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Autore: Acinorev    07/03/2013    15 recensioni
«Hai pianto?» mi chiede, distraendomi e mettendomi in imbarazzo: evidentemente è palese quello che ho fatto fino ad un minuto fa.
Per qualche secondo mi limito a fissarlo, facendomi consolare dalla sua espressione preoccupata, ma poi scuoto la testa e mento. «No.»
Mentre abbasso lo sguardo, per impedirgli di scorgere altre verità così semplicemente, il silenzio piomba su di noi: io, nella mia testa, lo sto riempendo di tutte le cose che vorrei dire, di tutti i “mi manchi” che vorrei confessare. Chissà lui con cosa lo sta rimpiazzando, dentro di sé.
Posso provare a chiederglielo, però.
Racimolo un po’ di coraggio e torno a guardarlo. «Zayn…»
«Ho bisogno di te», mi interrompe lui tutto d’un fiato, prima che io possa dire qualcos’altro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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There are different types of love
 

Il suono della sveglia è quasi assordante, nonostante il più delle volte non riesca nemmeno a sentirlo. Le palpebre rifiutano di alzarsi, mentre la mia voglia di iniziare la giornata si dissolve senza ripensamenti.
«Melanie…» sento borbottare al mio fianco.
Solo adesso mi ricordo del perché io mi senta così stanca: Fanny questa notte ha deciso di monopolizzare il mio letto, a causa di un brutto sogno che le impediva di dormire, e ha scalciato per metà del tempo, costringendomi a colpi ben assestati e determinanti per la mia insonnia. Mi chiedo perché non si usi più rifugiarsi nei genitori.
Mi sforzo di muovermi, per interrompere finalmente quel rumore fastidioso che cerca in tutti i modi di disturbarmi, ma il mio braccio destro sembra essere scomparso: non ne ho più la percezione e sono costretta a cercarlo a tentoni, con la mano che sono ancora sicura di possedere. Lo trovo sotto la testa di Fanny, che lo sta usando come comodo ed improprio cuscino, quindi sbuffo e sporgo la mano sinistra verso il comodino, per raggiungere comunque il mio obiettivo.
Finalmente il silenzio regna di nuovo sovrano nella stanza ed io rimango ancora per qualche minuto immobile nel letto, cercando almeno cinque buoni motivi per alzarmi: quando purtroppo la lista è completa, tento di spostare mia sorella in modo da liberare il mio braccio e di smuovere anche la mia determinazione. I suoi occhi addormentati sono così pacifici, da farmi sentire colpevole: quindi scivolo lentamente lungo il lato del materasso, fin quando non sono costretta a mettere i piedi a terra e a stare rannicchiata per tirarmi dietro il braccio ormai privo di vita. Fanny non sembra essersi accorta della mia lontananza, ed io mi ritrovo a giocare con il mio arto fantasma: usando l'altra mano, lo alzo e lo lascio ricadere a peso morto.
La mia testa sembra essere sul punto di esplodere, ricordandomi delle mie poche ore di sonno, e la schiena minaccia di bloccarsi da un momento all'altro, a causa della posizione scomoda nella quale stata costretta a dormire: cammino verso il bagno, mentre sento un leggero formicolio percorrermi il braccio destro, segno della sua imminente resurrezione. Mi pianto davanti allo specchio e mi gratto goffamente la testa, sperando che una doccia rigenerante possa riscuotermi in fretta dallo stato di intorpidimento in cui mi trovo: sospiro stancamente ed inizio a spogliarmi.
«Fantastico», borbotto poco dopo, alzando gli occhi al cielo. «Se il buongiorno si vede dal mattino, questa sarà proprio una giornata di-»
«Melanie! Melanie, ti sei svegliata?» mi interrompono le urla di mia madre, provenienti dal piano di sotto.
«Sì!» rispondo, tornando a concentrarmi sui miei slip sporchi di sangue. Ovviamente, a completare il mio lieto risveglio, mancavano le mestruazioni in arrivo con una settimana di anticipo.
Inspiro profondamente e mi precipito nella doccia, decisa a rilassarmi almeno un po’. Quasi mi addormento di nuovo mentre l’acqua bollente mi avvolge, e rischio un infarto quando diventa improvvisamente congelata dopo qualche minuto: un gridolino esce dalla mia bocca, mentre sposto il getto d’acqua lontano da me, e maledico chiunque abbia avuto la brillante idea di aprire un rubinetto in questo momento.
«Di bene in meglio», mi lamento, abbandonando il capo contro le mattonelle umide.
 


«Signorina Clarke! Pensa di impegnarsi, oggi, o preferisce continuare a girarsi i pollici?» mi rimprovera il professor Simons, incitandomi a correre battendo velocemente le mani. Annuisco semplicemente, riprendendo la corsa che ho interrotto per qualche secondo a causa della testa che mi gira: non è servito a niente avvertire il professore di educazione fisica del mio stato di salute discutibile, perché come sempre non ha voluto ascoltare giustificazioni. Mi porto una mano al basso ventre, come se questo gesto possa placare il male che le mestruazioni mi provocano, ma la mia attenzione viene catturata dalla voce leggermente stridula di Emily, una mia compagna. «Hey, Mel!» esclama, correndomi accanto. «Tutto bene?»
«Potrebbe andare meglio», rispondo con un sospiro. «Preferirei non dover correre come una deficiente per la palestra, per esempio».
Capisco che il professore voglia farci riscaldare prima di qualsiasi attività e capisco la motivazione “Almeno smaltirete quello che avete mangiato a pranzo oggi”, ma io odio la corsa con tutta me stessa e la odio anche di più, se possibile, quando la giornata può essere classificata tra le peggiori degli ultimi tempi.
«Non dirlo a me: in questo momento vorrei solo stare al calduccio sotto le coperte», sogna lei, sbattendo le lunghe ciglia chiare che riprendono il colore dei suoi capelli biondissimi. I suoi occhi di un azzurro quasi irreale rendono il viso paffuto un po’ più grazioso, mentre mi guarda sorridente.
Io cerco di ricambiare, ma ottengo solo una smorfia dovuta alla stanchezza.
«Ehm, Mel?» continua, dopo qualche secondo. Mi volto per guardarla, incuriosita dal suo tono cauto, aspettando di sentire cos’abbia da dire e pregando che non necessiti di una risposta .
«Perché quel ragazzo continua a fissarti?» mi chiede, indicando con un cenno del capo qualcuno dall’altra parte della palestra. Seguo il suo sguardo per capire di chi stia parlando, anche se ho già un vago presentimento: infatti, riconosco subito i capelli neri e la pelle olivastra di Zayn, persino i suoi occhi, che data la lontananza potrei solo immaginare, ma che è come se fossero a pochi centimetri da me.
Ebbene sì, un’altra pecca di questa giornata è l’essere capitata nella stessa palestra con il suo corso: a volte le lezioni diverse si sovrappongono, quindi la palestra viene divisa in due da una rete calata dal soffitto e le due classi possono sfruttarla contemporaneamente. È divertente quando capita di avere Becka o Aaron con me, ma lo è sicuramente meno quando Zayn Malik passa il tempo ad osservarmi senza alcuna distrazione.
Non arrossisco nemmeno nell’incrociare il suo sguardo, perché il mio stato di salute è fin troppo compromesso per permettersi di perdere ulteriori energie. «Non ne ho idea», rispondo semplicemente, per poi scusarmi e smettere nuovamente di correre. Mi manca il respiro ed il dolore al basso ventre è fastidiosamente intenso, quindi inizio a camminare tra le mie compagne, che mi guardano confuse: la mia destinazione è la porta, che mi condurrà fuori da questa dannata palestra.
«Clarke!» mi sento richiamare dalla voce del professore. «Dove sta andando?»
Mi fermo e porto una mano sulla mia pancia, respirando profondamente: una fitta di dolore troppo forte mi costringe a piegarmi in due e per qualche secondo rimango così, ignorando i richiami del signor Simons. Lo sento 
blaterare qualcosa a pochi passi da me, di sicuro irritato dalla mia presunta cattiva condotta, ma appena mi si para davanti sono costretta a guardarlo in faccia. «Non… Non mi sento bene», borbotto a fatica, sperando che anche lui sia dotato di un lato umano. Si limita ad annuire infastidito, lasciandomi libera di raggiungere la porta mentre lo ringrazio mentalmente. E lo maledico.

La mia meta è lo spogliatoio femminile, quindi mi preparo a percorrere il corridoio che mi separa da esso: con una mano mi appoggio alla parete, perché sento le gambe tremare, e muovo pochi passi ad occhi chiusi per cercare di limitare i capogiri e l'improvviso senso di nausea. Un nuovo crampo di dolore mi costringe a piegarmi su me stessa e, questa volta, porto entrambe le mani al basso ventre, contraendo il viso in un’espressione sofferente.
«Melanie?»
La voce di Zayn arriva ovattata alle mie orecchie e, per la prima volta da quando lo conosco, non ho voglia di parlargli o di avere i suoi occhi su di me: non avrei le forze di sopportare la sua presenza. Quindi non rispondo e cerco di fare un altro passo in avanti.
«Melanie, aspetta», insiste, mentre sento i suoi passi accelerare alle mie spalle. Dopo pochi istanti, la sua mano si avvolge intorno al mio braccio, obbligandomi a fermarmi, e la sua figura mi si para davanti.
Alzo lo sguardo su di lui, come a volerlo supplicare di lasciarmi arrivare allo spogliatoio, in modo da potermi sdraiare e riprendere fiato, ma è come se mi stesse impedendo qualsiasi movimento con i suoi occhi decisi. «Tutto bene?» mi chiede, con un’espressione preoccupata, se si può osare nel definirla così.
Se i dolori al basso ventre non fossero così insistenti, sono sicura che riderei per una domanda così stupida, ma quello che riesco a fare è sussurrare un semplice «No». Subito dopo sono costretta a chiudere di nuovo gli occhi, mentre le gambe smettono di reggere il mio peso: è come se tutto intorno a me fosse estremamente confuso e sfocato. Persino i richiami di Zayn arrivano in modo sconnesso al mio cervello, mentre l’ultima cosa che percepisco è la stretta delle sue braccia.
 
Ho ancora le palpebre abbassate e stanche, ma sono sicura di essere sveglia: non ho ben chiaro dove io sia e cosa sia successo, ma poco alla volta i ricordi mi tornano alla mente. Qualcuno sta parlando a poca distanza da me e, senza sforzarmi troppo, riconosco la voce di Zayn.
Ancora lui?
«Hmhm», dice, in tono pacato. Per un attimo mi chiedo se stia parlando da solo, ma poi distinguo un’altra voce, femminile, metallica e molto più bassa: la sento chiedergli dove sia finito e perché non si sia presentato all’appuntamento, e lui risponde mantenendo la stessa intonazione.
«Hai ragione, Andrea, scusa. Mi hanno messo di nuovo in punizione. Magari possiamo vederci stasera, ti va?»
Un «Sei sempre il solito» arriva alle mie orecchie accompagnato da una leggera risata. E solo adesso, dopo che lui stesso mi ha involontariamente aiutata, riesco a riconoscere la voce di Andrea.
«A stasera», ripete Zayn. E nonostante io non possa ancora vederlo, potrei giurare che in questo momento stia sorridendo. Decido di aprire gli occhi e di averne una conferma: mi guardo intorno per cercarlo e lo trovo alla mia destra, seduto su una sedia. Come immaginato, le sue labbra sono incurvate in un sorriso appena accennato, mentre ripone il telefono nella tasca dei suoi pantaloni: soddisfatta dall’aver indovinato, mi prendo qualche secondo per capire di essere in un letto dell’infermeria della scuola.
La stanza è illuminata dalla luce che filtra dalla finestra, ma probabilmente è già pomeriggio, data la sua scarsa brillantezza.
«Ah, ti sei svegliata», esclama Zayn, attirando il mio sguardo su di lui. Fisso i suoi occhi e mi sento subito sollevata.
«Cosa-»
«Sei svenuta», mi interrompe, stringendosi nelle spalle. «Ti ho portata qui e hai dormito per ben… Tre ore», conclude, dopo aver dato un’occhiata al suo orologio come per averne una conferma. Spalanco gli occhi a quella notizia e avvampo al pensiero che lui sia restato per tutto questo tempo qui, al mio fianco: ma probabilmente non c’è stato sempre, sarebbe impossibile e alquanto strano.
«Sei… Sei rimasto qui per tre ore?» gli chiedo, stringendomi nelle coperte del letto. Un vago timore della risposta mi fa pentire di aver posto la domanda.
«No.  Sono andato in bagno e mi sono assentato qualche minuto per mangiare», risponde ovvio, sorridendo fiero, o divertito. 
«Non ce n’era bisogno», borbotto, cercando di evitare il suo sguardo. Il solo pensiero di aver dormito sotto i suoi occhi mi imbarazza, come se mi fossi resa più debole e decifrabile senza nemmeno volerlo.
«Sì, invece», mi corregge. «Piuttosto, ora come ti senti?»
«Bene: sono solo un po’ intontita», rispondo, abbozzando un respiro: è un sollievo non percepire più alcun dolore.
Zayn annuisce piano. «Posso chiederti cosa avevi? Insomma… Eri un cadavere quando ti ho trovata nel corridoio», domanda, cauto e curioso allo stesso tempo.
Mi faccio forza nell’affrontare i suoi occhi che mi guardano spavaldi, e cerco di placare il rossore sulle guance, mentre rispondo: «Roba da ragazze».
Subito dopo, però, spalanco gli occhi e trattengo il respiro. «Roba da ragazze…» ripeto in sussurro terrorizzato.
Sono stata tre ore in un letto.
Senza cambiarmi.
C’è la possibilità che sia successo un disastro, lì sotto.
E Zayn è qui con me.
Non posso permettermi di fare una figura del genere.
«Zayn, puoi uscire un attimo?» chiedo con una certa urgenza, provando a mettermi seduta.
«Ehm… Hai bisogno di qualcosa?» mi chiede confuso.
«No, solo… Esci, per favore. Ho bisogno di qualche minuto», continuo, con una strana decisione nella mia voce.
«Oh… Ok», acconsente, per niente convinto da quello che sta succedendo. Si alza senza smettere di tenermi d’occhio: non indossa più i pantaloncini blu che gli arrivavano fino al ginocchio, né la canottiera bianca, ma uno dei suoi jeans stracciati ed un maglioncino blu notte. Si avvicina alla porta dell’infermeria, mentre io mi siedo con i piedi penzolanti dal letto: quando mi accorgo di non avere nulla con cui cambiarmi, sono obbligata a trattenerlo. 
«Zayn, aspetta», lo fermo, voltandomi per guardarlo. «Potresti… Potresti andare a prendere il mio borsone nello spogliatoio?» gli chiedo, mordendomi il labbro per quella richiesta apparentemente strana.
«È lì, sulla sedia: la bidella stava per pulire e chiudere lo spogliatoio, quindi ho pensato di portarlo qui», risponde lentamente, mettendo una mano sulla maniglia della porta. «Sicura che vada tutto bene?» chiede di nuovo.
«Roba da ragazze», affermo per la terza volta. Mi sforzo di sorridere e lui esce dalla stanza, esitante.
Scendo dal letto velocemente e scruto il materasso che mi ospitava fino a poco fa, in modo da rintracciare eventuali macchie di sangue, ma non ne vedo nessuna: recupero un assorbente dal borsone e mi fiondo in bagno, godendomi la sensazione di avere di nuovo un paio di gambe in grado di sostenermi efficacemente. Fortunatamente mi accorgo di non essermi sporcata, così mi cambio in fretta e torno nella stanza dell'infermeria, dove colgo l’occasione per mettermi dei vestiti puliti: una volta in ordine, mi pento del modo in cui ho praticamente cacciato Zayn, quindi apro la porta per richiamarlo con più delicatezza.
Lui è appoggiato al muro di fronte alla porta. «Puoi… Puoi rientrare», dico, sorridendogli in segno di scuse. Lui fa lo stesso e mi segue dentro, in silenzio.
Torno su letto e lui prende posto sulla sedia dove era prima, mentre l’imbarazzo si impossessa di nuovo di me: nonostante sia stato piacevole riuscire a parlargli con una certa sicurezza, il momento è durato troppo poco. Cerco di sistemarmi meglio, in modo da avere la schiena appoggiata alla testiera, e Zayn si muove in contemporanea, sporgendosi verso di me: è talmente vicino da permettermi di inalare il suo profumo, ma l'istinto mi porta a ritrarmi velocemente, come intimorita da intenzioni poco salutari.
Lui se ne accorge subito, infatti mi osserva per qualche secondo senza spostarsi di un centimetro: quando si muove di nuovo, io capisco che in realtà voleva solo aiutarmi a sistemare il cuscino dietro alla mia schiena. Mi sento una stupida per aver reagito in quel modo e di sicuro lui starà pensando che lo sono, così cerco di non guardarlo, mentre torna al suo posto con movimenti studiati.
Senza dire niente, con la coda dell’occhio lo vedo recuperare ed accendere una sigaretta, presa dal pacchetto nella tasca dei suoi jeans. Gli piace fumare ovunque, questo l’ho capito, e probabilmente anche lui sa che l’infermiera - paradossalmente - non sta praticamente mai in infermeria.
«Avevi paura che ti baciassi di nuovo?» mi chiede inaspettatamente, lasciando uscire il fumo dalle sue labbra socchiuse.
Avvampo per l’ennesima volta, ma opto per la sincerità. «Sì», sussurro, abbassando lo sguardo sulle mani che tengo in grembo. È snervante come Zayn riesca a capirmi senza alcuno sforzo, mentre ai miei occhi lui rimane un enorme punto interrogativo. Ed è snervante che il nostro rapporto si basi su baci rubati o che rimangono nell’aria.
«Se ti dicessi che sono stato tentato di farlo?” domanda dopo qualche secondo, reclamando la mia attenzione e scrutandomi intensamente. Il mio cuore per poco non implode e le mie guance non si sforzano nemmeno di tornare ad un colorito normale: cosa dovrei rispondergli? E perché si ostina a comportarsi così? Io… Mi è così difficile capirlo.
Decido di sforzarmi nel mantenere le distanze, quelle sante distanze che dovrebbero salvarmi da questo ragazzo dalla pelle ambrata. «Credo… Credo che ti risponderei che sono felice che tu non l’abbia fatto», mormoro, mantenendo il contatto visivo con un coraggio che non mi appartiene.
«Stai mentendo», ribatte sicuro: e la sua sicurezza non è come la mia, improvvisata ed instabile, è una sicurezza tenace, in grado di sostenere lui e di indebolire me. Ha ragione: non posso negare che una parte di me si sia imbronciata per quel bacio mancato e questa cosa mi innervosisce. È impossibile che sia in grado di confondermi a tal punto, ogni volta che parliamo: l'attimo prima sono impaziente di vedere Niall nel pomeriggio, l'attimo dopo spero che Zayn sia disposto anche solo a guardarmi ancora una volta. 
«Io non sto… Mentendo», lo contraddico. È comunque la mia parola contro la sua.
Zayn si limita a sorridere consapevole e continua a fumare indisturbato, mentre io non smetto di urlargli mentalmente contro. In un istante, però, mi ritrovo a dar voce ai miei pensieri senza nemmeno volerlo fare. «Non ti capisco», ammetto.
Lui alza lo sguardo su di me e espira altro fumo, che viene attirato dalla fessura creata dalla finestra socchiusa. Non voglio che risponda con una delle sue affermazioni enigmatiche, così continuo senza sapere nemmeno cosa dire esattamente. «Tu e Andrea state insieme, giusto? Perché ti comporti così… Con me?»
È questo l'interrogativo che mi tormenta ogni volta che io e lui condividiamo lo stesso spazio, il dubbio che pretendo abbia una risoluzione chiara, in grado di dare una chiave di lettura al nostro rapporto. 
Zayn per un attimo abbassa lo sguardo, ma non sembra voler rispondere.
Non è una novità, in fondo.
«La ami?» insisto, sperando che possa rispondere almeno ad una delle mie domande.
Torna a guardarmi, questa volta più intensamente. «Ci sono diversi tipi di amore», afferma, tacendo poi per qualche secondo. «Quindi sì: potrei dire di amarla».
Nonostante si sia sforzato di fare chiarezza, la sua risposta lascia in sospeso altri punti fondamentali: cosa significa che ci sono diversi tipi di amore? Ed il suo a che amore corrisponde? Cosa comporta, se gli permette di avere determinati atteggiamenti con me? Inoltre, a peggiorare la mia confusione, subentrano altri fattori che preferirei non esistessero e che dipendono unicamente dalla sua ammissione: dispiacere, gelosia… Delusione.
«Allora, se la ami non dovresti… Sì insomma, non dovresti baciare altre ragazze», borbotto, spinta da un risentimento innaturale.
«Non ho baciato altre ragazze. Ho baciato te», precisa, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. È quasi ipnotizzante. Ipnotizzante e dannatamente complicato.
«Hai comunque baciato qualcuno che non è lei», ribadisco, e questa volta Zayn non risponde. Si alza dalla sedia e per un attimo temo che voglia andarsene, infastidito dal mio comportamento: mi tranquillizzo quando capisco che il suo intento è solo quello di spegnere la sigaretta sul davanzale della finestra.
«E non dovresti mentirle…» aggiungo, con un tono di voce più basso. Non so perché, ma percepisco uno strano coraggio che mi spinge a dirgli tutto quello che penso, per una buona volta: probabilmente è soo un modo infantile di vendicarmi per il suo amore confessato, anche se non dovrei avere motivo di una tale necessità.
La sua aria interrogativa, mentre si volta per guardarmi, mi suggerisce di fornirgli delle spiegazioni. «Prima… Ho sentito la telefonata».
Le ha detto di essere in punizione, non di essere rimasto per tre ore con me in una stanza di infermeria.
Sorride, scuotendo la testa forse per l’incredulità, e per un istante sento di aver esagerato. «E tu invece?» replica, stupendomi. «Non dovresti lasciarti baciare da me mentre il tuo ex ragazzo cerca di conquistarti. Non è ugualmente ingiusto? Scommetto che lui non ne sa niente», continua, avvicinandosi al mio letto lentamente. Il suo sorriso accennato si indurisce leggermente nel pronunciare quelle parole e sembra che mi stia ammonendo, dimostrando quanto in realtà io mi sia spinta oltre nel dargli lezioni di vita.
«Se tu non avessi cercato di farlo, io non-»
«Oh, andiamo, Melanie: vogliamo davvero fare a gara di chi ha provocato chi?» mi chiede retorico, senza smettere di sorridere. Io resto in silenzio, nuovamente privata di ogni forma di caparbietà. Lo osservo farsi sempre più vicino, fino ad essere costretta al alzare il viso per poterlo guardare negli occhi: sento il mio cuore agitarsi, lamentarsi.
Zayn si piega lentamente in avanti, verso di me, e la sua voce esce in un sussurro caldo. «Sappiamo entrambi che ti lasceresti baciare anche ora, su questo letto dell’infermeria, se solo io mi avvicinassi un po’ di più. Quindi non giudicarmi, per favore».
Deglutisco a fatica, mentre mi arrendo all’idea che lui abbia completamente ed inesorabilmente ragione: se solo la distanza tra di noi fosse diminuita ancora un po’, sarei stata completamente in sua balìa, e a quel punto nulla mi avrebbe trattenuta dal lasciarlo fare, nemmeno il pensiero di Niall.
Provo disgusto per me stessa, per questo motivo.
Zayn si allontana e mi lascia libera di respirare.
«È vero, le ho mentito», ammette con tranquillità. «Ma a volte delle piccole bugie sono necessarie. Tu dovresti saperne qualcosa», continua, tirando di nuovo in ballo la storia di Niall. E vorrei che fosse in torto, lo vorrei con tutta me stessa. «Le ho mentito solo perché tu avevi bisogno di me, dato che sei praticamente svenuta tra le mie braccia in mezzo ad un corridoio: conosco Andrea, so che diventerebbe più che gelosa se io le dicessi la verità, e non ne ha davvero bisogno in questo momento».
Corrugo leggermente la fronte a quelle parole e mi maledico per la mia stupida ed irrefrenabile fantasia: gli ho dato contro senza nemmeno ricordare che è rimasto per tre ore al mio fianco, aspettando che mi svegliassi, e l’ho accusato di mentire alla sua ragazza senza sapere assolutamente niente. Mi stupisce come si sia districato tra tutti questi bisogni, cercando di accontentare tutti.
Il suo sguardo è più duro del solito, anche se sembra essere velatamente compiaciuto per la risposta che mi ha messa a tacere.
Zayn si muove ed io lo seguo con lo sguardo verso la porta dell’infermeria, incapace di dire qualcosa. «Ah, a proposito: siete proprio una bella coppia, tu e il biondino», dice ancora, voltandosi nella mia direzione, e questa volta sono sicura che l’ironia che ho percepito nelle sue parole non sia frutto della mia immaginazione.
Mi rivolge un cenno del capo in segno di saluto ed apre la porta per uscire dalla stanza.
«Zayn», lo chiamo, attirando nuovamente la sua attenzione.
«Grazie per avermi aiutata», esclamo, sperando che non ce l’abbia con me.
«Prego, Melanie», risponde, rivolgendomi un sorriso per poi scomparire nel corridoio.
Mi abbandono sul cuscino dietro la mia schiena, sospirando rumorosamente: vorrei non averlo mai conosciuto, vorrei non essere mai andata in biblioteca quel giorno, vorrei non aver provato niente quando mi guardava, vorrei non essere confusa da ogni suo movimento e da ogni sua espressione.
Ma soprattutto, vorrei saper mentire meglio.




 




Lo soooooo, lo so: in questo momento mi state amando perché ho aggiornato molto in anticipo hahaha o forse non ve ne frega niente D:
Ma in ogni caso lol ecco il capitolo! Di nuovo Melanie e Zayn :)
Tralasciando quello che succede a Mel (poverina ahah), concentriamoci sul loro discorsetto :) Innanzitutto lei all'inizio ha paura che lui la baci di nuovo e Zayn  non smentisce la sua paura, anzi: e poi le dice chiaro e tondo che sa di non esserle indifferente! Theeeen: Mel continua a non capire il bel pakistano, e come biasimarla? Quindi glielo dice esplicitamente. A proposito di questo, voglio darvi una piccola dritta: fate attenzione alle esatte parole di Zayn, vi posso assicurare che dicono più di quello che sembra :) magari capirete tutto meglio più avanti :) In teoria lui è molto chiaro in quello che dice, ma ovviamente non lo è per voi che ancora non lo conoscete :)
Mi dispiace dovervi lasciare sempre con il fiato sorpreso, ma il rapporto tra Mel e Zayn è così, si costruisce un pezzettino alla volta! Comunque, tornando al capitolo... "Ci sono diversi tipi di amore. - Quindi sì, potrei dire di amarla." Ta daaaaaaan!!! Cosa ne pensate? ehehe poi Mel gli dà un po' contro e lui non si fa problemi a farla stare zitta haha effettivamente entrambi hanno qualcosa da rimproverarsi, anche per quanto riguarda le "piccole bugie" di cui parla lui :) Ma voglio che siate voi a dirmi come vedete tutto ciò (?) :)
Quiiiiiiiindi vi lascio con i soliti ringraziamenti! Siete fantastiche!
E con un piccolo spoiler: nel prossimo capitolo.. BOOOM :)

Ciao bellezze mie! Un bacione!

  
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