in Thailandia...”

Methos, non voglio sapere.”

E' più divertente se te la racconto io, credimi.”

Non...” - Spike sembrò ripensarci - “Ma si, potresti non avere torto. Dopo ti offro una birra. Non dimenticarti i particolari peggiori.”

E tu gli crederai se ti parlerà male di Edward?” - lo punzecchiò Faith, guardandolo. Era calmo. Lo era in maniera strana, ormai da tempo. Lo sguardo si perdeva, lontano. La bocca si contraeva appena.

 

William era qui.

Ma Spike... era difficile sapere dove fosse Spike.

 

Ovvio.” - fu la risposta, serafica. E ridente - “L'obbiettivo è svecchiare la visione che ho di lui.”

A partire dalla perfezione?” - mormorò Angel, attraversando la cucina e cercando il caffè. Sotto il lavandino, una razionalità impagabile - “Un bel modo di sprecare il tuo tempo...”

Fatti i fatti tuoi.” - fu la risposta. Ma saltò ugualmente giù dal ripiano, porgendogli due fogli e la caraffa introvabile - “Tieni, il tuo nuovo amore ti manda una missiva. Sa di profumo.”

Grazie.” - fece scivolare la carta ruvida in tasca - “Gli devo ancora un bacio, avrà scritto per reclamarlo.”

Ma che schifo!” - spike era davvero orripilato. E gli voltò le spalle – “Sto immaginando cose che non devo. Non voglio vedere.”

Nè sentire.” - fece eco Faith.

O assaporare.” - dise Angel, indicandola con approvazione.

No, assaporare ho assaporato.” - scherzava su molti episodi di quel giorno ormai non più così vicino. E lo faceva sbirciandolo - “Morso, ricordi? Geloso? Io si e tu no.”

Posso sopravvivere senza bere da tuo fratello.” - commentò Angel, appoggiandosi al mobile. Poteva scherzare, poteva dissimulare, ma qualcosa gli scivolava sempre negli occhi - “Non credo che il sangue di immortale sia questa gran cosa.”

Come ti sbagli.” - commentò a bocca piena Methos. Aveva persino al panna spray nella destra - “Siamo delizc-ziosi.”

Tu sai sicuramente di coccodrillo.” - sottolineò la cacciatrice.

Probabile.”

Taci, Francis. Forza, pulire i fagiolini.”

Pulisco i fagiolini.”

No, in effetti non siete male. Dolci e sfiziosi.” - Spike era già sulla porta. E la lettera, per l'impazienza, era semrpe più appallotolata nela sua mano - “Forse non vi interessa... ma, a scopo di informazione, il sangue immortale ha il sapore di quello delle cacciatrici. Credetemi. Io ne so qualcosa.”

Ah si!” - Faith saltò giù dal mobile, inseguendolo - “te le do io le cacciatrici, adesso!”

I loro passi si erano allontanati. Era aleggiata solo una risata, come un fantasma.

Ma in cucina era silenzio. E di fagiolini puliti non ne stavano più cadendo nella coppa.

Methos sembrava aver perso l'appetito. Ed Angel impassibile, aveva gli occhi bassi. Solo Doyle si concesse un sospiro. E, dopo un attimo, una sigaretta.

 

Ti sbagli…

non è il sangue immortale...

è il sangue di Edward ad avere quel sapore.

Il tuo sangue, Spike.

Il tuo sangue.

E' la tua anima.

 

(2 dicembre 2008)

  
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