5. Little rays of Sun
Era
mattino presto, una lieve brezza entrava dalla finestra socchiusa che
Snake e Meryl, la notte prima, si erano dimenticati di chiudere.
La
ragazza era sdraiata sul letto, nella medesima posizione in cui si
era addormentata, rivolta verso il suo compagno...
Riaprì gli
occhi un istante dopo, guardando di fronte a sé e
constatando che
Snake non era più lì, nel letto con lei.
“Snake??” Mormorò
lei, d'istinto, tirandosi su seduta. Si guardò intorno,
lievemente
spaesata.
Si alzò piano, girando per la stanza.
“David?” Si
corresse poi.
Raggiunse la porta del bagno, accostata. La spinse
ed entrò. “Dave?” Lo chiamò
ancora, ma vide che non si trovava
neppure lì... Era andato via. Era sparito, di nuovo.
Meryl
sospirò, abbassando lo sguardo ed uscendo dal bagno,
richiudendo la
porta. Raggiunse il letto e vi si sedette, prendendo la borsa, non
appena prese il cellulare vide sul display le trentacinque chiamate
perse divise tra Johnny ed il padre Roy.
'Cazzo..' Pensò. Johnny
doveva essersi preoccupato per non averla vista tornare e doveva aver
chiamato Campbell... Ora si che sarebbe stato un problema. Cosa si
sarebbe inventata? Dannata lei.
Snake
era in strada già da un pezzo. Camminava lentamente tra la
folla di
persone mentre teneva una sigaretta tra le labbra.
Stava tornando
a casa da Otacon, chissà quanto si era preoccupato. Non gli
aveva
nemmeno lasciato un numero di cellulare – che non aveva
– e
quindi poteva benissimo averlo dato per disperso... O morto.
Quando
il campanello a casa Hemmerich suonò, lo scienziato si
fiondò alla
porta e – non appena la aprì – vide
finalmente il suo
amico.
“Snake! Dio santo! Dove sei stato? Mi hai fatto
preoccupare!” Lo rimproverò, con un'espressione
severa sul
volto.
“Beh, hai insistito tu per farmi andare a
quell'appuntamento.” Disse con la sua solita non-chalance,
entrando, non appena mise un piede dentro casa superando lo
scienziato, però, notò il Colonnello Roy Campbell
vicino al divano,
in piedi. Inspirò.
Snake si vergognò, si sentì colpevole e
forse anche la sua espressione, in quel momento, lo tradì.
“Snake.”
Gli fece un cenno con il capo, Campbell. Otacon chiuse la
porta.
“Colonnello, che piacere rivederla.”
“Sono venuto
qui perché Otacon mi aveva detto che eri
sparito...” Gli si
avvicinò. “Anche Johnny mi ha chiamato dicendomi
che Meryl, questa
notte, è sparita.. Dopo avergli detto che veniva a cena da
me.” Lo
informò, con sguardo severo.
Otacon a quel punto ricollegò. Era
stata Meryl a mandargli quell'invito?
Il serpente inspirò,
“Sì?”
“Snake, lo sai... Tu e Meryl avete sempre avuto la
mia benedizione e ho sempre sperato che voi due poteste rimanere
insieme ma...” Esitò.
“Ma? Che cosa Colonnello?” Si
intromise lui, “Sono troppo vecchio per lei, ora?”
Domandò.
Sia
lo scienziato che Campbell poterono notare una punta di rancore in
quelle parole.
“Non era ciò che intendevo, Snake. Intendevo
dire solo che ormai il vostro tempo è passato.. E che Meryl
ha
trovato una persona per bene e che la ama sinceramente.”
Disse
allora Roy.
“Senta, Colonnello... Ho passato la serata con sua
figlia, è vero, ma le assicuro che non è successo
assolutamente
nulla, abbiamo semplicemente parlato.” Lo guardò,
dritto negli
occhi, “E poi se lo pensa un uomo come me, adesso, poter
minimamente pensare di fare altro?” Chiese. “Non si
preoccupi, il
matrimonio di sua figlia è ancora intatto.” Disse,
prima di voltar
le spalle e salire al piano di sopra.
Lo scienziato lo osservò,
pieno di pena... Arrivare addirittura a dire una cosa simile...
Sospirò e scosse il capo, abbassando lo sguardo.
“Hal... Io non
intendevo..” Mormorò Campbell, avvicinandosi.
“Lo so.”
Rispose lui, rialzando lo sguardo sull'uomo. “Lo so. Non
preoccuparti.” Abbozzò un lieve sorriso.
“Non dire nulla a
Johnny, d'accordo? Ci penserò io.”
Otacon annuì. “Buona
giornata Colonnello.”
L'uomo ricambiò il saluto con un cenno,
prima di uscire.
Meryl
era in macchina, stava tornando a casa... In verità se la
stava
prendendo comoda, temeva una reazione da parte di Johnny e non sapeva
come avrebbe sbrogliato la situazione.
All'ennesima chiamata del
padre accostò vicino al marciapiede e si fermò
per rispondere. Cosa
gli avrebbe detto?
Afferrò il cellulare e schiacciò il tastino
verde, portandosi l'apparecchio all'orecchio ma rimanendo in completo
silenzio.
“Meryl?” Sentì poco dopo, la voce del
padre.
“Hm..?”
“Si può sapere cosa ti è saltato in
testa? Non hai idea di quanto Johnny si sia preoccupato.. Di quanto
IO mi sia preoccupato!”
“Mi dispiace.” Disse lei, con tono
piatto, guardando la strada di fronte a sé.
“Che cosa ti ha
fatto? Potevi dirglielo che ti saresti vista con Snake, invece di
mentire e di farci preoccupare a questo modo.”
“Cosa?” La
ragazza sgranò gli occhi. Come lo sapeva?
“Sono stato da Otacon
per chiedergli se avesse avuto sue notizie... Anche Snake era sparito
nel nulla durante la notte, per uno strano
appuntamento.”
'Maledizione..' Pensò la rossa, sospirando e
appoggiando il capo contro il sedile, socchiudendo gli occhi.
“Che
cos'hai intenzione di dire a Johnny?”
“Non sono cose che ti
riguardano, sei mio padre, non mio marito.. E comunque ho intenzione
di dirgli ciò che è successo: ovvero
assolutamente nulla! Ci siamo
visti, abbiamo cenato e abbiamo fatto due chiacchiere.”
“Due
chiacchiere? Durate tutta la notte?”
Meryl sospirò nuovamente,
questa volta in modo più pesante e scocciato. “Ho
bevuto troppo e
mi sono fermata in albergo, tutto qui.”
“.. A-ha. E Snake con
te.”
Silenzio.
Questa volta fu Campbell a sospirare,
dall'altra parte del telefono.
“Ti assicuro Papà che non è
successo assolutamente nulla.. E ti prego di non dirglielo a
Johnny.”
“Perché no? Se non è successo niente
perché temi
di dirgli che siete rimasti in albergo insieme.”
“Secondo te?!
Perché non sono cose da fare! Sarebbe geloso!”
“E se non sono
cose da fare perché l'hai fatto?!”
“Santo cielo, Papà!
Conosci David! Sai che non ha fatto nulla di qualsiasi cosa Johnny
possa pensare!”
Roy
rimase in silenzio per qualche istante. “E va bene... Non
dirò
nulla a Johnny, ma dimmi una cosa... Non hai dimenticato Snake, vero?
Ami Johnny?”
Quella domanda era una vera e propria crudeltà.
“Papà.. Ti prego. Snake è acqua
passata, è storia vecchia...
Provo affetto per lui e credo sia normale e mi dispiace che debba
passare gli ultimi giorni della sua vita in completa solitudine, non
lo trovo giusto... Non trovo giusto tutto ciò che gli
è capitato,
non trovo giusta la sua vita fin dall'inizio. Sto bene con Johnny, se
così non fosse non lo avrei sposato.” Rispose con
una vena di
tristezza.
“D'accordo.. Va a casa, ok?”
“Sì. Ci
sentiamo.” Disse lei, prima di attaccare.
Meryl
arrivò di fronte la porta di casa, prese un bel respiro e
dopodiché
infilò le chiavi nella serratura, aprendo la porta. Non
appena
entrò, vide Johnny alzarsi dal divano e andarle incontro.
“Meryl!
Dio santo, si può sapere che fine hai fatto?!”
Chiese in un misto
tra l'arrabbiato ed il preoccupato.
La rossa si chiuse la porta
alle spalle. “Credo che.. Dobbiamo parlare,
Johnny.” Disse,
guardandolo.
“Lo credo bene, mi hai detto che saresti andata a
cena da tuo padre e lui non sapeva nulla!”
“Sono andata a cena
con Snake, ieri sera.” Rispose lei, tutto d'un fiato,
guardandolo
negli occhi.
“Co.. Cosa?” Sembrò placarsi. Meryl si
sarebbe
aspettata la reazione opposta. “E' qui?”
“Sì, è qui, per
qualche giorno. Siamo andati a cena, ho bevuto un po' più
del dovuto
e mi sono fermata in albergo.”
“Con Snake?” Chiese a quel
punto Akiba.
“... No.” Mentì. Strinse appena i denti
ed
inspirò.
“E perché diavolo non me l'hai detto?!”
Domandò
allora lui, scaldandosi nuovamente.
“Perché non volevo che
fossi geloso! Non volevo pensassi... Non so..!”
“Beh, di certo
raccontandomi una cazzata del genere ora mi hai riempito di
dubbi.”
“...” Meryl sospirò. “Lo so,
Johnny. Lo so. Sono
stata un'idiota ed ho sbagliato... Ma credimi, ti amo e... Non farei
mai nulla che potesse rovinare il nostro matrimonio.” Disse,
guardandolo dritto negli occhi. Era vero? Non lo era? Non lo sapeva
bene nemmeno lei, alla fine... Si sentiva divisa in due, spezzata, in
bilico, ma d'altro canto sapeva anche di provare un grande, enorme
affetto per Johnny.
L'uomo rimase in silenzio per qualche istante,
dopodiché le si avvicinò e la
abbracciò. “Non ci vedo chiaro...
Ma mi hai fatto preoccupare. Dio solo sa quanto mi hai fatto
preoccupare Meryl. Non farlo mai più.”
Quel
giorno Snake rimase chiuso in camera tutto il giorno.
Era Venerdì
ed era l'ultimo giorno lavorativo della settimana. Quando Otacon
tornò a casa, la sera, sentì un silenzio
surreale, gli sembrava
quasi di essere a casa da solo.
Dopo essersi cambiato e dato una
rinfrescata, salì al piano di sopra. Bussò alla
porta.
“Snake?”
L'amico non rispose.
Hal sospirò,
dopodiché spinse lievemente la maniglia verso il basso ed
aprì la
porta: Snake era lì, seduto sul letto con i gomiti poggiati
sulle
ginocchia e le mani congiunte. Ai piedi del letto v'era un borsone
pieno, lo stesso con il quale Snake era arrivato.
Ad illuminare la
stanza c'era solo la fioca luce della lampadina sul comodino.
Lo
scienziato mosse un timido passo verso l'amico, rimanendo sempre
accanto alla porta. “Te ne vai..?” Chiese.
L'ex soldato a quel
punto alzò lievemente il capo, incrociò lo
sguardo del compagno ed
annuì lievemente.
Otacon sospirò, sconsolato, dopodiché si
avvicinò e si sedette sul letto, accanto a lui. Snake
tornò a
guardare un punto indefinito del pavimento, con le mani che gli
sfioravano appena le labbra.
Hal non sapeva bene come convincere
l'amico a rimanere, così per rompere il ghiaccio decise di
cominciare a parlare di roba decisamente a caso.
“Sento di star
cominciando a trovare un posto nel mondo.. Il lavoro comincia ad
andare a gonfie vele e sempre di più mi ritrovo capace di
rapportarmi con le persone e di aprirmi di nuovo.”
Silenzio.
“Sai...
Ieri sera, come promesso, ho chiamato Mei Ling.” Sorrise e lo
guardò. “Domani sera usciamo, la porto a cena
fuori.” Disse,
quasi entusiasta.
Non appena la sua voce si interruppe, il
silenzio calò nuovamente nella stanza.
“Snake..?”
L'uomo
non fiatò, non rispose. A quel punto Otacon cinse le spalle
dell'amico con entrambe le braccia, stringendolo. “Ti voglio
bene,
Snake.” Mormorò, appoggiando il capo sulla sua
spalla...
Probabilmente non c'era mai stata una vera e propria dimostrazione
d'affetto tra i due come quella, se non in alcuni rari casi.
“Non
te ne andare.” Sussurrò, socchiudendo gli occhi.
“Otacon...”
Il Serpente alzò nuovamente il capo. L'amico si
scostò appena per
poterlo guardare negli occhi, in quanto Snake volse il capo proprio
verso di lui.
“Non lo capisci che io posso trovare pace soltanto
lontano da tutti voi? Lontano da questa vita normale? Sono tornato ed
ho sbagliato.” A quel punto si alzò, avvicinandosi
alla
finestra.
“E allora lascia che io venga con te!”
“No,
Otacon, non se ne parla. Tu hai una vita intera da vivere di fronte a
te, piena di sorprese, di gioie ma anche di dolori.. Non è
giusto
che tu conduca una vita da eremita soltanto per stare accanto ad un
povero vecchio. Domani partirò e tornerò in
Alaska.”
“..
Snake..” Lo scienziato a quel punto lo raggiunse.
“Almeno aspetta
di incontrare Sunny... Mi chiede sempre di te. Facciamo
così: domani
viene Sunny, io la sera esco con Mei Ling e domenica riparti. Non
insisterò più per farti rimanere, lo giuro... Ma
almeno fallo per
Sunny.”
Ci fu ancora qualche istante di silenzio, dopodiché
Snake volse il capo verso Otacon. “D'accordo... Ma solo fino
a
domenica.”
Sul volto dello scienziato si dipinse un gran
sorriso. “Grazie.”
Il resto
della serata passò tranquillamente, Snake scese per cenare e
i due
parlarono del più e del meno. Otacon era curioso di sapere
cosa
fosse successo la notte prima con Meryl, stava morendo dalla
curiosità, ma capiva che tempestarlo di domande non sarebbe
stata la
cosa migliore: glielo avrebbe raccontato lui qual ora ne avesse avuto
voglia.
Dopo cena Snake si ritirò in camera, per dormire, Otacon
invece rimase sveglio a lavare i piatti e dopo si piazzò di
fronte
la tv per guardare un film. Stava aspettando che il sonno si facesse
vivo ma – a dir la verità – era
terribilmente agitato per la
cena con Mei Ling del giorno dopo. Che cosa le avrebbe detto? Di cosa
avrebbero parlato? La vita di Otacon negli ultimi nove anni si era
limitata alla caccia del Metal Gear e allo sventare attacchi
nucleari, nulla di più... Non è che fosse tutto
questo gran
divertimento.
Sospirò, appoggiando il gomito sul bracciolo del
divano ed il capo contro la mano, osservando le immagini che si
susseguivano sullo schermo mentre la sua testa era piena di pensieri.
Era
mattino – per dire – quasi le dodici, quando
suonarono alla
porta.
Snake aprì gli occhi, certo di aver fatto un brutto
incubo. Ormai non era rara come cosa.
Rimase qualche lungo
istante a guardare il soffitto mentre cominciò a sentire
delle voci
al piano di sotto.
Si mise seduto e poco dopo si alzò in piedi.
Raggiunse la sedia dove stava la sua maglietta, la prese e se la
infilò. Si guardò qualche istante allo specchio e
si sistemò i
capelli passandovi una mano.
Il Serpente aprì la porta e percorse
il piccolo corridoio, poi scese le scale in legno che portavano al
piano di sotto.
“Va bene, allora torniamo a prenderla Domenica
sera.” Disse una donna bionda, una signora molto bella e
curata.
“Sì, d'accordo.” Annuì
Otacon, appoggiando una mano
sul capo della piccola Sunny, la quale gli si era attaccato ad una
gamba, per abbracciarlo.
“Allora a domani sera, tesoro.” Disse
l'uomo, colui che era il padre adottivo.
“Sì, ciao!”
I due
signori – proprio quando stavano per lasciare l'abitazione
–
alzarono lo sguardo verso le scale, notando un uomo di una certa
età
scendere.
Sunny, incuriosita dallo sguardo vagante dei genitori,
volse il capo.
“Zio Snake!!!” Esordì la bambina,
ritirando le
braccia da Otacon e correndo verso il Serpente, non appena gli fu
vicino, gli cinse le gambe con entrambe le braccia.
Snake sentì
un certo calore nel petto e non poté trattenere un sorriso.
“...”
Otacon li osservò e sorrise, poi si rivolse ai genitori.
“Vecchio
amico di famiglia, spiegò.”
“Oh..” La madre annuì.
“D'accordo. Allora ci vediamo domani.”
“Certo. A domani!”
Li congedò Otacon, prima di chiudere la porta.
“Come stai?!”
Chiese la biondina a Snake.
“Sto bene, tu?”
“Bene! Che
bello sei tornato!” Esultò lei, prendendolo per
mano e portandolo
verso il divano, dove entrambi si sedettero.
“Snake, verso le
due andiamo a pranzo fuori, vuoi che ti prepari comunque la
colazione?” Chiese lo scienziato, fermandosi si fronte la
porta
della cucina, guardando i due.
“Sì, grazie.. Ho una fame.”
“E tu Sunny? Hai fatto colazione?”
“Sì, stamattina!”
Rispose la piccola.
“Non vuoi niente? Sicura? Ho comprato i
cornetti stamattina proprio per te..”
“Mmh.. Va bene! Allora
mangio anche io!”
Otacon sorrise. La viziava, quella bimba.. Ma
era normale, le voleva un gran bene. Si ritirò in cucina a
preparare
la colazione per Snake e a prendere qualcosa per Sunny, mentre li
sentiva parlare nell'altra stanza.
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Angolo autrice:
Chiedo venia se ci ho messo così tanto ad
aggiornare!
Purtroppo ho passato un periodaccio nero per quanto riguardava
l'ispirazione ma ora ce la sto mettendo tutta per rimettermi in
carreggiata!
Vi lascio con questo capitolo (che avevo già scritto)
sperando che non ci siano troppi errori, dopo indubbiamente lo
leggerò, prima gli ho dato una veloce letta!
Spero che ci sia ancora qualcuno interessato eeee... Ringrazio tutti
quelli che mi seguivano prima! :))
Al prossimo capitolo!