Welcome Back
Rebecca e Shaun erano tornati
sul furgone. Erano seduti
sui sedili posteriori l'uno di fronte all'altro in attesa che William
sbollisse la rabbia e tornasse da loro.
“Che cosa se ne fa
l'Abstergo di un cadavere?” Chiese dopo qualche istante
l'inglese,
completamente assorto nei suoi pensieri. Teneva i gomiti sulle
ginocchia ed il mento appoggiato sulle mani.
“No, dico...”
Riprese, “Razionalmente parlando: che cosa può
farsene di un
morto? E siamo sicuri che sia morto?” A quel punto rivolse
un'occhiata verso la mora.
Rebecca se ne stava con le spalle
appoggiate contro la parete del veicolo, a gambe accavallate. Si
strinse nelle spalle. “Cosa vuoi che ne sappia, Shaun? Ne so
quanto
te.”
“Non ti puzza la faccenda? Voglio dire..” Si
alzò.
“Non sappiamo se realmente Desmond sia morto, William stesso
ha
detto che non lo sa, non si sarà neppure curato di
controllargli il
battito. Lo hai visto come stava, no?” Si affacciò
al finestrino
per vedere se William stesse facendo ritorno ma tutto ciò
che vide
fu l'entrata del tempio circondata da semplice e pura desolazione.
“Non lo so Shaun! Non abbiamo idea neppure di dove lo abbiano
portato!”
“Dai, Rebecca! Sicuramente in Italia!” La
guardò
lui, prima di sedersi sul sedile del guidatore ma in modo che potesse
guardarla.
“E cosa vorresti fare? Tornare all'Abstergo per
vedere se lo tengono lì? E seppur lo tenessero lì
ma Desmond fosse
semplicemente morto? Entri lì e dici che sei venuto a
riscuotere il
cadavere per fargli un funerale?” Domandò quasi
con sarcasmo,
rendendosi conto di essersi comportata proprio come di solito faceva
l'inglese. Difatti, l'uomo, arricciò il naso e la
guardò storto.
Era ovvio: lui poteva trattare male chiunque ma gli altri non
potevano fare lo stesso con lui.
In realtà Rebecca era solo
preoccupata: preoccupata per Desmond, per William, per il destino
dell'umanità... Cosa intendeva dire Giunone? Quale sarebbe
stata la
sua vendetta?
“Però forse hai ragione.. Dovremmo andare per lo
meno ad assicurarci che Desmond sia realmente... Morto. Se
così non
fosse non possiamo abbandonarlo al suo destino e nelle mani
dell'Abstergo oltretutto.”
“Finalmente riacquisti un po' di
lucidità. Pensi di poterci far salire sul primo volo
utile?” Le
domandò l'inglese alzandosi nuovamente.
“Penso di sì..”
Rispose lei stringendosi nelle spalle e prendendo il computer
portatile.
“Io penso a recuperare William.” Disse passandole
di fronte e facendo per scendere dagli sportelli posteriori.
Rebecca
allungò un braccio, afferrandolo per il polso.
“Shaun!”
L'uomo
si fermò non appena sentì la mano della ragazza
trattenerlo. Volse
il capo e la guardò negli occhi. “..
Cosa?”
“Non
infondergli false speranze.”
Stridii
di aquila graffiavano il cielo ricoperto di nuvoloni grigi e
minacciosi di pioggia.
Sentiva un gran caos intorno a lui, voci e
rumori, alcuni anche familiari... Ma non poteva muoversi: la sua
visuale era fissa sul cielo scuro.
Una sensazione di inquietudine
cominciò a farsi strada in lui, udiva grida, schiamazzi,
richieste
d'aiuto e lui era lì, impossibilitato a fare qualunque cosa.
“Non
mollare.” Nella sua visuale comparve Ezio, il quale si
chinò su di
lui, alla sua destra.
Qualche istante dopo un uomo incappucciato
occupò un'altra porzione della sua visuale, sulla sinistra.
Ad una
più attenta visione riuscì a scorgere sotto il
cappuccio
Altair.
“Forza Assassino, alzati e lotta. Non vorrai arrenderti
così?”
E poi sopraggiunse anche Connor. “Abbiamo bisogno di
te.”
Che cosa stava succedendo? Dove si trovava? Non riusciva a
capirci nulla e le idee gli si confusero ancora di più
quando, ai
suoi piedi, vide sé stesso.
“Desmond. Desmond, forza, tirati
su. Sei un Assassino, combatti.” Udì le parole
uscire dalle labbra
dell'uomo che sembrava essere proprio lui, la sua perfetta copia. Via
via, però, le loro parole risultarono più confuse
mentre le
immagini cominciarono a sbiadire ed appannasi finché tutto
divenne
buio.
“Desmond!”
Il ragazzo sbarrò gli occhi.
Era sdraiato supino,
sopra di sé poteva vedere una sottile lastra di vetro liscia
e
trasparente. Oltre di essa tutto ciò che riusciva a scorgere
era un
soffitto alto e spoglio, bianco, ornato da alcuni tubi grigi. In
realtà sembrava fossero i tubi grigi ad essere ornati da
qualche
macchia bianca, qui e là, del soffitto.
Una sensazione di
tranquillità e calma lo pervase. Era stordito e –
proprio così
come si era svegliato – ricadde in un tiepido torpore.
“Dottoressa Stillman!” Un uomo fece ingresso
nella sala relax, “Dottoressa Stillman! Il Soggetto 17 si
è
svegliato!” Le riferì, trafelato. Doveva essersi
precipitato lì
all'istante.
La donna stava sorseggiando tranquillamente un caffé
dal bicchiere di plastica, di fronte la macchinetta. Non appena
udì
quelle parole si voltò.
“Si è svegliato?” Chiese conferma,
muovendo un passo verso l'uomo. Dopo un primo momento di esitazione
buttò il bicchierino – ancora mezzo pieno
– nel cestino e si
avviò a grandi passi verso l'uscita.
Non appena varcò la soglia
e cominciò a percorrere il corridoio che la divideva dalla
stanza di
Desmond, sentì il cuore cominciare a battere più
forte. Non l'aveva
ancora visto da quando l'avevano portato dentro, si era limitata
soltanto a dare le disposizioni riguardo ciò che avrebbero
dovuto
farne.
Si rese conto che i passi, dapprima veloci ma moderati, si
erano trasformati in una lenta corsa verso la sala dove si trovava il
ragazzo. Quando la raggiunse, una volta lì davanti, si
fermò.
Inspirò e tentò di riacquistare
lucidità. Non appena i battiti
tornarono nella media la donna fece il suo ingresso.
La stanza
era simile a quella dell'Animus, lì all'Abstergo. Cambiava
ben poco:
era ampia, spaziosa e ben illuminata. Al posto dell'Animus,
però,
v'era un lettino simile ma con i bordi più alti e ricoperti
da una
lastra di vetro dove, per l'appunto, si trovava Desmond.
“Si è
svegliato?” Domandò la bionda, avanzando
lentamente verso il
lettino. Camminava con passo lento ma deciso, cercando di non
tradirsi e di non far trasparire le emozioni contrastanti che provava
in quel momento.
“Sì, ma abbiamo aumentato la dose di sedativi
ed è crollato di nuovo.” Rispose uno dei due
uomini in
sala.
“Perché?!” Chiese contrariata.
“Non è ancora
stabile, signorina Stillman. I suoi impulsi celebrali sono
irregolari: deboli ma di tanto in tanto raggiungono picchi elevati.
Non sappiamo cosa gli è accaduto, potrebbe aver riportato
qualche
trauma, per ora è meglio andarci cauti.”
Lucy continuò a
camminare mentre ascoltava le spiegazioni dello specialista e
–
finalmente – arrivò fino a quella sottospecie di
teca nella quale
il ragazzo si trovava.
Desmond era lì dentro: era completamente
nudo ed attaccato ad alcuni macchinari. La sua pelle, una volta
ambrata, ora era pallida e spenta, così come il suo viso:
era
sbattuto e smorto.
Gli occhi del ragazzo, così profondi e
penetranti, sembravano quasi serrati mentre le labbra erano schiuse e
si potevano intravedere i denti.
La donna sentì un lieve calore
diffonderlesi nel petto ricordando i momenti passati assieme al
ragazzo. Era quasi una pugnalata al cuore e – di certo
– vederlo
ora in quelle condizioni non la faceva rimanere del tutto
indifferente.
Il suo sguardo venne poi rapito dalla mano destra
del ragazzo e parte dell'avambraccio i quali sembravano quasi
necrotizzati.
Inspirò a fondo e dopodiché prese la cartellina
di
Desmond, appuntandovi alcune cose. Sentì il bisogno di
allontanarsi
o sarebbe finita ad osservarlo per ore... Così
girò i tacchi ed
andò a sedersi alla scrivania. Accavallò le gambe
e si mise in
attesa che il ragazzo si svegliasse nuovamente.
Rebecca si era messa subito
all'opera per trovare un
posto sul primo volo utile per l'Italia. Come aveva sospettato,
però,
di voli ce n'erano davvero pochi, probabilmente a causa di tutti gli
eventi atmosferici avvenuti negli ultimi giorni.
Tuttavia la mora
riuscì a prenotare tre posti su un volo diretto a Milano.
I tre
si misero subito in marcia: Shaun era riuscito a recuperare William,
aveva ragionato con lui facendogli capire che sembrava un po' strano
che l'Abstergo si fosse incaricata di recuperare un cadavere per
chissà quale motivo. Ad ogni modo, finalmente, l'uomo
sembrava aver
riacquistato la fermezza e lucidità di sempre, tornando ad
essere il
mentore di una volta.
Quando gli Assassini toccarono la terra
ferma era ormai il ventitré Dicembre e la minaccia
riguardante la
fine del mondo sembrava ormai un incubo lontano. Ciononostante le
'stranezze' atmosferiche non erano del tutto scomparse: ancora si
avvertivano dei terremoti in varie zone della terra, così
come
alcuni vulcani non sembravano essersi del tutto assopiti. Anche le
tempeste magnetiche non rendevano le cose più semplici.
Non
appena il trio uscì dall'aeroporto si diressero a prendere
un taxi.
Prima di partire avevano contattato degli Assassini italiani che si
erano offerti di dar asilo ai loro compagni. Dovevano assolutamente
rimettersi in sesto, non potevano di certo partire all'avventura in
quel modo... Così, una volta saliti sul taxi, si diressero
in
periferia passando per il cuore di Milano. Era ancora buio, era
mattino presto, neppure le quattro, ed il paesaggio che mutava
velocemente fuori dai finestrini aveva un qualcosa di magico.
Lucy aveva passato tutta la
notte nella sala dove
tenevano Desmond. Quando le prime luci dell'alba cominciarono a
filtrare attraverso le grandi vetrate e a rischiarare la stanza, il
viso della biondina, la quale si era addormentata a braccia conserte
sul tavolo, venne illuminato anch'esso.
Vidic era morto e non la
tormentava più. Il nuovo capo dell'Abstergo invece sembrava
nutrire
un debole per lei e la cosa, a livello inconscio, le faceva prendere
il tutto più alla leggera.
Fu il rumore del computer – che
segnalava un e-mail in entrata – a far svegliare la ragazza:
riaprì
piano gli occhi scoprendo le sue iridi azzurre e limpide simili ad un
cielo primaverile. Si portò le mani al viso – per
riprendersi
qualche istante – e dopodiché si alzò
per raggiungere il letto
dove giaceva il ragazzo. Doveva ammettere che vederlo così,
nudo, le
faceva un po' strano.
Scosse il capo per scacciar via quei
pensieri, afferrò la cartellina di Desmond per appuntarvi
qualcosa e
dopo averla riposta decise di andarsi a prendere un caffè,
così si
diresse fuori.
Fu proprio quando la porta si chiuse alle spalle
della bionda che il ragazzo cominciò a riprendere coscienza:
gli
occhi si muovevano appena sotto le palpebre chiuse le quali, dopo
poco, si spalancarono all'istante mostrando i suoi occhi color
nocciola.
L'Assassino vide sopra di sé nuovamente il soffitto
pieno di tubature aggrovigliate tra di loro che sembravano disegnare
un labirinto. Questa volta, però, si rese conto di essere
sveglio e
cosciente.
'Ma dove...?' Pensò, cercando di tirarsi
su: le
braccia e le gambe erano assicurate al lettino – tra l'altro
scomodo – e tutto quello che riusci ad alzare fu la testa.
Lanciò
uno sguardo al suo corpo, fino ai piedi, scoprendo così di
essere
completamente nudo.
'Ma che diavolo...? Dove sono finito?'
Si chiese tra sé e sé. Volse il capo a destra e
poi a sinistra ma
purtroppo la sua visuale era ostacolata dalle pareti laterali del
lettino. Tutto ciò che riusciva a vedere era il soffitto
sopra di
sé, ben illuminato, oltre il vetro.
Notò anche, poco dopo, di
avere alcuni elettrodi attaccati al corpo e collegati a loro volta a
chissà quali macchine.
In pochi istanti, tutta quella situazione,
gli fece crescere una certa ansia nel petto. Si sentì
impotente di
fare qualsiasi cosa, dimenticato, come se fosse stato sepolto
vivo.
“Aiuto?!” Chiamò,
“Aiuto!!!” Tentò nuovamente
mentre cercava di liberarsi i polsi ma, tuttavia, senza alcun
successo. Si accorse soprattutto – dopo qualche istante
– di come
la mano destra e parte dell'avambraccio sembrassero prive di
sensibilità e – a tratti – gli dolessero.
Fece un grande
respiro e cercò di calmarsi. Appoggiò il capo
contro il lettino e
cominciò a guardarsi intorno studiando un modo per potersi
liberare.
Lucy, che si era presa il suo bel caffè mattutino ed aveva
scambiato due parole con un collega, era già di ritorno.
Non
appena Desmond sentì il rumore di una porta aprirsi e dei
passi,
probabilmente di una donna visto il riecheggiare dei tacchi nella
sala, chiuse gli occhi e rimase fermo, immobile.
La donna riprese
la sua cartellina e – una volta postasi accanto al lettino
–
cominciò ad appuntare alcune cose.
Fu allora che Desmond,
sottecchi, aprì un occhio: non appena vide il volto della
biondina
lo stomaco gli si strinse in una morsa. Una catena di ricordi, uno
dopo l'altro, gli riaffiorarono nella mente e dentro di sé
sentì
emozioni e sensazioni contrastanti farsi strada. Non capiva come
ciò
fosse possibile e nonostante fosse quasi contento di rivederla
–
anche se cercava di reprimere quel sentimento – da una parte
non
poteva che nutrire un grande sconforto, se non rabbia, nei suoi
confronti.
Ma stava sognando? Era in paradiso...? Gli ci volle
solo qualche istante per scartare quest'ultimo pensiero: casomai si
trovava all'inferno. Dubitava che in paradiso l'avrebbero legato
così, come un salame.
Solo qualche attimo più tardi Lucy abbassò
lo sguardo sul ragazzo notando che – finalmente –
si era
svegliato. Non appena incrociò i suoi occhi così
intensi, scuri e
profondi sentì un tuffo al cuore. Fu una sensazione che non
sarebbe
neppure riuscita a spiegare. Desmond la osservava, silenzioso,
confuso... Poteva quasi leggere nei suoi occhi tutti i suoi dubbi e
le sue paure.
“Sto... Sognando? Sono morto?” Domandò
allora
il ragazzo. Non ricordava nulla dopo aver toccato la sfera, solo le
forze venirgli a mancare, quasi fosse stato svuotato di ogni
energia.
La voce di lui le risultava ovattata oltre il vetro che
li separava. Sentì un groppone in gola, schiuse appena le
labbra ma
rimase in silenzio ancora qualche istante prima di rispondere.
“No... No, Desmond. Non sei morto.” E –
nel pronunciare
quelle parole – Lucy provò quasi una punta di
felicità. Era
sollevata che il ragazzo fosse ancora nel mondo dei vivi.
“E tu
non sei... Morta?” Domandò, pieno di stupore e
meraviglia. Che
cosa stava accadendo?
La ragazza scosse il capo. In quel momento
gli ritornò alla mente il momento in cui Desmond l'aveva
pugnalata.
“Fammi uscire di qui, Lucy, che cosa sta succedendo?
Dove siamo?”
“Non posso, mi dispiace.” Si limitò a
dire
lei spostando – a fatica – lo sguardo nuovamente
sulla
cartellina. Mantenere il contatto visivo con quell'Assassino sarebbe
potuto essere deleterio nonché doloroso.
A quel punto il ragazzo
ebbe un brutto presentimento: erano all'Abstergo? Riprese a forzare i
polsi, cercando di liberarsi, ricordandosi solo in quell'istante di
essere nudo davanti la donna. Di certo – ora – non
poteva proprio
dire di sentirsi a suo agio.
“Lucy, avanti, fammi uscire!” Si
lamentò.
“No, Desmond. Non posso.. Non costringermi a
sedarti.” Le risultò alquanto complicato mantenere
quella dura
corazza. Fosse stato per lei lo avrebbe liberato seduta stante,
eppure... Qualcosa la frenava.
L'Assassino si sentì pervaso da
una collera irrefrenabile. “So tutto! So tutto di te e dei
Templari
Lucy! Perché?! Mi stai tenendo qui per loro conto? E' per
questo?
Noi ci fidavamo di te! IO mi fidavo di te! Questo non significa
nulla?! Non te ne importa nulla?!” Sbraitò il
ragazzo, alzando la
voce, sicuro di farsi sentire oltre il vetro, continuando a
dimenarsi.
Quelle parole la colpirono come una pugnalata in pieno
petto. Le importava... E tanto. Significava molto per lei che il
ragazzo si fidasse di lei, ma sapeva anche che da quel momento in poi
non sarebbe accaduto, mai più.
Strinse i denti e lo guardò.
Faticò ad incrociare il suo sguardo difatti
indugiò sulle sue
labbra.
“Mi dispiace Desmond.” Fu tutto quello che
riuscì a
dire prima di posare la cartellina e girare i tacchi, dirigendosi
all'uscita a denti stretti. Sentì le lacrime sopraggiungere
solo
qualche istante dopo ed annebbiarle la vista. Quel ragazzo le faceva
male, era capace di toccare delle corde della sua anima come nessuno
era mai riuscito a fare prima... E probabilmente mai nessuno sarebbe
riuscito a fare dopo di lui.
Desmond serrò la mandibola,
scoprendosi con il respiro accelerato per la rabbia appena accumulata
e poi sfogata. Si calmò e strinse i pugni con forza,
appoggiando
nuovamente il capo contro il lettino. Non poteva ancora crederci: era
vivo. Lucy era viva... Solo in quel momento il suo pensiero
volò
verso suo padre, Rebecca e Shaun. Sperava fossero sani e salvi.
L'incubo non era finito.
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Angolo Autrice:
Yeee!!!
Finalmente sono riuscita a postare il quinto capitolo! :))
Beh, non penso ci siano particolari delucidazioni da fare, creeedo! Se
avete qualsiasi domanda chiedete pure!
OVVIAMENTE non potevo lasciar morire Desmond, chi mi segui dagli
albori, da 'After the Death' sa bene che ADORO il personaggio di
Desmond...
Sigh. E l'Ubisoft me lo fa morire. LI ODIOOO!!! > <
Ad ooogni modo! Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, lo
spero vivamente, davvero! A me piace scrivere, lo faccio per me
innanzitutto, ma poi quando c'è qualcuno che apprezza il tuo
lavoro, ti riempie davvero il cuore.. E quindi spero davvero vi piaccia
la mia storia, non perfetta, ma scritta con tutto quello che possiedo
:))
Ringrazio Eldunari_
per la recensioncina lasciatami nell'ultimo capitolo, grazie, grazie,
grazie mille! :))
Credo sia tutto eeee... Ah! Se c'è qualcuno di voi che ha
giocato Deus Ex
lo invito a passare qui!
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1647562&i=1
E' una storiella che ho scritto io, spero vi piaccia! ;D
Dunque passo e chiudo, al prossimo capitolo!!! :)