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Autore: drawandwrite    02/03/2013    6 recensioni
Ryan Gray è un normalissimo studente Americano, da poco trasferito in Giappone per studi specifici.
La sua vita viene da subito turbata da un incontro particolare, che lo spaventerà e ecciterà al contempo.
Nel frattempo le vite Di Nozomi, Komachi, Karen, Urara, Rin, e Kurumi trascorrono tranquille.
E così sarà finché la loro strada non si incrocerà con quella di Ryan Gray.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Nozomi rimase a fissare, con occhi grandi di curiosità, Rin caricarsi letteralmente lo sconosciuto su una spalla e scaraventarlo sul marciapiede, in modo che il traffico fluisse nuovamente senza ostacoli.
L’amica sbuffò con fare scocciato, scostando la sua bicicletta e quella di Nozomi.
-Si può sapere che diavolo avevi intenzione di fare?- Sbraitò Rin, una volta raggiunto il ragazzo, ancora giacente sul ciglio della strada, stordito e disorientato dal suo gesto poco garbato.
Nozomi, alzò le sopracciglia, rendendo più grandi, se possibile, gli occhi meravigliati.
Si puntò un dito alle labbra, le quali avevano preso ad aprirsi in un enorme sorriso allegro.
Lo sconosciuto non era affatto male: capelli decisamente chiari, di un biondo vacillante tra l’oro e il colore candido degli albini. Pelle chiara, sfiorante il bianco, occhi aperti e vigili, sebbene in quel momento rispecchiassero lo stato d’animo agitato, caratterizzati da un colore talmente limpido da risultare quasi incolore. Una gradazione più scura, che sfumava su un timido azzurro, delimitava i contorni dell’iride.
Lo vide lanciare uno sguardo confuso a Rin, in piedi, torreggiante su di lui, le mani sui fianchi e un’espressione da brividi.
-C-cosa?- Fu l’unica parola che il ragazzo si lasciò sfuggire, mentre teneva lo sguardo intimidito fisso su di lei.
Rin alzò gli occhi al cielo con espressione seccata. Senza una parola raggiunse le due biciclette, misurando il terreno a grandi passi.
-Muoviti, Nozomi. Siamo in ritardo- le urlò, per poi spegnere la sua voce in un borbottio poco comprensibile.
Di tutt’altra opinione, lei si avvicinò al ragazzo saltellando, un’espressione scaltra dipinta sul volto.
-E tu chi saresti? Non ti ho mai visto da questa parti!-
Esordì con voce squillante, iniziando a punzecchiare con l’indice la spalla dello sconosciuto.                                
Lui trasalì, fissando Nozomi con gli occhi sgranati, colmi di diffidenza mista ad un pizzico di timore.
-Nozomi!- Gridò Rin, furiosa.
Era già in sella alla sua bicicletta, e le fece un segno brusco col capo, indicandole insistentemente di darsi una mossa.
Lei scoppiò in una risata raggiante –Va bene, eccomi- Poi si rivolse allo sconosciuto –Sono Nozomi Yumehara, frequento il terzo anno della Lumière. Ci vediamo!- Così dicendo corse da Rin, inforcò la bicicletta e prese a pedalare.
 
Kokoda sbadigliò, riempiendosi gli occhi di lacrime pigre.
-Sono in ritardo- biascicò, crollando con il busto sul bancone della Natts House.
-Sono sempre in ritardo- precisò Natsu con voce pacata, seduto su una comoda sedia in legno, mentre sfogliava con interesse un libro spesso.
Komachi rise timidamente, anche lei impegnata in una notevole lettura. Al suo fianco Karen rimase impassibile, portandosi una tazza colma di tè alle labbra e sorseggiando silenziosamente.
Kurumi , accomodata di fronte alle due amiche, appoggiò la guancia sulla mano, chiusa a pugno, sostenendosi su un tavolino. Per l’ennesima volta, lanciò uno sguardo annoiato al suo orologio da polso, quindi soppresse un gemito di frustrazione.
-Ah, dannazione! Sono in ritardo di…-
La porta si spalancò di colpo, spezzando il piacevole silenzio della sala.
L’esile sagoma di Urara si stagliò contro il chiarore della luce.
-…15 minuti- esclamò la bionda, sforzandosi di prendere fiato tra un ansimo e l’altro.
Sorrise a Kurumi e si sedette pesantemente al suo fianco, rischiando di far traboccare il tè a Karen.
Teneva sulle ginocchia un sacchetto rosa con allegre decorazioni chiare. In prossimità del nodo che stringeva l’apertura, pendeva un cartellino dorato, sul quale si faceva strada una sfarzosa calligrafia corvina.
Diceva “DolceArte – Carpe Diem”
Urara alzò l’indice, assumendo improvvisamente un’espressione seria.
-Sono in ritardo, ve lo concedo. Ma ho speso i 15 minuti in pasticceria, e si da’ il caso che vi abbia portato un pensierino-
Così dicendo, prese a scartare il sacchetto, con un sibilo acuto e stropicciato.
Kurumi le fu subito addosso, saltando su come un cagnolino scodinzolante.
-Dolci?- esclamò, sporgendosi per sbirciare nel sacchetto.
Urara estrasse un pasticcino al cioccolato, con un sorrisetto furbo incorniciato dagli allegri codini dorati.
Nel medesimo momento, Nozomi fece irruzione nella stanza, il naso sporto verso le amiche, gli occhi chiusi.
-DOLCI?!?!?- trillò coprendo la distanza che la separava da Urara con un balzo energico.
Kurumi le lanciò un’occhiataccia di disapprovazione, scostandosi i capelli mossi dal collo con un gesto seccato.
-Insomma, Nozomi. Datti un po’ di contegno- disse, incrociando le braccia al petto.
Lei non le badò minimamente e si lanciò sul dolcetto, facendo traboccare del tutto il tè di Karen, la quale posò la tazza, esasperata.
Notando che il suo pasticcino era finito nelle mani sbagliate, Kurumi si catapultò su Nozomi, risoluta a riottenere la sua legittima proprietà.
Mentre le due bisticciavano con energia, confondendosi in un groviglio impreciso di gemiti striduli e imprecazioni, entrò Rin, chiudendosi la porta alle spalle e incrociando le braccia al petto.
Natsu alzò gli occhi dalle pagine sottili, riempiendosi gli occhi di quella scena bizzarra, quindi nascose un mezzo sorrisetto divertito dietro il libro.
Kokoda abbracciò con lo sguardo l’intera sala e i presenti, chi seduto, chi trascinato in una guerra al pasticcino, chi ancora in piedi. Respirò l’atmosfera spensierata che aleggiava nella sala e che sapeva di ricordi, dei tempi in cui i loro incontri erano dovuti principalmente per parlare delle strategie nemiche e di come avrebbero dovuto agire di fronte ad un eventuale pericolo.
Erano passati due anni dall’ultima battaglia intrapresa dalle Pretty Cure, eppure gli avvenimenti erano ancora vividi nella sua mente, come stampati con inchiostro fresco e indelebile.
Due anni. Pensò, perdendosi con lo sguardo.
Le ragazze erano cresciute. Col tempo i loro caratteri si erano temprati, definiti. Non erano più blocchi d’argilla fresca ancora malleabile, erano ormai opere d’arte di pietra grezza, asciutte e precisate nei minimi particolari. 
Persino Nozomi ,negli anni, aveva acquisito il senso della responsabilità, pur conservando quel pizzico di infantilità che…
Kokoda sospirò.
Be’ che la spingeva a fiondarsi su un pasticcino dopo averlo fiutato da almeno tre kilometri di distanza. Doveva ammettere, però, che il suo travolgente entusiasmo spesso lo trascinava in divertenti avventure, arrivando a coinvolgere addirittura l’intera compagnia.
Sorridendo, scosse il capo.
E Kurumi. Anche lei era germogliata come una regolare liceale, nonostante la sua reale forma non fosse quella umana. Frecciatine insidiose a parte, si era integrata nel gruppo senza troppi problemi, e , sebbene non l’avrebbe mai ammesso, voleva bene anche a Nozomi. Scoprendosi incredibilmente legata a Karen, ne aveva assimilato, involontariamente, alcune caratteristiche. Per esempio le buone maniere e il contegno sfiorante una fiera altezzosità.
Entrambe le caratteristiche facevano le valige davanti al pericolo della perdita di un dolce.
Spostò lo sguardo su Komachi, completamente intenta nella sua lettura, si estraniava dal mondo con una facilità impressionante. Divorava le pagine, lievemente traslucide, come Nozomi divorava il suo pasto. E non era da poco.
Quella ragazza si era sempre dimostrata straordinariamente pacata e pacifica. La sua voce raramente lasciava trapelare angoscia o nervosismo, per lo più si limitava a distendere i nervi di chi la ascoltava. Pareva morbida e frusciante come un fazzoletto di seta. Era un peccato che caratterialmente fosse introversa, timida e piuttosto silenziosa.
Con un cenno irritato, Karen fece tintinnare il cucchiaino contro il bordo della tazza, producendo un suono alto e cristallino. Quel poco di tè rimasto all’interno, s’increspò in cerchi concentrici.
L’eco strisciò sui muri della sala, fino ad espandersi nell’aria. Il silenzio calò, Kurumi e Nozomi si pietrificarono nelle loro pose da “battaglia al pasticcino”.
-Ragazze- intervenne, con un tono di voce calmo, venato di una leggera sfumatura nervosa –Basta così- Concluse, scandendo bene le sillabe.
Le due si sedettero ai lati si Urara, mirando al sacchetto posto sulle sue ginocchia.
Da sempre, Karen appariva circondata da un alone donante dignità e autorevolezza. Sedeva con la schiena ritta e rigida, le gambe strette o accavallate, le mani giacenti inermi al grembo. Il mento alto e le spalle dritte le donavano un’immagine composta e un’apparenza competente.
Nessuno metteva in dubbio le sue parole, o affrontava la sua immagine autoritaria contrastando le sue idee.
Nessuno, esclusa Rin.
Il ragazzo lasciò che il blu profondo dei suoi occhi navigasse per la stanza, incrociando lo sguardo duro di Rin.
Lei era cambiata. Forse più delle altre.
Le sue passioni persistevano, beninteso: Rin viveva per lo sport.
Paradossalmente, il suo corpo si rilassava solo quando pressato dal movimento continuo.
Quando il sudore imperlava la pelle, lei stava bene.
Quando i muscoli bruciavano come fuoco vivo, lei stava bene.
Quando il respiro si faceva corto, quando le membra tremavano sotto lo sforzo, quando l’energia si diffondeva nel suo corpo con un ritmo mozzafiato, lei stava bene.
Forse, però, era proprio quello il problema.
Rin stava bene solo con lo sport. Kokoda lo aveva dedotto dal suo comportamento: la ragazza perdeva gradualmente interesse alla sua vita al di là delle solide mura della palestra.
Analizzando i suoi ultimi test, in qualità di professore, egli aveva notato con preoccupazione la corsa a picco dei suoi voti. Tra l’altro, era venuto a conoscenza, tramite Nozomi, che qualcosa in famiglia non andava per il verso giusto.
Per queste ragioni, forse, il carattere della ragazza era andato sfumando in una scontrosità leggera ma persistente. Il suo atteggiamento si era inasprito e i suoi occhi avevano acquisito gradazioni ombrose, a volte inquietanti.
Fortunatamente le Pretty Cure erano un gruppo affiatato e inevitabilmente legato, le compagne aiutavano, pur inconsapevolmente, Rin a riportare i piedi a terra.
Una voce spezzò il filo dei suoi pensieri, e nel suo campo visivo entrò una sagoma scura dal pungente profumo dolce. Mise a fuoco.
Urara gli stava offrendo un pasticcino, porgendoglielo tanto vicino da fargli incrociare gli occhi.
Con un sorrisone luminoso gli disse di prenderlo, quindi si avviò verso Komachi, tentando invano di schivare le mani ingorde di Nozomi e Kurumi, le quali spazzolavano fin troppo rapidamente il contenuto del sacchetto.
Urara. La ragazzina dai codini buffi e dotata di volontà ferrea. Non aveva mai abbandonato, nemmeno per un secondo, la corsa al suo sogno.
Effettivamente, era divenuta notevolmente popolare. Appariva  spesso, ormai, nelle puntate dei telefilm, a volte solo come apparsa, a volte nei panni di personaggi incidenti nella storia. Una volta le era capitato di far parte di una pubblicità.
Motivi per cui Urara si poteva avvistare spesso seduta su una panchina, immersa nella tranquillità del parco, a ripassare il suo copione.
Bastò poco, e la scena riprese: Nozomi e Kurumi tornarono all’attacco, mentre Karen si sforzava di contenersi e tentava di tenerle a bada con il semplice tono della sua voce.
Nella confusione, il gomito di Kurumi urtò il libro che teneva aperto Komachi, facendolo cadere con un tonfo.
La ragazza si precipitò a recuperarlo, sfogliando disperatamente le pagine, in cerca dell’ultima letta.
Nozomi, invece, perse l’equilibrio e finì dritta tra le braccia di Rin, fortunatamente dotata di riflessi svelti.
Rin assestò una pacca secca sulla nuca di Nozomi, sghignazzando.
Kokoda sospirò, abbandonandosi nuovamente al bancone.
. La sala era colma di confusione allegria , e nulla sembrava voler troncare l’armoniosa intesa che legava le ragazze, come un filo impalpabile.
 
Come avrebbe fatto a dir loro che, nell’arco di un ristretto lasso di tempo, avrebbero dovuto sfoderare nuovamente le armi? 
  
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