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Autore: MarchesaVanzetta    02/03/2013    1 recensioni
Confessioni notturne sotto il cielo d'Irlanda.
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Il titolo significa Sotto il cielo in gaelico, e trovo abbia un suono semplicemente magico, com'è tutta l'Irlanda. E, nulla, è stato particolare ambientarci una storia :)
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Dedicata alla mia Cherie, che oggi fa gli anni. Ti voglio bene tesoro, non dimenticarlo. E scusa per le mie troppe assenze ♥
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Auguri dolcezza 
 
Era stata una splendida giornata di fine estate e sentiva di averne assaporato ogni secondo, come si era ripromessa di fare da un anno a quella parte: sentiva che il suo tempo stava per finire e voleva godersi ogni attimo di vita, senza sprecare neanche un brandello di quegli ultimi mesi. Dopo una frugale cena si andò a sedere sul dondolo di vimini in giardino, tra l’erba alta che non tagliava mai, perché amava vedere gli steli ergersi verso il cielo e i fiori selvatici sbocciare indisturbati.
Si accoccolò sul cuscino color crema come quando era bambina, con le gambe piegate e la testa appoggiata su un lato dello schienale, per guardare le stelle. Non si vedevano bene come settant’anni prima ma la casetta dove abitava da dodici anni -dodici anni senza Niamh, la sua migliore amica, sua moglie, l’altra metà di se stessa- era abbastanza lontana dalla città per permetterle di osservare la volta celeste, fil rouge scintillante della sua vita, segnata sempre da vittorie e sconfitte e sempre consolata da quelle luci distanti e antiche.
Seguì con gli occhi le costellazioni che le aveva insegnato suo padre e poi quelle che aveva indicato a Niamh, una costellazione ogni anniversario. Regali più cari di qualsiasi oggetto e che finivano sempre nel morbido calore delle sue braccia.
Una sola lacrima, che racchiudeva in sé ogni cosa, le nacque dall’occhio e le rigò la guancia, accarezzandole la gota. Portò l’indice a fermarne la discesa ma trovò solo pelle asciutta e vecchia; come se si fosse scottata, riportò con uno scatto repentino la mano sul grembo. Non era la prima volta che le capitava di confondere i pensieri con la realtà, come faceva da ragazzina, quando non ricordava mai se avesse detto o meno determinate cose. Ma quelle erano sciocchezze infantili, adesso si trattava della vecchiaia che si avvicinava sempre di più facendole pian piano assaggiare il sapore della morte.
Ma se fosse stata confusa solo sulle lacrime! Non ricordava neanche più se i suoi genitori e i suoi fratelli sapevano di lei e Niamh. Non aveva avuto il coraggio di dirlo neanche a Dara, o a Ray, il suo fratellino? Neanche ai suoi nipoti?
No, no, no. Nessuno sapeva nulla, aveva vissuto nell’ombra per più di settant’anni e in quell’ombra si era messa da sola. Aveva preferito chiudersi in una bolla dorata imbottita dell’amore di Niamh e lasciar fuori il mondo, mostrandosi solo come una scialba imitazione della se stessa che esisteva dentro la bolla. Come poteva essere stata così codarda e stupida?
Ma, d’altro canto, come avevano potuto Dara, Ray, i suoi genitori, non capirlo? Erano così ottusi?
Via, via, che assurdità. Non poteva certo contare sull’intuito altrui per giustificare la sua viltà.
Improvvisamente, con una vitalità che non le era propria da molti anni, si alzò dal dondolo e si fiondò in cucina a prendere il telefono, componendo contemporaneamente il numero di sua sorella.
Il telefono suonò tre volte e poteva quasi vedere Dara svegliarsi e tastare il comodino alla ricerca del telefono e dell’apparecchio acustico, facendo rovesciare le pastiglie del mattino e il libro che stava leggendo.
“Pronto?” rispose affannata, facendo sorridere Eileen.
“Ciao Dara, sono io. Ti ho svegliata?” chiese cortese, più per abitudine che per sapere la risposta.
“Sì, ma non è un problema. È successo qualcosa? Stai male? Qualcuno è morto?” la inondò di domande, tutte così lontane dai suoi pensieri. Malattia? Morte? No, assolutamente. Si sentiva di nuovo viva e giovane e invincibile, non le passavano neanche per la testa le brutture del mondo.
“Tranquilla, non agitarti. Volevo solo dirti una cosa” chiarì, tremando appena. Come l’avrebbe presa? Si sarebbe arrabbiata di più per il fatto in sé o per averglielo tenuto nascosto tanto a lungo? Avrebbe rifiutato ogni contatto con lei, disgustata dal suo amore? Non voleva porsi quelle domande che la rendevano insicura ma si presentavano alla velocità della luce nella sua testa.
“Sorellina, non potevi aspettare domani mattina?” le chiese, in uno sbuffo divertito ed esasperato, pensando a come sua sorella fosse sempre stata irruenta nelle cose cui teneva di più, dimenticando il resto del mondo pur di riuscire nel suo obiettivo. Cosa ci poteva essere di tanto importante da chiamarla alle undici passate, con quel tono eccitato?
“Ho aspettato fin troppo” borbottò, quasi a se stessa. Era stato tutto talmente travolgente che non ci aveva neanche pensato: aveva davvero aspettato tutti quei decenni?
“Dimmi” la esortò semplicemente, ormai del tutto sveglia e attenta.
“Ecco… io…” temporeggiò, cercando le parole adatte. “Oh, al diavolo! Non voglio più nascondermi, Dara: mi piacciono le donne e Niamh non era un’amica, era l’amore della mia vita! Ho sempre avuto paura di dirlo ma adesso che sono vecchia e Lei non c’è più, mi è permessa qualsiasi cosa” sputò fuori, stupendosi subito dopo dell’irruenza delle sue parole.
All’altro capo del telefono, tutto taceva.
“Dara?” la richiamò, cercando una sua reazione. Era angosciante averla in silenzio, senza poter capire dove fossero i suoi pensieri.
“Scusa, stavo mentalmente stappando una bottiglia della cantina speciale di papà. Quando pensavi di dirmelo, eh? Io e Ray lo sappiamo da decenni!” rispose, scoppiando poi a ridere convulsamente, felice e orgogliosa della sua sorellina, che aveva finalmente avuto il coraggio di esporsi al mondo.
“Cosa? Come…? E piantala di ridere! Questa doveva essere una cosa seria e ricca di pathos” ribatté, ridendo anche lei, senza sapere neanche bene il perché. Era tutto così bello e giusto e rassicurante e lei si sentiva così felice che avrebbe potuto ballare. Nello stesso istante in cui lo pensò accennò ad un ancheggiamento e un rotear di polsi, come aveva visto fare a quelle donne così affascinanti in Spagna.
“Stai imitando con scarso successo le ballerine di flamenco, vero?” la colse in flagrante Dara, che rise ancora più forte quando il silenzio imbarazzato della sorella giunse a confermare la sua affermazione.
Continuarono a ridere per parecchi minuti, fino a quando Dara non smise di colpo, facendo immediatamente sfumare anche la risata di Eileen.
“Lo sai vero che, oltre alle risate, noi ti vogliamo davvero sempre bene e non ci importa con chi vai a letto, vero?” chiese Dara, riempiendo Eileen di una felicità profonda e consapevole. La sua famiglia l’accettava e tutto poteva andare bene.
“Lo so. Grazie, davvero” rispose commossa, alzando lo sguardo verso il cielo. Subito i suoi occhi incontrarono Hamal, la stella più luminosa dell’Ariete, il suo segno; era la stella che aveva sempre cercato quando aveva bisogno d’aiuto e ora era testimone della sua felicità, a lungo dimenticata.
Sorrise a quella notte di fine estate che sapeva sarebbe stata l’ultima e rientrò in casa, chiudendo insieme la porta e la telefonata.
Era al sicuro.

 
  
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