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Autore: Laylath    06/03/2013    2 recensioni
Una storia che narra l'arrivo del giovanissimo soldato Kain Fury nel team del Colonnello Mustang.
Non sempre gli inizi sono facili, soprattutto quando si è privi di esperienza e si ha a che fare con compagni così diversi da se stessi: bisogna lavorare bene l'impasto per creare un team affiatato.
E soprattutto bisogna saper crescere
Storia finita di revisionare l'11 novembre 2013
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 4. Niente di irreparabile.



Una settimana dopo Fury credeva di aver raggiunto un delicato compromesso con il resto della squadra: bastava che facesse il suo lavoro in silenzio, riducendo al minimo il parlare, e sembrava che gli altri si dimenticassero della sua presenza per la maggior parte della giornata. Certo, non era proprio una situazione idilliaca, ma prendere anche la minima iniziativa poteva significare scatenare le attenzioni non proprio gradevoli di Havoc. Col passare dei giorni l'astio che il sottotenente provava nei suoi confronti non era per niente diminuito: mentre Breda e Falman si limitavano più che altro ad ignorare il nuovo arrivato o a rivolgergli la parola in caso di necessità, Havoc non mancava mai di punzecchiarlo con battute o commenti cattivi.
Invece il tenente continuava ad essere gentile nei suoi confronti: non passava giorno che gli desse qualche utile consiglio o lo incoraggiasse con lievi cenni del capo. Per Fury quei gesti erano un vero toccasana: era certamente determinato a dimostrarsi degno di essere stato scelto dall'alchimista di fuoco, ma spesso si sentiva profondamente a disagio per quell'isolamento che gli altri gli avevano imposto.
Ma del resto, esclusa l'età maggiore dei componenti della squadra, la situazione non era molto dissimile da quella vissuta prima a scuola e poi in Accademia...
In ogni caso, anche quel giorno il soldato semplice si apprestava a svolgere il suo lavoro d'amministrazione che, ormai, non gli creava più alcun problema.
Tuttavia, dopo qualche minuto, il colonnello lo chiamò alla propria scrivania.

“Bene Fury, - annunciò, guardandolo con attenzione - le pratiche per il tuo trasferimento sono state espletate. Tieni, questa è l’autorizzazione ad andare in armeria a prendere qualcosa per te.”
“Un’arma, signore?” chiese il ragazzo perplesso leggendo il foglio.
“Sì, soldato. Se non ricordo male in Accademia vi fanno fare pratica soprattutto col fucile, vero?”
“Sì, fucile e poi la pistola a basso calibro che continuiamo a tenere anche terminato il corso.”
“Fammela vedere.”
Fury tirò fuori dalla fondina che teneva alla cintura la pistola d’ordinanza e la porse al colonnello. Questi la prese e rigirandola tra le dita rise:
“Con questa non colpisci manco un barattolo posto a dieci metri di distanza e ti si inceppa al terzo colpo se provi a sparare di seguito”
“Ma è quella che viene fornita dall’esercito” protestò Fury arrossendo per quei commenti impietosi.
“Certo. Per evitare che i novellini appena usciti dall’Accademia, in particolare le teste calde, facciano troppo gli idioti in prove di coraggio e simili. Almeno si limitano i danni. E’ dopo circa due anni da quando si terminano i corsi che si dotano i soldati di armi più decenti.” e con disinvoltura prese dalla propria fondina una pistola nera e lucida e la porse a Fury.
Il soldato non se ne intendeva molto di armi, era uno dei pochi campi in cui non brillava, ma gli bastò una sola occhiata per capire l'abisso di differenza tra quella che era chiaramente una pistola professionale e la sua... poco più che un giocattolo. Tuttavia era ancora perplesso:

“Ma signore, io ho terminato il corso ad aprile di quest’anno. Non mi è concesso avere altre armi al di fuori di quella…”
“Infatti ti ho fatto un’autorizzazione speciale. Non mi va che un membro della mia squadra sia praticamente disarmato. Sottotenente Havoc, Tenente Hawkeye, andate in armeria con Fury e cercate di trovargli qualcosa di decente.”
Fury si girò verso gli altri e vide che mentre il tenente si alzava immediatamente al comando, Havoc aspettò qualche secondo prima di scostare la sedia con aria annoiata. 
Con un leggero brivido lungo la schiena, mentre restituiva l'arma al colonnello, Fury sperò che nelle successive ore andasse tutto bene.

 
“Perché siamo qui a fare da babysitter?” chiese Havoc accendendosi una sigaretta.
“Perché non saprebbe come districarsi con tutte le armi a disposizione qui, e tu sai bene che una pistola sbagliata può essere la differenza tra la vita e la morte” rispose con semplicità il tenente cercando un’arma che si potesse adattare al suo protetto.
“Ma lasciamolo in ufficio dato che è tanto bravo a fare rapporti e riparare radio. Insomma, tenente…è un piccolo secchione, di quelli che vogliono farsi belli agli occhi dell’insegnante.” sbottò il biondo fissando con risentimento Fury che guardava disorientato le armi su un tavolo poco distante.
“Se ti riferisci all’episodio dei miei appunti sul suo rapporto, io ritengo che volesse solo essere educato e non fare il lecchino, come invece l'hai definito tu. Almeno, se proprio non ti piace, evita di insultarlo apertamente: non lo merita.”
“Non capisco cosa ci trovi il colonnello in lui” continuò il sottotenente ignorando il rimprovero.
“Sei geloso?”
“No. E’ che... è solo uno stupido soldatino semplice, tutto qui. Non ci vedo tutto questo gran prodigio. Non c’era bisogno di farlo entrare nel gruppo.”
Ma il tenente scosse il capo con ostinazione:

“No, non è più uno stupido soldatino semplice: ora è un nostro compagno, che ti piaccia o meno. Tornando a noi, credi che un’ M5 potrebbe andare?” chiese prendendo la pistola in questione dall’espositore
“Si ammazza al primo colpo…”
“Parlo sul serio. – sospirò la donna controllando che l’arma fosse in ordine - E’ abbastanza maneggevole, considerando che lui è piccolo di stazza. Inoltre non è molto complicata e ha discreta precisione”
“Il rinculo manderà a terra quel nanetto…” borbottò Havoc prendendo la pistola che gli veniva passata; gli occhi azzurri si spostarono sulla figura di Fury, calcolandone rapidamente peso e resistenza.
“In quel caso dovrà lavorare sull’equilibrio” ammise lei con la sicurezza di chi maneggia le armi da anni.
“E vada per l’M5. Ehi, tappo! Vieni qui!”
Il ragazzo si avvicinò e fissò la pistola che Havoc teneva in mano.
“Questa è un’ M5. - gli spiegò il biondo - E’ probabilmente la pistola che si adatta meglio a te: vatti a mettere le protezioni per il poligono che voglio proprio vedere come te la cavi.”
 
SBANG!!!! Ci dovevate essere, ragazzi – esclamò Havoc, qualche ora dopo, mentre prendeva un caffè con i suoi compagni – è stato pazzesco: non ho mai visto un imbranato di questo livello.”
“E’ finito a gambe all’aria per il rinculo?” ridacchiò Breda
“Ancora meglio! La pistola gli è praticamente partita di mano andando a schiantarsi in mezzo alla sua faccia e facendo saltare la protezione e i suoi occhiali da secchione. E’ riuscito a fare una cosa veramente assurda... l’M5 è una delle armi più facili da usare eppure lui ci si è praticamente distrutto.”
“Non credi di esagerare ora, Havoc? - chiese Falman, con serietà - In fondo è normale che non fosse abituato a una pistola così diversa dal gingillo che aveva” 
“Non è questione di abitudine o meno – commentò il sottotenente con sicurezza – è questione di essere veramente imbranati.”
“E ora dove si trova il nostro infallibile cecchino?” chiese Breda con un sorriso sarcastico
“In infermeria a trattenere le lacrime: l’ha accompagnato il tenente. Spero vivamente che il colonnello inizi a rivalutare il pivello! Non basta essere bravi a riparare radio o fare rapporti.”
“Speriamo che non si sia fatto troppo male” mormorò Falman.
“Tranquillo, Falman. - scrollò le spalle il biondo, facendo un profondo tiro con la sigaretta e guardando il fumo che saliva verso il soffitto - L’ho rimesso in piedi e mi è bastata un’occhiata per capire che non era una ferita grave. Avrà solo un gran mal di testa per il resto della giornata e magari gli resterà una bella cicatrice per vantarsi!”
 
Fury, seduto su un lettino dell'infermeria, lanciò un lamento simile al guaito di un cane mentre il medico gli levava gli ultimi frammenti di occhiale dal taglio in fronte.
“Ragazzino, nessuno ti ha detto che non si gioca con le armi di papà?” sbottò l’uomo prendendo un pezzo di garza e pulendo la ferita
“Ma…io…” balbettò mentre serrava gli occhi per il dolore.
“E’ stata una prova andata male: – intervenne il tenente Hawkeye, in piedi accanto al giovane soldato – non si aspettava un rinculo simile da una nuova pistola”
“Che mammoletta! - concluse il medico mettendo un grosso cerotto sul naso e un altro sulla fronte – Ti è andata bene: gli occhi sono illesi e la botta solo superficiale: tanto sangue, ma pochi danni... quando sei entrato qui con la maglietta zuppa di sangue pensavo peggio. Procurati nuovi occhiali e tieni questi cerotti per una settimana prima di tornare qui.”
“Sissignore... grazie mille per la medicazione” mormorò il soldato alzandosi ed uscendo insieme al tenente.
“Come va?” chiese la donna mentre camminavano nei corridoi
“Tutto bene, signora” rispose lui cercando di mostrarsi forte nonostante il dolore.
“Mi dispiace. Avrei dovuto preparati maggiormente al contraccolpo; non eri abituato, ci dovevo pensare”
“Oh, ma non si deve scusare, signora. E’ stato un incidente: la prossima volta farò attenzione” promise Fury tenendo lo sguardo basso
“Ehi, non è il caso di stare con lo sguardo a terra: può succedere a chiunque.”
“Cosa? Oh no, tenente, non si preoccupi. E’ che senza occhiali vedo sfocato e preferisco tenere lo sguardo sul pavimento per evitare fastidio agli occhi”
“Hai occhiali di riserva?”
“Certo, sono previdente”
“Bene. Adesso vai nel dormitorio e riposa un po’. La botta che hai preso è stata comunque forte e tra poco avrai un bel mal di testa: e prima che tu ribatta che stai bene, sappi che questo è un ordine, soldato. Niente discussioni” dichiarò posandogli una mano sulla spalla esile.
“Va bene, signora. Grazie mille per la sua premura.”
 
Sdraiato nel letto Fury fissava il soffitto cercando di non pensare alla figuraccia che aveva fatto. Perché doveva succedere? Stava andando tutto così bene... Non avrebbe mai immaginato che una pistola all’apparenza simile a quella fino ad allora usata, potesse avere un contraccolpo del genere. Era stata una botta così improvvisa che nemmeno riusciva a mettere insieme i dettagli: era nitido solo il dolore lancinante al naso e alla fronte e tutto quel sangue che colava. Ricordava vagamente la cascata di maledizioni di Havoc mentre lo rimetteva in piedi ed il tenente che lo chiamava e gli premeva qualcosa sulla ferita... doveva essere proprio stordito.
Alzò le mani verso la lampada, congiungendo pollici e indici a creare una pistola, come faceva da bambino. Si sentì incredibilmente incapace, come quando a scuola faceva qualche figuraccia e ci voleva tutto il coraggio del mondo per non fare caso alle risate degli altri. Quando succedeva tornava a casa e si rinchiudeva in camera sua, cercando conforto in quei piccoli apparecchi elettrici che smontava e rimontava da quando aveva sei anni. Suo padre più di una volta gli aveva intimato di reagire “da vero uomo”. Ma non era sempre facile: spesso sentiva l’esigenza di isolarsi da chi non lo capiva, di metabolizzare l’evento... e, proprio come gli succedeva ora, sentiva il bisogno disperato di sua madre che, senza dire una parola, si sedeva accanto a lui, nel pavimento di legno, e aspettava pazientemente che l’angoscia si esaurisse e con il suo sorriso gli faceva capire che in fondo non era successo niente di irreparabile.
“Niente di irreparabile… - si ripetè sommessamente, chiudendo gli occhi e accorgendosi di aver improvvisamente sonno - si tratta solo di rialzarsi in piedi.”.
  
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