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Autore: adropintheocean_    03/03/2013    7 recensioni
"Sono un paio di fossette e un sorriso allegro che catturano la mia attenzione.
C’è un ragazzo, in fondo al locale, tiene in mano un vassoio con due bicchieri vuoti e un piatto con qualche briciola. Indossa un grembiule verde scuro, legato sui fianchi, sopra un paio di jeans sgarrati. Sorride cordiale a due ragazze sedute al tavolo, poi si gira per tornare indietro.
Volta lo sguardo, per un secondo questo si intreccia al mio.
Mi viene voglia di alzarmi dal tavolo, andare lì da lui, prenderlo e baciarlo. Quindi lo faccio."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Driiiiin!
Bene, ci siamo. I miei compagni gettano carte all’aria, matite, ridono a gran voce. Qualcuno mi spintona mentre raccatto le ultime cose da mettere in borsa. Rido sommessamente, infilo il cellulare dentro una bustina di plastica, la sigillo per bene. Non voglio che ci entri dell’acqua. O della farina. O, peggio, delle uova. O qualunque cosa tireranno là fuori.
Ammetto che ho un po’ d’ansia. Ma, parliamoci chiaro, io ho sempre l’ansia.                   
“Lou! Ti vuoi muovere?!” sento che mi strattonano il braccio.                                          
La manata di Christine mi lascia un impronta sbiadita sul braccio nudo. Oggi ho una canottiera nera slargata e dei jeans azzurri. Spero sinceramente di non rovinare niente di tutto ciò che indosso, comunque per sicurezza non ho messo cose alle quali tengo particolarmente.                       
“Non mettermi ansia, ti prego” rido, cerco di darmi un’aria frivola e leggera.
Cavoli, è l’ultimo giorno di scuola, fai un bel sorriso, Marylou.
Infilo la tracolla della borsa in spalla, Christine mi prende per mano e corre verso l’uscita della classe. Ci blocchiamo in mezzo a un fiume di gente. Tutti urlano, ridono, alcuni armeggiano con delle bottiglie già piene d’acqua. Altri mostrano ammiccando un pacco di farina a qualche ragazza. Ci muoviamo lenti e impacciati, come un branco di pecore senza un pastore a indicarci la strada. C’è chi torna indietro nei bagni, chi ne esce asciugandosi le mani sulla maglietta. Io non ho bottiglie d’acqua nella borsa, né tantomeno un pacco di uova o di farina. Sono la “vittima” in queste situazioni. Non bagno, piuttosto corro e scappo. Evito quello che posso.
Sempre con molta lentezza, scendiamo le scale, riesco a vedere la luce attraverso il portone aperto. Spalanco gli occhi: alcune classi sono già uscite e non hanno perso tempo.                    
“Mio Dio, sarà un miracolo se mi si vedrà la faccia quando tornerò a casa!” ride Christine. È elettrizzata. Letteralmente, giuro.
Il mio cuore pompa troppo sangue, sento uno strano formicolio nelle orecchie. Si può scomparire, per favore? Si può? Perché, se è possibile, vorrei che accadesse ora.
L’uomo si danna tanto per  costruire iphone, ipod, ipad … ancora non ha capito che l’invenzione fondamentale è il teletrasporto! Ma si, dai. Risparmia tempo, non inquina, riduce i ritardi al minimo.
“Ehi, ehi!” la mia amica mi tira via di lato, tra dieci passi usciamo.
Apre la borsa, ci infila la faccia, sembra un cane da caccia che cerca i funghi col muso immerso nelle buche. Poi mi guarda impettita.                                                                              
“Prepara la bottiglia, che fai lì impalata?”                                                   
“Veramente, non ne ho una”                                  
Christine strabuzza gli occhi, come se avessi appena trovato una cura funzionante per le rughe.
“Spero tu stia scherzan … ehi, vuoi stare attento?” si gira innervosita dietro di sé, c’è un ragazzo alto, ha i capelli biondi e le guance morbide. Sorride eccitato, sembra uno stupido.            
“Scusa, non t’avevo vista” poi continua a ridere col suo amico.
Sono fuori. Mi guardo intorno per una frazione di secondo e trattengo il respiro. Qualche metro più in là c’è una piccola fontana, un ragazzo ci sta buttando una ragazza, lei urla e strepita. C’entra a malapena e deve dare una bella botta al sedere, da quello che vedo.
Mi accorgo che Christine è sparita, o meglio, è quello che riesco appena a pensare. Chiudo gli occhi per proteggermi dai granelli di farina misti a schizzi d’acqua che mi piombano sulla testa gelandomi e farcendomi come un impasto per frappe.                                                                
“Beccata!” ride, ride, ride a gran voce.        
Con la mia stessa sorpresa, scoppio anche io in una risata divertita. Mi sento leggera e, stento a crederci, mi sto divertendo. Tempo cinque secondi, sono diventata il bersaglio centrale. Sto in mezzo e vengo colpita da ogni cosa volante nel raggio di due metri. Uova, farina, acqua, forse sugo, ketchup, forse anche della maionese. Corro, mi rifugio dietro una macchina. Christine mi segue, si nasconde insieme a me. Ci guardiamo e ridiamo divertite, lei ha il trucco colato fin sulle guance, i capelli impiastrati di farina e ketchup.                                                                 
“Possiamo anche non andare a pranzo, credo che abbiamo cibo sufficiente per una  settimana” scherza Christine.
Non so per quanto altro tempo andiamo avanti a scappare da tutti. L’atmosfera che c’è qua fuori è strana, è inverosimile. Non sembra una scuola, sembriamo tutti un grande gruppo di amici, un’unica comitiva, tutti che si conoscono, tutti che si divertono. La cosa strana è che io conoscerò si e no nemmeno un quarto delle persone che stanno qui. Ma non importa perché tutti se ne fregano.
Quando la situazione si calma, la folla si sfoltisce. I vari gruppetti ritornano chiusi come un tempo, la gente si divide e se ne va, chi al parco, chi in piazza, chi in cerca di una fontana più spaziosa dove sciacquarsi. Io e Christine raggiungiamo le nostre amiche, ci siamo perse di vista nel caos iniziale. Siamo tutte conciate parecchio male e appena ci vediamo scoppiamo a ridere.                    
“Sai che ti dico? Hai un odore appetitoso”                                                 
“Cazzo, hai ragione, profumi di panino!”
Ridiamo come pazze, Belle mi passa un dito sulla guancia, mi porta via un grumo di farina.
“Tu invece puzzi di uovo andato a male”                            
Continuiamo così per un po’, Eleanor interrompe il discorso alzando una mano in aria, come per chiedere il permesso.                                                                                                                      
“Stasera si esce, tutte insieme, non sento obiezioni!” propone, anzi, ordina.
Tutte si mostrano, ovviamente, più che d’accordo. Chi dice di andare in discoteca, chi al pub, Christine propone semplicemente di fare un giro per la città.
Il cuore mi batte forte. Non voglio rifiutare l’invito e chiudermi in casa come sempre, come tutti i venerdì e i sabato sera. Sono un’asociale. Ne sono fermamente convinta.
E se poi incontrano qualche ragazzo e io rimango sola?
E se mi escludono?
E se stai un po’ zitta e ti fai coraggio per una volta?
Forza, Marylou.                                                                                                                   
“Ma si, perché no, per stasera mi unisco a voi” ridacchio vedendo i loro gridolini di apprezzamento.
Ci diamo appuntamento alle otto e mezza alla fermata dell’autobus. Mi avvio a casa con la testa che già fuma per l’ansia.
  
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