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Autore: doublefire    25/02/2013    4 recensioni
Henrik Mikaelson, re di Camlann, ha un servo di nome Brendan Davis. Pochi sanno che quel servo in realtà è un mago. La pace in Camlann verrà distrutta e Brendan dovrà svelarsi per salvare il regno; mentre nel frattempo amori impossibili -o forse no- nascono all'interno del castello, rimanendo nascosti per anni, affrontando difficoltà che tenteranno di ostacolarli.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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It's not right but I love you.
 

Ciao a tutti! 
Completamente inventata e del tutto nuova, giuro.
Spero vi piaccia, e ora buona lettura.


 


 

 

Erano passati ormai oltre cinquant'anni dalla Grande Epurazione, periodo in cui tutti i maghi e le streghe, o quelli ritenuti tali, erano stati brutalmente messi al rogo dal re Gabriel. Nel 51O d.C. molti giovani accusati di praticare le arti magiche furono sterminati; è una data che nessuno dimenticherà presto, per quanto la nobiltà di Camlann tenti di nasconderlo e di farlo passare come una salvezza per il regno, nonostante tutti sappiano che così non lo è mai stata.

Sangue, violenza, morti. Aveva provocato solo quello, altro che salvezza.

Lo riconosceva anche Henrik, nuovo re, figlio di Gabriel, morto nel 557 d.C, il 25 Maggio dello stesso anno Henrik venne proclamato re di Camlann, acquistando i territori e tutti i poteri per governare quel regno che aveva vissuto a lungo sotto la dinastia dei Mikaelson e che sarebbe continuata ancora grazie a re Henrik, che tutti adoravano.

Tutti tranne il suo servo, Brendan Davis, un povero ragazzo che aveva deciso di lavorare per il re per avere un po' di prestigio, per quanto strigliare cavalli e preparargli da mangiare ogni giorno potesse essere considerato prestigio. E tutti i giorni erano uguali, per Brendan. Obbedire, obbedire, essere cortese senza sbraitare contro Henrik che non riconosceva i suoi sforzi ma continuava a prenderlo scherzosamente in giro. «Incapace, sfaticato!» ripeteva in continuazione al povero ragazzo che, d'altro canto, borbottava sempre parole di scherno al re, senza farsi sentire se no sarebbe finito facilmente alla gogna -ci era finito spesso e non voleva ripetere quella bellissima esperienza un'altra volta. La sorella di Henrik, invece, era veramente amata da chiunque; era la più bella del regno, molti cavalieri avrebbero voluto ottenere la sua mano, ma lei voleva preservare la castità fino a tempo debito. Si chiamava Lucy, Lucy Mikaelson, e la sua serva era proprio la sorella di Brendan.

Una famiglia destinata a regnare, l'altra a servire. Ormai, però, l'amicizia nata tra Brendan ed Henrik andava oltre al rapporto di servitù normale tra re e servo. Brendan lo accompagnava ovunque, letteralmente, mentre Rebekah era molto legata alla sua padrona.

 

Era il 14 Febbraio del 564. Il sole tiepido riscaldava appena l'aria e la vita della cittadella era iniziata già da un'ora, quando Brendan entrò nella camera di Henrik per svegliarlo.

«Sire, è mattina, svegliatevi! I sudditi la aspettano per le udienze» disse, spostando le tende e lasciando che i raggi del sole finissero proprio sul viso di Henrik, che tentò di girarsi per dormire. Era sempre stato un dormiglione di prima categoria.

Lui e Brendan si somigliavano parecchio in alcuni aspetti e questo era uno di quelli.

«No. Se li risolvono da soli i problemi!» sbuffò, nervosamente. Odiava essere svegliato quando sognava, e stava sognando la pace nel proprio regno quindi era ancora più nervoso, visto che non c'era molta pace nei regni circostanti e la cosa colpiva purtroppo anche Camlann.

«Oh sì, ora vi alzate e vi vestite, così da ricevere i sudditi. Su!» disse Brendan molto convinto, spostando le coperte e scoprendo il corpo mezzo nudo di Henrik. Ormai ci era abituato, non era strano vedere mezzo -o addirittura completamente- nudo il re.

Dopo averlo convinto e, sfortunatamente, vestito -visto che il re era ''troppo stanco'' per vestirsi da solo- lo accompagnò come ogni volta nella sala del trono e delle udienze.

Passarono due, tre ore, ormai non si capiva più niente. Henrik stava per addormentarsi, e così anche tutti gli altri presenti, compresi Brendan, Lucy e Rebekah.

 

Una volta finito tutto, chiamò Brendan, ordinandogli di prendere il necessario per la caccia, due cavalli, e qualche pezzo di pane secco per attirare cervi e animali del genere. Quella sera voleva mangiare da re, anche se lo era già di suo.

«Bravo, testa di fagiolo! L'hai fatto scappare» alzò la voce, guardando Brendan che, avendo appena rotto involontariamente un legnetto, aveva fatto scappare un cinghiale.

«Non è stata colpa mia!» ribatté non tanto convinto il moro, guardando gli occhi azzurri di Henrik. Sbuffò, per poi ritornare ad accarezzare il cavallo nero che aveva accanto a lui. Era sempre scorbutico con lui, non gli dimostrava mai niente né gli diceva un grazie: sarebbe anche potuto essere non voluto, ma gli avrebbe fatto piacere veder riconosciuti i suoi sforzi. E nonostante quello non riusciva a odiare il re, non riusciva a lasciarlo poiché sapeva che se l'avesse abbandonato, Henrik non sarebbe stato in grado di muovere nemmeno un muscolo da solo. Henrik stesso sapeva questa cosa: voleva bene a Brendan ma non glielo diceva mai per non apparire debole. Un re non poteva mostrarsi debole, doveva essere forte e deciso, sicuro di sé ma non prepotente, coraggioso ma non impulsivo.

«Se non sbaglio sei tu quello che ha spezzato il legno. E così è scappato» disse, dandogli un leggero schiaffo sulla testa, senza fargli esageratamente del male -dopotutto non avrebbe potuto farlo nemmeno volontariamente.

Brendan restò zitto, senza ribattere. Tanto sarebbe stato inutile come ogni volta, e alla fine sarebbe finito di nuovo alla gogna. Henrik non sapeva molto di Brendan, nemmeno che la madre era morta per darlo alla luce; tutti pensavano fosse morta per cause naturali, ma nessuno sapeva veramente la verità: Brendan era un mago. Sì, un ragazzo con doti magiche. Doti potenti, che potrebbero sconfiggere lo stesso re in pochi minuti e distruggere Camlann e tutti i regni circostanti. Per fortuna di tutti Brendan era stato allevato saggiamente dal padre e aveva dovuto diventare responsabile e curare casa insieme alla sorella, visto che il padre non si occupava di questi 'lavori da donna, come li definiva lui. Il suo cuore era puro, si sarebbe sacrificato subito a costo di salvare Henrik e il regno.

Suo padre spesso lo incolpava di questo. «Alice è morta per colpa tua, Brendan! Disgraziato! Tu e i tuoi maledetti poteri!» urlava, forse fin troppe volte. Brendan scappava nel bosco, inseguito dalla sorella che lo rincorreva per consolarlo. Lei non lo incolpava di nulla; sapeva che il fratello era un bravo ragazzo e che non era stata colpa sua se sua madre era morta per dargli la vita.

«Mi rispondi? Sei incantato?» disse Henrik, sventolando la mano davanti alla faccia di Brendan, che stava ripercorrendo ancora tutti quei momenti con la mente, cercando di non stare male.

Non sopportava quando la gente che conosceva lo vedeva stare male. Di solito solo la sorella aveva il permesso di vederlo piangere e avere tutta la libertà di consolarlo. Anche perché solo lei ci riusciva, sembrava che a nessuno fregasse di lui. Per questo, si sentiva spesso solo.

«Scusatemi, stavo solo pensando.» disse cercando di sembrare il più credibile possibile, tenendo il cavallo mentre i due camminavano nella foresta, lentamente.

«Tu pensi?» ridacchiò Henrik, non notando il leggero fastidio del servo in quel momento, che restò di nuovo zitto subendo ogni parola.

Una volta trovato e catturato con una freccia nelle gambe un cervo, tornarono al castello. Le ore che passavano insieme scorrevano troppo velocemente. Il bosco in quel periodo era rigoglioso, semplicemente magnifico. Brendan ci andava anche per svagarsi, e ormai il re aveva imparato che se non lo trovava doveva essere per forza su un albero a pensare a chissà che cosa. Per lui, quel ragazzo aveva sempre la testa fra le nuvole.

 

Passò un giorno dalla caccia, ma niente di tutta la routine che ogni giorno si ripeteva al castello cambiò. Henrik si svegliò, si vestì con l'aiuto di Brendan e dopo le udienze all'allenamento con i cavalieri che difendevano valorosamente il regno. Le armature di metallo, i mantelli rosso fuoco, poiché i cavalieri erano spinti dalla passione e dall'amore per il re e per il regno, a combattere fino a perdere la vita. Avrebbero affrontato anche il drago più anziano e potente, il mago più malvagio e forte, pur di salvare Henrik e Camlann.

E Brendan, pur non essendo un cavaliere, avrebbe fatto lo stesso. Senza spada, poiché non poteva manovrarla né possederla, ma avrebbe usato i suoi poteri, sebbene nascosto. Nessuno avrebbe dovuto sapere il suo segreto e quello della sorella.

 

«Forza! Para i colpi, contrattacca! Non sai fare niente!»

Henrik cercava di motivarlo ma Brendan era troppo debole anche per maneggiare la spada, e così si dovette limitare a subire i colpi di Henrik, continui e senza sosta, con forza crescente. Una volta stancato il giovane re lo lasciò andare, ridendo, prendendolo anche un po' in giro assieme ai cavalieri.

 

Brendan rientrò a casa sbuffando, sbattendo la porta, forse un po' troppo fortemente. Rebekah, sua sorella, si preoccupò immediatamente e, pensando che fosse successo qualcosa andò a controllare il fratello minore all'entrava, che coincideva con il salotto.

Sorrise sollevata vedendo che Brendan stesse bene ma quel sorriso scomparve subito, vedendo lo sguardo del moro che, sconsolato, si sedette sul divano sotto le mensole con le spezie per cucinare.

«Brendan, che hai?» disse preoccupata la sorella, raggiungendolo in quel che si poteva definire salotto. Un divano di fortuna, fatto con la paglia e con un telone sopra, un tavolo di legno basso come poggia piedi e varie mensole sparse qua e là.

«Secondo te? Henrik si sfoga sempre su di me. Mi usa come manichino per gli allenamenti, non mi ringrazia mai, anche se gli salvo la vita! Non posso nemmeno farglielo notare perché come minimo mi impiccherebbe» disse tutto d'un fiato, per poi sbuffare di nuovo.

«Che ne sai tu? Magari proprio tu gli fai cambiare idea, Brendan. Sei un ragazzo speciale, per me riusciresti a legalizzare la magia in tutta Camlann» disse, sorridendo. Era sempre stata fiduciosa, a volte anche fin troppo, fino a rimanere parecchio delusa in caso quello che pensava non si fosse avverato.

«No, è impossibile. Henrik mi impicca se scopre la mia natura» disse Brendan sconsolato. Henrik era come un suo fratello maggiore, solo più grande, biondo, ricco ma cocciuto quanto lui quando ci si metteva d'impegno. Rebekah sorrise appena, poco convinta, abbracciando leggermente il fratello, non sapendo cos'altro fare.

Il padre, con i suoi continui insulti, non aiutava affatto a ristabilire l'animo sorridente e felice che Brendan aveva quando passava i pomeriggi con Henrik, quelli in cui il re non lo obbligava a sgobbare come un mulo s'intende. Il moro si lasciò abbracciare dalla sorella, sorridendo appena. Le era sempre grato, era sempre disposta ad ascoltarlo, a differenza di loro padre. Era molto simile a loro madre, Alice. Lei era sempre sorridente, i lunghi capelli mori che spesso venivano raccolti con una coda dietro la schiena o, più raramente come alle feste, raccolti come uno chignon.

Era una donna bellissima, molte ragazze la invidiavano e altrettante le andavano a chiedere consigli su come diventare belle come lei. Brendan queste cose le sapeva solo per sentito dire dalla sorella o dal padre durante i suoi continui momenti di isteria.
Brendan davvero non lo sopportava. Spesso la sorella lo aveva bloccato prima che scaraventasse il padre contro il muro o gli facesse bere qualche pozione per ucciderlo o fargli dimenticare ogni cosa. Era insopportabile, nessuno lo avrebbe voluto come padre né come amico, dato il suo comportamento. Era muscoloso ma stupido: pensava che con la forza si potesse sconfiggere ogni cosa, anche la magia. Anche per questo i due ragazzi non lo sopportavano. Alice era una maga, e di conseguenza anche Brendan, ma nonostante ciò Anthony continuava ad andare contro le persone dotate di poteri magici tra cui streghe e druidi che popolavano le foreste attorno a Camlann, nascosti dal re e dai cavalieri che li avrebbero solo fatti impiccare dopo aver appurato che fossero veramente maghi e non umani. Perché sì, non venivano chiamati umani. Agli occhi di molti erano creature del male, del diavolo, anche se pochi di loro erano veramente malvagi come si vociferava tra i popolani che abitavano la cittadella.

 

Passarono i giorni, le settimane, i mesi, fino ad arrivare a Maggio. Precisamente il 19 Maggio del 564, giorno del compleanno di Henrik, del re. Tutta Camlann era in festa e i popolani cercavano in tutti i modi di cercare qualcosa da donare al re, anche se difficilmente gli mancava qualcosa, oltre all'amore. Ognuno usava il suo vestito migliore, e in un attacco di gentilezza il Re aveva donato vestiti decenti ai suoi servi, perfino a Brendan, che fino all'ultimo non ci aveva per niente creduto.

«Cosa devo fare in cambio?» chiese dubbioso, guardando il re.

«Niente» rispose Henrik sorridendo. «E' il mio compleanno e voglio che siano tutti perfetti.»

«Dai, ci deve essere un trabocchetto» ribatté il moro, che ancora non si fidava di quell'improvvisa gentilezza da parte del biondo. Effettivamente era strano da parte di Henrik regalare qualcosa a qualcuno che non fosse sua sorella, la principessa Lucy, che aveva compiuto gli anni esattamente sei settimane prima di Henrik, il quale le aveva regalato una collana d'oro e un anello d'argento, forgiato nel regno vicino, Bauteville.

«Non posso essere gentile?» domandò sospirando Henrik, ricambiando lo sguardo del servo.

«Sinceramente..no.»

Brendan scosse la testa, uscendo poi dalla stanza per andare a sistemare le ultime cose per la celebrazione del compleanno di Henrik. Tutti i principi avevano inviato qualcosa, chi la propria figlia sperando che la prendesse in sposa -Camlann era uno dei regni più potenti a quel tempo- ma nessuna delle ragazza fu scelta dal re per essere la sua regina. A Camlann mancava solo una regina, e poi sarebbe stato tutto veramente perfetto.

La serata nel castello passò tra giochi, feste, balli e vino, tutte cose offerte dal re e dalla corte. Perfino Brendan e gli altri servi poterono cibarsi e ballare. Era un giorno di pace e festa, raro alla corte, dove di solito ci si allenava. Brendan ed Henrik,che di solito litigavano come fratello e sorella, sedevano accanto a bere insieme. Sembrava un mondo parallelo.

Ormai il tramonto stava per finire e le tenebre stavano per coprire Camlann, lasciando spazio alla notte. Henrik aveva bevuto troppo vino e come al solito toccava a Brendan portarlo in camera e metterlo a letto, come un bambino. Era visibilmente ubriaco e nonostante tutto anche il servo era un po' brillo a causa del vino. Non era abituato a bere del vino e quindi aveva ceduto quasi subito.

«Vostra Maestà... dovete andare a letto!» disse Brendan, ridendo, buttando non tanto gentilmente Henrik sul letto. Il re ridacchiò senza senso, guardando Brendan. Un po' timidamente il servo si avvicinò a lui, aiutandolo a togliersi la camicia, il mantello e tutto quello che non gli sarebbe servito per dormire. Una volta lasciato a petto nudo, fece per andarsene, ma il re lo fermò per la mano, tirandolo sul letto accanto a lui, ridendo. Era decisamente ubriaco, sì, e Brendan l'aveva visto benissimo.

«Re, non posso stare qui, lasciatemi!» protestò Brendan, ma senza ottenere risultati. Henrik lo teneva saldo a sé, convinto che fosse una donna.

Farfugliando qualcosa di incomprensibile, Henrik si addormentò sopra le coperte, con la mano attaccata a quella di Brendan, che ancora sveglio riuscì a fuggire dal re ubriaco e non più tanto razionale e saggio come sempre e andò a casa, buttandosi sul letto, pensando a quello che aveva fatto Henrik.

«Era di sicuro colpa dell'alcool» si ripeteva in continuazione. E come una cantilena cantata dalla madre, si addormentò sul divano, esausto e atterrato dal vino che aveva bevuto fino a pochi minuti prima. Si era ripromesso di non berlo mai più, vedendo gli effetti che gli aveva procurato e che gli procurò la mattina dopo, quando si svegliò con un leggero mal di testa che andò aumentando per tutta la giornata. Non riuscì nemmeno ad andare al lavoro e così mandò Lucy ad avvisare il re che, per quella volta, doveva cavarsela decisamente da solo.

Anche Henrik non era messo meglio, anzi, era messo decisamente peggio. Aveva anche lui mal di testa.

 

Il giorno dopo Brendan se la dovette vedere con un re piuttosto stanco e anche alquanto arrabbiato per la sua assenza, anche se non aveva fatto niente pure lui, ma quelli erano dettagli che sarebbero stati omessi.

«E così non eri in grado di venire, eh?» domandò nervosamente Henrik, guardando Brendan negli occhi.

«Non che avesse bisogno di me. Lucy mi ha detto che non vi siete mosso dalla vostra camera» disse ridendo Brendan, prendendosi immediatamente uno scappellotto. Quel giorno Henrik lo aveva costretto ad accompagnarlo al lago ad allenarsi. L'acqua tonificava, diceva, ma Brendan sapeva che era solo un modo per umiliarlo.

Arrivarono finalmente alla riva e Brendan posò tutto l'occorrente. Come al solito prese una spada e uno scudo, e lo stesso fece Henrik.

Si misero uno davanti all'altro e, improvvisamente, Brendan attaccò. Nemmeno Henrik se lo aspettava, e si trovò decisamente impreparato a quell'azione del servo, che era solito subire ogni attacco senza dire nulla, passivamente.

Brendan sembrava come posseduto. Non si fermava, e continuava ad avanzare. A momenti Henrik non riusciva a parare i suoi colpi. In realtà Brendan stava solo liberando la rabbia repressa per tutti gli insulti del re verso di lui, per tutte le umiliazioni, per tutte le prese in giro, per tutte quelle volte che non lo aveva ringraziato, per tutte quelle volte che non aveva ricevuto nulla in cambio ai servigi che svolgeva diligentemente ogni giorno e ogni anno. Ormai lavorava per il re da nove anni, ma in questi non aveva mai visto lo straccio di un ringraziamento. E visto che lì non li avrebbe potuti vedere nessuno, decise di dare una lezione a quello spocchioso e snob di un nobiluomo. E così, affondo dopo affondo, riuscì a buttare a terra Henrik, che finì in acqua. Si pentì subito di quello che aveva appena fatto, andando subito a soccorrerlo, tendendo la mano al re.

Il biondo, sorpreso ma amareggiato per la sconfitta, decise di trarre in inganno il giovane moro, buttandolo in acqua trascinandolo con sé.

Iniziò a ridere, per poi essere seguito dal servo che non riuscì proprio a trattenersi.

E forse fu quello il vero inizio della loro amicizia.

«Grazie.»

Nessuno si sarebbe aspettato quelle parole da Henrik, ancora meno dopo aver perso un duello, soprattutto dato il fatto che quel duello l'aveva vinto proprio il suo stesso servo.

«D-di cosa? Ho vinto io, e vi ho pure buttato in acqua.»

Nonostante il suo leggero fastidio nel servire Henrik, Brendan di certo non era irrispettoso nei suoi confronti. Non si sarebbe mai immaginato una risposta così da Henrik, ma proprio mai mai.

«Di avermi fatto capire che anche un servo può salvare il regno. E dammi del tu, sono quasi dieci anni che lavori per me.»

Henrik sorrise, alzandosi, completamente bagnato. I vestiti si erano attaccati al suo corpo e si potevano vedere i muscoli causati dagli innumerevoli allenamenti a cui si era stato sottoposto fin da piccolo. D'altronde a Brendan non andava meglio. I suoi vestiti non tanto preziosi come quelli del padrone -o amico?-, erano zuppi e fradici, e attillati al suo corpo.

Entrambi si tolsero tutti i vestiti, tranne i boxer. Avevano ancora il proprio pudore da conservare e inoltre ognuno non voleva vedere nudo l'altro nemmeno per errore. Non era decoroso che sue uomini si vedessero nudi, a quei tempi, cosa contraria per le donne. Era una cosa normale lavarsi, tanto erano sottomesse agli uomini -esclusa Lucy Mikaleson, completamente libera e non sottomessa a nessuno se non al fratello Henrik, ma nemmeno a lui, talvolta: era una ragazza tosta- e quindi non c'erano problemi.

Si sedettero uno di fianco all'altro, sull'erba, sperando che i vestiti asciugassero presto. Ed eccoli lì, un servo e un re. Seduti come due vecchi amici in riva ad un lago e senza vestiti, come se fosse normale.

In caso qualcuno li avesse visti avrebbe di sicuro arrestato Brendan, visto che non era onorevole vedere il re senza vestiti, anche se lui ci era relativamente abituato, aiutandolo ogni giorno. Era una bellissima giornata per parlare, ma di novità non ce ne erano molte e tra re e servo gli argomenti scendevano a zero se si escludevano le novità al castello.

A nessuno importava della vita privata dell'altro, quindi un altro argomento da eliminare; fino a che ad Henrik venne un buon spunto di conversazione.

«Dove hai tirato fuori tutta quella grinta?» domandò interrompendo il silenzio che si era creato ormai da una decina di minuti.

«Non saprei» Brendan mentì. Non pensava che il re sarebbe stato contento sapendo che tutto quello era stato causato dal fatto della poca riconoscenza dei suoi sforzi.

«Non mentire» disse, sorridendo, spintonando il ragazzo accanto a lui, che preso alla sprovvista cadde a terra, appoggiandosi sul gomito. Brendan sospirò, tirandosi su, guardando il lago. Alzò le gambe e le piegò, in modo da poggiare sopra le braccia.

«Il fatto che voi.. tu non mi riconosci tutto quello che faccio per te..» disse velocemente, appena imbarazzato. «..è strano non darvi del voi» aggiunse, ridacchiando, poco dopo, mentre la calma del lago aveva qualcosa di magico. Forse Brendan avrebbe dovuto dirglielo.

In fondo ormai erano amici, non più re e servo. Erano amici. Strano da dire, vero? Nessuno lo avrebbe mai detto, né Henrik né Brendan. Era tutto così.. strano. Forse era stato il lago: aveva forse il potere di pacificare ogni persona?

«Immaginavo» disse, Henrik, come preso da un attacco di compassione in quel momento. Si era appena reso conto che non aveva mai detto un sincero 'Grazie' al suo fedele servo, nemmeno una volta, per quello dava per scontato che gli fosse dovuto ogni cosa. Invece no; Brendan lavorava per lui e non aveva mai ricevuto un qualcosa in cambio che non fosse il suo salario. Era devoto al re, lo avrebbe protetto in ogni modo, anche rivelando le sue doti non del tutto normali. Sarebbe stato rischioso, ma lo avrebbe fatto, pur di salvare Henrik avrebbe rischiato la sua stessa vita.

«Lo sapevate?» chiese, curioso, Brendan, dimenticandosi che Henrik gli avesse detto che poteva chiamarlo come più gli aggradava; in fondo per entrambi ora l'altro era un amico sincero a cui confidarsi. Era strano l'effetto che il lago faceva alle persone. Sembrava.. magico.

Il lago di Camlann: un luogo magico e fantastico. Il bosco faceva da ombra per tutta la riva e l'acqua, fresca, poteva dissetare chiunque passasse in quel posto. Ormai quel lago, pur essendo al di fuori delle mura del castello, era considerato del regno, poiché il popolo andava lì a rifornirsi d'acqua.

«Sì. In un certo senso. E il grazie di prima era per tutto quello che hai fatto per me, Brendan.»

Il suo sguardo si spostò su quello del servo che, sorpreso, era rimasto a bocca aperta senza sapere cosa dire. Gli sguardi si bloccarono per pochi secondi, il tempo che servì a Brendan per mettere in croce una frase sensata senza farfugliare qualcosa di inutile e incomprensibile, cosa che gli succedeva spesso quando veniva colto di sorpresa, in senso buono.

«Grazie a te, Henrik» rispose, senza saper dire altro. Henrik gli aveva dato un lavoro, sia a lui che a sua sorella Rebekah, che era da 3 anni la serva di Lucy. Sembrava quasi una cosa della famiglia Davis servire la famiglia Mikaelson.

«A volte vorrei essere un semplice popolano come te. Non avere impegni, preoccuparsi solo di cosa ci sarà a cena la sera, se ci sarà. Essere re è fin troppo stancante. Si dice che Mikael sia stato colui che fondò Camlann, e che da lui ha preso nome la stirpe: i Mikaelson. Non ci ho mai creduto tanto, né mi interessa. E non so nemmeno perché te lo sto raccontando, forse ti annoia pure» disse, per poi ridacchiare appena. Giravano tante voci sull'origine di Camlann e sul nome della famiglia regnante. Molti dicevano che era nata dalla magia, ma ovviamente i Mikaelson, soprattutto Gabriel, rifiutavano nel modo più assoluto questa idea. Altri sostenevano l'idea che aveva esposto Henrik; altri ancora dicevano solo che tra i fondatori di Camlann c'era un tizio più potente di nome Mikaelson che diede inizio alla stirpe regnante. Ovviamente l'ipotesi più seguita era quella del fondatore Mikael, anche se non c'erano prove sufficienti.

«Siete un ottimo re, Henrik, e lo sarete fino alla fine dei vostri giorni. E poi ci sarà vostro figlio, che sarà migliore di voi, perché avrà imparato da lei i vostri insegnamenti e li avrà sviluppati fino a perfezionarli. E così via» rispose Brendan, sicuro e fiducioso nella forza del proprio re. «E ora è meglio ritornare a Camlann facendo finta che non sia successo niente.»

Il servo si alzò andando a recuperare i vestiti di entrambi, lasciati sull'erba ad asciugare.

«Perché dobbiamo fare finta che non sia successo niente? Mi hai battuto, ed è giusto che tu te ne vanti con tutti.»

Dopo questa frase Brendan non seppe più cosa rispondere, e, ancora esterrefatto, si avviò insieme ad Henrik verso il regno. Ormai era ora di pranzo.

 

«Brendan, Henrik ha mandato qualcuno ha chiamarti! Ha bisogno di te» disse Rebekah, trovandosi due cavalieri del re davanti alla porta. Sbuffando e sospirando, Brendan uscì di casa, in tardo pomeriggio, raggiungendo il castello in pochi minuti, entrando nella stanza di Henrik.

«Cosa c'è, Henrik?» domandò, guardandolo. Che aveva in mano? Sembrava una collana. Anzi no, era una collana. Una collana di fiori. Quel giorno era quello in cui, tre anni prima, era morta la madre di Henrik , donna gravemente malata a cui nessun medico era riuscito a fare qualcosa pur alleviarle il dolore; fino a che, alla fine, si era abbandonata a se stessa, morendo dopo mesi di continua agonia.

«Ho capito. Volete che la porti io alla tomba?» domandò, avvicinandosi. Era una bellissima collana di fiori, fatta benissimo e senza nessuna imperfezione. Sarebbe stata perfettamente sulla tomba in cui riposava Ginevra, madre di Henrik e Lucy.

«No, volevo che la portassi assieme a me. L'hai conosciuta, e l'hai aiutata molto quando io non potevo. Quindi sarà felice di vederti lì» disse, Henrik, prendendo il mantello dopo aver consegnato la corona di fiori a Brendan, che scese a prendere i cavalli per raggiungere il posto in cui riposava Ginevra. Era in mezzo al bosco, con una piccola pietra a segnalare il luogo sacro e dei fiori. Era la radura in cui, quando erano, Ginevra portava Henrik e Lucy per farli giocare con le farfalle e per fare raccogliere loro i fiori selvatici; il re e sua sorella tenevano molto a quel posto e controllavano sempre che nessuno rovinasse il luogo di riposo della loro madre, che li aveva abbandonati troppo presto secondo loro.

 

«Eccoci» sussurrò Brendan, che non voleva spezzare la magia che avvolgeva quel luogo che, pur essendo totalmente naturale se non in alcuni punti, aveva qualcosa di magico di equiparabile al lago di Camlann.

«Ciao, mamma» sussurrò Henrik queste parole prima di posare la corona sul terreno, sospirando. Gli mancava, gli mancava da morire; e anche se era grande avrebbe tanto voluto sentire ancora le braccia di sua madre stringerlo. Ne aveva bisogno, alcuni giorni non riusciva a condurre il regno da solo, senza nessuno accanto che lo amasse.

«Di sicuro manchi anche a lei» disse Brendan, poggiando una mano sulla spalla del biondo che, con gli occhi chiusi, era rimasto in ginocchio davanti alla tomba di Ginevra. Si alzò lentamente, stringendosi improvvisamente a Brendan. Di solito ci era andato sempre da solo, ma da quella mattina al lago aveva deciso che Brendan sarebbe potuto benissimo venire anche lui a quella specie di cerimonia privata di commemorazione della ex regina che aveva governato a lungo, assieme a Gabriel.

Brendan non avrebbe mai potuto immaginare di vedere Henrik così.. emotivo, ecco. Non sapeva nemmeno cosa dire visto che non era abituato a cose del genere. Si limitò ad abbracciarlo, forte, cosa che sarebbe servita più di qualunque parola o gesto d'affetto, in quel momento.

Henrik si staccò, e guardando Brendan negli occhi sorrise. Forse non sapeva cosa stava succedendo, forse non immaginava cosa stesse per fare. Ma restava il fatto che non riusciva a staccare i suoi occhi dai suoi, mai li aveva osservati così da vicino. Erano meravigliosi. Color ambra, erano perfetti. Come poteva non essersene accorto prima? Era da dieci anni che Brendan lavorava per lui ed era stato così stupido da non accorgersi di quanto fosse bello quel ragazzo.
Successe tutto troppo velocemente per accorgersene. Le mani di Henrik si posarono sul viso di Brendan, e quelle del moro sul petto del re. Le loro labbra si toccarono troppo in fretta e per troppi secondi per staccarsi. Non fu un bacio qualunque, ma fu un bacio vero. Non uno finto quale spesso si davano un principe e una principessa, obbligati a sposarsi.

Quello era un bacio d'amore e lo sapevano entrambi. Infatti, era quello il problema. Sapevano entrambi che era un bacio d'amore e per questo nessuno doveva saperlo.

Henrik si staccò scioccato, corse al suo cavallo e ritornò a Camlann, lasciando Brendan da solo in mezzo al bosco. Quasi allo stesso tempo entrambi si leccarono le labbra, sentendo il sapore dell'altro su di esse. Brendan sorrise, Henrik chiuse gli occhi.

Entrambi dovevano dimenticare tutto quello che era successo, nessuno doveva saperlo. Era stata una sciocchezza, erano stati solo deboli in quel momento. Niente di che. Non c'era stato amore, non c'era stata passione.

Parole che, nella mente di Henrik, si confondevano, provocando solo disprezzo verso se stesso e confusione riguardo a Brendan, che era ancora nel bosco, seduto a terra, toccandosi le labbra.

Era stato tutto così magico, ma sbagliato. Per quello dovevano dimenticarlo. Era sbagliato, anche se si amavano, era sbagliato.

 

Passarono due anni da quel bacio.

Era il 566, Brendan lavorava ancora per Henrik, che continuava a regnare pacificamente su Camlann. Nel frattempo Anthony era morto e quindi Brendan e Rebekah erano stati accolti con cortesia al castello, in modo che non si dovessero preoccupare della casa. In questo modo però Brendan non aveva più scuse per arrivare tardi e così, ogni volta che tardava, Henrik era sul punto di punirlo, ma quando incrociava i suoi occhi si bloccava.

Non poteva, non era.. giusto. Era sbagliato. Si era dimenticato di Brendan, in quei due anni, anche se ce lo aveva sempre attorno visto che, dopotutto, era rimasto il suo servo.

«Brendan, lanciami i vestiti» disse Henrik spazientito di rimanere nudo dietro quello che doveva sembrare un separé di legno. Si era appena lavato e come sempre Brendan doveva portargli i vestiti, nemmeno fosse un bambino.

«Pff, nemmeno fossi la sua balia» borbottò il servo, andando a prendere i vestiti. Arrivò da Henrik e glieli passò, voltando lo sguardo per non vedere il re nudo, cosa poi non così decorosa.

«Eccoli, Henrik» aggiunse poco dopo.

Il re li prese, uscendo dal separé, trovandosi purtroppo ancora Brendan in camera che, involontariamente, lo vide senza vestiti. Il re, completamente nudo, a due anni dal loro bacio. Certo, era magnifico, ma non onorevole.

Brendan si morse il labbro nervosamente mentre il re si coprì velocemente con i vestiti, guardandolo. Gli occhi di Brendan erano fissi su quelli di Henrik, nessuno sapeva cosa dire, né cosa fare. Erano paralizzati.

Il moro si riprese, uscendo dalla stanza mentre Henrik, involontariamente, lo chiamò.

«Brendan, no!» disse, per poi tapparsi la bocca. Cosa gli stava succedendo? Brendan se ne era andato e aveva fatto bene, perché lo aveva chiamato? Non avrebbe dovuto farlo, dannazione. Non era giusto.

La sera di quel giorno non fu migliore del mattino. Brendan aveva lavorato tutto il giorno e si stava riposando sul letto della propria camera, o meglio di quella che Henrik aveva prestato a lui e alla sorella. Il re entrò, naturalmente, in camera, trovando Brendan dormiente.

All'inizio, si avvicinò velocemente al letto con l'intenzione di buttarlo giù dal letto visto che non aveva avuto il permesso di addormentarsi, ma una volta visto il viso di Brendan e il sorriso che gli illuminava il volto, si fermò.
Sorrise anche lui, come se fosse una cosa a lui dovuta, e si avvicinò al ragazzo sdraiato. Era così dannatamente bello che sembrava un angelo. Un angelo dannato che non poteva essere amato.

«Hen..Henrik..» sussurrò Brendan che, evidentemente, stava sognando. Il re, curioso, restò lì ad ascoltare, sperando che non si svegliasse improvvisamente. Brendan addormentato, crollato per la stanchezza, ma che comunque sorrideva, era una visione meravigliosa. Purtroppo il servo non disse altro, ed Henrik ci rimase male, visto che voleva sapere cosa stava sognando; così, ipnotizzato dalle labbra rosee di Brendan, si chinò, baciandolo. Purtroppo per lui il ragazzo si svegliò proprio in quel momento, sentendo le labbra di Henrik sulle sue. Incredulo, non riuscì nemmeno a staccarsi, perché era troppo bello per essere vero.
Finalmente, dopo alcuni secondi, spinse via il re un po' bruscamente, alzandosi dal letto guardando Henrik.

«Henrik, che fai? Non possiamo» disse Brendan alzando la voce, esasperato. Ovviamente gli era piaciuto e lo avrebbe fatto più e più volte, ma era totalmente sbagliato. Il biondo si alzò immediatamente, guardando Brendan negli occhi. Si avvicinò a lui, fissandolo, senza spostare lo sguardo da quello del servo. Non riusciva a dimenticarlo, spesso si era addormentato pensando a Brendan e spesso non si concentrava perché pensava ancora a quel giorno, di due anni fa, in cui le loro labbra si scontrarono per la prima volta e in cui i loro cuori furono legati da un filo invisibile ma indistruttibile, che niente riuscì a spezzarlo, nemmeno il tempo.

«Invece sì. Possiamo. Lo so che vorresti anche tu, non li hai mai rifiutati» disse Henrik, convinto al massimo che una possibile relazione -parola grossa per entrambi- si sarebbe potuta perfettamente nascondere al castello.
Ma non sarebbe stato così semplice. Un re e un servo non potevano amarsi, non dovevano amarsi. Era sbagliato.

«No, non possiamo, e lasciami stare, Henrik» disse nervosamente Brendan, cercando ci convincere più se stesso, che il re, che quello fosse completamente sbagliato. Il problema era che era stato sempre timido e piuttosto riservato e si confidava solo con sua sorella, ma anche a lei nascondeva alcune cose. Aveva dei segreti, parecchi, che non avrebbe rivelato a tutti. A Henrik non avrebbe mai rivelato i suoi poteri magici, a Rebekah il fatto che il re lo avesse baciato due volte.
Erano totalmente chiusi nella sua testa senza e nessuno li avrebbe mai saputi.

«Lo so che lo vuoi, si vede nei tuoi occhi color ambra» sussurrò il re, prendendo la mano di Brendan e stringendola.

«Solo mia sorella ha azzeccato il colore dei miei occhi.. come hai fatto?» disse lui sorpreso, sorridendo, lasciando che le sue dita si intrecciassero a quelle di Henrik.

Il biondo sorrise, guardando gli occhi del futuro amante.

«Ho imparato ad osservare bene ogni cosa che mi piace» sussurrò, per poi staccarsi, girandosi e andando verso l'uscita dalla stanza. Brendan rimase un attimo paralizzato e poi, seguendo Henrik, lo bloccò per una mano, facendolo girare.

«Segreto, però, vero?» sussurrò, lasciando che il biondo capisse a cosa si riferisse. Egli annuì, per poi andarsene, non prima di avergli dato un altro bacio, sulla guancia. Brendan si buttò sul letto, sorridendo felice. E sì, finalmente era felice anche lui, quella volta sul serio.

Nella sua mente, ripercorreva il bacio, la mano, le parole del biondo. Era tutto così perfetto, sembrava un sogno. Si toccò le labbra, sospirando. Era fantastico, Henrik era un re ma in ogni caso non potevano dire niente di quella cosa poiché era sbagliato. Era sbagliato ma si amavano. Cosa c'era di sbagliato nell'amore, però? Si amavano come un uomo amava una donna.. quindi, cosa c'era di errato nel loro amore? Il giovane mago non riusciva a spiegarselo mentre Henrik non se lo chiedeva nemmeno. Brendan lo rendeva felice e a lui importava solo di questo, e di nient'altro.

 

Passarono i giorni, le settimane, e la relazione -ormai si poteva chiamare veramente così- continuava in segreto tra le mura del castello. Nessuno sospettava di essa, né alcuni avevano tentato di scoprire cosa rendeva Henrik e Brendan così felici da farli sorridere ogni giorno, senza interruzione.

Quel giorno nessuno si sarebbe aspettato una cosa, una cosa che a Camlann non succedeva da anni: un assedio. Il re di Bauteville, per motivi del tutto sconosciuti, aveva dichiarato guerra ad Henrik e a Camlann. Il regno, preso alla sprovvista, aveva dovuto sottostare a un assedio di proporzioni gigantesche, visto che il re di Bauteville aveva chiesto aiuto alla contea di Somerset, sua alleata da decenni che di certo non avrebbe rifiutato l'aiuto.

L'assedio durava da ore, quando, nel castello, arrivarono pietra scagliate dalle catapulte. La torre nord venne colpita per prima, purtroppo. Lì c'erano le stanze della principessa che per fortuna era nei sotterranei, al sicuro. Henrik era alle porte per aiutare il popolo a bloccarle, Brendan dietro di lui portava viveri alle persone rimaste senza casa. Rebekah aveva seguito Lucy nei sotterranei e aveva portato con se una spada, per proteggersi.

«Non ce la faremo» sussurrò Henrik, esausto. Alcuni soldati stavano riuscendo ad entrare nel castello passando per la cittadella, debole e non tanto fortificata. Che Camlann fosse giunta alla fine del suo regno?

«Invece sì, Henrik. Sei il re più grande che Camlann abbia mai avuto, li sconfiggeremo» rispose fiducioso Brendan. Sapeva che avrebbe dovuto usare le proprie doti magiche per salvare Camlann, non avrebbe mai permesso che Henrik fosse ucciso perché lui era troppo codardo.

I soldati di Somerset, esperti nell'espugnazione di città e castelli. Purtroppo per Henrik quella volta era toccata a loro. Con un po' di fatica, i cavalieri riuscirono a buttare giù il muro, abbastanza per far entrare le truppe affinché mettessero a ferro e fuoco Camlann.

Nella battaglia morirono molti soldati da entrambe le parti, tra cui il migliore amico del re, Learco. Un cavaliere che con coraggio e valore si era conquistato la sua fama e una salda amicizia con il re. Henrik trattenne le lacrime quando seppe della sua morte, per messaggio di un cavaliere, che era corso a informarlo dell'invasione dei cavalieri di Somerset nel castello e, di conseguenza, nei sotterranei.

«Lucy!» urlò, preoccupato come non mai il biondo, correndo senza sosta a un'entrata dei sotterranei. Brendan lo seguì senza pensarci due volte, chiedendosi quale fosse stato il momento in cui si sarebbe dovuto rivelare al ragazzo che aveva davanti.

Nel frattempo, la principessa e Rebekah si erano rifugiate in una stanza dei sotterranei. La usava Lucy quando era piccola, non la conosceva nessuno. Ben nascosta, dietro a una parete, buia ma con una luce che entrava dall'esterno, poiché c'era una piccola finestrella che dava sul bosco.

Una volta arrivati nei sotterranei, Henrik urlò più volte il nome della sorella, e lo stesso fece Brendan, chiamando Rebekah.

Entrambi preoccupati, furono trovati dai soldati di Somerset che non erano ancora usciti dai sotterranei. Erano in cinque, e Brendan non sapeva maneggiare alla perfezione una spada, se non stimolato a dovere. Dopo vari e continui colpi di spade, Henrik cadde a terra, inerme, con la spada troppo lontano da lui per riprenderla senza essere ucciso.

Brendan era indeciso. Si sarebbe sacrificato, salvando così Henrik, oppure avrebbe usato i suoi poteri solo per rimandare la sua morte? Sospirò, mordendosi il labbro, nervosamente.

Lanciò una spada contro i cavalieri, uccidendone uno per pura fortuna. Approfittando della distrazione degli altri cavalieri, Henrik si alzò e, presa la spada da Brendan, corse verso l'uscita, ritornando sul campo di battaglia. Alcune case erano state bruciate, sebbene il popolo coraggioso cercasse di spegnerle, mentre alcuni uomini e ragazzi più grandi si organizzavano per sconfiggere alcuni che avevano tentato di ucciderli, senza alcun risultato.

Camlann era quasi distrutta, le mura erano crollate in più punti, molti erano morti o scappati nei boschi per rifugiarsi, Lucy e Rebekah erano al sicuro nei sotterranei. Brendan e Henrik, invece, furono circondati sia dai soldati di Somerset che da quelli di Bauteville. Henrik da solo non ce la poteva fare, e Brendan purtroppo lo sapeva, sapeva che doveva usare le sue doti magiche. Lentamente si voltò verso Henrik, sospirò, e chiuse gli occhi.

L'attimo dopo alzò la mano, al cielo. Gli occhi brillarono per pochi secondi, i soldati volarono via in un batter d'occhio, finendo a terra svenuti o morti per il colpo.

Prima di svenire per l'estremo sforzo, Brendan disse qualcosa che solo Henrik poté sentire, per quanto la sua voce fosse debole. Aveva esaurito le forze, non era abituato a sfruttare i suoi poteri così improvvisamente e usando così tanta potenza.

«Scusami per non avertelo detto» disse, e svenne. Ora i due sapevano cosa sarebbe successo. Brendan purtroppo sarebbe stato ucciso, e per questo, sebbene Camlann fosse salva, Henrik non riusciva ad essere felice. Il suo amico, o meglio amante, stava per essere messo al rogo per la pratica della magia, ma lui che era il re non poteva permetterlo. Sospirò, stringendo tra le braccia Brendan. Si sollevò ed entrò al castello con il corpo del servo sollevato di peso. Entrato nella sua camera mezza distrutta, lo posò sul letto. Gli passò una mano sul viso, mordendosi il labbro.

«Non permetterò che ti facciano del male, Brendan, te lo prometto» sussurrò, ovviamente nel più totale silenzio, visto che Brendan si era addormentato. La corte lo avrebbe fatto giustiziare il giorno seguente, se non fosse stato per Henrik, che convinse i principi a metterlo semplicemente nelle prigioni, che furono ricostruite in due anni, come tutte le mura e le case, che, dopo la guerra, si erano dimezzate.

 

Il 19 Settembre del 568, Brendan venne ufficialmente messo in carcere. E tutti i giorni, come promesso, Henrik gli portava da mangiare e da bere. Non le solite porzioni, ma il triplo, lui si meritava il meglio. Fino a quando, un giorno, il moro chiese al re il suo destino.

«Morirò, vero? Mi uccideranno.»

Henrik sì girò, velocemente, correndo alle sbarre. Se ne stava andando, e girandosi aveva visto il viso di Brendan abbassato dalla tristezza e anche dalla consapevolezza del suo unico e terribile destino.

«Non lo permetterò» disse, prendendo il viso di Brendan tra le braccia e baciandolo sulle labbra, dolcemente, come due vecchi fidanzati. In questi due anni Henrik aveva accolto Brendan nel castello, in modo di far credere ai principi di avere sempre quel mago sotto controllo, ma era solo un modo per averlo accanto prima del fatidico giorno in cui l'avessero messo al rogo. Brendan lo sapeva che prima o poi sarebbe successo. Quando Rebekah lo venne a scoprire, scoppiò a piangere davanti al re che aveva voluto darle di persona la notizia, ma non quello che aveva in mente e che pensava di fare. Sì, pensava, non ne era sicuro, aveva ancora paura dei principi, di essere spodestato e che la dinastia Mikaelson fosse conclusa con lui, poiché non avrebbero mai dato il regno in mano a un regina, ancor meno a due re.

«Non puoi farlo. Il mio destino era quello di proteggerti, di proteggere il regno. Ora che l'ho fatto, non ho più altro per cui vivere» disse, sconsolato, dopo aver ricambiato controvoglia il bacio. Voleva restare con Henrik, solo con lui, ma non poteva. Era sbagliato.

«Hai me» disse, lacrimando, il re, che non era riuscito a trattenersi. Era diventato troppo emotivo dopo il bacio con Brendan, e anche dopo l'ammissione della loro relazione a loro stessi, non riusciva a essere triste senza Brendan accanto. Gli mancava, il suo profumo era fantastico. Profumava di lavanda, quella appena sbocciata in un campo disteso per chilometri. Era un ragazzo bellissimo, tutti glielo dicevano, ma in quel momento Brendan voleva solo Henrik con sé.

«Hen.. ti amo» disse, in preda al panico, sentendo dei passi. Henrik si sistemò, non rispondendo a quelle parole. Pensava fossero le ultime, e che quel giorno fosse arrivato. Invece no, le guardie volevano assicurarsi che il re stesse bene visto la sua assenza prolungata nel castello e il fatto che era rimasto troppo tempo, per i loro gusti, con quel nemico del regno. Per Henrik e Brendan il tempo passato assieme non era mai stato abbastanza, avrebbero voluto passare tutto il giorno assieme, e non di nascosto come dovevano purtroppo fare negli unici momenti di pausa del re.

 

Dopo una settimana, la corte decise il giorno dell'esecuzione di Brendan. Da quel giorno mancavano esattamente due settimane prima che, in piazza, venisse bruciato vivo davanti al popolo, che ormai stava imparando anche ad accettare la magia e inoltre molti riconoscevano a Brendan il fatto di aver salvato il regno da un'inevitabile sconfitta. Quindi molti non erano d'accordo e per due settimane non si parlò d'altro.

A Rebekah fu permesso di visitare il fratello, e a lei obbligarono solo giorni di lavori forzati, visto che aveva tenuto nascosto le capacità di Brendan per tutti questi anni.

«Fratellino» disse, entrando nella cella cortesemente aperta dai soldati, buttandosi sul fratello che, sorridendo e piangendo contemporaneamente, si strinse alla sorella, felice di rivederla dopo tanto tempo. Purtroppo avevano impedito, o meglio vietato, a Rebekah di visitare Brendan poiché erano sicuri che lo avrebbe aiutato a fuggire dalla prigione e distruggere il regno. Lui, distruggere il regno che aveva salvato due anni fa? La corte ormai non ragionava più.

«Rebekah! Grazie al cielo. Mi sei mancata da morire» disse, dopo essersi calmato per la sorpresa del tutto inaspettata. La sorella che gli era stata sempre accanto finalmente poteva riabbracciarlo, dopo due anni di sofferenza e pianti.

«Come stai?» chiese, anche un po' stupidamente.

«Sto per essere messo al rogo, ma per il resto tutto a posto, grazie Rebekah» rispose, sospirando. Riusciva a strapparle un sorriso, anche in momenti come quelli. Oltre alla magia aveva quel qualcosa che era chiamato da sua sorella come 'magia del sorriso', perché a prescindere dal contesto, dal luogo, dalla situazione, e dalla persona, riusciva a far sorridere tutti. Il suo sorriso era contagioso.

«N-non morirai, vero? Ti puoi salvare.»

«No, non mi salverò. Così dovrò fuggire per sempre e non voglio» rispose, convinto. E aveva ragione, non poteva fuggire dall'esecuzione o avrebbe perso Henrik per sempre, rimanendo vivo. Preferiva morire che perdere il suo ragazzo.

«Signorina? Deve uscire» disse una guardia, entrando nella cella e, Rebekah, obbedendo ad ella, uscì da quel luogo, dopo aver lasciato un bacio sulla guancia del fratello.

«Rebekah!» la salutò Brendan, sospirando.«..Addio» disse, singhiozzando. Per un momento era a riuscito a non pensare a Henrik e la cosa aveva sorpreso perfino lui. Henrik era perfetto; era tutto quello che Brendan aveva sempre desiderato, quello che tutte chiamavano il 'Principe Azzurro'. E lui aveva il Re Azzurro, più prezioso di tutti. Non riusciva a pensare a un giorno senza di lui e ringraziava ogni giorno il lago per avergli donato le labbra di quell'uomo, del suo uomo. Si sdraiò sulla panca, mettendosi le mani nei capelli, resistendo a non piangere e al sonno. Henrik non gli faceva visita da un giorno, il momento si avvicinava. Ancora non si spiegava come mai ritardassero così tanto la sua esecuzione. Era un mago, sarebbe potuto scappare da un momento all'altro ma non lo faceva per Henrik, per Rebekah, per Lucy. Si erano legati a lui come un fratello -be', Henrik lo considerava più che un fratellino, ma quelli erano dettagli futili- e quindi non avrebbero sopportato saperlo in pericolo in ogni istante.

 

Il sole illuminava la piazza di Camlann da ormai 4 ore, quando Brendan entrò ammanettato in piazza, con i vestiti quasi stracciati e chiaramente provato dalle settimane passate nelle segrete, in cella. Henrik non era presente, era rimasto nelle sue stanze, non voleva ascoltare le urla strazianti di Brendan mentre il fuoco gli bruciava i vestiti, e poi quella pelle liscia, perfetta, che più volte le sue mani avevano accarezzato. E alla fine di quel ragazzo che poteva essere paragonato ad un angelo sarebbe rimasta solo la cenere.

La corte si mise sulle scale del castello mentre, al centro della piazza, Brendan veniva legato al palo. Rebekah aveva deciso di partecipare, sperando che qualcuno fermasse quell'ingiustizia, ma nessuno si fece avanti quando il capo della corte annunciò l'inizio dell'esecuzione.

Il malcapitato chiuse gli occhi, il boia prese la torcia, l'accese. Lentamente la torcia diede fuoco al legno che sottostava il ragazzo e la pedana. Le scintille iniziarono a brillare, il calore saliva, e il mago iniziava a preoccuparsi. Voleva solo vedere il suo amante, per l'ultima volta.

Le fiamme salivano mentre si sentì un urlo, un disperato urlo d'amore. Era Henrik che stava correndo da Brendan per fare qualcosa. La folla accolse in re in silenzio e con incredibile stupore, mentre la corte, stupefatta, rimase immobile. Si sentivano solo le urla di Henrik, quasi senza senso.

«HENRIK!» urlò il moro, mentre delle lacrime rigavano il suo viso. Era una visione? No, non poteva. Era vero, il biondo stava correndo da lui, forse per salutarlo un'ultima volta. Il re prese un mantello da una signora, velocemente. Salì sulla pedana, incurante delle fiamme crescenti e liberò Brendan con la spada. Lo avvolse nel mantello, ritornando a terra. Il vento aumentò e le fiamme bruciarono tutta la pedana, riducendo ogni cosa in cenere.

«Re! Come avete osato salvare quel nemico del regno?» chiesero, quasi insieme, alcuni membri della corte. Rebekah, per poco, non svenne. Aveva capito tutto fin da quando Il mago sorrideva tutto il giorno ed era felice di lavorare per il re: lui si era lamentato sempre, quindi ci poteva essere solo un motivo.

«Brendan ha salvato il regno. Pur avendo la magia, l'ha fatto» disse. Ci aveva messo un po' ad accettarlo, ma dopotutto era il suo amante, perché doveva abbandonarlo solo perché aveva la magia dentro di se? Era ancora più speciale così. «E poi... lo amo» disse, tranquillamente, alla fine.

Non si potevano descrivere gli sguardi della gente presente in quel momento. Il moro, sorpreso, sorrise imbarazzato. Si sistemò, guardandosi attorno. Gli occhi di tutto il popolo erano di lui, che era riuscito a conquistare il cuore del re, che era riuscito addirittura a farlo piangere per amore, che era riuscito a salvarsi grazie all'aiuto di Henrik.

Improvvisamente, le labbra del biondo si posarono su quelle del servo, con passione. Senza volerlo le mani del re si posarono sui fianchi e il bacio si prolungò per un tempo più lungo del previsto.

 

Circa un anno dopo, nel 569, la corte accettò la proposta di Henrik e i due amanti poterono finalmente regnare insieme. Camlann, alla fine, ebbe due re contemporaneamente. Henrik, sotto consiglio di Brendan, rese libera e legittima la magia, così che tutti i maghi potessero entrare a Camlann senza la paura di essere condannati al rogo. Bauteville e Somerset vennero distrutte, anche se il moro era contrario a ciò, ma l'ormai non più unico re non riusciva ad accettare il fatto che per loro il suo ragazzo era quasi morto. La corte venne sciolta, in modo che le decisioni fossero prese solo dalla famiglia reale che si era dimostrata sempre giusta ed equa per il popolo, che viveva felice. Il re Henrik non si abituò facilmente ad avere un marito mago, che spesso lo faceva arrabbiare ma che alla fine, non si sapeva come, riusciva sempre ad essere perdonato.

Lucy e Rebekah rimasero sempre a fianco di Henrik e Brendan, pronte ad aiutarli sia in caso di attacco o per le decisioni più delicate. Camlann passò un periodo di pace migliore del precedente; non interrotto da alcuna cosa malvagia. Il moro avrebbe rischiato tutto per il suo ex padrone, e lo stesso il biondo per quello che ormai non era più un servo; si amavano entrambi e ormai, quell'amore era diventato giusto.

Giusto come tutti gli altri, giusto come doveva essere sempre stato, giusto come pensavano sia Henrik sia Brendan. Giusto e basta, perché nessuno avrebbe dovuto considerarlo sbagliato. 

 



 

Eccoci alla fine.
Non so che altro aggiungere, solo grazie a Marika ed Erica che mi hanno betato la storia e a quelle due pesti di Annie e Tizia che mi hanno supportato.
Love you all. ♥

Una recensione non mi dispiacerebbe, giuro!
Con piacere,
doublefire.  


   
 
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