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Autore: AryYuna    14/09/2007    1 recensioni
La vita di Roxas fin dal suo risveglio a Twilight Town e la sua entrata nell’Organizzazione XIII.
INCOMPIUTA!
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Organizzazione XIII, Roxas
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Kingdom Hearts
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Capitolo-2-La chiave del destino

L’uomo gli tese la mano, alzandosi dallo scoglio.
–Vieni, ora.
Roxas sollevò il viso, senza capire.
Sora?
Chi era Sora?
Di chi era quella voce?
Perché aveva parlato al suo posto… quello non era lui, no?
–Capirai– disse l’uomo intuendo i suoi pensieri.
Roxas prese la mano che lui gli tendeva.
L’uomo aprì un altro di quei corridoi e ve lo guidò dentro.
La luna risplendeva sopra il mare scuro.

Quando uscirono dall’altra parte, si ritrovarono in un’ampia sala dalle fredde pareti bianche.
L’uomo gli lasciò andare la mano, avanzò di qualche passo e parlò.
–Benvenuto nel nostro Castello.
Roxas fece qualche timido passo avanti.
Una parete della sala si apriva tra le colonne su un vasto cielo scuro, in cui non brillava luna.
Roxas vi si avvicinò, e vide che il palazzo era alto, altissimo, tanto che non se ne vedeva la base, anche se in lontananza scorgeva i tetti di neri grattacieli illuminati da luci fredde.
Sentì un fruscio, e quando si voltò a guardare vide che un altro uomo era entrato nella sala aprendo un corridoio.
Vestiva anche lui il lungo soprabito col cappuccio, e il suo viso era nascosto.
Lo vide compiere un breve inchino davanti all’uomo che lo aveva accompagnato lì, poi gli disse qualcosa a bassa voce.
Roxas si avvicinò.
Il nuovo arrivato sembrò notare solo in quel momento la sua presenza.
–Nuovo iscritto?– chiese.
La sua voce era più limpida di quella del primo uomo.
Non attese la risposta, fece un passo indietro, il corridoio si aprì alle sue spalle e vi scomparve dentro.
L’uomo iniziò a camminare verso lo stretto corridoio che conduceva alla porta d’uscita da quella sala, e Roxas lo seguì senza parlare.
Non capiva dove lo stesse portando, non capiva nulla, ma se questo fosse servito a spiegargli chi era Sora, perché aveva quelle specie di visioni e cos’era quella chiave gigante, beh… lo avrebbe seguito ovunque.
–Ti mostrerei il Castello, ma devo fare alcune cose. Ti accompagnerò dal numero VIII.
Numero otto?
No, un momento, lo abbandonava così?
–Aspetta…
–Non avere paura– gli disse l’uomo prima che lui potesse chiedergli di restare.
Si guardò intorno.
La stanza in cui erano spuntati ora era piuttosto strana.
C’erano tre scalini, ed ognuno aveva come delle larghe caselle luminose a terra.
In piedi sulle caselle, della porte nel vuoto.
Roxas si accorse che erano appena usciti da una di quelle, cosa che lo spaventò parecchio.
–Non avere paura– gli disse di nuovo l’uomo. Fece una pausa –Presto anche tu avrai una stranza tutta tua.
–Una stanza?
–Queste porte conducono a varie ali del castello. Ognuno ha la propria stanza. Quella dov’eravamo poco prima è del numero VII, l’uomo che hai visto entrare.
Roxas annuì, seguendolo su una di quelle caselle.
“Soffio di fiamme danzanti” vi era inciso, e sotto la scritta vi erano due cerchi con delle strane punte.
–Entra– gli disse gentilmente.
Roxas ubbidì, chiudendo gli occhi.
Quando li riaprì, si trovò in una stanza abbastanza ampia, ma molto più piccola di quella da cui erano usciti poco prima.
In un angolo c’era un cassettone, una brandina, e sopra un ragazzo seduto che lo fissava.
–Tu saresti?– gli chiese torcendo la testa come per guardarlo da qualche strana angolazione.
Aveva i capelli rosso fuoco, lunghi e spettinati, e gli occhi di un verde luminoso sotto ognuno dei quali era come disegnato un triangolino nero con la punta rivolta verso il basso.
Indossava gli stessi vetiti neri che aveva anche lui, ma la tunica giaceva a terra davanti a lui, accanto ai due cerchi che aveva visto disegnati sulla casella davanti alla sua porta. Erano armi, ora lo vedeva bene. Strane armi rotonde con punte di lancia, otto per ogni cerchio.
–Ro… Roxas– rispose incerto.
–Levati quel cappuccio, lo odio– disse il ragazzo.
Roxas ubbidì.
Il ragazzo si alzò e gli porse la mano.
–Axel, piacere.
Roxas alzò lo sguardo verso di lui - era alto e magro.
–L’uomo col cappuccio aveva detto…
–Numero VIII, suppongo. Sì, qui tutti abbiamo un nome e un numero. Sei nuovo, vero?
Roxas annuì.
–E cosa vorrebbe che io ti facessi fare, il gran capo?
–Ha detto… che mi dovresti mostrare il Castello.
–Tanto per cambiare. Se quelli in alto si rompono di fare qualcosa la rifilano a noi nuovi.
–Sei nuovo anche tu?– gli chiese speranzoso Roxas.
–Più di quelli in alto.
Roxas non capì, ma non indagò oltre.
Voleva arrivare in fretta alla parte in cui capiva chi era Sora.
–Dammi un attimo. Il grande capo non vuole che andiamo in giro senza– disse Axel prendendo il soprabito da terra e indossandolo.
Si alzò il cappuccio sulla testa, e fece segno a Roxas di fare lo stesso, poi lo guidò fuori.
–Allora– iniziò guardandosi intorno. –Quelle che vedi sono le porte delle nostre stanze - aggiungeranno anche la tua suppongo - e le scritte a terra non so chi le abbia inventate, ma è uno che non sta bene. Rassegnati, inventeranno una cosa così anche per te. Allora, di là– ed indicò la cima della breve scalinata –si va in alto, sul tetto del Castello. Mentre dall’altra parte si scende, ovviamente.
Roxas scrutò Axel dal basso verso l’alto.
Era l’unico che avesse incontrato fino a quel momento di cui si scorgevano i capelli anche sotto al cappuccio, e gli comunicava un certo senso di fiducia.
Un po’ come l’uomo che era venuto a prenderlo su quella strana spiaggia senza stelle.
Ma ancora non aveva scoperto niente su Sora, e questo gli dava fastidio.
–Cosa fa l’Organizzazione?
–Questa è complicata da spiegare.
–Cioè?
–Beh, per ora non è che abbiamo fatto molto. Il boss ci ha spiegato che c’è un tizio che libera i cuori dagli Heartless e che con quelli creeremo Kingdom Hearts, il cuore perfetto, per un mondo nuovo.
Eh?
–Non hai capito niente, suppongo. Tra tutti noi, l’unico che ha capito qualcosa è il boss stesso. E Saïx , o almeno così dice, ma lui è un gran lecchino e niente più.
Roxas non chiese nulla, né di cosa diavolo stesse parlando né chi fosse Saïx .
Voleva solo sapere chi fosse Sora.
Axel lo condusse in giro per il Castello, e gli mostrò anche la città intorno, già che c’era.
–Non ci vive nessuno?
Axel rise, fermandosi.
–Nessuno. Bella questa.
Roxas continuava a non capire niente, ed ebbe anche il sospetto che Axel se la stesse godendo.
–Ci vive molta gente, allora?
–No, ci vivono i Nessuno.
No, ora basta.
Se voleva prenderlo in giro…
–Noi siamo Nessuno– disse Axel facendosi più triste. –Gli involucri vuoti, senza un cuore, senza un’anima…
Roxas lo guardò senza capire.
–Suppongo che il boss non ci sia ancora arrivato a spiegarti questo punto. Quando sei nato?– gli chiese.
Che domanda era?
–Vuoi sapere quanti anni ho?
Axel rise.
–Perché, lo sai?
Che domande, certo! Tutti sanno quanti anni hanno…
Quanti anni aveva, Roxas?
–Voglio sapere qual è la prima cosa che ti ricordi.
La prima cosa?
Roxas ripensò a quella mattina - o pomeriggio, o sera, o notte… in quella città c’era solo l’ora del tramonto? - quando si era svegliato nudo.
Cosa aveva fatto il giorno prima?
Provò a ricordare qualcosa - dove fosse la sera prima, cosa avesse mangiato… qualunque cosa - ma non ci riuscì.
–Io…
–Sei nato da poco– disse tristemente Axel.
Nato da poco?
Un fischio nelle orecchie, forte, più forte delle altre volte in cui gli era già capitato, ma stavolta senza le immagini su quel ragazzo.
Cadde in ginocchio, e vide vagamente che Axel si inginocchiava accanto a lui, si scopriva il volto, e lo guardava preoccupato.
Chiuse gli occhi, e si sentì scivolare, come se stesse precipitando dall’ultimo piano del grattacielo che sovrastava la piazza, e poco dopo sentì come di essere sollevato, ma non ne fu certo.

–Non avresti dovuto dirgli tutto insieme.
Una voce fredda, adulta.
–Non pensavo fosse così debole.
La voce di Axel.
–È solo un ragazzino.
Un altro ragazzo.
–E tu da quando sei così tenero?
Axel.
–È il Nessuno del prescelto.
La voce fredda, di nuovo.
–Il prescelto è diventato un Heartless?
Ancora Axel.
–Per poco. Per salvare la principessa, pare.
Disprezzo e freddezza.
–Gran cosa.
Di nuovo quel ragazzo…
Roxas aprì gli occhi.
Era steso su una brandina, ma non era la camera di Axel.
Indossava solo i pantaloni neri, dovevano avergli sfilato il resto per metterlo a letto.
Una pezza bagnata gli gocciolava sulla fronte.
Si alzò lentamente a sedere, attirando l’attenzione di chi gli stava intorno.
Stranamente, nessuno di loro aveva il cappuccio in testa.
–Sei sveglio, ragazzino?– gli chiese con disprezzo un uomo con lunghi capelli neri legati alti dietro la testa. Aveva delle basette enormi.
–Tu vai, Xaldin– gli disse un ragazzo biondo.
–Come ti pare, numero IX. Non fate tardi– disse l’uomo uscendo.
–Che… è successo?– chiese timidamente Roxas.
–Mi sei svenuto davanti– rispose Axel.
–Oh.
–Xaldin ha detto che tra poco ci sarà la cerimonia– disse il ragazzo biondo, il numero nove.
–Cerimonia?– ripetè Roxas.
–Quella per darti il benvenuto nell’Organizzazione.
C’era una cerimonia?
Forse dopo avrebbe potuto avere le risposte che l’uomo dell’inizio gli aveva promesso.
–Vestiti, intanto. Stai bene?– disse il numero nove.
Roxas annuì.
–Mi spiegheranno quelle cose che mi hai detto prima?– chiese ad Axel.
–Sì. Ma non avere fretta di capire. È più brutto di quanto pensi– rispose.
Il numero nove si alzava intanto il cappuccio. Axel fece lo stesso.
–Ah, a proposito. Mi chiamo Demyx– disse il numero nove.
Roxas si vestì in fretta, poi, cappuccio in testa, seguì i due ragazzi fuori.
Non spuntarono, come credeva, nella stanza con le porte, ma in un largo corridoio a tratti in salita, dal quale accedettero ad un ascensore.
I due ragazzi lo condussero in cima, e da lì in una stanza circolare con alti troni bianchi a diverse altezze tutt’intorno.
Figure incappucciate ne occupavano alcuni.
Su quello più in alto sedeva - Roxas lo riconobbe nonostante in cappuccio - l’uomo dell’inizio.
Axel e Demyx presero posto sui due liberi - come erano arrivati fin lassù? Non sembrava ci fossero scale… - mentre Roxas avanzò al centro della sala.
L’uomo dell’inizio si alzò in piedi sul breve spazio davanti al suo trono.
–Roxas– disse. –Numero XIII.
Gli altri si alzarono in piedi come aveva fatto lui.
Uno di quei corridoi bui si aprì di fronte a Roxas con un guizzo nero.
Roxas istintivamente vi entrò, trovandosi dall’altra parte a sedere su uno di quei troni - ma prima non c’era nessun trono vuoto, ne era sicuro…
–Benvenuto– disse l’uomo dell’inizio.
Si portò le mani al cappuccio, scoprendosi il volto.
I capelli erano del colore dell’argento puro, bianco e luminoso, e gli occhi - gli occhi erano rosso sangue.
–Numero I. Xemnas– disse restando in piedi.
L’uomo sul trono alla sua sinistra si scoprì il volto come aveva fatto lui.
Aveva i capelli neri e grigi stretti in una coda bassa, e una benda sull’occhio destro.
–Numero II. Xigbar– disse, poi sedette.
Uno dopo l’altro, i membri dell’Organizzazione si presentavano e si sedevano.
–Numero III. Xaldin– disse l’uomo dalla voce fredda che aveva visto poco prima, quando aveva ripreso conoscenza.
–Numero IV. Vexen– disse un uomo dai capelli biondo cupo, lunghi.
–Numero V. Lexaeus– disse uno dai capelli rossi e corti. La sua testa aveva lo stesso profilo di una torta con le candeline.
–Numero VI. Zexion– disse il più giovane del gruppo dopo di lui.
–Numero VII. Saïx – disse un uomo con lunghi capelli chiari, lisci, e con una cicatrice a forma di x sul viso.
–Numero VIII. Axel.
–Numero IX. Demyx.
–Numero X. Luxord– disse un uomo col pizzetto biondo.
–Numero XI. Marluxia– disse uno con i capelli di uno strano colore cupo, a metà tra il marrone e il rosa.
–Numero XII. Larxen– disse l’unica donna del gruppo. Essendo la più vicina e lui, Roxas ne potè vedere i freddi occhi brillanti.
Xemnas alzò la braccia verso il soffitto, e fissandolo come se ci fosse scritto qualcosa disse –Roxas. Numero XIII. Benvenuto nell’Organizzazione.
Fece una pausa.
–L’Organizzazione XIII.
Alcuni, quelli seduti più in alto, coi numeri più bassi, emisero strani sospiri.
Larxen sorrise fredda.
Xemnas, intanto, sedette nuovamente sul proprio trono.
Xigbar, il numero due, si alzò schiarendosi la voce per richiamare quelli che - senza alcun motivo, secondo Roxas - si erano eccitati, e si rivolse al nuovo arrivato.
–Numero XIII– lo chiamò. –Il mio compito, ora, sarà spiegarti la tua origine.
Roxas fu sicuro che Zexion avesse alzato gli occhi all’alto soffitto e sbuffato.
–Credo che per questa volta potrai spiegarglielo in privato– intervenne Xemnas.
Si voltarono tutti a guardarlo, come fosse qualcosa di assolutamente nuovo e inaspettato.
–Vai– aggiunse.
Xigbar chinò brevemente il capo, poi tornò a guardare Roxas.
–Molto bene, dunque– disse.
Un corridoio si aprì accanto a lui, e poco dopo anche accanto a Roxas.
Xigbar gli fece segno di entrare, mentre anche lui faceva lo stesso.
Dall’altra parte, Roxas si ritrovò al suo fianco nella stanza con le porte.
Ora, c’era una dodicesima porta, sulla destra.
–Ogni singola sezione del palazzo ha un nome. Questa stanza è chiamata “La prova dell’esistenza”. Sai perché?
Roxas scosse la testa.
Xigbar rise.
–Vieni– gli disse conducendolo nella nuova porta che si era aperta.
Roxas cercò la scritta che era stata assegnata alla sua lastra sul pavimento, ma questa era ancora liscia.
La stanza che gi si presentò una volta varcata la porta, comunque, era molto simile a quella di Axel.
Una brandina in un angolo, un cassettone e la porta d’ingresso.
–Siedi. È meglio– gli disse Xigbar.
Roxas ubbidì.
Xigbar gli si avvicinò e gli sedette di fronte, sul cassettone.
Gli sfilò il cappuccio.
–Hai delle visioni, vero?– disse lentamente, come per testare prima la sua reazione.
Roxas annuì.
–Suppongo tu veda un ragazzo della tua età vivere traquillamente la sua vita. Sei nato da troppo poco per vedere anche il momento in cui tu sei stato creato.
–Cosa?– sussultò Roxas, senza capire, eppure colpito come se avesse appena realizzato tutto l’orrore di cui parlava Axel. Aveva l’impressione, però, che sarebbe stato anche peggio.
–Quel ragazzo che vedi. Il suo nome è Sora.
Sora.
–Ed è il prescelto del Keylade.
–Keyblade?
–L’hai già visto. E usato, anche se non sai più come richiamarlo. È la grossa chiave. Un’arma speciale.
La chiave con cui aveva combattuto contro gli esseri bianchi.
Roxas annuì.
–Il Keyblade è un’arma particolare, perché nessuno può usarla tranne il suo prescelto detentore.
Fece una pausa, per dar modo a Roxas di capire, per quello che poteva.
–Lo scopo del prescelto del Keyblade è distruggere l’Oscurità che minaccia il Regno della Luce. Per farlo, deve distruggere delle creature chiamate Heartless. Gli Heartless nascono quando un cuore cede all’Oscurità. Capisci fin qui?
Roxas annuì.
–Se il cuore che cede all’Oscurità è abbastanza forte, lascia dietro di sé un corpo vuoto che riesce a vivere e pensare per conto proprio. Questo involucro noi lo chiamiamo Nessuno.
Nessuno.
Axel ne aveva parlato.
Cosa aveva detto?
Non riusciva a ricordarlo.
–Un altro modo con cui un cuore può dare origine ad un Heartless è che la persona che lo possiede lo perda…
–Perda il suo cuore?– chiese Roxas, ma Xigbar si limitò ad annuire, continuanado come se nulla fosse.
–… ma questo succede più di rado. È quello che è capitato a Sora, che ha rinunciato al proprio cuore per salvare una principessa… Ma ora sarebbe complicato spiegarti anche la storia delle principesse. Tornando a Sora, essendo un prescelto del Keyblade il suo cuore è stato abbastanza forte da generare un Nessuno.
Roxas capì dove sarebbe arrivato il discorso.
Lui era il Nessuno di Sora.
Lui era l’involucro vuoto lasciato da Sora.
Gli vennero le lacrime agli occhi, ma Xigbar gliele asciugò delicatamente col dito prima che scivolassero.
Non c’era la gentilezza che aveva visto in Axel, piuttosto una fredda e meccanica ripetizione di qualcosa di già fatto, come una lezione imparata a memoria.
–Quando Sora è tornato un essere umano grazie alla principessa, tu ti sei svegliato– disse.
Ecco cosa intendeva Axel con “Quando sei nato?”.
Era veramente molto più triste di quanto si sarebbe mai aspettato.
Desiderò tornare a non capire nulla.
–Non piangere, Roxas– gli disse Xigbar con quella stessa finta dolcezza. –Tu non sei lo scarto di Sora . Tu sei speciale. È per questo che Xemnas ti ha voluto qui, nell’Organizzazione.
–Cosa… fa l’Organizzazione?
–Vogliamo costruire un mondo perfetto.
–Come?
–Quando Sora combatte contro gli Heartless, il Keyblade libera i loro cuori intrappolati. Noi raccogliamo quei cuori, per formare un cuore nuovo, che dia vita ad un mondo. Gli esseri umani non sono gli unici a possedere un cuore: anche i mondi ne hanno uno.
Xigbar rimase in silenzio per un po’.
Roxas si sentì la testa vuota.
Già, lui era solo l’involucro di Sora…
Si portò una mano al petto.
Vuoto…
Allora lui non aveva un cuore… Quelli erano intrappolati negli Heartless…
Gli venne nuovamente da piangere, ma stavolta Xigbar lo lasciò sfogarsi.

–La prova dell’esistenza. Perché?– chiese Roxas.
Xigbar gli sorrise.
Erano fuori dalla sua camera, di fronte alle porte.
–Ogni area del palazzo ha un nome… poetico. La prova dell’esistenza. Noi esistiamo. Ma possiamo esistere? Non abbiamo un cuore… Solo un corpo vuoto.
Xigbar sorrideva, Roxas non riusciva a leggere nel suo sorriso l’amarezza che si sarebbe aspettato di vedervi.
Intanto, il suo accompagnatore si inginocchiò davanti alla porta del ragazzo, passando la mano sulla lastra i suoi piedi.
–Anche queste scritte sono poetiche, non trovi? E l’arma stilizzata sotto è una gran finezza– disse sorridendo.
Un sorriso coì freddo e privo d’allegria…
–Qual è la tua?
–Lì, in alto– indicò restando inginocchiato. –“Il tiratore libero”– sussurrò.
Mosse delicatamente il dito sulla lastra ai suoi piedi.
–Ti piace?– gli chiese alzandosi e mostrandogli la neoformata scritta.
“La chiave del Destino”.
–E la mia arma sotto?
–Per quella dovrai aspettare un po’.
–Perché?
–Perché sei il Nessuno del Prescelto. La tua arma dovrebbe essere il Keyblade, ti spetta di diritto… ma ancora non sai come evocarlo.
–Però l’ho usata una volta.
–All’inizio, il Keyblade viene in aiuto del suo prescelto solo quando lui è in pericolo. Lui non può controllarlo: la chiave appare, fa il suo dovere e poi sparisce. Col tempo, poi, il prescelto impara a dominarne il potere.
Un uomo incappucciato venne loro incontro apparendo da un corridoio.
–Numero II– disse e Roxas riconobbe la voce di Vexen, il numero tre. –Il numero VII ti aspetta all’Altare del Niente– disse prima di rientrare nel buco nero.
–L’Altare del Niente?– chiese Roxas.
–In cima al palazzo. Devi imparare i nomi delle aree. Il numero VIII non te li ha detti, quando ti ha portato in giro per il palazzo?
–Ah, sì… Perché ci sono questi nomi?
Xigbar rise, e di nuovo Roxas provò fastidio per quelle risate senza emozioni.
–Non lo so. Ma mi sembrano… appropriati. E divertenti.
–Cosa sono quelle aperture? Xemnas mi ha detto come aprirli, ma non ho capito cosa sono.
–Sono portali. Noi li chiamiamo corridoi oscuri, perché attarversano il Regno dell’Oscurità.
Regno dell’Oscurità.
–Ora vai– disse Xigbar improvvisamente brusco sollevandosi il cappuccio sulla testa –Fatti un giro da solo, guardati la tua stanza, fa quello che ti pare, ma io ho da fare.
Aprì un corridoio oscuro e vi sparì dentro.
Roxas si guardò introno.
La prova dell’esistenza.
Sora.
Nessuno.
Keyblade.
Troppo, tutto insieme.
Attraversò la sala fino a fermarsi di fronte alla porta di Axel.
“Soffio di fiamme danzanti”.
Entrò.
–Il grande capo vuole che ti faccia ancora da guida?– lo accolse Axel, steso sulla sua brandina coi piedi sul cuscino.
Roxas scosse la testa.
Non sapeva perché fosse entrato proprio lì, ma Axel era l’unica persona di cui sentiva di potersi fidare veramente.
–Come vuoi– disse Axel senza muoversi.
–Cos’avete fatto dopo che sono andato via con Xigbar?
–Xemnas mi ha assegnato a tua guida permanente.
–Cioè?
–Cioè– ripetè Axel. Fece una pausa, come fosse concentrato su qualcosa sul soffito sopra di lui. –Cioè le prime volte verrai con me.
–Dove?
–Che palle, ragazzino! Ma gli altri non erano così curiosi, all’inizio!
Sospirò.
–In missione– disse poi. –Xemnas ogni tanto ci manda in giro per i mondi per controllare le mosse del prescelto del Keyblade.
Sora.
–Dobbiamo raccogliere i cuori che libera dagli Heartless– disse Roxas.
–Già. Non sei stanco?
Roxas scosse la testa.
–Sarà meglio che riposi, comunque.
–Non sono stanco.
–Ne hai scoperte tante da stamattina, troppe per non esserlo. Dormi un po’.
–Non voglio dormire da solo.
–Ehi, non ti mettere in testa strane cose. Io sono etero.
Roxas lo guardò male.
–Non è quello che intendevo. Ho… paura.
–Ok, ricevuto. Puoi dormire qui, ma per terra, io non mi scomodo, memorizzato?
Roxas annuì.
Roxas si sfilò il soprabito nero e lo ripiegò sul cassettone, dopodichè si stese sul pavimento.
–Grazie, Axel.
Axel scosse la testa.
Si alzò, sfilò una coperta dal cassettone e glela mise addosso.
–Fa freddo in questo palazzo, di notte.
Roxas sorrise.
Dentro di sé, pregò che quel sorriso non sembrasse freddo come quelli di Xigbar.
Non aveva un cuore, ma voleva credere di averne uno.
Era solo un ragazzino, in fondo.

–Sveglia, ragazzino! Xemnas ha delle notizie per noi! Ehi, ma mi senti?
Roxas aprì gli occhi a fatica e si mise a sedere sbadigliando.
–Che?
–Rimettiti il coso nero e seguimi– gli disse Axel accovacciato davanti a lui, il cappuccio calato sulla testa che non riusciva a coprire tutti i capelli rossi.
Ubbidì.
Axel lo condusse nuovamente nella sala coi troni, poi entrambi raggiunsero i propri posti.
Sedendo al proprio posto, Roxas notò che alcuni troni erano vuoti, ma in quel momento Xemnas si alzò in piedi.
–Come avrete certamente notato, non siamo tutti e tredici– disse. –Precisamente, mancano il numero IV, il numero V, il numero VI, il numero XI e il numero XII, e tra poco anche il numero VIII li raggiungerà.
–Dove?– chiese Axel da sotto il cappuccio.
–Al Castello dell’Oblio.
Roxas vide Xigbar e Xaldin parlottare tra di loro.
–Il prescelto vi si recherà certamente, prima o poi– continuò Xemnas rivolto ad Axel, –perciò voglio che tu controlli l’operato dei nostri compagni che ho inviato lì.
–Posso chiedere coma mai sono al Castello?
–La principessa che il prescelto ha salvato aveva perso il suo cuore.
I presenti si agitarono.
Roxas non capiva.
–Cosa? Una principessa?
Xemnas annuì.
–Non avendo oscurità in sé, non ha potuto generare un Nessuno, ma solo un’ombra.
Un’ombra.
Era forse diversa dai Nessuno?
Cosa sono in fondo i Nessuno?
Solo le ombre di chi ha dato loro la vita.
–È al Castello. E ha grandi poteri, poiché è nata da una principessa– disse Xemnas. –Partirai subito– concluse mentre un corridoio oscuro si apriva al suo fianco e lui vi spariva dentro.
Pian piano, anche gli altri iniziarono ad andare via.
Roxas raggiunse Axel fuori dalla sala dei troni.
–Brutto guaio. Odio il Castello– disse Axel.
–Perché?
–Perché non è né nella Luce né nell’Oscurità. E io odio le cose che non hanno una connotazione precisa.
–Noi dove siamo?
Axel lo scrutò a fondo.
–Lo sai già.
–No, non lo so.
–Il fatto che non ti sia stato detto non significa che tu non lo sappia già di tuo.
–Nell’Oscurità?– chiese Roxas lentamente dopo una pausa.
Axel gli sorrise, e Roxas fu contento di vedere che nel suo sorriso non c’era freddezza.
–Ci vediamo quando questa storia sarà finita– gli disse Axel aprendo un corridoio e sparendo al suo interno.

–Hai saputo?
–Sì, l’ho sentito… ma allora è veramente forte!
–Avrà sì e no quattordici anni!
–Sì, ma ha il Keyblade!
–Di che parlate?– intervenne Roxas.
I suoi compagni sobbalzarono.
Erano nella sala dei troni, anche se ancora nessuno di loro era salito al proprio posto.
–Non hai sentito? Il prescelto ha sconfitto l’Heartless che si faceva chiamare Ansem! Quello che comandava gli altri!
–Quindi siamo qui perché Xemnas ci deve comunicare questa notizia, suppongo.
Dopo una settimana - ormai aveva imparato a contare i giorni in base ai pasti, per capire lo scorrere del tempo, visto che nemmeno in quel luogo c’era il normale alternarsi del giorno e della notte - Roxas si era perfettamente ambientato all’interno dell’Organizzazione.
Unico dettaglio: erano tutti stupidi, tranne, a quanto pareva, Xemnas, che però era sempre occupato e poteva vederlo solo quando li convocava nella sala dei troni - come in quel momento - e Axel, che però era ancora al Castello dell’Oblio.
–Già.
Quando videro Xemnas apparire al suo posto, ognuno di loro aprì un corridoio per raggiungere il proprio.
–Suppongo già sappiate che il prescelto ha sconfitto l’Heartless che aveva nome di Ansem.
Sia Roxas che i suoi compagni annuirono.
–Ciò che non sapete ancora è che ha anche chiuso la Porta di Kingdom Hearts.
–Cosa?– urlò Xaldin.
Gli altri iniziarono a parlottare tutti insieme con grande chiasso.
Xemnas alzò una mano per richiamarli all’ordine.
–Pare sia stato aiutato dal Re.
–Il Re? Addirittura?– commentò qualcuno a bassa voce, ma Roxas non capì chi fosse.
–E non è tutto. Pare che ci sia anche un altro prescelto, anche se il suo cuore è meno puro, tanto che l’Heartless di nome Ansem ne ha per molto controllato le azioni.
Fece una pausa per dar modo ad alcuni di commentare.
–In questo momento– riprese, –i tre detentori si stanno dirigendo al Castello dell’Oblio, dove… temo sia accaduto quacosa di estremamente spiacevole. Due dei nostri stanno cercando di rovesciare l’Organizzazione.
–Ma è assurdo!– commento Xaldin, stavolta a voce più bassa.
–Tutto ciò mi è stato riferito dalla nostra fedele spia, il numero VIII.
Roxas sorrise nascosto dal cappuccio nell’udire l’elogio riferito ad Axel.
–Chi sono i traditori?– chiese Luxord.
–Il numero XI e XII.
–E gli esperimenti su Naminè?– chiese Saïx .
–Naminè è una strega col potere di manipolare i ricordi– rispose Xemnas. –In particolare, il suo potere agisce sul prescelto e su quanti i cui cuori sono a lui collegati. Ad ogni modo, il numero XI e XII saranno certamente distrutti dal prescelto, sono molto più deboli di lui– concluse alzandosi e lasciando la sala attraverso un corridoio oscuro.
Tradire l’Organizzazione.
Pessima idea, Xemnas li avrebbe certamente uccisi, caso mai Sora non ci fosse riuscito.
O, forse, era l’idea migliore.
In fondo, i Nessuno non sarebbe mai dovuti esistere.
Morire, vivere, che differenza poteva fare se non avevano un cuore?
Roxas sospirò.
Voleva incontrare Sora.
Solo così avrebbe capito veramente, ne era certo.

–Axel! Sei tornato!
–Ehi, ragazzino! Non dirmi che mi aspettavi! Ma allora ti sei veramente innamorato di me!
–Piantala! È solo che gli altri sono tutti stupidi, non mi divertivo. Com’è il Castello?
–Bianco. Ci sono tredici piani tutti uguali. È strano come il numero tredici ci perseguiti, no?
–E com’è andata la tua missione?
–Poteva andare meglio. Ma almeno quel ragazzino, Sora, e il suo amico pure… hanno fatto fuori quei deficienti. L’unico inconveniente è che Naminè è sparita, ma in fondo non credo sia un grande problema.
–Ho capito… Ah, senti, Xemnas ha detto che appena fossi tornato saremmo dovuti partire per un mondo… aspetta, come si chiamava?
–Se non lo sai tu…
–Aveva un bel nome… Aspetta… Ah, ecco: Twilight Town.
–Mai stato. Sarà carino?
–Boh?
–Quando dovremmo andarci?
–Subito.
Axel sgranò gli occhi.
–Nemmeno una doccia posso fare? Non ho un cuore, ma sudo come le persone che ce l’hanno! Uffa, magari si dovrà anche combattere… Ehi, un momento, frena. Tu non hai armi. Come facciamo?
Roxas alzò le spalle.
–Non lo so. Xemnas non ne ha parlato– disse aprendo un corridoio.
Axel scosse la testa, ma sembrava divertito, poi entrambi entrarono nell’apertura nera.
Dall’altra parte, una cittadina allegra, sotto un irreale tramonto.
–Ehi… io mi sono svegliato qui…
–Carino– commentò Axel. –Sei stato fortunato. Io mi sono svegliato direttamente all’altro mondo. Dico sul serio. Il posto dove mi sono svegliato si chiamava proprio “l’oltretomba”. E so che Saïx si è trovato in una specie di palude. Tu sei stato il più fortunato, a quanto pare. Comunque, cosa dovremmo farci, qui? Roxas alzò le spalle.
–Xemnas ha detto di andare alla villa fuori città.
–Bene. Visto che sei già pratico, vuoi fare strada?
Roxas condusse Axel alla villa dove aveva incontrato Xemnas.
Al suo interno, inaspettatamente, trovarono ad attenderli delle piccole creaturine nere, con sottili antennine sulla testa e luminosi occhi gialli.
–Che sono?
–Heartless.
–Heartless?
Così, quelli erano gli Heartless.
–Sì. Sono la forma base degli Haertless, gli Shadow, poi ce ne sono vari tipi. Si adattano al territorio e cambiano forma, ma questi sono i più deboli… solo che sono un po’ troppi. Stammi vicino– gli disse Axel.
Roxas rimase indietro, mentre Axel richiamava le sue armi tramite un corridoio oscuro e iniziava a combattere, ma quegli esserini neri, all’apparenza così deboli, lo stavano distruggendo grazie alla maggioranza numerica.
–Axel!– gridò Roxas vedendo che era in netto svantaggio e che cadeva a terra ferito.
Le sue mani furono avvolte da una potente luce, che fece arretrare un po’ gli Shadow e gli diedero modo di lanciarsi loro contro, mentre due luminose chiavi colpivano strette nelle sue mani gli Heartless che osavano minacciare il suo unico vero amico.
–Due… Keyblade? Roxas, sei geniale! Come hai fatto?– ansimò Axel, a terra dietro di lui.
Ma Roxas non sentiva.
Preso da una furia incontrallata iniziò a fare sparire uno dopo l’altro quegli esserini neri, osservandone i cuori luminosi salire verso il soffitto, e svanire.
Quando non ci furono più Heartless nella sala, i due Keyblade scomparvero e Roxas si inginocchiò accanto ad Axel.
–Stai bene?
Axel rise.
–Sei stato grande!
–Torniamo al palazzo. Sei ferito.
–Xemnas ci ammazzerà se non completiamo prima la missione.
–Non ci ha nemmeno detto di cosa si tratta. Possiamo benissimo aver interpretato l’incarico per “distruggete quei cosi neri”, no?
–Dubito.
–Non me ne frega niente. Mi sono rotto di questo posto e tu sei ferito. Andiamo.
Roxas aprì un corridoio e vi entrò reggendo Axel.
–Già di ritorno?– chiese Saïx vedendoli spuntare dall’altra parte alla Prova dell’esistenza.
–C’erano migliaia di Heartless e Axel è ferito– rispose brevemente Roxas.
–Numero XIII– li chiamò Xigbar apparendo dietro di lui da un corridoio. –Seguimi. Numero VII, ti affido il numero VIII– ordinò.

         Nero, rosso fuoco… e poi quel marroncino che sembra oro per i capelli di Roxas.
         Due macchie nere di fronte a loro.
         Colore, più forte.
         –È così triste…
         E sola, in una piccola stanza bianca con un lungo tavolo, disegnava.

Saïx si caricò Axel riluttante, mentre Roxas seguiva Xigbar attraverso il corridoio rimasto aperto.
Spuntarono nella sala dei troni.
Vi era solo Xemnas in piedi al centro della sala.
–Il numero XIII e il numero VIII sono tornati.
–La missione?
–Fallita, il numero VIII è stato ferito, ma non credo sia il caso di punirli: il numero XIII è riuscito ad usare il Keyblade. Ha distrutto degli Heartless.
–Per il pericolo?
–Non suo. Sembra sia piuttosto affezionato al numero VIII.
–I Nessuno non si affezionano– disse Xemnas, ma non sembrò voler aprire un dibattito sull’accaduto, quanto piuttosto avvicinarsi a Roxas per esaminarlo, come se dai suoi occhi potesse capire qualcosa.
–Richiamalo.
–Cosa?
–Il Keyblade.
Roxas provò.
–Non… ci riesco.
Xemnas schioccò le dita.
Di fronte a Roxas apparvero le stesse creature bianche contro cui aveva combattuto per la prima volta col Keyblade, quando era ancora a Twilight Town, poco dopo essersi svegliato.
Gli esseri bianchi lo attaccarono.
–Difenditi– gli disse Xemnas facendo un passo indietro insieme a Xigbar per lasciargli il campo libero. –Questi Nessuno si chiamano Simili, e non ti lasceranno tregua finchè tu non li avrai sconfitti tutti, perché sono io a controllarli.
Cosa?
Era lui a controllarli?
Ma allora… anche la prima volta?
Xemnas annuì, leggendo i suoi pensieri.
–Sì, sono stato io la prima volta ad inviarteli contro. Volevo essere sicuro che fossi degno di entrare nell’Organizzazione.
No, non era possibile.
Lui si fidava di Xemnas…
–No!– gridò Roxas e di nuovo la luce avvolse le sue mani, accompagnando la comparsa dei due Keyblade.
–Due?– gridò spaventato Xigbar.
I due Keyblade si sbarazzarono in fretta dei Simili, poi Roxas si parò di fronte a Xemnas pieno d’odio.
–Tu…
Xemnas, calmo, osservò i due Keyblade.
Uno era nero, finemente decorato, e una corona a tre punte pendeva dalla catenina attaccata alla testa della chiave. L’altro era bianco, e portava attaccata alla catenina una stella.
Erano diversi dalla prima volta in cui aveva usato il Keyblade, ora che ci pensava…
L’emozione era la forza di Roxas.
–Allenalo, numero II.
–Ti ucciderò!– disse Roxas.
Xemnas chiuse gli occhi, aprì un passaggio e vi spinse delicatamente Roxas dentro, tutto troppo in fretta perché il ragazzo potesse capire qualcosa.
Dall’altra parte, trovò Axel.
–Scusa se sono venuto in camera tua… Ehi, hai di nuovo i Keyblade. Com’è andata? Che volevano?
Roxas si voltò a guardarlo.
Fece svanire i due Keyblade e gli si buttò ai piedi, piangendo.

Dopo molto tempo - ore? - Roxas si alzò asciugandosi gli occhi.
–Va meglio?– gli chiese Axel dolcemente parlando per la prima volta da quando lui era scoppiato a piangere.
No, non andava meglio per niente.
Si sentiva tradito.
Si era fidato di Xemnas e ora… ora scopriva che era stato lui a mandargli contro quei cosi bianchi poco dopo che si era svegliato…
Si sentiva tradito.
Voleva trovare Sora.
Voleva capire, ora più che mai.
Improvvisamente capì fino in fondo perché Marluxia e Larxen avevano cercato di rovesciare l’Organizzazione.
Andare via.
Era l’unico modo per capire, per stare meglio…
–Non ci pensare nemmeno– disse Axel intuendo i suoi pensieri. –Xemnas ti cercherebbe per ucciderti.
Già.
Questo era certo, e lui non sapeva ancora come invocare il Keyblade.
Xemnas aveva chiesto a Xigbar di allenarlo, però…
Bene, avrebbe imparato il Keyblade e poi avrebbe lasciato l’Organizzazione.
–Lo so. Non preoccuparti.
Axel scosse la testa, ma sembrò fidarsi di lui.
–Stai bene?– gli chiese Roxas ricordando che era rimasto ferito.
–Ehi, mica sono fatto di cristallo! Ci vuole ben altro per farmi male veramente !
Roxas rise.
Axel… Axel era il suo migliore amico.
L’unico vero amico all’interno dell’organizzazione.
Di lui poteva fidarsi.
… vero?

–Pronto?– gli chiese Xigbar.
Roxas annuì.
Aveva uno scopo, doveva ricordarlo sempre.
Avrebbe dovuto impegnarsi sul serio, senza perderlo mai di vista, e sopportare qualuque cosa.
Crecò di richiamare il Keyblade, ma finchè non fu attaccato dai Simili che Xigbar gli mandava contro non riuscì ad evocarlo.
Con sua somma sorpresa, si ritrovò tra le mani il Keyblade che aveva usato la prima volta, quello argento e oro.
–Richiama l’altro– ordinò Xigbar con la sua solita finta gentilezza.
–Non ci riesco.
–Vuoi che te ne mandi contro di più?– si inasprì l’uomo.
Roxas fu attaccato da un centinaio di Simili tutti insieme, ma l’unico Keyblade tra le sue mani rimaneva Catena Regale.
–Più veloce!– ordinò Xigbar.
Roxas scansò i colpi dei Simili che lo attaccavano, poi li colpì forte sulla testa, e questi svanirono.
–Continua a cercare di richiamare anche l’altro! Con due sarai più potente!
Due Berserker lo attaccarono scendendo dall’alto, ma Roxas li scansò, dopodichè lanciò il suo Keyblade a trafiggerli entrambi, richiamandolo solo alla fine.
–Non capisco– disse Xigbar avvicinandosi a lui quando il campo fu libero. –Dov’è l’altro Keyblade?
Roxas fece sparire la chiave.
–Ci riproveremo anche domani, e il giorno dopo, e tutti i giorni finchè non li richiamerai entrambi.
Roxas lasciò la sala dei troni per raggiungere Axel e partire in missione con lui.
Si sentiva bene solo quando era con lui, riusciva a non pensare a nulla, nemmeno a Sora, e si divertiva anche, nonostante fossero impegnati in noiosissime missioni.

         Ancora nero, e rosso fuoco.
         Una lunga scala d’oro, come l’ingresso ad un Castello di meraviglie.
         L’amicizia…
         –Come vorrei conoscerti, Roxas…
E sola, in una piccola stanza bianca con un lungo tavolo, disegnava.

–Perché solo uno?– si chiedeva Xigbar quando, dopo mesi che lo allenava, Roxas non aveva mai richiamato due Keyblade.
Gli si avvicinò e gli girò intorno come per esaminarlo.
–Forse non sei motivato a sufficienza?– continuò.
Roxas aveva imparato a richiamare il Keyblade ogni volta che voleva, ma mai ne aveva usati due se qualcuno poteva vederlo.
Non voleva che lo ritenessero così forte.
Era pronto ad andarsene, e gli serviva che quelli dell’Organizzazione lo sottovalutassero.
–Magari ti servirebbe un incentivo, sì… Potremmo chiamare il numero VIII…
–Lasciate Axel fuori da questa storia!– gridò Roxas mentre tra le sue mani tornava Catena Regale.
Era riuscito persino a contollare abbastanza il suo potere da riuscire a trattenersi anche quando le sue emozioni avrebbero certamente tradito la sua potenza.
Xigbar si grattò il mento.
–No, non credo che funzionerebbe. Sarebbero apparsi anche ora… Beh, vedremo. Magari prima o poi torneranno.
Roxas si alzò il cappuccio uscendo.
Sorridendo.

L’unico tassello che mancava al suo piano era sapere che fine avesse fatto Sora.
Era quasi un anno che non sentiva notizie su di lui, sembrava completamente sparito, eppure se fosse morto lui, suo Nessuno, lo avrebbe certamente sentito.
Xemnas aveva iniziato ad inviarlo - sempre con Axel, perché magari questo sarebbe servito da incentivo perché riuscisse a richiamare i due Keyblade - alla ricerca di Sora.
–Ehi, numero XIII.
Alla sala riunioni, subito– lo richiamò Luxord incrociandolo per le sale del palazzo.
Sala riunioni.
D’urgenza.
Forse era la volta buona?
Sedette al suo posto impassbile, attendendo i suoi compagni e l’annuncio di Xemnas.
Incrociò lo sguardo di Axel, ma finse di non averlo visto per via dei cappucci.
–Naminè è a Twilight Town– disse Xemnas.
Naminè.
Peccato, non si trattava di Sora… Ma chi era poi questa Naminè?
Mica lo aveva capito…
–Sora deve essere lì– aggiunse Xemnas.
Mentre i suoi compagni si agitavano sui loro troni, Roxas sentì il suo cuore - cuore? - battere in fretta e rumorosamente.
Pregò che nessuno lo sentisse, mentre pensava che il momento di abbandonare l’Organizzazione era finalmente arrivato.

Axel fu l’unico ad intuire i suoi pensieri.
Cercò di fermarlo più volte, mentre rimanevano soli nella sala, mentre uscivano e percorrevano i lunghi spazi che li separavano dalla Prova dell’esistenza…
Fino in camera, dove Roxas lo assicurò che voleva dormire un po’ e riuscì a rimanere solo.
Poco dopo, fuori dal palazzo, pronto a lasciare il Mondo che Non Esiste, Roxas lo incontrò per l’ultima volta.
–Te ne vai, allora.
–Perché ho io il Keyblade?– fu la risposta di Roxas.
–Credi di capirlo andandotene?
–Devo trovare Sora– rispose risoluto il ragazzino. –Tanto, nessuno sentirebbe la mia mancanza.
–Io la sentirei– mormorò Axel, ma Roxas era già lontano, e non lo sentì.
–Tu sei Roxas, vero?– si sentì chiamare ad un tratto.
–Dipende. Tu chi sei? E cosa vuoi?– chiese lui con freddezza senza voltarsi.
–Il mio nome è Riku– rispose la voce dietro di lui. Roxas sentì un lieve fruscio, lo stesso di quando lui richiamava il Keyblade. –E voglio te. Mi servi per salvare il mio migliore amico.
–Non hai speranze contro di me. Vattene.
–Non posso. Glielo devo– aggiunse a bassa voce prima di scattare in avanti.
Roxas si scansò facilmente dalla traiettoria, richiamò i due Keyblade, Portafortuna e Lontano Ricordo, e atterrò Riku.
Mentre il ragazzo giaceva a terra di fronte a lui, Roxas pensò che, in fondo, non doveva essere tanto più grande di lui.
Aveva i capelli bianchi, sottili, e i suoi occhi erano coperti da una spessa benda nera, ma ciò che più lo colpì fu la tunica nera che indossava.
La divisa dell’Organizzazione.
Probabilmente era grazie a quella che era riuscito a seguire di nascosto lui e i suoi compagni fino a trovare il loro nascondiglio.
–Perché?– chiedeva intanto il ragazzo. –Perché hai tu il Keyblade?
–Stai zitto!– urlò Roxas riscuotendosi, e colpì con la chiave.
Riku, però, riuscì a scansarsi rotolando di lato, e riafferrando la propria arma parò i seguenti colpi di Roxas.
Questo, però, ebbe nuovamente la meglio.
Si allontanò, ma quando sentì che dietro di lui Riku si rialzava e si preparava a colpirlo di nuovo, fece per voltarsi, ma di fronte a lui non c’era più Riku.
Un uomo con lungi capelli del colore dell’argento puro, bianco e luminoso brandiva l’arma che poco prima era di Riku - dov’era finito?
Roxas, colto di sorpresa dal nuovo arrivato, fu colpito più volte.
Mentre stava per perdere conoscenza, fissò il suo avversario.
Gli occhi - gli occhi erano rosso sangue.
Somigliava un po’ a Xemnas, pensò, poi svenne e non capì più nulla.

Povero piccolo diceva la voce di un uomo.



Piccola nota post-capitolo dell'autrice
Il prox capitolo è ancora in fase di scrittura, principalmente perchè voglio che sia fedele al prologo di KHII anche nei dialoghi (mi sto rifacendo il prologo registrandomeli *sono fusa*) per cui ci vorrà un po' per completarlo. Abbiate pazienza, e intanto, dopo aver letto, per favore commentate, perchè state leggendo la fic di una persona estremamente egocentrica che ha bisogno di leggere critiche e complimenti per sentirsi gratificata! Please, commentate! ^^
   
 
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