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Autore: ElleLawliet    27/02/2013    3 recensioni
Per una serie di eventi, Ichigo Kurosaki si ritrova a dover fare da maggiordomo nella lussuosa residenza dei Kuchiki, nobile famiglia giapponese. Assieme a lui? Grimmjow Jaggerjack ed Ulquiorra Schiffer.
Una serie infinita di malintesi e imbarazzi, situazioni inaspettate e rivelazioni.
Spero vi piaccia!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Renji Abarai, Schiffer Ulquiorra, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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POV INOUE
 
- Guarda, Ulquiorra! Non è il cane più bello che tu abbia mai visto? – domandò Inoue, lanciandosi su un piccolo ed indifeso cagnolino che stava tranquillamente disteso sotto un albero del parco. Purtroppo per lei, quando il cane la vide saltò in piedi e le ringhiò contro, prima di correre via.
- Accidenti! – sbuffò Inoue, quando il cane si fu allontanato. La bestia si sedette qualche metro più in la, poggiando la testa sulle zampe. Un lampione illuminava il cane, che si era accomodato nei pressi di una panchina.
- Non avresti dovuto saltargli addosso – le disse Ulquiorra.
- Ma è così carino! Non sono riuscita a resistere – si giustificò Inoue, grattandosi la testa.
Ulquiorra alzò un sopracciglio. Senza parlare, si avvicinò lentamente al cane.
Inoue, alle sue spalle, lo osservava. E pensava che era proprio strano. Lo aveva pensato fin dalla prima volta che lo aveva visto: così diverso da qualsiasi altra persona al mondo.
Ulquiorra era un osservatore; parlava poco ma ascoltava sempre tutto e sapeva sempre cose provavano gli altri. Per questo Inoue era diventata sua amica: così poteva avere qualcuno con cui parlare. Ricordava che Ulquiorra era rimasto sorpreso, quando lei gli aveva detto che voleva diventargli amica.
- Perché? – le aveva chiesto, freddamente.
Inoue aveva riso. –Ci deve essere un motivo? – aveva ribattuto.
- Le cose si fanno sempre per un motivo – aveva risposto lui, senza abbassare gli occhi.
- Giusto – aveva ammesso lei.  – Bé, mi sembri un tipo interessante -.
- Non lo sono – aveva ammesso lui.
Lei aveva alzato un sopracciglio. Lui, però, aveva fatto spallucce. – Me se proprio vuoi immagino che potremo essere… amici. Per me è lo stesso -.
Inoue per un attimo era rimasta sorpresa: aveva capito che Ulquiorra era molto più complesso di quello che lei credesse. Poi aveva sorriso e gli aveva teso la mano. Lui aveva aggrottato la fronte e le aveva stretto la mano. Lei aveva trattenuto un brivido, sentendo la pelle fredda di lui e aveva pensato che avrebbe tanto voluto abbracciarlo, per renderlo più caldo.
- Alla nostra amicizia! – aveva invece gridato, stringendogli forte la mano e ridendo.
E, in quel momento, lui aveva fatto un minuscolo sorriso.
Guardandolo in quel momento, mentre si avvicinava silenzioso a quel cane, Inoue pensò che Ulquiorra non era cambiato: freddo, calcolatore ma anche gentile, inaspettatamente, e comprensivo.
Sorrise, quando vide che il ragazzo si era inginocchiato davanti al cane e aveva allungato la mano verso il suo naso.
Il cane, in un primo momento, aveva ringhiato. Poi, però, aveva annusato la mano di Ulquiorra. Passarono pochi secondi, in cui tutto tacque, ma, alla fine, il cagnolino avvicinò la testa alla mano di Ulquiorra che lo accarezzò lentamente.
- Orihime – la chiamò lui, senza alzare la voce. Lei avanzò lentamente. Quando arrivò vicino al ragazzo vide che il cane aveva gli occhi chiusi e l’espressione completamente rilassata. Ridacchiò e il cagnolino aprì un occhi per scrutarla. Nonostante tutto, però, non si mosse ma richiuse gli occhi, per godersi il grattino di Ulquiorra dietro l’orecchio.
Inoue allungò una mano e gli accarezzò il pelo, sentendolo morbido sotto la mano.
- Certo che gli animali ti adorano – constato, rivolta ad Ulquiorra.
- Non è vero – ribatté lui, anche se in effetti sapeva trattare con gli animali. Forse, pensò Inoue, perché gli animali non hanno pregiudizi. Soprattutto per quello Ulquiorra non aveva molti amici; quando la gente lo guardava non vedeva altro che un ragazzo dal colorito cadaverico e occhi verdi freddi come il ghiaccio.
Inoue si rattristì e gli lanciò un’occhiata: l’espressione tranquilla, come sempre, i capelli neri che scivolavano sulle spalle e gli coprivano leggermente il viso.
Senza parlare, Inoue gli scostò i capelli dal viso e li tirò dietro l’orecchio, per poterlo guardare. Lui si voltò leggermente e lei abbassò gli occhi.
- Sediamoci – le disse lui, alzandosi in piedi.
Lei annuì e si alzò. Il cane, sorpreso, li osservò sedersi e, senza scomporsi, rimise la testa sulle zampe.
Inoue si guardò attorno. – Abbiamo fato bene a venire al parco – osservò.
- Già – concordò lui. – In strada era un casino -.
Lei annuì leggermente. Si voltò verso di lui e sorrise. La luce del lampione gli illuminava la pelle bianca che sembrava risplendere. Gli occhi erano chiusi e il respiro regolare. Senza farsi notare, cacciò il cellulare dalla borsa e puntò l’obiettivo verso di lui. Riuscì a scattare prima che lui si accorgesse di ciò che stava accadendo.
Rise, quando lui inarcò le sopracciglia.
- Mi hai fotografato? – le chiese, stupito.
- Già – ammise lei, sempre ridendo. Colta da un’ispirazione improvvise, lo afferrò per la maglia e lo tirò verso di sé. Senza dargli il tempo di parlare, poggiò la sua testa contro la sua spalla, gli passò un braccio sul petto e fece un’altra foto. Il flash illuminò i due per un attimo, accecandoli.
Soddisfatta, Inoue guardò la foto. – Ehi, è venuta proprio bene! – esultò, mostrandola al ragazzo.
Lui però la stava osservando. E il suo sguardo era così serio…
Inoue sapeva ciò che stava per dire e quando sentì la voce dell’amico non poté fare a meno di abbassare gli occhi.
- Dove sei stata? – le chiese lui.
Inoue sospirò.
- Io e gli altri abbiamo aspettato abbastanza – continuò lui. – Però devo sapere, Orihime. Dove sei andata? E perché? -.
Lei guardò il cielo, per un attimo. Le stelle non si vedevano, anche se ormai erano circa le due di notte.
- Orihime… - la incitò Ulquiorra.
- La nostra ultima… chiacchierata prima che partissi – disse lei, senza guardarlo. – Ti ricordi? – che domanda stupida, certo che ricordava. Gli aveva detto cose orribili.
- Sì – rispose lui, senza scomporsi.
- Sono stata molto sgarbata, vero? – ammise lei, abbassando gli occhi. “Guardalo” si disse. Sapeva che avrebbe dovuto. Ma non ci riusciva.
- Non importa… - stava dicendo lui.
- E invece sì – lo interruppe lei. Ricordava così bene quella notte. Le cose che gli aveva detto e gli occhi tristi e sorpresi di lui, che non aveva risposto.
- È passato tanto tempo – disse lui.
- Però ti ho fatto soffrire, vero? -.
Lui non rispose. – Mi dicesti la verità – disse, alla fine. – Ed io sapevo che dicevi il vero. Per questo ho sofferto. Perché per la prima volta mi mettevano davanti alla verità. Ma non mi arrabbiai con te, no -.
- Avresti dovuto – gli disse lei.
- Come avrei potuto? – le chiese, guardandola.
Lei arrossì. – Smettila – mormorò. – Di essere così gentile con me. Smettila di trattarmi come se fossi la persona migliore del mondo, ti prego -.
Lui sospirò. E lei sapeva che non sapeva cosa dire.
- Tu – sussurrò dopo un po’ lui. – Sei una delle cose migliori che mi sia mai capitata -.
E lei alzò lo sguardo su di lui ed incrociò i suoi occhi. Trattenne un fremito: per la prima volta quel verde non era freddo e compatto. Quegli occhi freddi la guardavano con calore e dolcezza. Si chiese quando Ulquiorra aveva imparato ad esternare i suoi sentimenti.
Lui sembrò leggerle nel pensiero. – Sono cresciuto un po’, ultimamente -. Si schiarì la voce e distolse lo sguardo.
- Sai – disse. – Prima che tu, Ichigo e gli altri entraste nella mia vita ero triste. E completamente disinteressato. Mi importava poco della gente, nessuno stimolava la mia curiosità. Poi, però, è arrivato Ichigo, con i suoi discorsi sconnessi e filosofici, a volte. Poi sei arrivata tu, che se la persona più strana del  mondo. Ti lasci trasportare dalle emozioni, ci tieni così tanto a noi… a me. E, per la prima volta, ho sentito di appartenere a qualcosa, al nostro gruppo –. Ulquiorra strinse le mani. Poi tornò a guardarla. – Dove sei stata? -.
Inoue chiuse gli occhi. – E va bene – si arrese. Si alzò in piedi e si sedette vicino al cane, carezzandogli il pelo. L’animale fece un verso di approvazione e Inoue sorrise.
- La sera della nostra discussione… fu la mia ultima sera a Karakura. Il mattino seguente mio fratello mi svegliò e mi disse di fare le valige. Io gli chiesi perché e lui mi disse che dovevamo andare a Tokyo. Io rimasi sorpresa e lui mi disse, con voce infranta, che mamma e papà erano morti. Dovevamo andare al funerale. Io rimasi stupita, soprattutto perché lo vidi piangere. Vedi, mio fratello non è mai stato legato ai nostri genitori, ansi: credo li odiasse. Io non ricordo nulla di loro, quindi non mi era mai importato di loro. Così andammo a Tokyo. Arrivati lì partecipammo al funerale. Ci fermammo due giorni. Ma la cosa peggiore accadde successivamente. Infatti, i miei genitori avevano lasciato un testamento ed affidato la mia custodia non a mio fratello, ma a mio zio. Mio fratello era disperato. Ma l’avvocato era irremovibile: doveva seguire gli ordini dei miei genitori. Ed io ero minorenne: avevo giusto quindici anni, troppo piccola per decidere del mio destino – Inoue fece una pausa per riprendere fiato, anche perché era difficile continuare il racconto. – Così fui portata da mio zio, il fratello di mio padre. Ero sconvolta e triste: mi stavano per separare dalla mia città e da voi. La cosa peggiore, fu che mi permisero di tornare a casa solo una volta. Quando arrivai, però, non trovai il tempo di incontravi. Per questo, lasciai quel biglietto a Kurosaki. Volevo farvi sapere che stavo bene, ma non vi ho detto dove andavo perché non volevo che voi vi precipitaste a Tokyo per riportarmi a casa. Sapevo che era la cosa giusta da fare, andare da mio zio e poi non volevo farvi entrare in questa brutta situazione. Mio zio non era proprio una cattiva persona. Solo aveva le sue fisse. Credo fosse pazzo. Fatto sta che mi tenne chiusa in casa per tutta l’estate, quando arrivai. Uscivo solo una volta al giorno per due ore.
Intanto, mio fratello lavorava affinché mi permettessero di tornare a casa. Si era trovato un piccolo appartamento a Tokyo e veniva ogni giorno a trovarmi. Nostro zio, però, lo cacciava di casa dopo un paio d’ore. Temeva molto la testardaggine di mio fratello. Quando iniziò la scuola, mi iscrissero ad un istituto privato al centro della città. Mio zio mi lasciva uscire di casa per andare a scuola ma voleva che io tornassi subito a casa dopo le lezioni. In pratica, mio zio non mi maltrattò mai. Altrimenti, sapeva che avrebbe perso la custodia ed io gli ero molto utile: non si è mai sposato ed io pulivo casa quando non ero a scuola -.
Inoue fece un’ulteriore pausa e pensò che, in effetti, era strano pensare a quello che le era accaduto.
- Rimasi con mio zio fino a quando non fui maggiorenne. Devo ammettere che fui felice di lasciare la casa dello zio: ero finalmente libera. Non attesi. La sera dopo il mio diciottesimo compleanno mio fratello mi venne a prendere. Mio zio si oppose ma mio fratello fu irremovibile: aveva dovuto aspettare tre anni per riavermi e mio zio non avrebbe potuto fermarlo. Così, dopo una buona ora passata a gridare, mi prese e mi trascinò via. Mio zio era furioso. Mio fratello mi chiuse in macchina e tornò dentro casa, per discutere con mio zio, mi disse. Tornò dopo mezz’ora. Non so cosa si dissero. Ma io scesi dalla macchina e mio zio mi abbracciò. Poi tornai qui. -
Finito il racconto calò il silenzio. Inoue continuava ad accarezzare il cane.
- Quindi… non ti ha fatto del male? – chiese Ulquiorra dopo un po’.
- No – lo rassicurò lei. – Mio zio, ti ho detto, non era violento. Ma molto possessivo. Mi tenne a casa per la maggior parte del tempo. Non avevo amici ma non potevo lamentarmi: avevo un letto in cui dormire e cibo tre volte al giorno. -.
Lo sentì sospirare. – Ti sei preoccupato per me? – gli chiese lei.
- Naturale – rispose lui.
- Sono stata una stupida, a non incontrarvi allora. Vi avrei dovuto dire tutto. Ma in quel momento mi sembrava la cosa più giusta da fare – ammise lei. Poi continuò. - So che cosa vuoi sapere: perché non ti ho scritto in questi ultimi tre anni? – Inoue sospirò e deglutì. – Non potevo chiamarti o scriverti dopo quello che ti aveva detto. Non trovavo la forza di farlo. E poi non volevo che tu continuassi a pensare a me. Volevo che mi dimenticassi di me -.
- Come avrei potuto? – le chiese, come se fosse impossibile anche solo immaginarlo.
- Dovevi! – gridò lei. Il cane sobbalzò e si affrettò a scappare via. Inoue lo guardò allontanarsi tristemente. – Speravo di non incontrarvi più. Vi avevo fatto così tanto male. Ma quando vi ho rincontrato da Rukia ho capito: mi mancavate. Mi mancavate così tanto! -. Non riuscì a trattenere un singhiozzo ma riuscì ad impedire alle lacrime di scendere. – Voi meritate una persona migliore di me. Tatsuki merita un’amica più sincera. Kurosaki una persona più sensibile. E tu meriti una ragazza più altruista -.
Silenzio. Il silenzio era totale. Inoue temette che Ulquiorra se ne fosse andato.
Si stava per girare, quando sentì una mano sulla testa, che gli carezzava la nuca.
- Quando te ne sei andata sono stato male – ammise il ragazzo, senza smettere di accarezzarla. – Malissimo. Grimmjow temeva che fossi caduto in depressione. Credevo che… te ne fossi andata… per colpa mia… temevo che non ti avrei più rivista -.
Il moro si inginocchiò vicino a lei e Inoue abbassò gli occhi. Lui continuava ad accarezzarle la testa.
- Temevo che sarei tornato come prima: insensibile al resto del mondo. Per questo quando ti ho rivista non mi sono arrabbiato con te. La gioia che ho provato… non puoi nemmeno immaginarla -.
- Non devi essere felice di rivedermi – gli disse. – Ti ho detto cose orribili, sono scomparsa senza dirti nulla e non ti ho nemmeno spiegato il perché. Come puoi perdonarmi tutto questo? -.
- Perché siamo amici – le disse lui. Le toccò il mento e la costrinse a guardarlo. Lei aveva le lacrime agli occhi, ma non piangeva.
- Io ti perdonerei tutto. Qualunque cosa. Ci sarò sempre. So che dovrei essere più gentile e più affettuoso con te, ma solo per dirti queste semplici parole sto facendo uno sforzo enorme. Io sono fatto così, Inoue. Ma puoi star certa di una cosa: non ti abbandonerò. Perché sei stata tu che mi hai dato la forza di uscire dal mio guscio e di aprirmi al mondo -.
E, a quel punto, Inoue non riuscì più a trattenersi. Iniziò a piangere e si gettò contro Ulquiorra, stringendo la sua maglia con le mani e poggiando la testa sul petto di lui.
Ulquiorra non si ritrasse, ansi. Le passò le mani intorno ai fianchi.
Lei rise, tra le lacrime. – Da quando ti piace il contatto fisico? -.
- Infatti non mi piace – disse lui. – Ma se ti può aiutare, va bene -.
- Sei strano – ammise lei, riempiendosi le narici del suo profumo forte e piacevole.
- Anche tu – rispose lui. – Sei la più strana. Ma va bene così -.

  
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