Problemi di adattamento
Uno,
immobile all’interno dell’ascensore che fino ad allora si era limitato solo a
pilotare, era emozionatissimo, anche se cercava di non darlo a vedere. Il cuore
gli batteva a mille, nonostante continuasse a ripetersi che non stava per fare
nulla di eccezionale. In fondo doveva solo fingere di essere Paperino, e il
papero non avrebbe avuto alcun problema ad andare a prendere un pacco per lo
Zio Paperone e consegnarglielo, come gli aveva appena richiesto al telefono.
Già, per Paperino non sarebbe stato nulla di eccezionale, ma per lui…
« Non
sono sicuro che dovresti andare. »
Uno
sorrise nel sentire la voce del suo socio dagli altoparlanti: « E perché? »
« Prima
di tutto perché in una mattinata hai imparato sì e no a stare in piedi… »
« Me la
caverò, stai tranquillo! Non corro di sicuro, anche perché non so come si
faccia, e poi è meglio che vada a piedi, non hai fatto in tempo a insegnarmi
anche a guidare la 313! »
« No, ti
prego, lascia la mia auto fuori da questa storia! Fosse per me ti avrei fatto
salire sulla PiKar e l’avrei guidata io da qui… »
« … ma
Paperino non può andare in giro con l’auto di Pikappa e il supereroe paperopolese non può certo ridursi a fare il fattorino di Paperon de Paperoni! Non abbiamo
altra scelta, sei già sparito per mezza giornata, non possiamo nasconderci per
sempre, soprattutto tu! Della mia assenza, del resto, non si accorgerà nessuno… »
Paperino
non riuscì a nascondere la sua preoccupazione: « Non spegnere mai l’auricolare,
così potrò suggerirti cosa dire… e resta sempre sotto
l’occhio vigile delle telecamere di sorveglianza! »
Uno
sfoggiò un sorriso a tutto becco: « Sì, mammina! »
Paperino
rise: « Ehi, che fai, mi rubi pure le battute adesso? »
Il papero
fece un occhiolino: « Diciamo che cerco solo di calarmi nella parte! Ci vediamo
dopo! »
Con
nonchalance Uno uscì dall’ascensore, attraversò il corridoio, salutò con un
cenno il custode come aveva visto fare a Paperino un’infinità di volte e si
avviò verso l’uscita. Le porte scorrevoli s’aprirono, ma il papero indugiò
qualche secondo prima di uscire. Stava per compiere un’impresa che fino a poche
ore prima avrebbe classificato non solo come impossibile, ma addirittura
inimmaginabile. Prese un profondo respiro.
Questo è un piccolo passo per un papero, ma
un grande passo per un computer…
E ridendo
al curioso pensiero, Uno uscì dalla Ducklair Tower.
Il papero
si guardò intorno incredulo. Ancora non poteva crederci, ce l’aveva fatta! Era
veramente uscito dalla torre, dalla sua casa, da quella che qualche volta aveva
anche considerato una prigione. Era fuori, in mezzo alla gente, in mezzo alla
folla, papero fra i paperi, libero. Respirò a pieni polmoni l’aria, ignorando
il fatto che nel centro di una metropoli non fosse esattamente fra le più pure
del pianeta. Era una sensazione curiosa ma piacevole. Si chiese che sensazione
dovesse dare l’aria pura di campagna, magari da quella Nonna Papera che ogni
tanto il suo socio nominava. Era bello essere in mezzo alla sua città di
persona e non mediato dalle telecamere. Finalmente poteva scegliere cosa
guardare senza coinvolgere un satellite!
Uno cercò
di riprendersi. Non era lì fuori per fare turismo, aveva una missione da
compiere. Si concentrò: prima doveva stendere la gamba destra, con l’aiuto
della caviglia appoggiare delicatamente il piede sul terreno, appoggiarci il
peso del corpo, piegare la gamba sinistra e ripetere il tutto con l’altra
zampa. Non era affatto facile, e il papero pregò che nessuno interrompesse la
sua concentrazione. Aveva molta strada da fare e ripassare passo dopo passo
tutte le istruzioni necessarie a camminare avrebbe reso il cammino ancora più
lungo e complesso.
Paperino
sospirò. Era più che comprensibile che Uno fosse entusiasta della gita fuori
porta, ma questo imprevisto gli stava facendo salire la pressione. Se solo
avesse avuto ancora un sistema sanguigno, ovviamente.
Pikappa
era sempre più stupito dalle potenzialità che scopriva pian piano di possedere.
Stava contemporaneamente controllando Uno, guardando un film, sorvegliando i
corridoi della Ducklair Tower,
togliendosi un po’ di curiosità personali sulla rete e analizzando i dati sul
fulmine che aveva provocato quel disastro. Non aveva mai pensato veramente alle
comodità del multitasking!
« Se
adesso mi mettessi a fare contemporaneamente un po’ di lavoretti per lo Zione, probabilmente avrei una speranza di esaurire la
lista dei debiti… eheh! »
Nei
corridoio della Ducklair Tower,
intanto, Angus Fangus si
avviava al settantacinquesimo piano.
« Ma chi
si vede… dopo l’ultimo servizio denigratorio su
Paperinik dell’altra sera avrei voglia di pizzicargli il becco nell’ascensore!
»
« AHIA!!! »
Paperino
fu certo che se fosse stato ancora un papero sarebbe sbiancato a quell’urlo. Si
concentrò sulle telecamere dell’ingresso. Angus era
effettivamente incastrato fra le porte dell’ascensore, e sbraitava come un
pazzo.
«
Tiratemi fuori di qui! Tiratemi fuori di qui, branco d’incompetenti!!! Queste
cose in Nuova Zelanda non succedono!!! »
Lyla, alle
sue spalle, cercava faticosamente di aiutarlo a disincastrarsi senza mostrare
la sua forza da droide. Paperino in condizioni normali si sarebbe messo le mani
nei capelli dalla disperazione, immaginando le sgridate di Uno al suo ritorno.
Cercando di ritrovare la calma, faticosamente riuscì ad aprire le porte
dell’ascensore.
Finalmente
Angus fu liberato, seppure con il becco un po’
ammaccato: « Sarebbe anche il caso di chiamare un tecnico! Ringraziate il cielo
se non vi denuncio tutti! »
Lyla, vedendo
il collega allontanarsi dall’ascensore, chiese: « Non vieni in ufficio? »
Il kiwi
si aggiustò il cappello sbuffando: « Sì, ma fino a quando non vedrò un tecnico
mi rifiuto di rientrare in quella macchina infernale! Meglio le scale! »
Mentre il
cronista si avviava verso i gradini, Paperino non poté non notare
l’occhiataccia che Lyla aveva diretto dritta dritta in una telecamera di sorveglianza e si sentì tremendamente
in colpa. Non avrebbe voluto incastrare davvero Angus,
ma evidentemente un computer doveva fare molta attenzione ai suoi desideri.
«
Promemoria, Paperino: fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare…
ma solo se non sei un computer, in tal caso basta una frazione di secondo! »
« Grazie
e arrivederci! »
Uno
sbuffò. Alla faccia del pacco, quello che aveva fra le braccia era uno
scatolone gigantesco!
« Puff… pant… mi copre
completamente la visuale, non vedo dove vado… »
Una voce
familiare nell’auricolare gli rispose: « Tranquillo, ti guido io! Vai dritto
per venti metri, poi ti dirò dove girare. »
« Grazie,
socio, ma dimmi: è normale che tuo zio ti dia lavori di questo tipo? Se non
sapessi che è anatomicamente impossibile, giurerei che il peso di questo pacco
mi stia staccando le braccia! »
Paperino
sospirò: « Quel pacco non è nulla rispetto a quello che mi ha costretto a fare… in certi casi c’è da rimpiangere alcune imprese di
Pikappa! »
Uno alzò
gli occhi al cielo: « E non so nemmeno cosa contenga…
»
« Ehi,
serve una mano? »
Uno
continuò imperterrito per la sua strada.
«
Paperino! »
Il papero
continuò a camminare, concentratissimo, e solo la voce del suo socio
all’auricolare lo risvegliò dai suoi pensieri.
« Uno! Ce
l’hanno con te, ora sei tu Paperino! »
« Eh? »
Due mani
l’aiutarono a sollevare il voluminoso pacco.
«
Accidenti, cosa c’è qui dentro? »
Uno
arrossì: « Oh… ciao, Archie!
»
Dal piano
segreto della Ducklair Tower,
Paperino sospirò. Incontrare Archimede Pitagorico non era esattamente nei
programmi, ma evidentemente la sua sfortuna non l’aveva abbandonato neppure in
versione I.A.
Uno si
sentì dire nell’auricolare: « Mi raccomando, sii naturale! »
Macché
naturale e naturale, il papero era agitatissimo per l’imprevisto! Come doveva
comportarsi con una persona che aveva sempre solo sentito nominare? Quanto gli
mancava il suo database sui dati comportamentali…
L’inventore
non si accorse di nulla: « Dove vai con questo pacco gigantesco? »
« Devo
consegnarlo allo Zione… »
Archimede
sorrise: « Capisco, uno dei suoi soliti lavoretti… ma
perché non vai al deposito con la 313? »
Uno
iniziò a sudare dall’agitazione: « Perché… perché ho bucato! Sai com’è, la mia
solita sfortuna… »
« Ti
accompagnerei volentieri, ma sono a terra anch’io! Ieri ho fatto un paio di modifiche
al motore, ma a quanto pare non hanno funzionato… »
Archimede
e Uno appoggiarono il pacco vicino allo strano mezzo dell’inventore e Uno si
avvicinò incuriosito.
« Uhm… hai provato a collegare il chip mesonico direttamente
alle candele? »
« Come? »
Uno si
rilassò improvvisamente, parlando di argomenti a lui familiari: « Credo che
questo alternatore aggiuntivo sia solo d’impiccio, disperde la corrente prima
di farla arrivare a destinazione… »
« In effetti… ma da quando t’intendi così tanto di meccanica? »
Archimede
guardò meravigliato Paperino e la macchina. Uno non aveva ancora alzato lo
sguardo dal motore, rimpiangendo il fatto di non avere un paio di pinze con sé,
quando un urlo diretto al suo padiglione auricolare lo fece trasalire.
« UNO!!! CHE. DIAVOLO. STAI. FACENDO??? IO
NON SO NULLA DI QUESTE DIAVOLERIE MECCANICHE,
DOVRESTI SAPERLO BENISSIMO!!! »
Uno si
morse la lingua, e solo a quel punto si rese conto che Archimede lo stava
guardando in modo strano: « Ah… eheh…
te l’ho detto che ho iniziato un corso per corrispondenza? Volevo capire come
poter migliorare il motore della 313… »
« Interessante… me lo faresti vedere? Se fanno corsi così
approfonditi a un prezzo accessibile anche a te, potrebbero tornarmi utili! »
« Sì,
volentieri, ma un’altra volta, ok? Adesso lo Zione mi
sta aspettando, e sono già in ritardo! Ci vediamo Archie!
»
E
spiazzando l’inventore, Uno riprese il suo pacco e s’avviò verso il deposito
sorbendosi le ramanzine di Paperino all’auricolare.
« Era
ora, nipote! »
Uno posò faticosamente
il pacco a terra. Aveva il fiatone, i suoi polmoni si contraevano contro la sua
volontà e sentiva il corpo formicolare per il pesante sforzo fisico. Si chiese
se fosse quella che il suo socio biologico chiamava stanchezza. Nonostante
tutto si accorse che l’anziano papero gli aveva parlato senza nemmeno sollevare
gli occhi dai fogli che stava leggendo.
« Scusa,
ma mi si è rotta l’auto e ho dovuto venire a piedi… »
« Capisco… hai fatto bene, del resto se avessi preso
l’autobus ovviamente non te l’avrei rimborsato e non credo che tu abbia i soldi
per il biglietto. »
Scese un
imbarazzante silenzio. Uno non sapeva cosa fare, Paperino non gli dava
suggerimenti all’auricolare e per un attimo si chiese se dovesse andarsene.
« Scusa,
per curiosità… cosa c’è in quel pacco per essere così
pesante? »
Paperone
gli rispose senza nemmeno guardarlo: « Aprilo, se vuoi, così mi risparmi un
lavoro! »
Con molta
accuratezza, Uno aprì il pacco.
« Cosa?
Questi sono… tappi di bottiglia? »
Le mani
del papero affondarono in una miriade di tappi metallici a corona.
Paperone
annuì distrattamente: « Quello è il campionario per scegliere il nuovo modello… »
Uno
sbarrò gli occhi sconvolto: « E non potevi farti mandare via mail le foto? »
« Non mi
sono mai fidato troppo di queste diavolerie elettroniche. »
Il volto
di Paperino avvampò dalla rabbia, ma Paperone non ci fece caso.
«
Preferisco vedere le cose con i miei occhi e toccarle con le mie mani, fin dai
tempi del Klondike non ho mai delegato nulla del mio
lavoro a nessun altro, e non ho intenzione di farlo adesso, tanto più a qualche
ammasso di chip e circuiti senza cervello. »
Uno si
sentì punto sul vivo. In condizioni normali lui era un ammasso di chip e circuiti, ma tutt’altro che senza
cervello!
Aprì il
becco per rispondere malamente al papero più ricco del mondo, quando qualcosa
lo bloccò. Perché Paperino non interveniva all’auricolare in nessun modo?
D’accordo, una reazione irascibile dal suo socio sarebbe sembrata tutto fuorché
anomala, ma si sarebbe aspettato che quantomeno gli arrivasse un suggerimento
all’orecchio sul mantenere la calma, perlomeno per il bene della sua lista dei
debiti. E invece c’era solo silenzio.
Perché?
« Senti,
zio, ora ho un impegno, devo andare. »
« Vai
pure, se avrò di nuovo bisogno di te ti chiamerò. »
« Grrr azie! »
Uno uscì
digrignando i denti e calandosi il cappello sul volto, in un tipico gesto di
stizza che tante volete aveva visto fare al suo socio. Degnò appena di un cenno
di saluto Miss Paperett, che non fece troppe domande,
abituata a scenate del genere fra zio e nipote.
No,
decisamente non gli era andato giù il discorso di Paperone, ma aveva cose più
importanti a cui pensare. Uno uscì fuori dall’edificio e armeggiò con
l’auricolare.
« Certo
che tuo zio ha proprio un brutto caratteraccio, eh socio? »
« Bzzzrtp… »
« Socio?
Rispondi, per favore! »
« Bzzzrtp… »
«
Paperino? »
Uno sentì
il battito cardiaco accelerare. Cos’era quella sensazione di vuoto nel petto?
Era una sensazione spiacevole… un termine per lui
prima del tutto incomprensibile si affacciò prepotentemente alla mente.
Presentimento.
Uno girò
i tacchi e tornò all’interno del deposito.
«
Battista? »
« Sì,
signorino? »
« Avresti
per caso un cacciavite a stella da prestarmi? »
Il maggiordomo
annuì: « Dovrei averne uno nella cassetta per la manutenzione dei sistemi di allarme… »
Mentre
Battista si allontanava, Uno cercò di recuperare la calma e la razionalità che
l’avevano sempre caratterizzato. Respirò profondamente. No, non doveva farsi
coinvolgere dalle strambe sensazioni dei biologici, spesso dimostratesi fallaci.
Lui era una sofisticatissima Intelligenza Artificiale, non doveva scordarlo.
Non c’era motivo di agitarsi, probabilmente Paperino aveva pasticciato
involontariamente con qualche circuito e avevano perso il collegamento. Nulla
d’irreparabile, con i giusti strumenti.
Battista
tornò con l’intera cassetta degli attrezzi da cui dopo qualche secondo estrasse
quanto richiesto.
« Mi
avevate chiesto il cacciavite a stella, giusto? »
« Grazie
mille! »
«
Perdonate la mia curiosità, signorino, ma a cosa le serve? »
Uno
arrossì leggermente, alla ricerca di una scusa accettabile, ma un urlo nel
corridoio distrasse l’attenzione del maggiordomo.
«
Perdonatemi, a quanto pare vostro zio richiede la mia presenza, con permesso… »
Uno tirò
un sospiro di sollievo e si tolse l’auricolare. Prendendo in prestito parecchi
attrezzi e non solo il cacciavite, armeggiò con il ricevitore per aumentarne la
potenza. Pienamente soddisfatto del risultato, prese la cassetta degli
attrezzi, la riportò a Miss Paperett (delle urla che
sentiva dall’ufficio di Paperone dedusse che il povero Battista aveva già le
sue beghe) e uscì nuovamente dal deposito.
« Socio,
mi senti adesso? »
Il
segnale era ancora disturbato, ma Uno riuscì quantomeno a distinguere qualche
parola: « Uno… bzzzrtp… pa! »
« Cosa? »
« Sc… bzzzrtp… »
« Ancora?
Ma che cavolo… »
Senza
riflettere, attuò un comportamento tipicamente biologico che fino a quella
mattina avrebbe classificato come maltrattamento nei confronti
dell’elettronica.
Dopo la
botta all’auricolare, però, il segnale si ristabilì definitivamente.
« Uao, magie dei biologici! Cosa mi stavi dicendo, socio? »
« SCAPPA,
UNO!!! Prendi i nipotini e mettiti in salvo!!! Non tornare alla Ducklair Tower!!! »
« Eh? »
Un boato
sopra la sua testa fece alzare a Uno lo sguardo. Un gruppo di evroniani su dei dischi individuali stava sfrecciando sui
cieli di Paperopoli diretti proprio verso il
palazzone a centocinquantuno piani.
« Oh no… no… »
Senza
pensare a niente, Uno iniziò a correre giù per la collina Ammazzamotori
a tutta velocità. Non poteva lasciare il suo socio nei guai. Non l’aveva mai
fatto quando era un computer, non avrebbe iniziato ora che era un papero. Paperino
al suo posto avrebbe fatto lo stesso.
Solo
quando iniziò ad ansimare, si rese conto di stare correndo.
« Anf…
anf… e pensare che stamattina… anf… anf… non
camminavo nemmeno… »
Alzò lo
sguardo verso la sua casa.
« Arrivo,
socio… non so cosa potrò fare, ma sto arrivando! »
E rieccomi qui! Sì, lo
so, vi ho lasciato un po’ in sospeso, ma fra esami, corsi e influenze…
spero comunque di non aver deluso le aspettative!
Ringrazio chi mi ha commentato lo scorso
capitolo, ovvero Nightrun, darkroxas92, Evose e Jan Itor 19, e vi aspetto
numerosi all’ultimo capitolo… sì, alla fine ho deciso
di optare per una storia breve, stavolta!
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata 92