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Autore: Cherrie_2709    27/02/2013    1 recensioni
-Madre...Padre...ho una richiesta da fare-
"Oddio no" pensò Flora
Federico si inchinò ai suoi piedi -Flora, amore mio...-
La tensione nella stanza era palpabile.
-...vuoi sposarmi?-
Silenzio. Silenzio totale. La ragazza stava ascoltando il suo cuore. Sapeva cosa le stava dicendo, ma aveva paura di dar voce ai suoi sentimenti. Prese un bel respiro e si preparò a rispondere. Ma qualcun'altro lo fece per lei.
-NO!- gridò Ezio, senza pensarci due volte.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ezio Auditore, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Scusate tanto per la solita lentezza, ma ero indecisa sul da farsi. Inoltre volevo evitare di scrivere schifezze e siccome sono stata presa da parecchie emozioni contrastanti in queste settimane ho fatto fatica. In ogni caso eccoci qui :) Non dimenticatevi di Flora's Secret mi raccomando ^^

Flora era sorpresa da se stessa. Il dolore non la pervase affatto, se non quanto le capitava di guardare fuori dalla finestra e notare che il suo amato Ezio effettivamente non c’era. Eppure la sua concentrazione era rivolta tutta alla ricerca. Aveva due obbiettivi: scovare il sicario che aveva ucciso sua madre e far luce sulla morte di suo padre. Qualcosa infatti non le tornava. Secondo i racconti di sua madre Susanna, suo padre era morto quando aveva otto anni, eppure lei non ricordava nulla. Ricordava suo padre Marco in ogni dettaglio, ricordava le giornate passate con la sua famiglia al completo, ma non ricordava proprio nulla della sua morte.
-Una bambina non dimentica facilmente la morte di un genitore- continuava a ripete a Mario nelle loro chiacchierate.
-Sono d’accordo con voi, mia cara, ma cosa pensate che gli sia accaduto dunque?-
-Non saprei. Rapito?-
-Scappato?-
Per quanto la cosa la ferisse, sapeva che era possibile. Ma in ogni caso la priorità era l’uccisione di sua madre. Mario aveva mobilitato diversi alleati perché scoprissero qualcosa, così da non mandare Flora in giro alla cieca. Nei due giorni successivi la partenza di Ezio, la ragazza si allenò parecchio e, tra un allenamento e l’altro, aiutò Claudia con i registri bancari della villa. Ormai la casa era ristrutturata, ma il paese no. Decisero di investire il loro denaro in alcuni negozi e luoghi d’interesse, così da migliorarne l’aspetto e ricavarne degli sconti.
 
La sera del 26 aprile, quando Flora, Claudia e Mario erano ormai seduti a tavola, pronti per mangiare, uno degli uomini dello zio irruppe nella villa con il fiatone. Diceva di avere importanti novità per Madonna Tanucci.
-Parla- disse Flora impaziente
-Sono riuscito ad avere udienza dalla famiglia Sforza. Inizialmente hanno detto di non sapere nulla, ma Madonna Caterina mi ha poi voluto incontrare da solo. Ha delle informazioni sulla morte di vostra madre, ma predente di comunicarle direttamente a voi-
Calò un silenzio di tomba. Flora tenne la testa bassa e strinse i pugni. Era arrivato il momento. Era ormai entrata nel vivo della ricerca, da lì non poteva più tornare indietro.
-Mario…partirò domattina-
 
E così fu. Il mattino seguente, la ragazza si preparò per raggiungere Forlì. Sarebbe stato un lungo viaggio, anche a causa della mancanza di un cavallo.
-Flora, vi prego, potete usare il mio cavallo- ripeteva Mario.
-No, Mario. Non potrei mai portarvelo via. La camminata mi aiuterà a pensare, state tranquillo-
L’omone sbuffò, ma non si oppose più. Piuttosto l’aiutò a prepararsi. La bisaccia era piena di mele e borracce d’acqua. C’erano anche pomate e fasciature mediche, nel caso si fosse ferita. Passando per il paese si sarebbe fermata a prendere anche delle pagnotte di pane. E fortunatamente riuscì anche a procurarsi una coperta per la notte. Si armò poi del necessario: la sua lama, una spada leggera, uno stiletto e qualche pugnale da lancio.
-Fate attenzione, o mio nipote mi taglierà la testa-
-So cavarmela e lo sappiamo entrambi-
Dunque il viaggio cominciò. Era ormai mezzodì quando varcò la porta di Moteriggioni; aveva tardato salutando i vari paesani. Per un attimo si era perfino fermata davanti al portone della casa di Luigi, ma alla fine si era rifiutata di rivolgergli le proprie attenzioni.
Il tempo le sembrò favorevole. Il sole stava alto nel cielo, ma non creava un’afa soffocante. Forse era grazie al leggero vento che soffiava, accarezzando il viso della ragazza. Ogni tanto qualche carrozza la affiancava, credendola una nomade, ma lei teneva la testa bassa e non rispondeva. Alcuni dei passanti si offesero per il gesto, ma nessuno provò a ferirla. “Fortuna per loro” pensò “Avrei potuto ucciderli”.
Purtroppo, però, sul far della sera, il cielo si riempì di nuvole. Per diverse ore non cadde una goccia, ma quando ormai era già buio pesto arrivò un tremendo acquazzone. Flora non poteva rischiare di contrarre una malattia bagnandosi da capo a piedi, così cominciò a correre, pregando di trovare una casa nei paraggi. La fortuna stava decisamente dalla sua parte, perché dopo pochi metri scorse una luce. Era la luce di una lanterna, una lanterna che un uomo stava riportando in casa, pronto probabilmente a coricarsi.
-Aspettate, vi prego!-
L’uomo, che si rivelò essere piuttosto avanzato in età, le sorrise cordialmente e, quando fu ormai vicina alla casa, le fece cenno di entrare.
In casa c’erano altre due persone: un uomo, più giovane del primo ma con i lineamenti molto simili, e una donna. Il primo uomo visto da Flora doveva essere davvero molto vecchio dato che aveva capelli e barba bianchi. Eppure i suoi occhi, azzurri e vivaci, lo facevano sembrare più giovane. L’uomo seduto a tavola aveva invece gli occhi marroni, ereditati forse dalla madre, e doveva avere cinque o sei anni in più di lei. La donna, altrettanto giovane, teneva i capelli castani raccolti in una crocchia che ormai, dopo una giornata di lavoro, era scompigliata. Da una copertina posata su uno sgabello, Flora intuì che in casa doveva esserci pure un neonato che già dormiva.
-Mi dispiace irrompere così nella vostra casa, Messere- disse la ragazza rivolgendosi all’anziano.
-State tranquilla, giovane fanciulla. Non potrei mai lasciare qualcuno sotto una simile pioggia-
-Emanuele!- gridò la donna alzandosi dalla sedia –E’ una sconosciuta! E per di più armata-
Il vecchio non sembrava sconvolto.
-Potete stare tranquilla, Madonna- la rassicurò Flora –Se non siete una criminale, non vi torcerò un capello-
-E come posso esserne certa?-
-Semplicemente è una delle principali regole del mio credo. Se vi uccidessi o ci provassi soltanto, andrei contro la mia stessa natura-
-Io le credo- disse l’uomo più giovane –Io le credo, amore mio-
Flora rimase molto sorpresa dalla sua reazione. Sapeva dell’Ordine?
-Siete amica di Mario Auditore, non è così?-
-Si, lo sono. Lo conoscete?-
-Lavoro come corriere e l’ho conosciuto durante uno dei miei viaggi. Il vostro credo mi ha molto impressionato-
Emanuele fece cenno a Flora di porgergli la veste, zuppa a causa del tempo. Lei non esitò a liberarsene e osservò il vecchio posarla accanto al camino.
-Diverrete assassino, dunque?-
-Oh, no. Ho una famiglia a cui badare. Ma non vi negherò mai il mio aiuto-
-Come vi chiamate?-
-Gabriele Corsetti. E lei è mia moglie Simona. E immagino che avrete capito che il vecchio che vi ha accolta è mio padre-
-Vi ringrazio immensamente per l’ospitalità. Il mio nome è Flora Tanucci e spero di non disturbarvi a lungo. Mi sto dirigendo a Forlì per parlare con Caterina Sforza. Solo lei può darmi le informazioni che cerco-
-Siete la benvenuta nella nostra casa finchè ne avrete bisogno. Spero solo che i pianti del piccolo Federico…-
-F…Federico?- chiese sbigottita la ragazza.
-Si- disse Simona –E’ il nome di nostro figlio. Mario Auditore ha perso due dei suoi nipoti a causa di un tradimento e Federico era il nome del primogenito. Mio marito lo ha voluto ricordare così e io non avevo nulla in contrario-
Si sentì mancare. Per un attimo sentì le gambe cedere e la vista annebbiarsi. Non cadde a terra, ma ci mancò poco. Ripensò a quel giorno, il giorno in cui aveva visto Federico morire sotto la stretta del cappio. Sotto la stretta del tradimento.
-Flora, vi sentite bene?- chiese Emanuele.
-Io…io…non è nulla-
-Conoscevate quel giovane?- aggiunse poi Simona.
Una lacrima quasi invisibile scese lentamente sulla sua guancia ripensando a quando si era inginocchiato facendole la proposta. Si era sentita così crudele nel dirgli di no, ma al tempo stesso sollevata perché non gli aveva mentito.
-E’ quasi diventato mio sposo- disse in un sussurro.
L’uomo anziano le portò una sedia e si mise accanto a lei, mentre Simona e suo marito si avvicinavano, come per sentire una storia.
-L’ho conosciuto due anni orsono, quando lavoravo con mia madre come fioraia. Mi ero innamorata di suo fratello, il nipote sopravvissuto di Mario, ma lui sembrava amare un’altra. E per caso, per puro caso conobbi Federico. Mi ricordava tanto suo fratello, ma al tempo stesso lo reputavo molto più gentile. Quando però ho rivisto Ezio, non ho potuto fare altro, se non rifiutare la proposta, suscitando lo sdegno di tutti. Pochi giorni dopo, in piazza, l’ho visto morire. Ho visto morire lui, suo padre e il suo piccolo fratellino Petruccio-
La donna di casa si teneva una mano davanti alla bocca, assai rattristata dalla storia. Gabriele manteneva la testa bassa scuotendola di qua e di là ed Emanuele stringeva la ragazza per le spalle, cercando di consolarla.
 
Poco più tardi, quando ormai Emanuele e Simona dormivano, Gabriele portò Flora nella piccola stanza del bambino. Era già grandicello, forse aveva quasi un anno. Ed era davvero bello. Guardarlo creava in Flora un certo senso di pace. Le ricordò che l’assenza di Federico non doveva essere per forza qualcosa di brutto, dopotutto lui era in pace ormai, ammesso che ci fosse un posto in cui stare in pace. Requiescat in pace recitava il suo credo. Quindi si…forse era così che doveva vederla.
-Buona notte piccolo Federico…Requiescat in pace-
  
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